L'inizio del
gioco
Credere è molto monotono,
Il dubbio è profondamente appassionante.
Oscar Wilde
Reclino la schiena all’orgasmo che trascina il mio ultimo
spasmo, al petto brucia una suzione di fuoco proprio su questo mio cuore
rinvigorito dalla passione di Vegeta. Anche lui arriva al piacere con una
spinta più profonda delle altre e le labbra gli tremano sfiorando la mia pelle
sudata in un ringhio roco e sommesso. Tuttavia, decide di cambiare posizione ed
appaga tutta la sua erezione muovendosi lentamente sopra di me. Mi guarda negli
occhi ed io, incapace di lasciarlo andare, vorrei restare così in eterno, piena
del suo corpo. Gli lecco un orecchio,
succhiandogli il lobo, mentre sento che già mi abbandona.
«Tutto qui?» Sussurro umidamente. «Sono ancora così eccitata che…»
Interrompo la frase e lambisco al collo per impedirgli di allontanarsi.
«Che…?»
Lo cingo in vita con una coscia, su cui lui stringe le dita a
seguito di una carezza. «Che potrei essere costretta a toccarmi da sola.» Segno
una linea sul suo petto scolpito e percorro la via della mia intimità. Capisco
di averlo sorpreso dal sorriso malizioso che mi rivolge. No, Vegeta, non sono
la ragazzina di fragola della tua adolescenza! Trascinato dalla mia
provocazione mi bacia, tracciando le mie labbra con la punta della sua lingua,
per poi mordermi la bocca e ogni mio palpito fino al ventre.
Lo osservo mentre chiacchiera con Goku riguardo la gara di
oggi: non riesce ancora a convincersi della sconfitta e crede ci sia stato
qualche trucco sotto. Tutta la mia concentrazione è sulle sue labbra, che hanno
eroso il tormento dei baci di C18. E chissà se non l’avrà morso quando, preda
delle sue focose spinte, non ha trovato altro che quel punto per soffocare la
sua frenesia. Come potrebbe essere con Vegeta? L’immaginazione, senza alcuna
viva esperienza, non riesce a soddisfarmi, non avendolo comunque mai fatto.
«Che guardi?»
Arrossisco, quasi timorosa lui possa aver colto i miei pensieri
sconci. «Ehm, hai una macchia sulla maglia.» Biascico da vera cretina.
«Di che parli, dove?» Inizia inutilmente a ispezionarsi la
maglietta in realtà intonsa.
«Oh beh, magari era solo un pelucco.» Gli spolvero una
spalla, ridacchiando, stizzendolo e mi scaccia la mano per levarsela di dosso.
Accendo un’altra sigaretta, appoggiandomi alla spalliera di una poltrona rossa.
«Uhm, la prossima volta ti faccio andare in giro tutto sporco.» Proferisco,
quasi offesa.
«Pensi sempre alle cretinate.» Commenta lui con un cipiglio urtato
e il disgusto per l’odore di fumo che fuoriesce dalla mia bocca.
«Ehm, a proposito di cretinate… ecco, credo di aver dimenticato i
soldi a casa!» Annuncia Goku, addentando un panino. Pare il più rilassato di
tutti quanti, completamente dimentico di essere a casa di colui che si sarebbe
rivelato un vero folle. «Bulma, non è che potresti prestarmeli tu?»
Felice che l’attenzione si sia spostata altrove, infilo la mano in
borsa alla ricerca del portafogli. «Sei sempre il solito, Goku! Fortuna che ho
portato venti yen. Che dici Vegeta, saranno sufficienti per il primo giro?»
Glieli mostro tra pollice e indice.
Li sfila via. «Tranquilli, non servono soldi.» Ammicca un ghigno,
e m’infila la banconota nel bordo del top, per darmi noia con un atteggiamento
da magnaccia. Stringe il petto asciutto nelle braccia incrociate e, crucciato,
si volta verso l’ospite appena entrato.
«Allora, amici ed amiche!» Inizia Cell dal centro del salotto a
braccia aperte ad accogliere lo spazio circostante di gente. «Le regole le
conoscete già, ma le ripeterò ugualmente per i nuovi arrivati.» Accarezza i
presenti con lo sguardo, fino a fermarsi su di me e Goku. «Sono molto semplici.
