“Signorina
Ileana..” mormorò il piccino, timidamente
“..scusi se la sveglio ma..il mio
fratellino non è più nella stanza con me e non so
dov’è”.
“Ma
come
non sai dov’è?” biascicò la
donna, rigirandosi nel letto.
Aprì
un
occhio e capì che bimbo aveva di fronte. Lo
guardò con tenerezza. Sapeva di
avere a che fare con un fanciullo ben educato e che non
l’avrebbe mai
disturbata per niente.
“Sicuro
non
sia al bagno o in cucina a cercare da mangiare?”
ipotizzò Ileana.
“Ho
già
guardato. E poi..non c’è il suo zaino”.
“Non
può
essere lontano. Non piangere! Cerchiamolo insieme”.
Il
piccolo,
con fra le braccia un pupazzo di pezza grande quasi quanto lui,
seguì la
direttrice dell’orfanotrofio lungo i corridoi della
struttura. Fuori albeggiava
e tutti i bambini ospitati ancora dormivano. Le inferriate alle
finestre
proiettavano sul muro ombre inquietanti, che un pochino turbavano il
piccino in
cerca del fratello.
“Che
succede?” domandò la cuoca, svegliata dal
frastuono.
“Kanon
non
si trova” spiegò la direttrice “Temo sia
scappato..”.
“Scappato?!
Ma com’è possibile?!”.
“Non
me lo
so spiegare. Avverto subito la polizia. Non sarà di certo
andato lontano!”.
La
donna
non ebbe il tempo di comporre il numero. Proprio la polizia stava
bussando alla
porta. Un agente, piuttosto scocciato per la perdita di tempo,
riconsegnò in
fretta il bambino fuggito e se ne andò, dopo una breve
predica.
“Oggi
fili
dritto in punizione!” sbottò Ileana, afferrando
Kanon per la mano.
Il
piccolo
non aprì bocca e finì rinchiuso in una stanzetta.
Ma non rimase a lungo da
solo.
“Fratellone..”
mormorò, riconoscendo il viso del fratello
dall’altro lato della finestra.
Arrampicato
sulle sbarre, il piccolo guadava dentro.
“Perché
sei
andato via, Kanon? Volevi lasciarmi da solo?”.
“Voglio
una
mamma..”.
“La
signorina Ileana dice che io e te non avremo mai una mamma o un
papà finché non
ci faremo adottare separati..”.
“Io
non
voglio una mamma diversa dalla tua..”.
“Ma..forse
è meglio una mamma diversa che nessuna mamma..”.
“Vuoi
stare
senza di me?”.
“No!
Kanon..non importa! Non voglio una mamma, se questo vuol dire stare
lontano da
te”.
“Ma
la
signoria Ileana dice sempre che mai nessuno ci adotterà
insieme. E più passano
gli anni e più diventa difficile”.
“Siamo
come
cani, dunque..”.
Ileana
era
seriamente preoccupata. Quei bambini, gemelli, erano stati abbandonati
da
neonati sull’uscio dell’orfanotrofio e, per alcuni
anni, aveva tentato di farli
adottare insieme. Ma era una cosa così difficile! E ormai
quei due avevano
quasi quattro anni. Ogni anno trascorso, diminuiva le
possibilità di adozione.
“Non
ti
crucciare, mia cara” sorrise Padre Nestor, il sacerdote
ortodosso che si
occupava dell’educazione dei bambini “Le vie di
Nostro Signore sono infinite”.
“Lo
spero.
Vorrei che tutti i bambini sotto questo tetto trovassero una
famiglia..”.
“E
la
troveranno, vedrai. Abbi fede”.
“Padre
Nestor, chi è quella signora lì?”
domandò il gemello più grande, indicando la
statua della madonna che si trovava nella piccola cappella
dell’orfanotrofio.
“Lei
è
Maria, la madre di Nostro Signore” rispose il sacerdote.
“Io..una
volta ho sognato una donna..aveva uno sguardo proprio quello di Maria.
Era
pieno di..non so..ma mi guardava ed io ero felice. Mi sentivo come in
un
abbraccio”.
“Forse
hai
sognato proprio lei. Com’era vestita?”.
“Non
lo
ricordo. C’era tanto bianco..”.
“La
ricordi
la preghierina per Maria?”.
“Sì..”.
“Bravo
bambino!”.
“Padre
Nestor..posso dire una cosa?”.
“Parla.
Ma
ricorda che sei nella casa del Signore..”.
“Vorrei
vedere da dove suonano le campane”.
“Le
campane?”.
“Sì.
Sento
suonare le campane ma non so da dove suonino”.
