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Autore: Red Wind    27/05/2015    7 recensioni
"Quel giorno, come al solito, aveva visitato le case di moltissimi clienti, apparendo ancora una volta come uno dei migliori venditori dell'intera azienda. Sarebbe chiaramente dovuto essere appagato dal suo risultato, ma quello che provava non era altro che un'ombra deformata di quella soddisfazione professionale, simile ad un fastidio montante, che cresceva in lui ormai da qualche mese."
"Alla fine il silenzio, Luciano chiuse gli occhi.
Il cuore impazzito questa volta gli provocava soltanto dolore. Dopo qualche minuto si riprese e aprì gli occhi, pronto a riprendere la discussione con sua moglie. Patrizia, però, non era più davanti a lui."
Genere: Angst, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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Luciano porse il biglietto da visita alla donna, sorridendo.

LUCIANO REPAPI
VENDITORE
PANNELLI SOLARI E FOTOVOLTAICI NEVEZZI

Era ormai sulla porta, pronto per andarsene, ma la padrona di casa, una casalinga di mezz'età, continuava a trattenerlo con le sue gentili chiacchiere: era quasi certo che quella donna sarebbe diventata sua cliente.
Luciano era stanco. La giornata era quasi finita e voleva soltanto tornare a casa, ma non poteva fare altro che continuare a sorridere accondiscendente a ogni parola che gli rivolgeva. L'unica difficoltà del suo lavoro, in fondo, stava proprio in questo: fingersi sempre felici.
Nonostante fosse quasi il tramonto, sentiva chiaramente il sole che entrava dalla porta aperta scaldargli la nuca e, quando la donna finì di congedarsi e lui attraversò il vialetto, venne inondato dalla luce arancione del caldo tramonto primaverile. Pensò che quella scena dovesse essere bella. Lo sarebbe stata per chiunque, anche per lui, soltanto qualche anno prima, ma in quel periodo il sole non gli ricordava l'arrivo della bella stagione né gli metteva allegria; chissà perché quell'anno non faceva che ricordargli il suo lavoro. In fondo, il sole era la sua fonte di guadagno, quella dell'intera azienda Nevezzi. Da vent'anni faceva quell’incarico, eppure non gli era mai capitato: fino a quel momento, anche per lui, il sole era stato semplicemente il sole.
Controllò l'elenco dei nomi di tutti coloro che avevano chiamato l'ufficio, interessati a far installare dei pannelli sul tetto della loro casa, invogliati dalle pubblicità e dalla novità: ormai erano tutti spuntati. Molti facevano la telefonata spinti da una specie di superficiale interesse, più che dalla reale scelta di passare all'energia rinnovabile, Luciano non ne sapeva il perché. La maggior parte di loro, una volta saputi i costi e lavori che sarebbero stati necessari, cambiavano idea, per quella pigra inerzia che tiene a bada i cambiamenti. Era proprio per questo che alla Nevezzi i venditori erano scelti con così tanta cura: nelle loro mani stava letteralmente il futuro dell'azienda, per la quale ogni singolo cliente era più che importante.