Si puntano gettoni, ogni gettone vale un pugno, per un massimo di venti
ciascuno, che il migliore del tavolo elargirà al perdente, nella misura del
piatto. A tutti gli altri, non resterà che la noia del secondo posto e la
speranza di alleviare il proprio tedio giovanile alla prossima… mano. E mi
raccomando, i gettoni, una volta spesi, non vengono ristorati per cui, cercate
di bluffare con creanza!»
«Si puntano pugni?» Domando allora esterrefatta da
quell’iniziativa da scapestrati, a metà da una bambinata e una bravata.
«Mi spiace, tesoro, lo strip poker è la prossima settimana.» Scherza
qualcuno tra gli astanti, propizio a coinvolgerli tutti in una risata sguaiata
e sanguinea, fomentata subito da Cell, il “capo banda”. «E in quel caso,
saresti ovviamente invitata!»
«E quale accidenti sarebbe il motivo?» Continuo imperterrita, ora
preoccupata per aver coinvolto Goku in questa scemenza, anche perché, se
qualcosa andasse storto, come li spiegheremo, a Chichi, eventuali lividi sul
volto?
«Quale sarebbe il motivo, chiedi?» Ripete Cell di rimando, mentre
percorre la distanza che ci separa. «A dire il vero non lo so nemmeno io. Forse
la noia. O, semplicemente, mi piace sentirmi vivo, sentire l’adrenalina
dell’ansia di poter essere colpiti, restare indenne mentre a qualcun altro,
preso dal terrore, viene spaccata la faccia per una semplice casualità. Oh, mi
viene duro solo a pensarci!» Il volto magro gli si apre in un indecente sorriso
da maniaco e mi sfiora una guancia con una delle sua dita lunghe e candide.
«Sarà uno spettacolo questa tua pelle di pesca coperta di sangue!» Scaccio la
carezza sgradita e ricolma di fierezza annuncio che non ho intenzione alcuna di
partecipare. Ma non è con uno dei miei amici che sto parlando! Dall’alto del
suo metro e novanta, Cell carica un imprevedibile schiaffo che, come un’onda
contro uno scoglio, s’infrange repentino sul mio volto e mi appassisco come una
rosa colpita dal temporale.
«Ehi!» Lo riprende Goku, parandomi un braccio davanti, gli occhi
di brace promettono una resa repentina dei conti. Ciò che mi brucia più dello
schiaffo è però l’indifferenza di Vegeta, imbronciato per fatti suoi in un
angolo.
Cell scoppia a ridere. «Uno spettacolo!» Esclama lascivo, puntando
il mio viso arrosato. «Non vedo l’ora di ricevere i tuoi pugni, campione!» Dice
infine al mio protettore con una pacca sulla spalla. «E adesso, amici cari,
che il divertimento abbia inizio!» Strepita in un gorgheggio di tronfio. «Gli
spettatori sono pregati di divertirsi, ubriacarsi, farsi e, perché no,
scommettere su chi arriverà intonso alla fine, guadagnandosi il premio di 5000
yen!»
Un latrato di euforia esplode dalle bocche di tutti, che
applaudono estasiati al padrone di casa. Il quale pieno di sé raggiunge il suo
trono: una poltrona al capo della tavola al centro della sala. Penso ad Irvine
Welsh, e ai suoi personaggi devoti ad overdose di droga e di gente;
ripenso a C18 e al suo orgoglio frustrato dal terrore di questo psicopatico di
nome Cell.
Ripercorro a ritroso il tragitto, salato di sudore, dal suo
ventre alla sua bocca, che torno a baciare come distillasse piacere eterno. Gli
stringo le cosce alla vita, mentre mi rizzo seduta in ginocchio su di lui,
disteso sul tappeto.
«Lo desideravo da una vita!» Ammetto. Lui fraintende le mie parole
e mi guarda con un sopracciglio alzato dalla confusione. Gli do un colpetto
sulla pancia. «Scemo, intendevo fare l’amore con te.»
Si solleva a mezzo busto, le sue braccia restano però puntate a
terra, invece di abbracciarmi. «Immaginavo.» Lancia un’occhiata al mio orologio
da polso. «È da un bel po’ che lo dimostri.»