“Ah,
ho
capito! Vuoi vedere la cattedrale del paese! Va bene..chiedo alla
direttrice”.
La
cattedrale era magnifica. Il piccolo rimase senza fiato.
“Le
campane!” esclamò, sentendole suonare.
Il
sacerdote sorrise, vedendo quell’entusiasmo fanciullesco. Era
bellissimo
vederlo sorridere. All’orfanotrofio era spesso imbronciato o
triste, per via
delle continue vessazioni da parte dei bambini più grandi.
Era troppo buono per
rispondere a tono, troppo perso nei suoi sogni per affrontare la
realtà. E
proprio sognando ad occhi aperti, il bambino finì addosso ad
un uomo che si
girò di scatto, infastidito.
“Scusi”
si
affrettò a dire il piccolo.
“Non
ti
allarmare, è solo un bimbo” parlò una
voce, proveniente da un altro uomo, pochi
passi più indietro del primo.
“Sì,
Sacerdote”
si scusò l’urtato, evitando di far del male
all’orfano.
Il
bambino
non capiva. Chi era quell’individuo che si stava avvicinando?
Vestito di
bianco, con dei paramenti che parevano familiari ma non ortodossi. Si
fermò ad
osservarlo e, per qualche istante, si fissarono immobili.
“Come
ti
chiami, piccolo?”.
“Perché
dovrei dirvelo, scusi?”.
“Hai
ragione. Io, comunque, vengo chiamato Shion e sono il Gran Sacerdote
d’Atena”.
“Sacerdote?
Come Padre Nestor?” domandò il bambino.
“Possiamo
dire di sì..” rispose Shion, incrociando lo
sguardo del sacerdote ortodosso
alle spalle del piccolo.
“Dov’è
la
tua cattedrale? Così posso venire a sentire le tue
campane..”.
“La
mia
cattedrale?”.
“Andiamo!”
interruppe l’ortodosso “Dobbiamo tornare in
orfanotrofio oppure si
preoccuperanno tutti”.
“Kanon..”
domandò il gemello più grande, svegliando il
consanguineo a bassa voce.
“Cosa
c’è?”
mormorò questi, sbadigliando.
“Vieni
qui
vicino a me. Alla finestra. Dimmi..la vedi anche tu la statua
lassù?”.
“Statua?
Dove?”.
“Lassù!
La
statua di quella signora con lo scudo e il bastone. Non
l’avevo mai vista
prima..”.
“Non
la
vedo, fratello. La stai sognando?”.
“No!
Io la
vedo! Ed è la signora che sogno sempre. Io..devo andare
là! Vieni con me?”.
“Dove?”.
“Dalla
statua! Sento che mi chiama. Poi torniamo qui..”.
“Ma
è
lontana?”.
“No.
Non
credo..”.
“Se
ci
tieni tanto..però io non la vedo. Ci sono solo stelle dove
dici tu”.
“Kanon,
credimi. Io so che è là che devo
andare”.
Nel
buio
della notte, i due fratelli attraversarono le strade deserte fino a
giungere
alle porte del Grande Tempio.
“Dove
siamo?” domandò Kanon.
“Vieni!”.
Salirono
le
scale. Le case erano deserte e quindi le attraversarono senza problemi.
Le
porte della tredicesima erano chiuse ma i due bambini le aprirono.
Passarono
oltre e finalmente raggiunsero la statua di Atena.
“È
lei! È
quella del mio sogno!” sorrise il gemello più
grande.
“Sei
contento adesso? Torniamo a casa” sbottò Kanon,
leggermente agitato.
“Ma
guardala! È così bella! Credi sia
Maria?”.
“Non
mi
interessa. Io voglio tornare a casa”.
Il
gemello
più piccolo si voltò. Vide qualcosa muoversi nel
buio e d’istinto si nascose.
Si voltò verso il fratello, che però si ostinava
a fissare la statua.
“Sei
Maria?” domandava alla statua.
“No,
non è
Maria” parlò una voce da uomo.
Il
piccolo
intruso si voltò di scatto, spaventato.
“Sei
il sacerdote
che ho visto..” capì il bambino “Sei
Shion?”.
“Sì.
E tu
come ci sei arrivato quassù?!”.
“Io..volevo
vedere la statua. Ho fatto le scale”.
“Così
piccolo, hai risalito tutte le scale del Grande Tempio?!”.
“Sì..”.
“Notevole..”.
“Sogno
sempre questa signora. Chi è?”.
“Atena.
La
sogni? Che ti dice?”.
“Niente.
Ma
la sogno”.
“Anche
io
la sogno, sai? Mi ha parlato di te”.
“Di
me?”.
