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Autore: LadyInDark    29/05/2015    4 recensioni
Christy Collins è una giovane donna che, attraverso sforzi e sacrifici, ha sempre ottenuto tutto. È una persona brillante e intelligente, dalla carnagione lattea e dai capelli rosso vivo. La sua vita è interamente concentrata sul suo lavoro come giornalista e tutto sembra andare per il meglio, finché l’affascinante Michael farà la sua comparsa. Come reagirà, quando le stravolgerà l’intera vita, ostacolandola e guidandola verso sensazioni del tutto nuove?
Partecipante al contest "Di immagini e trame", di Gnarly.
Genere: Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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11-Carpe Diem


 

Non aveva mai pianto così tanto in vita sua, probabilmente nemmeno quando era piccola. Aveva passato l’intera nottata e buona parte della giornata successiva a versare lacrime sul cuscino, finché le aveva finite tutte –e no, non era un modo di dire- ed era rimasto solo un dolore che partiva dal centro esatto del suo cuore. Definire come stesse in quel momento era un’impresa al di là delle sue capacità, e nemmeno volle provarci. Le emozioni che sentiva erano troppe, come se si fossero concentrate in un unico punto del suo corpo e l’avessero lasciata inerme, impossibilitata perfino ad alzarsi. Dolore, rabbia, rimorso, paura, amore… Già, amore. La rovina dell’intera esistenza umana. Aveva creduto di poterne essere immune, ma una delle stramaledette frecce dell’angelo, anzi no, del demonio Cupido l’aveva colta di striscio. Credeva fosse una ferita superficiale, che sarebbe guarita subito senza nemmeno lasciarle la cicatrice, e invece aveva continuato a sanguinare. Il veleno contenuto nella punta della freccia le aveva infettato ogni singola parte del suo corpo, finché era giunto al cuore. Lì, in un primo attimo, come una droga, le aveva fatto sentire l’ebbrezza della vita. Sensazioni uniche e indescrivibili. Ma quando la dose era finita, era rimasta così, vuota e dolorante tra gli spasmi dell’astinenza. Quello era l’amore. Una fottuta droga, che, una volta provata, la si desiderava ancora, pur sapendo che il risultato finale sarebbe stato sempre straziante. Tutto per sentire quei pochi attimi di beatitudine, accettazione, felicità. Christy però, non sarebbe rimasta vittima di quel circolo vizioso. Avrebbe lasciato che il suo corpo espellesse ogni singolo residuo di quella droga e avrebbe lottato, come sempre aveva fatto, per viverne senza. Era riuscita a farlo fino ad allora, cosa le impediva di farlo ancora? Non avrebbe mai lasciato che una droga avesse avuto il controllo su di lei; sarebbe stato doloroso, un lungo percorso fatto di sforzi e sacrifici, ma, prima o poi ne sarebbe uscita. Avrebbe raggiunto questo nuovo scopo. Alla fine, otteneva sempre ciò che desiderava. Beh, non sempre, le ricordò una vocina masochista. Sì, Michael se l’era lasciato sfuggire, letteralmente. O meglio, non ancora, pensò, guardando la sveglia che indicava le… 18:07? Possibile? Aveva perso ogni contatto con la realtà, dannazione. Si girò a fatica tra il groviglio di lenzuola che lei stessa aveva creato a furia di girarsi e rigirarsi, e quasi le sembrò di sentire gli ingranaggi del suo cervello attivarsi. Infilò la testa sotto il cuscino, cercando disperatamente di impedire alla sua mente di partorire chissà quale stramba idea. Il ché, era già avvenuto. Nell’esatto momento in cui aveva visto i numeri 18:07, che ora erano diventato 18:09. Il volo di Mike partiva alle 19:00. Per raggiungere l’aeroporto le ci sarebbero voluto 53 minuti, di meno se riusciva a non trovare traffico. Se si fosse decisa ad andare, avrebbe fatto ancora in tempo. Sì, ma in tempo per fare cosa? Fermarlo, supplicarlo, mettersi in ginocchio? Aveva già fatto il possibile, e non era servito a niente. Aveva detto di amarlo, non era abbastanza? A quanto pare no. Forse avrebbe potuto fare un ultimo tentativo. Sì, ma a quale scopo? Era inutile. Però era anche vero che se non provava, non poteva saperlo.
“Ahh!”, sbuffò esasperata, afflitta dai dubbi. Guardò ancora una volta la sveglia: 18:12. Okay, doveva decidersi in fretta. Stava davvero considerando l’idea di mettersi in ridicolo, ancora, inutilmente? No, non era ridicolo. Stava lottando per ciò che desiderava. Un’ultima battaglia prima che l’intera guerra giungesse al termine. 18:14. “Oh, al diavolo!”. Balzò dal letto, mentre ad alta voce si disse: “Non ti lamentare se poi va male”.