Il suo sguardo resta sospeso, pensieroso, su quel contatore del tempo
per un breve istante. «E il rodaggio con chi l’hai fatto, con quell’idiota di
Yamcha?»
Presumo la sua volgarità venga a mascherare ricordi spiacevoli di
un tempo, focalizzandoli sull’unico appiglio che potrebbe farmi cedere in
questo momento. «Tu non hai mai voluto.» Stiletto in risposta, e mi chino a
baciarlo di nuovo, ma questa volta le sua labbra mi vengono negate per
provocazione.
«Perché volevo un’altra.» Ribatte sogghignando maligno al colpo
inferto, ma lenisce, a suo modo, la ferita premendo le labbra sul mio seno.
Intreccio le dita ai suoi capelli e dolcemente lo allontano. «Che
comunque non hai mai avuto.» Pronuncio, senza punto di domanda, colpita
da questo suo voler invitare amori passati ad assistere alla nostra prima volta
insieme. «O sbaglio?» Aggiungo, guardandolo negli occhi, nella speranza riveli
qualcosa di più su di lei, soprattutto riguardo l’incontro di questa sera.
Prende il tempo di una manciata di secondi. Poi scoppia a ridere.
«Vuoi forse sedurmi allo scopo di farmi parlare? E com’era stasera, sempre
bella come allora?»
«Ed io, come sono stasera, sempre bella come allora?» Non gli do
la soddisfazione di ingelosirmi con un’osservazione sciocca. Ho capito non ha
intenzione di spiegarmi nulla, magari non ancora, degli ultimi eventi (altrimenti,
non avrebbe usato tante parafrasi inutili solo per agitarmi). Gli dimostro così
di stare ai suoi tempi.
«Non mi fai più pensare a fragole e zucchero.»
«E a cosa ti faccio pensare adesso, Vegeta?»
La risposta è ritrovarmelo di nuovo sopra, mentre mi costringe a
sdraiarmi sul tappeto.
«Sei un folle, Vegeta! Cosa ti fa pensare di arrivare
intonso alla fine?» Si è già beccato un paio di pugni da un certo Bojack, alla
fine del primo giro.
Solleva la testa e sputa nel lavandino un grumo di sangue misto ad
acqua. «La voglia di spaccargli la faccia.» Beve un altro sorso.
«Beh, per quello potevi andare in un parcheggio, o in un vicolo;
non c’era bisogno di questa farsa se volevi regolare i conti con lui.»
Torna ad appoggiarsi al lavandino e, guardandosi allo specchio, si
ispeziona l’interno della guancia perché i colpi presi gli hanno cozzato contro
l’apparecchio, ferendolo in bocca. «Come l’ultima volta? Poi così è più
divertente.»
«Allora, cosa state combinando lì dentro?»
«Vi decidete ad uscire?» «E un attimo!» Sbraito a chi
aspetta il proprio turno per il bagno, in cui mi sono rinchiusa seguendo
Vegeta. Vorrei tanto riuscire a dissuaderlo, ma un muro sarebbe più facilmente
removibile. «Chiamiamo Goku e andiamocene via, dai. Magari prendi a pugni Cell
un’altra volta. Lo segui finché non siete soli e…»
«Dimentichi i soldi in palio. Ma credi che si porti cinquemila yen
sempre dietro? A proposito, reggimi questi!» Mi molla i suoi occhiali e dopo
sblocca la porta per uscire.
«Finalmente!»
Siamo nella penombra lasciata dall’unica lampada accesa sul
tavolino poco distante, la luce fioca quasi non arriva ad abbracciare i nostri
corpi nudi e accaldati, sferzati dalla brezza proveniente dalla finestra
aperta. Sono grata di avere questo genere di privacy da quando, considerato il
miglioramento delle condizioni di Vegeta, ho deciso di far stare l’equipe
medica nelle dependance: vicina quanto basta in caso di emergenza; remote
abbastanza da lasciarci soli così. È un momento perfetto che il sale del
passato non può più inaridire.
Ad una spinta si blocca, mi pesa sopra reggendosi con le braccia
ai lati della mia testa. Svetta il viso tagliente alla finestra. «É un delitto
perfetto.»