“Di
un
bambino. Credo proprio che sia tu”.
“Veramente?
Cosa ti dice su di me?”.
“Che
già ti
vuole bene. E tu, le vuoi bene?”.
“Io..non
so..è una statua!”.
“È
molto
più di una statua! È una Dea”.
“Una
Dea?”.
Il
bambino
alzò lo sguardo. Sì, riusciva a sentirlo.
C’era qualcosa che lo avvolgeva, come
una carezza. Il suo cuore palpitò. Voleva bene a quella
signora, sì.
Forse..riusciva perfino ad amarla!
“Cosa stai
guardando?” domandò Shion.
“Niente..”
mentì il piccolo.
Il
Sacerdote di Atena, dopo quanto visto al Tempio, aveva preso con
sé il gemello
più grande. Il bambino non era per nulla convinto.
Trascinato via quasi con la
forza, si era ritrovato in quel luogo praticamente deserto. Kanon lo
aveva
seguito, senza però che nessuno al Tempio se ne accorgesse.
“Smettila
di fissare quella donna” lo rimproverò ancora
Shion.
“Io..”.
Il
bambino
la osservava perché quella donna teneva per mano un figlio,
che le sorrideva e
la chiamava “mamma”. L’apprendista del
Tempio provò invidia.
“Devi
concentrarti. Lascia perdere certe cose” continuò
Shion, camminando ancora per
le vie del paese “Tu diventerai cavaliere, lotterai per
salvare il Mondo dai
malvagi e prenderai il mio posto”.
“Il
Vostro
posto?”.
“Il
tuo cosmo
è potente. Nessun’altro al Tempio ha una forza
pari alla tua perciò, al
momento, sei l’unico che può ambire ad un simile
incarico”.
“Gran
Sacerdote?”.
“La
strada
è lunga e sentimenti come l’invidia infangano un
cuore puro e degno. Devi ergerti
al di sopra di cose simili. La bontà e la misericordia sono
fondamentali, non
scordarlo mai. Dovrai essere d’esempio a tutti coloro che
verranno”.
“Ti
sei
divertito in paese?” domandò, vedendo arrivare
Kanon.
“Sì.
Ci
sono le giostre” ammise il gemello “Vieni anche
tu?”.
“Non
posso.
Io devo uscire dal Tempio solo assieme al Sommo Shion”.
“Che
noia!
Passi la giornata ad allenarti e
studiare! Che palle..”.
“È
la vita
che ho scelto..”.
“È
la vita
che ti hanno imposto! È da anni che siamo qui e non ti vedo
né felice né in
pace con te stesso”.
“Non
lo
faccio per me. Lo faccio per un qualcosa di superiore. E lo faccio per
Atena”.
“Atena?
L’hai mai vista? E se fosse tutta una favola? Una storia che
ti ha raccontato
un vecchio rincoglionito dai capelli verdi?”.
“Può
anche
essere ma dimmi, che alternative ho? Pensi forse che qua fuori, a
questo mondo,
ci sia qualcuno disposto a prendersi cura di noi? Qualcuno a cui
importi della
nostra vita?”.
“Che
stai
dicendo..?”.
“Qui
ho uno
scopo. Ed anche se Shion non mi ha mai riservato gesti
d’affetto, come un
abbraccio o una carezza, alla fine qui ho un tetto sulla
testa”.
“Anche
all’orfanotrofio avevamo un tetto. E là nessuno ti
pestava dalla mattina alla
sera per renderti più forte”.
“Mi
pestava
dalla mattina alla sera per divertimento..”.
“Questo
posto è una trappola. È un inganno. Non sarai
Gran Sacerdote, vedrai. Un giorno
arriverà qualcuno a cui Shion vorrà bene
veramente e tu finirai nel
dimenticatoio, piccolo bambino prodigio”.
“Non
è
vero! E poi, se ti fa tanto schifo stare qui, vattene!”.
“Non
lo
vuoi veramente..”.
“Io..”.
“Pretendono
troppo da te, fratello. Cerca di..”.
“Non
ho
bisogno di consigli. A questo mondo sono tutti fin troppo bravi a
parlare. Sai
di cosa c’è bisogno, invece? Di fatti. Di azioni.
Io, quando sarà il momento,
sarò pronto. Stringerò le mani attorno al collo
ad ogni singola creatura che
proverà a farle del male..”.
“Parli
di
Atena?”.
“Ucciderò
chiunque voglia ferirla. Difenderò lei e questa
umanità, così debole e
indifesa. Io sarò al di sopra di essa e nessuna guerra santa
potrà mai
sconfiggermi”.
“Sei
strano..”.