 

“Schiacci quel dannato pedale!”, urlò per l’ennesima volta. Il tassista Jamaicano imprecò qualcosa sottovoce nella sua lingua, guardandola dallo specchietto retrovisore. Di quel passo non sarebbe riuscita mai ad arrivare in tempo. “Andiamo! La pago il doppio se ignora qualche semaforo rosso!”. Il Jamaicano imprecò ancora prima di fare una manovra azzardata e prendere una corsia più fluida. Christy controllò l’orologio da polso: 18.53. Non ci sarebbe riuscita mai, nemmeno se avesse trovato un altro tassista e non quell’incompetente che continuava a frenare ad ogni singolo, dannato incrocio! Erano le 18:58 quando gli lanciò una banconota da 100 e uscì mentre la macchina non era ancora del tutto accostata all’entrata dell’aeroporto. Corse come una matta fino al pannello degli orari delle partenze e fu sollevata di vedere che l’aereo per Tokio non era ancora decollato. Si precipitò su per le scale mobili, investendo chiunque le intralciasse la via e ricevendo imprecazioni di ogni genere. Mentre correva sentì una voce metallica annunciare l’ultimo avviso di chiamata per chi doveva imbarcarsi per il volo diretto a Tokio e credette quindi di essere ancora in tempo, ma non aveva fatto conto con gli addetti alla sicurezza, che le impedirono di passare e dirigersi al gate dove sperava di trovare Mike. Mentre urlava freneticamente e gli addetti minacciavano di trattenerla denunciandola, vide un aereo solcare il cielo proprio in quel momento e capì di aver fallito; la sua opportunità per essere felice era volata via, letteralmente.

 

 