«Oh sì, un delitto.» Mormoro, credendo di capire, persa nel suo
ritmo lento che ha ripreso un movimento deciso.
«Andrà su tutte le furie quando capirà che non c’è alcun
contratto, colto il senso del suo invito, diventerà nervoso e, probabilmente,
cercherà di attaccarmi.»
«Di che stai parlando?» Gli impongo, confusa, le braccia al petto.
«Di che sto parlando.» Ripete, piegandosi in un sussurro contro il
mio orecchio; la sua voce, suadente, è interrotta dal respiro che insegue il
suo turgido ardore. «Sto parlando di come tra poco Zarbon si pentirà di aver
creduto alle mie parole e furioso cercherà di attaccarmi. Allora io lo ucciderò
e sembrerà per legittima difesa, perché le telecamere non riprenderanno che un
tale, intrufolatosi qui di soppiatto, mentre ti sto dando un orgasmo!»
Quattro carte sono sul tavolo; una regina di cuori, un dieci di picche,
un re di quadri, un asso. Ne manca una per fare scala, chi l’avrà tra i due?
Cell forse, o magari l’altro ragazzo? Il primo conta i gettoni sul piatto, ne
sono nove. «Nove gettoni, nove pugni. Hai puntato forte, Gravy.» Li lascia
ricadere sul tessuto verde senza rumore, solo Gravy li sente rimbombare nella
sua testa. Una goccia di sudore gli scivola dalla fronte, si ferma sul
sopracciglio, increspa un occhio. Deglutisce. Non la migliore delle poker
face.
«Chissà cosa nascondi sotto quella bella carta, ragazzo.» Commenta
Cell, pizzicando la sua ancora nascosta. «Un bluff o magari un bel
jack?» Gli sorride con una fila di denti bianchissimi, gli occhi rosso Tiziano
brillano di follia.
Gli altri del tavolo assistono impassibili, chi ha rinunciato a
questa mano è contento di averlo fatto. Non Gravy. Il quale, sicuro di poter
spaventare i giocatori con una strategia da quattro soldi, ha preferito giocare
fino alla fine senza fare i conti con la pazzia di Cell.
A lui non importa chi vinca o chi perda e l’ho visto incassare
pugni come un fantoccio di gomma, inebriato dal dolore e dal sapore del suo
stesso sangue. No, lui è qui per l’espressione terrorizzata e attonita di chi
attende, e spera, che i pugni non facciano poi tanto male. È quell’espressione
terrorizzata la vittoria di Cell. «Sai, potrei non avere nulla anch’io e
risolverci entrambi in un sospiro di sollievo.»
Guarda ancora i gettoni, ne prende uno dei suoi in mano e inizia a
giocherellarci. «Io ne ho ancora tre, tu quanti ne hai lì?» Si spalma sul
tavolo e inizia a contarli ad alta voce. «Uno, due, tre, quattro… quattro! Che
ne dici, ne buttiamo giù tutto ciò che ci resta? Pensaci un po’, ben sedici
pugni, e me li daresti tutti qui!» Si indica il naso. «Ci stai?» Lo schernisce,
e questi farfuglia qualcosa vicino ad un assenso, più per non rischiare di
incattivire Cell che per vera voglia di prenderlo sul serio a pugni.
Sedici gettoni di paura al centro del tavolo.
«Bene, mostraci pure le tua carta, caro Gravy.»
Il ragazzo, foglia al vento, volta la sua carta con mani umidicce.
«Un otto di fiori.» Biascica a gola secca.
«Che peccato. Sembra tu abbia perso irrimediabilmente.» Cell si
ritira al suo posto, come un insetto che scappa nella sua tana terrosa. «Ma non
è ancora detto, potrei aver fatto cilecca anch’io.»
Immagino sia tutta scena, sono sicura abbia un bel punto: sta solo
tirando la corda.
Pizzica ancora la propria carta coperta. «Sedici pugni, però!