“Ma
per
fare questo, mi devo allenare. Devo diventare più forte.
È per questo che Shion
non mi dona mai nemmeno un sorriso. Perché non sono
abbastanza forte. E non
sono abbastanza buono”.
Quella
notte di pioggia giunse Aiolos. Assieme al neonato Aiolia, il futuro
Sagittario
giunse al cospetto del Gran Sacerdote. L’aspirante cavaliere
dei Gemelli non
capì subito quel che stava accadendo. Qualcosa in
luì gridò, selvaggiamente e
con rabbia, quando vide quanto amore in realtà riuscisse a
trasmettere Shion.
Pianse, sicuro che tanto nessuno lo avrebbe notato mentre correva per
le scale
sotto la pioggia. “Perché?” si chiedeva.
Perché nessuno gli voleva bene? Perché
nessuno lo comprendeva? Era stanco di essere solo! Kanon passava sempre
più
tempo lontano dal Tempio, le guardie lo temevano e Shion lo ignorava.
“Mi
impegnerò di più. Sarai fiero di me!”
promise a se stesso “Diventerò buono!
Buono come vuoi tu, Sommo Shion! Voglio che tu mi sorrida! Voglio che
tu..mi
voglia bene!”.
Con
nel
cuore ogni buon proposito per divenire il più giusto fra i
cavalieri,
nell’animo al contrario qualcosa ringhiava, piena di rancore.
“Sei
così
schifosamente patetico e sentimentale!” parlò,
senza capire come, a se stesso.
Era
nervoso
ma non doveva ammetterlo né tantomeno farlo capire. Molti
erano i curiosi
giunti all’anfiteatro. L’aspirante cavaliere li
osservò, fingendo indifferenza.
“Saga..”
chiamò Shion.
Il
bambino
alzò lo sguardo. Non capiva molto bene perché il
Sacerdote lo chiamasse così.
Gli era stato detto che era un nome di una famiglia nobile,
nonché di un
imperatore giapponese. Il Kanji con cui era scritto quel termine poi,
richiamava una dualità che sapeva perfettamente
d’avere. Saga inoltre era una
divinità nordica e questo lo collegava al nome del gemello
Kanon, che sempre in
oriente era una creatura divina, protettrice dei marinai e dalle mille
braccia
per raccogliere i desideri dei mortali.
“..sei
pronto, Saga?”.
“Sì”
annuì
l’apprendista.
“Bene.
Corri a prendere la tua armatura”.
“Prego?”.
“Segui
quel
che il tuo cosmo ti dice e raggiungila”.
La
voce del
Sacerdote pareva infastidita. L’aspirante cavaliere
lasciò l’arena e si
concentrò, cercando di capire verso dove il cosmo lo
guidava. Ma che strano
quel cosmo! Voci discordanti gli suggerivano posizioni diverse. Quale
doveva
seguire? Alla fine una delle due voci prevalse. Era quasi minacciosa e
lo
spingeva verso la terza casa. Davanti ad essa, il bambino si
fermò. C’era
qualcosa di strano o forse si sbagliava? Ma che poteva esserci di
strano?! La
terza casa era deserta da secoli! L’aveva attraversata tante
volte. Non aveva
mai visto alcuna armatura all’interno! Si stupì
dunque ma decise di seguire il
suo cosmo. Tutto sembrava tranquillo, senza cambiamenti di alcun tipo.
Poi la
casa si fece buia. Che scherzo era mai questo?
“Chi
c’è?”
domandò il bambino, sentendo rumori.
Qualcosa
brillò
dietro di lui ed il piccolo si voltò.
“Chi
sei
tu?” scandì una voce, altalenante e strana.
“Io?
Io..sono Saga”.
“Chi
sei
tu?” ripeté la voce.
Un’armatura
camminava, avvolta dalla nebbia nera in cui galleggiava
l’aspirante cavaliere.
“Sono
Saga”
rispose ancora, questa volta più convinto.
“Chi
sei
tu?”.
A
fianco
dell’armatura, ora si vedeva un fanciullo. Era nudo e con i
capelli neri che ne
coprivano parte del volto. Ghignò di colpo, spaventando
l’apprendista del
Tempio.
“Chi
sei
tu?” domandò questa volta Saga.
“Chi
sei
tu?” gli fece quasi da eco il ragazzino sconosciuto.
“Perché
mi
somigli? Chi sei? E perché sei vicino all’armatura
dei Gemelli?”.
“Io
sono
te. Io sono il vero te”.
“Non
è
vero!”.
“Tu
non sei
Saga. Non è quello il tuo nome”.
“E
tu come
lo sai?!”.