Si concesse tutto il tempo necessario per tornare in città, senza alcuna ansia o preoccupazione. Non ne aveva motivo, non aveva più alcuna fretta. L’orario del notiziario era passato da un pezzo. Aveva più di dieci chiamate perse sul cellulare, ed erano tutte del direttore. Doveva essere furioso, di sicuro l’avrebbe licenziata in tronco. Sacrifici e anni di duro lavoro per ottenere un posto di rilievo, per poi vederlo sfumare in un giorno solo. Eppure la cosa non sembrava toccarla più di tanto, a differenza dell’altra cosa che quel giorno aveva perduto. Un qualcosa a cui lei mai aveva dato importanza, convinta che le sarebbe bastato eccellere professionalmente per essere felice. E lo era stata, tantissimo. Aveva scoperto solo dopo però che non era sufficiente, che le sarebbe sempre mancato qualcosa; un vuoto dentro di se che aveva scoperto troppo tardi come riempire. Ma Christy era testarda e aveva lottato, come sempre. Si era messa in gioco, era scesa a compromessi che mai prima d’ora erano stati necessari. Una nuova parte di lei era emersa e lei l’aveva accettata, aveva piano piano imparato a conviverci e a farla coesistere con quella di sempre, ma non era servito a nulla. Aveva impiegato troppo ad accorgersene; aveva ignorato il fottuto carpe diem, perché lei doveva riflettere, capire come muoversi, senza lasciare nulla al caso. Christy diceva di essere una guerriera, ma aveva scoperto di essere nient’altro che una codarda. Non aveva avuto il coraggio di lasciarsi andare. Lo aveva fatto, sì, ma mai completamente. E quindi eccola lì, spaesata e confusa girovagare senza meta, senza speranza, senza lui e molto probabilmente senza lavoro. Non aveva più niente, si sentiva completamente svuotata. Aveva perso tutto ciò per cui aveva lottato nella vita, che fossero battaglie brevi o lunghe non aveva importanza, perché le era basato un singolo giorno per mandare tutto all’aria.
Era completamente in trance, l’unico contatto che le rimaneva con la realtà era sentire i suoi piedi calpestare la neve morbida, a cui se ne stava aggiungendo altra che, fredda, scendeva a grandi fiocchi dal cielo. Quando avesse cominciato a nevicare, poi, non sapeva dirlo. Aveva tenuto per tutto il tempo lo sguardo sui suoi piedi e solo quando lo alzò verso il cielo e sentì i fiocchi di neve posarsi sulle sue guance, se ne accorse. Aveva camminato molto da quando si era fatta lasciare in una zona che nemmeno conosceva dal tassista e solo in quel momento si accorse di dove l’avevano condotta le sue gambe. A sud-est di Central Park, dove a breve avrebbe intravisto Gapstow Bridge. Perché diamine il suo cervello malato l’avesse condotta lì non sapeva spiegarselo, ad ogni modo ne fu addolorata. Quel ponte era l’unico testimone di come un uomo era stato in grado di cambiarla, di sciogliere il ghiaccio intorno al suo cuore, quel ghiaccio che adesso le si era insinuato fin dentro le ossa. Vedere gli skyline enormi nella stessa, identica posa del giorno prima, la infastidì. Loro se ne stavano lì, fermi e immobili, giorno dopo giorno, senza alcuna preoccupazione, mentre tutto attorno a loro cambiava. Era ingiusto. Avrebbe voluto essere anche lei come loro; un insieme di mattoni e cemento armato che non provava nulla, e che non doveva preoccuparsi che qualcuno potesse in qualche modo ferirlo. Certo, se non si considerava una bomba al suo interno, oppure un escavatore che lo demoliva… okay, forse non esisteva qualcosa che non potesse essere distrutto.
A questo pensava Christy, quando cominciò a scorgere il ponte in tutta la sua lunghezza e le sembrò che vi fosse qualcuno su di esso. A fatica tentò di mettere a fuoco, ma era troppo lontana e i fiocchi di neve che scendevano sempre più grandi e sempre più velocemente non le furono d’aiuto. S’insospettì un po’, non si aspettava di trovare qualcuno lì con quel tempo. Eppure, man mano che si avvicinava, riusciva a distinguere sempre meglio quella che era la figura di una persona. Forse avrebbe fatto meglio a cambiare direzione, poteva trattarsi di un malintenzionato. Dopo tutto New York era nota per la grande presenza di delinquenti. Christy però continuò ad avvicinarsi, fin quando riuscì a distinguere chiaramente il cappotto nero e la sciarpa che sventolava alle sue spalle di quello che, ormai non aveva dubbi, era un uomo. Fissava assorto gli edifici imponenti e accanto a lui Christy vide qualcos’altro. Dovette avvicinarsi ulteriormente, fino ad arrivare a un’estremità iniziale del ponte per accorgersi che si trattava di una… valigia. No, non poteva essere…