Credo di averne dati così tanti solo a Vegeta.» Si levano alcune timide risa nella
tensione della stanza. «Se vincessi, ti spaccherei proprio il naso come si
deve.» Allunga un braccio in aria, a mimare un colpo deciso che resta sospeso
in aria. «Tuttavia… se non avessi almeno un jack, con le carte che mi restano
non farei alcun punto. Proprio come te.» Gravy deglutisce, strizzando le mani
sui bordi del tavolo verde. Non avrebbe dovuto bluffare.
«Tuttavia… con questo sette non penso di farci nulla! Ho perso.»
Annuncia e se l’altro esala la propria speranza esaudita quasi in uno svenimento,
lui libera i polmoni con una grassa risata. In fondo, ha già vinto.
«Maledizione, adesso Cell è fuori dal gioco!» Commenta sottovoce
Vegeta con rammarico.
«E allora? Non sei contento?» Gli rispondo, essendo riuscita a
sentirlo perché gli sono vicina. Al pari di Gravy sono felice Cell sia
finalmente fuori tiro, possiamo rilassarci tutti; anche i giocatori, scommetto
che da adesso in poi si daranno solo qualche pacca simbolica, concentrandosi
più sul premio finale, ora che il folle ha finito con i suoi giochetti pazzoidi.
«In effetti non è molto corretto!» Esclama Goku a sorpresa.
«Che?!»
«Beh, voglio dire, è il padrone di casa e ci ha invitati tutti qui
a giocare; non credi sarebbe poco giusto se adesso restasse a guardare mentre
noi ci divertiamo?»
«Divertirci?» Quasi mi cedono le ginocchia dallo sgomento. «Ti
stavi divertendo un attimo fa?»
«Andiamo Bulma, non esageriamo. Cell sapeva di avere brutte carte,
era solo scena. Poi nessuno di noi si sta facendo male sul serio, a parte
qualche livido. Cell stesso si è sempre controllato nel dare pugni.»
«E lo schiaffo che mi ha tirato prima?»
«In quell’occasione ti ho difeso; è stato piuttosto maleducato da
parte sua, ma immagino sia un po’ toccato!» Sussurra l’ultimo pezzo.
«Durante il gioco però ha rispettato tutte le regole.»
«Infatti, dagli qualcuno dei tuoi gettoni allora, Kakaroth, mi
pare tu ne abbia abbastanza da dividere.» Ne approfitta Vegeta, voglioso di
veder Cell ancora in partita. Pare sia più interessato a prendere a pugni
quest’ultimo, piuttosto che al premio in denaro.
«Ehi, Vegeta, hai proprio ragione, farò così!»
«Siete impazziti, forse?» Sibilo, inascoltata.
«Cell!» Goku gli va vicino, pronto a dividere i suoi dieci gettoni
per l’ultima partita. «Visto che sei il padrone di casa, noi si pensava che non
sarebbe giusto se adesso non giocassi più. Che ne dici di accettare questi
cinque gettoni e tornare in partita?»
Allunghiamo tutti la mascella sorpresi. Anche l’interessato resta
sbalordito dalla proposta; così gli altri, calamitati da questa nuova pazzia,
staranno sicuramente chiedendosi se, per caso, Goku non abbia preso troppi
colpi. «Vuoi che continui a giocare, Goku? La tua è un’offerta molto generosa,
ne sei sicuro? Resteresti con pochi gettoni.»
«Io dico che cinque ciascuno bastano per entrambi. Dopotutto, è
l’ultima partita.»
«Avanti Cell, accetta e riprendiamo a giocare!» Lo esorta Vegeta,
cavalcando l’onda dell’ingenua generosità di Goku.
Sono nuda, vulnerabile, e tremo di paura quando cerco di
recuperare il cellulare dalla borsa. Quando ci riesco, le dita sudate scivolano
sullo schermo liscio, vetroso, che brilla nel buio dandomi un aspetto da
fantasma. Non mi accorgo che Vegeta ha già ucciso Zarbon, conficcandogli in
gola un coccio appuntito della lampada rotta.
«Stai chiamando la polizia?» La sua domanda mi sorprende e il
cellulare mi scivola a terra. Vegeta mi viene vicino, ha il fiatone ed è
provato dallo scontro, puzza di sangue. Mi passa un braccio in gola, per
immobilizzarmi. Sento la sua pelle sudata contro la mia, mentre mi costringe a
sedergli in grembo, in ginocchio.