“Perché
io
sono te”.
“Non
è
affatto così! Va via, è pericoloso !”.
“Non
puoi
sfuggire da te stesso. Io sono parte di te. Il cosmo che ci avvolge
appartiene
a me”.
“Questo
immenso
cosmo oscuro è tuo?!”.
“È
nostro. E
non potrai lottare ancora a lungo contro la tua natura”.
“Ti
sbagli.
Il mio cosmo è luminoso e buono. Non so chi tu sia ma te ne
devi andare! Quell’armatura
la indosserò io ed apparterrà a me.
Purificherò il tuo cosmo malvagio”.
“Non
dire
idiozie”.
Il
bambino
sconosciuto scoppiò a ridere. Una risata inquietante, che
fece vibrare la
nebbia nera che amplificò quel suono come in un eco
multiplo.
“Chi
sei
tu?” si udì ancora, per l’ennesima volta.
“Io
sono il
cavaliere dei Gemelli!” gridò Saga, correndo verso
l’armatura vuota.
Il
bambino
senza vestiti lo intercettò e lo colpì.
“Vattene!”
gridarono entrambi i bambini.
Iniziarono
a
lottare.
“Quell’armatura
appartiene a me!” ringhiò Saga “Fatti da
parte!”.
“E
chi lo
ha stabilito?”.
“La
indosserò. E Shion sarà fiero di me”.
“Per
Shion
non sei altro che una pedina. Nella prossima guerra santa, ti
manderà al macello
a morire. Tu non sei nulla per lui!”.
“Stai
zitto! Tu non sai niente!”.
“Sei
tu che
sei accecato dalla stupidità. Per quell’uomo sei
solo l’ennesimo cavaliere che
morirà in nome di Atena. Devi combattere per te stesso.
Ottenere quell’armatura
perché TU lo vuoi, non perché Shion lo vuole. La
vuoi per te? O solo per far
felice quel vecchio sadico?”.
“Sì..io..la
voglio per me! La voglio per essere forte e per
difendere..lei!”.
“Lei?”.
Il
bambino
dai capelli neri parve perplesso. Poi una luce squarciò la
nebbia nera e questa
iniziò a dissolversi.
“Atena
vuole la mia vittoria. L’armatura è mia e tu
rimarrai qui, nelle tenebre”
sorrise Saga, allontanandosi con lo scrigno dei Gemelli.
“No,
ti
sbagli” ghignò il bambino nudo, indicandosi la
testa “Io sarò sempre qui”.
Saga
rimase
un po’ turbato da quelle parole ma riuscì a
trovare la forza di allontanarsi.
“Non
ti
libererai mai di me! Ricordatelo!” gridò il
piccolo dai capelli neri “Ricordatelo,
Aristotles!”.
“Nessuno
mi
chiama più così! Io sono Saga!”.
“Buon
per
te. Io sono Arles”.
Ansimando,
Saga tornò all’arena. Tutti i presenti si
zittirono. Quello scrigno..era per
davvero d’oro? Dopo tutto quel tempo, finalmente un nuovo
cavaliere di quel
rango abitava il santuario?
“Bravo!”
sorrise Aiolos, rompendo il silenzio.
“Grazie..”
rispose Saga, senza sapere che altro dire.
Shion
rimase
in silenzio. Osservò dall’alto e si fece serio.
Colui che indossava quelle vestigia
ai suoi tempi era stato un cavaliere assai temuto ed altrettanto
pericoloso. Il
Sacerdote fece un cenno con il capo, come a voler dire che aveva capito
quanto
era successo. Poi si ritirò nelle sue stanze ed Aiolos lo
seguì. Saga, sfinito
ed un pochino deluso da quella reazione, raggiunse di nuovo la terza
dimora. Era
la sua casa ora e vi entrò, lieto di non vederci ombre nere.
Udì un rumore e si
voltò, convinto di vedere il bambino di prima. Con sollievo,
vide invece Kanon.
“Vieni,
fratellino” lo chiamò.
“Davvero?
Posso
entrare anche io alla terza casa?” si stupì il
gemello.
“Certo.
Io
e te sempre insieme, giusto?”.
Kanon
sorrise
e raggiunse il fratello, che poggiò in terra il pesante
scrigno e sedette,
esausto.
“Ma..cosa
è
successo? Chi era il tuo avversario?” domandò il
gemello più piccolo.
Era
preoccupato
però capì subito che non avrebbe ricevuto
risposta, perché il nuovo cavaliere
dei Gemelli già si era addormentato, accoccolato contro la
propria Pandora Box.
“Posso
chiederti un consiglio?” parlò il Sagittario.