Quel giorno, come al solito, aveva visitato le case di moltissimi clienti, apparendo ancora una volta come uno dei migliori venditori dell'intera azienda. Sarebbe chiaramente dovuto essere appagato dal suo risultato, ma quello che provava non era altro che un'ombra deformata di quella soddisfazione professionale, simile ad un fastidio montante, che cresceva in lui ormai da qualche mese.
Salì in macchina, sospirando per il caldo afoso che vi trovò: ancora una volta il sole lo aveva fregato e adesso, nella sua camicia, avrebbe sudato fino a casa. Mentre guidava sulla tangenziale, il sole basso lo costringeva a socchiudere gli occhi.
Pensò a cosa avrebbe fatto una volta arrivato a casa: Patrizia probabilmente lo stava già aspettando per la cena e magari dopo avrebbero guardato qualcosa di carino in televisione.
Qualcosa luccicò davanti ai suoi occhi. Acuì la vista, nella speranza di vedere meglio nel riverbero, ma soltanto dopo qualche secondo si accorse che si trattava di un motorino. Inchiodò appena qualche secondo prima di tamponarlo, mentre tutti gli oggetti che era solito tenere in macchina venivano sbalzati in avanti. Ci mise qualche secondo per riprendersi dalla scarica di adrenalina che lo aveva attraversato, senza accorgersi che già intorno a lui risuonavano i clacson delle altre automobili. Appoggiate le mani tremanti sul volante, ripartì. Per qualche minuto non riuscì a pensare ad altro che alla guida, mentre nella sua mente riviveva l'attimo di poco prima, con tutte le possibili varianti. Il ricordo flebile, così rimaneggiato, già perdeva validità. Avrebbe dovuto sentirsi spaventato e fortunato, ma, cosa che non accadeva da troppo tempo ormai, sentiva il cuore martellare nel petto, a ricordargli di essere vivo. Il tempo di arrivare a casa, la sensazione era già svanita.
-Amore, non sai che mi è successo mentre tornavo a casa- disse, chiudendo a chiave la porta.
Nessuna risposta giunse dalle altre stanze, ma soltanto un rumore indistinto, come qualcuno che fruga.
-Patri?- chiamò Luciano, ancora una volta invano.
Si affacciò nelle varie stanze, finché non trovò sua moglie in camera da letto, impegnata a sistemare qualcosa nell'armadio con gli auricolari nelle orecchie. Luciano si avvicinò e le cinse i fianchi con le braccia, spaventando la moglie, che si allontanò con uno scatto e un gemito indefinito, seguito da un sospiro di sollievo.
-Cristo, ti sembra il modo di arrivare?- disse togliendosi le cuffie.
-L'ho fatto per una cosa che mi è successa oggi, sai...-
-Perché sei entrato con le scarpe?- lo interruppe lei, appena si accorse di quella mancanza.
-Non mi hai risposto, quando ti ho chiamata, così sono venuto a vedere- ribatté, tornando in corridoio a togliersi le scarpe.
Patrizia lo seguì.
-Hai pagato la bolletta?- chiese al marito.
Luciano si maledisse mentalmente: se n'era di nuovo dimenticato. Era sempre stato distratto, ma in quel periodo era molto peggio del solito. Lei capì immediatamente, senza bisogno che lui aprisse bocca.
-Era l'ultimo giorno, ci toccherà pagare la sovrattassa-
-La pagheremo- rispose il marito, scocciato, ma deciso a non farne un dramma.
-Certo- concluse lei, andando in cucina.
L'uomo fissò la sua schiena mentre si allontanava, cercando di interpretare l'ultima sua battuta. Non era stata sarcastica, ma non si trattava neanche di un semplice segno d'assenso. Poi capì: la sfumatura nel suo tono era rassegnazione. Non c'era niente di peggio: probabilmente lo considerava troppo stupido per pagare una bolletta.
Seguì la moglie in cucina.
-Mi sono dimenticato. Non mi trattare come un deficiente- disse, non riuscendo a dissimulare del tutto la sua alterazione.
-Quante volte ti sei già dimenticato?- ribatté Patrizia, calma.
-Hai idea di quante cose ho a cui pensare, eh?-
-Certo-
La stessa intonazione: la rassegnazione completa della moglie lo colpì di nuovo. Non era davvero un così pessimo marito, non lo era affatto. Luciano era una brava persona e lo sapeva. Era ingiusto il trattamento che stava subendo, terribilmente ingiusto.
-Smettila di lamentarti, è solo una bolletta- ribatté, mentre in lui montava la rabbia.
Era un sentimento simile al fastidio che provava per la sua vita in quel periodo, però era esponenzialmente più forte, soverchiante.
-Non mi sto lamentando-
-Certo che lo stai facendo. Riconosco quel tono...-
-Cristo, adesso devi questionare anche sul mio tono di voce? Ho fatto del mio meglio per non discutere stasera e tu te ne esci così? Che cosa vuoi di più?-
-Voglio che tu la smetta di trattarmi come un inetto!-
-Non ho detto nulla, lo vuoi capire?-
-Lo hai pensato e si è capito benissimo!-
-Adesso non posso neanche pensare...-
Patrizia continuò a parlare, ma Luciano non l’ascoltò più. Improvvisamente si sentiva svenire. Non accadde nulla, però, e rimase in piedi a pochi passi dalla moglie che continuava a parlare. No, in realtà ormai stava urlando a giudicare dal modo scomposto in cui muoveva la bocca. Luciano non la sentiva, era certo di non essere neanche più lì, come se fosse separato da suo corpo.
-... avevi giurato di rendermi felice, ma la mia vita non ha mai fatto così schifo!-
Furono le uniche parole di Patrizia che udì, mentre il suo viso veniva rigato da lacrime solitarie.
-Ho fatto del mio meglio- disse, quasi tra sé e sé.
-Appunto- ribatté la donna.
Luciano venne quasi trafitto dalla rassegnazione che traspariva dai suoi occhi.
-Smettila!- urlò.
Mentre ancora si sentiva staccato dal suo corpo, vide le sue mani spingere con forza le spalle di sua moglie contro il muro. Una serie di urli fendette l'aria e come una lama attraversarono il cervello dell'uomo, da un orecchio all'altro. Il dolore di quell'urlo lo colpì così profondamente che nacque il lui l'urgenza di fare cessare quella voce. Di nuovo le sue mani si mossero verso le spalle della moglie, spingendola contro il muro. Le urla crebbero di intensità e disperazione e così la forza di Luciano.
Alla fine il silenzio, Luciano chiuse gli occhi.
Il cuore impazzito questa volta gli provocava soltanto dolore. Dopo qualche minuto si riprese e aprì gli occhi, pronto a riprendere la discussione con sua moglie. Patrizia, però, non era più davanti a lui: al suo posto un'irregolare, grossa macchia di sangue gocciolava lungo il muro candido.
A terra, invece, c'era la cosa più brutta che avesse mai visto, l'orrore puro. Non era Patrizia quella, lei era bella. Luciano provò l'infantile desiderio di allontanarsi il più possibile da quella cosa. Uscì di casa quasi correndo e salì in macchina. Le mani tremanti, partì. Prese le strade più veloci per allontanarsi più in fretta possibile. Ci volle tempo prima che la sua mente tornasse a ragionare. Per un secondo ci pensò: l'aveva uccisa nella penombra della loro casa, dove nessuno l'avrebbe trovata per troppo tempo, non sotto il sole; forse sarebbe potuto semplicemente andarsene, rinascere come la fenice in una nuova vita.
Poi però se ne accorse. Non avrebbe mai potuto dimenticarsi che la sua vita era lei e che l'aveva uccisa con le sue stesse mani. La consapevolezza fece così male che desiderò soltanto l'oblio.
Sotto il ponte che stava attraversando, l'acqua appariva scura e infinitamente profonda.
Una sterzata ad occhi chiusi, il parapetto che si piegava docile e l'impatto con l'acqua, infine, realizzarono il suo ultimo desiderio.



Il cantuccio dell'autrice
Non so neanche io come mi sia venuta in mente questa cosa, credo che sia colpa dello stress di Maggio: una breve e tragica OS per sfogarsi. Niente, spero che vi sia piaciuta e vi ringrazio per essere arrivati fin qua. Se avete voglia di dirmi cosa ne pensate, le recensioni sono sempre ben accette (ma va?).
May we meet again!

Red Wind
   
 
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