«Hai paura di me, adesso?» Chiede. Il cuore batte forte ad
entrambi. Ho la gola troppo secca per parlare. Rispondo di no con la testa, ma
sono terrorizzata e scossa.
«Mi spiace, ma avevo una voglia matta di vederlo soffrire e, non
potendo andare da lui, ho fatto in modo che fosse lui a venire da me. Gli ho
detto che avresti firmato un contratto di collaborazione a cui la Freezer Corp
aspirava da tempo. È bastato poco per convincerlo; scommetto che non vedeva l’ora
di tornare nelle grazie di Freezer, dopo aver fallito a rubare il mio computer,
vuoto. Se te l’avessi spiegato prima, non me l’avresti lasciare fare.»
«Mi hai usata.» Suona fiacca persino come esclamazione; più di
tutto mi brucia che le strade percorribili, abbia scelto proprio di usarmi.
«Diciamo piuttosto che ho approfittato della situazione. Il guaio
è che ci si fida sempre troppo delle persone sbagliate.» Si stringe a me
annusandomi tra il collo e la spalla. «Sei stata proprio una bella scopata.
Peccato non essermela goduta fino in fondo.»
«Avrei dovuto tirartelo a morsi!». Ne ride. Con l’altra mano
raccoglie il telefono e compone lui stesso il 911. Uno squillo nel buio e il
centralino risponde; dopo aver ricevuto le coordinate e una richiesta d’aiuto,
torna il silenzio. Lascia cadere il cellulare; mi accarezza dalla coscia al
seno, scioglie l’abbraccio.
Recupera i pantaloni cercandoli tra vestiti sparsi e banconote.
L’elicottero di Zarbon è in giardino, pronto per la fuga; ma Vegeta non scappa,
né raccoglie i soldi. Prende piuttosto la mia borsa; torna a sedersi sul
tappeto. Cava dalla borsa la busta che io stessa gli ho procurato, finalmente
la apre senza che al buio si capisca lo strano contenuto. Mi ritrovo in mano
una tesserina molto sottile, mentre lui si stende sul tappeto.
«Cos’è?»
«Un codice crittografato. Mi pare di averlo detto, che sono
abituato alle donne che si pagano.»
Le sirene della polizia arrivano in quel momento a circondare la
casa. «Sai, le tue tette mi mancheranno davvero tanto in prigione!»
Non piango quando la polizia lo porta via, ma dentro mi
urla la confusione. Ho davvero creduto di vedere il dolore dissiparsi dal suo
sguardo, quand’era immerso nel mio corpo innamorato?
Ha davvero tremato di piacere senza paura di guardarmi negli
occhi, mostrandomi se stesso nell’agonia del nostro fare l’amore?
Si sarà accorto del mio ventre sciogliersi per la prima volta
nella metafisica dei nostri spasmi, come non esistesse altro che noi due? Ho
pensato di non essere stati creati che per accoglierci.
Era tutto finto?
Obbligato a stare a casa mia ha tratto vantaggio dalla situazione,
perché credo abbia infine capito che sono l’unica che lotterebbe per salvarlo;
mi ha dunque indotto ad amarlo solo per essere tratto in salvo?
«A cosa pensi?» Chiede Goku; il corpo martoriato di Zarbon ci
passa davanti su una barella coperto da un lenzuolo bianco.
«Che è stato Vegeta ha chiamare la polizia. Avrebbe potuto
scappare e non l’ha fatto.»
«Non credo sia stato quello il suo intento fin dall’inizio.»
Forse ha voluto proteggermi, penso. «Non credo gli sia mai
piaciuto stare qui da me.»
«Magari ha voluto proteggerti.»
«No. Ha voluto proteggere se stesso.»
Continua…
Non so cosa mi sia venuto in mente! xD Ho seguito la scia
dell’ispirazione e spero di non essere uscita fuori rating. Mi auguro anche
quest’aggiornamento (che non avrebbe dovuto esserci, ma mi sono presa una pausa
dallo studio) vi sia piaciuto. So bene che molte cose restano ancora nebulose,
ma verranno chiarite in seguito, anche durante il processo.
Alla prossima!