“Di
che
tipo?” rispose Saga, ormai adolescente.
“Beh..ecco..mi
vergogno un po’ ma..sull’isola di Milo, dove ho
scovato il nuovo cavaliere
dello Scorpione, ho conosciuto una ragazza”.
“E
con ciò?”.
“Si
chiama
Sophia. È davvero bellissima e dolce.
È..speciale!”.
“Continuo
a
non capire cosa questo abbia a che fare con me..”.
“Vorrei
un
consiglio. Tutti ti amano e ti apprezzano, ti considerano quasi un dio!
Diventerai
Gran Sacerdote! Sai per forza cos’è
l’amore quindi, ti prego, dammi qualche
consiglio”.
“Mi
spiace
ma..non posso davvero aiutarti”.
“Ma..che
dici?!”.
“Io
non
conosco l’amore. Sono stato gettato come spazzatura appena
nato, perciò nemmeno
mia madre ha mai provato amore per me”.
“Come
può
il tuo cuore concepire una cosa così triste? Se tua madre ti
ha abbandonato, un
motivo di certo c’era! Forse era troppo giovane o povera ed
in questo momento
ti pensa, chiedendosi dove tu sia e pregando per la tua
felicità”.
“Non
so
come tu faccia a vedere del buono in tutto. Gli esseri umani sono anche
malvagi
e menefreghisti sai, Aiolos?”.
“Non
una
madre. Io non credo che una madre possa essere
così”.
“La
mia
sarà stata di certo una che non vedeva l’ora di
sbarazzarsi di me. L’amore non
è una cosa in cui credo e che comprendo, se non quello che
mi porta ad avere
fede nella nostra Dea. Buon per te che ritrovi questo sentimento in una
semplice femmina”.
“A
volte
penso che tu non sia normale. Nel senso..che in te ci siano due persone
diverse. Ad ogni modo..vorrei somigliarti. Il tuo distacco di certo ti
aiuterà
nell’imminente guerra santa. E saprai guidarci tutti, di
certo meglio di quanto
potrei fare io. Shion sceglierà te come successore legittimo
però..non è
corretto quel che dici. Shion ci vuole bene..”.
“Per
Shion
non sono altro che l’ennesimo cavaliere che morirà
in guerra. Non prova affetto
alcuno per me. Basti pensare al fatto che tu e Aiolia per anni siete
rimasti al
sicuro nelle sue stanze, mentre io fin da piccolissimo stavo con le
guardie o
per conto mio. Vi ha abbracciati, tenuti in braccio, incoraggiati,
lodati..”.
“Dunque
è
di questo che sei geloso? Una volta mi dicesti che mi invidiavi.
È per questo?”
Saga
non
rispose. Seduto fra le colonne, fissò l’orizzonte.
Aiolos scosse la testa: era meglio
tornare ad allenare Aiolia.
Diversi
anni
erano trascorsi e molti altri cavalieri d’oro erano apparsi.
Quando Shion lo
mandò a chiamare, Saga non sapeva cosa aspettarsi.
Entrò alla tredicesima e già
Aiolos era al cospetto del Sacerdote e sorrideva. Che aveva tanto da
sorridere?
“Guarda,
Saga! Finalmente è giunta fra noi!”
parlò il Sagittario.
“Chi?”.
“Atena!
Guarda!”.
Shion
stringeva
fra le braccia una bambina di pochi giorni. Saga avvertì un
tuffo al cuore. Era
una notizia meravigliosa! Subito però qualcosa lo
preoccupò. Aiolos parve
percepirlo ma non disse nulla. Seguì il compagno fuori dalla
tredicesima e,
quando il Sacerdote non fu più a portata
d’orecchio, lo interpellò.
“Cosa
ti
turba? Ho notato qualcosa di strano nei tuoi occhi”.
“Quella
bambina..non
ha il cosmo di colei che sogno!” ammise Saga “Non
ha il potere che mi aspettavo”.
“È
solo una
neonata..”.
“Una
Dea! Che
ci deve difendere dai nemici. Come può farlo, con un cosmo
così debole?”.
“Pensi
veramente che il sommo Shion si sia sbagliato?”.
“Shion
è
anziano ormai. Non pensi possa sbagliare?”.
“Mi
fido
ciecamente di lui. Però..le tue parole un po’ mi
fanno riflettere. Forse dovremmo
avvicinarsi di più a lei, per verificare. Dici sia solo una
specie di prova,
per noi che siamo stati addestrati a sostituirlo?”.
“Tecnicamente
solo io sono stato addestrato per questo, ma credo che la tua idea sia
buona. Come
pensi di fare?”.