“Michael”, sussurrò, talmente piano che temette che il suono si fosse disperso nel vento prima di giungere a lui. Invece, l’uomo l’aveva sentita, e si voltò lentamente, certo di essersi immaginato di aver sentito quella voce. Quando la vide, sembrò dapprima spiazzato, non aspettandosi probabilmente di ritrovarsela lì.
“Christy? Cosa…”. Christy sentì le gambe muoversi prima ancora che il cervello glielo ordinasse, e senza dare tempo a Michael di realizzare il tutto, gli si lanciò contro e lo baciò. Restarono uniti in quel contatto per svariati secondi prima che lui si staccasse in cerca di aria. Rimasero ad osservarsi da talmente vicino da poter sentire i loro respiri fondersi l’un l’altro. Michael la guardava in un modo così intenso e profondo che Christy sentì l’urgenza di interromperlo, per evitare di commuoversi dalla gioia.
“Sei rimasto”, gli sussurrò, beandosi delle sue braccia che la stringevano in una morsa protettiva e che le impedivano di fuggire via. Michael chiuse gli occhi addolorato e appoggiò la fronte sulla sua. “Perdonami”, sussurrò poi. Aprì gli occhi e prese ad accarezzarle una guancia. “Sono stato un’idiota. Ieri mi è stato dato non solo un motivo per rimanere, ma anche una ragione di vita”. Christy arrossì. Non si sarebbe mai abituata a sentirsi tanto importante per qualcuno. Michael continuava d accarezzarla e lei poggiò completamente la testa sulla sua mano, per poi chiudere gli occhi e godersi per un istante quelle attenzioni. Quando li riaprì, lui la guardava sognante e poi sorrise, prima di baciarla ancora. Christy fu colta da un pensiero improvviso, e si staccò, ridendo imbarazzata. Mike la guardò interrogativo.
“Che c’è?”, le chiese, senza smettere di sorriderle. Christy si allontanò quel poco per indicare con le braccia il paesaggio intorno a loro.
“Sono sicura che baciarsi sotto la neve sia un cliché abbastanza comune”.
Michael la spintonò leggermente, rischiando quasi di farla cadere, e ne approfittò per colpirla con una palla di neve. Christy lo guardò indignata prima di scrollarsi la neve di dosso e replicare con voce da saputella: “Anche questo è un classico tra una coppia!”.
Mike sorrise malizioso. “Siamo una coppia?”.
Christy arrossì, rendendosi conto solo allora di ciò che aveva detto e, imbarazzata, spostò lo sguardo altrove. Michael le si avvicino e le alzò il mento con due dita, costringendolo a guardarlo. “Ti amo”, le disse, senza smettere di guardarla. Christy sentì il bruciore alle guance aumentare ma se ne scordò subito non appena Mike la baciò ancora. Quando si separò, prese ad armeggiare con la valigia per poi tirare fuori una piccola scatolina. Christy non impiego nemmeno un momento per intuire di cosa si trattasse. Michael le si avvicinò e aprì la scatola. Ricevette uno sguardo incredulo da parte di lei, che alla fine scosse la testa rassegnata e per poi prendere ciò che le stava offrendo. “E questo? Trovi sia un cliché anche questo?”.
Christy sorrise divertita e diede un morso alla fragola. “No, direi di no”. Mangiare fragole ricoperte di cioccolato nel mezzo di una bufera di neve era abbastanza insolito. Sì, decisamente. Michael ne afferrò una a sua volta e porse un braccio a Christy. In quel momento, fu invasa dal pensiero che il direttore l’avrebbe licenziata, ma lo scacciò subito. Ci avrebbe pensato domani. Per ora, si disse, mentre afferrava il braccio che le veniva offerto, Carpe diem. E si strinse a lui.

 

 

 The End

 


 

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Angolo dell’autrice
Ed eccoci qua, l’ultimo capitolo :D Scrivere questa storia per me è stato molto importante e sono davvero soddisfatta di essere riuscita a concluderla. Non finirò mai di ringraziarvi per le bellissime recensioni che mi sono state lasciate e per tutte le persone che hanno inserito la storia tra le preferite/seguite/ricordate. Provo un misto di gioia e tristezza per essere giunta fin qui, ho messo tutta me stessa in questo progetto e purtroppo non so dire se tornerò con qualche nuova idea. Ad ogni modo, spero che il finale vi sia piaciuto e che abbia soddisfatto le vostre aspettative. Mi scuso se alcuni punti sono risultati un po’ troppo sdolcinati, ma ammetto di non essere per nulla esperta di scene d’amore ^^’ Niente, vi lascio ringraziandovi ulteriormente e sperando di pubblicare altro in futuro.  Mando un abbraccio ed un bacio virtuali a tutti voi.
Sempre vostra
,

LadyInDark.





 
  
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