“Basta
entrare ed avvicinarsi. Nulla ci vieta di farlo!”.
“Shion
non
ammette che io entri in determinate sale!”.
“Davvero?
No,
a me no. Forse perché ho trascorso tanti anni alla
tredicesima con lui ed il
mio fratellino. Ti fidi? Controllerò io e poi ti
farò sapere”.
Saga
annuì
ma in realtà non si fidava per niente. Decise dunque di
raggiungere le stanze
della piccola da solo. La guardò e lei rispose a quello
sguardo.
“Ne
sono
certo..” mormorò Gemelli “..questo non
è lo sguardo della donna che sogno. Tu non
sei Atena e, se lo sei, la tua reincarnazione è debole. Come
potrai salvarci
tutti, mia signora? Con questo cosmo, saremo noi a dover salvare
te!”.
“Saga!”
esclamò Shion, entrando nella stanza “Cosa ci fai
lì? Allontanati!”.
“Io..volevo
solo vedere se stava bene”.
“Certo
che
sta bene! Perché non dovrebbe?”.
“Io..perché
vi arrabbiate?! Non sto facendo niente di male!”.
“Maestro..”
tentò di riportare la calma Aiolos, come sempre poco
distante dal Sacerdote.
“Sparisci,
Aiolos! Non ho bisogno di essere difeso!” sbottò
Saga, capendo che il suo
autocontrollo stava venendo meno.
Per
evitare
questo, guadagnò l’uscita, riuscendo a tornare se
stesso.
“Maestro,
perché
siete così severo con Saga?” si chiese il
Sagittario.
“Perché
tu
non sai quanto possa essere pericoloso il cosmo doppio dei Gemelli.
Già in
passato ho avuto a che fare con lui..”.
“Ma
è di
Saga che stiamo parlando, non dell’uomo che indossava
quell’armatura prima di
lui!”.
“Forse
hai
ragione. Ma è meglio prevenire..”.
Qualche
tempo
dopo, Kanon rientrò al santuario. Era di splendido umore e
fischiettava.
“Fratellone!”
chiamò, felice “Indovina un po’ con chi
è uscito stasera il tuo gemellino? Con quello
schianto di cameriera del locale giù in paese. Ovvio, non la
conosci. Sei troppo
impegnato a fare il santo quassù! Fratellone! Ma..dove
sei?”.
Kanon
si
guardò attorno.
“Sento
il
tuo cosmo!” ridacchiò “Vuoi giocare a
nascondino, eh? Guarda che ti trovo!”.
Si
concentrò
qualche istante e poi camminò convinto.
“Trovato!”
esclamò, sbucando da dietro una colonna e scoppiando a
ridere.
Si
fermò
subito però perché si accorse che il fratello,
seduto in terra, non aveva
proprio l’aria di essere in vena di scherzi.
“Ma..che
succede? Fratellone..piangi?”.
“Sai
che
novità..va via, per favore”.
“Certo
che
no! Sei mio fratello e devi dirmi cosa
c’è”.
“Niente.
Lasciami stare”.
“Ti
prendo
a sberle, stupido!”.
Kanon
tentò
di fare il minaccioso ma nemmeno quella tecnica funzionò.
Una lacrima rigò la
guancia del gemello e il più giovane non sapeva che fare.
“Qualsiasi
cosa sia successa, siamo fratelli. Ed io ti voglio aiutare. Avanti, che
mai
potrà essere?”.
“Kanon..io..a
cosa servo?”.
“In
che
senso? Sei un cavaliere d’oro e difendi la pace del Mondo, o
almeno questo è
quel che mi è stato detto. Ecco a che servi”.
“Io
credevo
di essere speciale. Di essere..diverso. Fin dal primo momento, mi
è stato detto
che io farò grandi cose..”.
“E
le
farai. Dicono tutti che sarai Gran Sacerdote”.
“No,
non lo
sarò. Shion ha scelto Aiolos”.
“Cosa?!
Io
l’ho sempre pensato che quel vecchio fosse un rincoglionito
ma ora ne ho la
certezza! Come si fa a scegliere Aiolos?! Mister insicurezza, che ha
paura di
agire e chiede sempre consiglio. Con lui a guida del Tempio, la guerra
santa è
persa in partenza. Siamo fottuti!”.
“Ha
ragione
Shion, invece! Io..io non sono in grado di controllarmi!”.
“Controllare
cosa?! Dai, andiamo! La gente ti considera un Dio! Quando eravamo
bambini, a
volte restavi a digiuno pur di far mangiare me o altri bambini
affamati. Hai sempre
aiutato chi lo chiedeva ed hai sempre servito fedelmente questo posto.
Tu meriti
di veder realizzati i tuoi sogni!”.
“No,
invece! C’è qualcosa in me che non va. Te ne sei
accorto pure tu. Faccio sempre
più fatica a controllare quel lato di me che..”.
“Quel
lato
è frutto di una vita intera di frustrazione e repressione.
Uno non può essere
fottutamente buono sempre, ventiquattro ore su ventiquattro! E poi qui
stiamo
parlando di guerra. Credi possa essere più adatto a
difendere il Mondo quell’insicuro
lecchino di Aiolos oppure quel tuo lato che saprà essere
spietato con i tuoi
nemici?”.
“Che
domanda fai?! Quella parte di me non deve mai avere il sopravvento,
chiaro?”.
“Ma
prima o
poi lo farà. Il demone nel tuo cuore prima o poi
uscirà. E forse è giunto il
momento..”.
Kanon
aveva
ragione. Il gemello più piccolo, dopo quanto detto da Saga,
aveva deciso di
agire. Raggiunse le stanze del Sacerdote, tentando di ghermirne la
vita. Così facendo,
avrebbe consentito al fratello di veder realizzato il suo sogno. Ma
Saga stesso
era intervenuto, sventando quel tentativo e rinchiudendo il gemello a
capo
Suion.
“Vuoi
divenire davvero come lui?” aveva urlato Kanon, mentre la
marea si alzava “Tu
non sei così! Tu sei angelo e demone allo stesso tempo e
qualcosa in te freme perché
vuole prendere il giusto posto! Non essere come loro vogliono che tu
sia! Sii come
tu sei nato per essere!”.
Il
demone,
quel bambino nudo dai capelli neri, ora era un uomo pronto a prendere
il
controllo. Per troppi anni aveva sacrificato tutto senza ottenere nulla
ed era
tempo di reagire. Uccidere il Gran Sacerdote non era stato un problema
e
nemmeno sbarazzarsi di Aiolos. Osservando la statua di Atena, con
addosso le
vesti da Gran Sacerdote, Arles sorrideva da sotto la maschera.
“Quella
incarnazione era debole” parlò “Ci
penserò io a difendere questo Mondo. Nessun Dio
oserà sottomettere l’umanità
perché io sarò al di sopra di qualunque
divinità
possibile! Io sono pronto. Affronterò ogni singola guerra
santa, Atena. In nome
tuo..”.
Rientrando,
trovò un bambino alla tredicesima.
“Aiolia?”
domandò, vedendolo.
“Posso
dormire qui oggi?” piagnucolò il piccolo aspirante
Leone.
“Non
sei un
po’ grande?”.
“Mi
manca
il mio fratellone..”.
“Capisco..”.
“Dicono
che
adesso portate la maschera per nascondere le lacrime di delusione per
il
tradimento del vostro cavaliere prediletto, il Sagittario. E per
Gemelli, che è
sparito. Io..non so se il mio fratellone ha fatto del male anche a Saga
ma..vorrei chiedere scusa da parte sua”.
“Scusa?”.
“Sì.
Il mio
fratellone ha sbagliato, ha tradito. Non so se sia vero, ma dicono
così. Vorrà
dire che io combatterò anche per lui e diventerò
un cavaliere doppiamente
fedele ad Atena ed al Santuario”.
“Come
proposito è molto nobile, Aiolia..”.
“Grazie..”.
Il
bambino
fece per andarsene, a capo chino.
“Aiolia..”
lo richiamò Arles “..puoi dormire nelle mie stanze
stanotte. Io non ho sonno..”.
Nello
stesso
momento, da qualche parte sotto la superficie dell’oceano,
Kanon si era
risvegliato al cospetto del Tempio di Poseidone. Se suo fratello non
aveva il
coraggio di prendere ciò che poteva ottenere, lui non
avrebbe commesso lo
stesso errore!
Scusate,
questo capitolo è un po’ più lungo
degli altri ma ho tentato di dare spazio ad entrambi i gemelli. Ammetto
di non
essere del tutto convinta di essere riuscita ad esprimere a pieno quel
che
volevo. La mia idea è che Saga abbia avuto fin da bambino un
sogno imposto e
che da sempre lo abbia inseguito. Un unico e solo scopo nella vita che
gli è
stato tolto e non è stato in grado di reagire nel modo
corretto, perché incapace
di vedere uno scopo diverso nella sua vita. Alcune scene le ho
raccontate in
modo leggermente diverso in “Reborn”, che essendo
una storia lunga offre molto
più spazio per spiegazioni di sorta. P.S. il mio Arles ha i
capelli neri come
nel manga! A presto!