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Autore: gigicriss    29/05/2015    2 recensioni
«Conosci l’Inghilterra?» mi chiede, guardandosi attorno.
«No, in realtà no.»
«Beh, vieni. La visiteremo assieme» mi prende la mano e la stringe forte.
[…]
«Sai, io sono un tipo particolare. I baci, ad esempio. Io sono lento nei baci» dice, avvicinandosi sempre di più a me. «Mi piace godere del momento, non correre. Posare le mani sui fianchi della donna che amo, osservarle la bocca per una manciata di secondi e poi assaporarla lentamente.»
Le mie guance si colorano di rosso.
«Vuoi che te ne dia prova?» continua.
[…]
Jamie è davvero la persona che Adele si aspetta? Sesso, complicità e una scommessa.
Tutto questo è All That I’m Asking For.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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6 – England.
 
 
L’Inghilterra è bella, proprio come la immaginavo io. I vicoli di questa città sono stupendi, antichi e vissuti. E le casette che occupano i lati delle strade hanno un’aria familiare che probabilmente quelle americane possono solo sognare. Sono marroncine, fatte di mattoni, e i loro recinti mi ricordano molto quelli dei tempi dei The Beatles. Questo non tutte, ovviamente.
Stamattina, io e Beth, siamo uscite. Mi sono presa molto tempo per osservare con attenzione la città, anche se, devo essere sincera, ho visto poco e niente ancora. La cosa che ho notato è stata questa: le case non sono tutte semplici e marroncine come descritto sopra.
“La scoperta dell’acqua calda!”
Alcune sono colorate, nel vero senso della parola! Sono viola, gialle, verdi, fucsia... Ma sono dello stesso complesso! Sono attaccate tra di loro, ma hanno colori diversi, sgargianti, che attirano inevitabilmente l’attenzione di tutti. E trovo che sia stupendo! In America queste cose non le ho mai viste, ma è pur vero che io dell’America so poco. Fatto sta che è strepitoso il loro essere stravaganti, davvero. Altre, invece, sono completamente bianche, hanno delle colonne e dei portoni importanti. Proprio come nei film!
Ho sempre sognato di vivere in Inghilterra ed ora che ci sto, che ci abito davvero, devo ancora realizzare. La gente corre da una parte all’altra, tutti hanno un lavoro da compiere o qualche meta da raggiungere. C’è fermento, la città è così viva! Tutto ciò mi trasmette felicità nel vero senso della parola. Sorrido senza neanche accorgermene. Ogni tanto Beth mi indica qualche cagnolino che passeggia con il proprietario. Le ho chiesto se ne vorrebbe uno, mi ha risposto che suo padre sta decidendo quale. Ne vorrebbe uno piccolino, dice lei, uno di quelli che non crescono. Così non dovrà faticare per raggiungere la sua altezza. Io le ho spiegato che, come il cane, anche lei crescerà e inevitabilmente sarà più alta del cane. Ma a lei davvero non importa, a quanto pare. Ha detto che un Chihuahua potrebbe metterlo nella sua borsetta, un San Bernardo no. E come darle torto! La comodità prima di tutto!
«Hai sete, Beth? Prendiamo un po’ di acqua?» le chiedo, indicandole il primo locale che mi trovo avanti.
«Sì» esclama, annuendo con vigore.
L’insegna riporta una scritta che quasi è più grande di tutto il bar: Como Momo. Come se gli inglesi non ci vedessero abbastanza. Ci troviamo vicino alla stazione di Holborn, alla 64esima strada di Theobalds. Il posto è molto carino, piccolo e accogliente. Le mura sono di un marroncino chiaro (che novità!) e il parquet rende l’aria molto più… Casalinga? Diciamo così.
Ci avviciniamo al bancone e Beth si siede, facendo penzolare le sue gambe ritmicamente.
«Posso esserle utile?» si avvicina a noi una ragazza molto carina. Ha i capelli  rossi e la pelle chiarissima, sembra quasi una bambola di porcellana.
“No, guarda, sono solo venuta a provare se gli sgabelli sono comodi. Nessun disturbo. Neanche più nei negozi di abbigliamento si usa questa frase.”
«Beh sì» dico e lei ridacchia. «Una bottiglietta d’acqua, per favore. Naturale.»
«Certo, gliela porto subito» mi risponde, allontanandosi.
Questo bar passa buona musica, devo essere sincera. Sento la voce di Michael Jackson cantare una bellissima Who Is It? e sorrido, pensando a quanto vorrei poter assistere ad un suo concerto. Sono una sua fan da tempi ignoti e mi piacerebbe vederlo in live. Decisamente, la sua voce è migliore dal vivo. L’ho sempre classificato come l’uomo della mia vita. Forse perché riusciva ad essere un ottimo padre pur non essendo molto presente nelle vite dei suoi figli. Fare il cantante non è facile, poi ai suoi livelli diventa quasi impossibile, secondo me. Tutta la fama che aveva deve averlo reso felice, ma allo stesso tempo deve averlo stressato. Non è facile affrontare e superare ritmi del genere, lui era amato anche in Africa! E poi la sua dolcezza era infinita, trasmetteva così tanto amore che il solo pensarci mi fa venire i brividi. La sua voce così fina e delicata, sul serio, riusciva a toccarmi il cuore senza fare percorsi troppo lunghi. Più che idolo, io lo considero la colonna sonora della mia vita. Perché lo è, eh, se lo è.
«Ecco a lei» mi riporta alla realtà, la ragazza, porgendomi la bottiglietta d’acqua che le avevo chiesto poco fa.
Pago il conto, la ringrazio. Faccio per uscire, quando la sua voce mi obbliga a fare dietro-front.
«Lei è la baby sitter di casa Dornan, vero? E lei è la piccola, vero?»
“E se lo sai, santa donna, perché me lo chiedi?”
«Beh, io-»
«Lo immaginavo!»
“Ma se non ti ho neanche risposto!”
«Può dirgli da parte mia che è il mio idolo e non vedo l’ora di vedere il suo film al cinema?» batte le mani, saltellando con aria entusiasta.
“Poco fa era tranquilla, cosa le sarà accaduto?”
«C-certo» sorrido appena, prendendo in braccio Beth. «Glielo riferirò sicuramente.»
«Grazie, per me è importante.»
“E la Jamie Dornan Infection colpisce ancora” penso, uscendo velocemente dal locale, prima che qualche altro essere vivente mi fermi.
 
«Avete impiegato un’eternità per comprare una bottiglietta d’acqua?» ride Jamie, posando un bacio sulla fronte della bambina.
«No» gli faccio una linguaccia decisa. «Abbiamo girato la città e una ragazza mi ha fermata per strada, per questo c’abbiamo messo più del dovuto. Dice che ti ama e che non vede l’ora di vederti al cinema. Anche se, secondo me, non vede l’ora di vedere il tuo culo al cinema. Ma questi sono punti di vista» spiego. «E’ la ragazza del Coco Momo bar, quello con l’insegna per ciechi.»
Jamie scoppia a ridere e «Sei gelosa per caso, Adele?» chiede, infilandosi le mani in tasca.
“Ecco, lo sapevo che andava a parare lì.”
«No, Jamie» alzo gli occhi al cielo. «Come potrei? Solo che era molto fomentata, sembrava che stesse venendo al solo nominarti!»
«Ma dai, ti prego» ride ancora, buttando come al solito la testa all’indietro. Per fortuna la bambina sta parlando con Cora già da un po’ ergo non ha sentito nulla della nostra conversazione. Ci mancherebbe solo che venisse a chiedermi cosa significa venire.
«In cucina c’è Claire, oggi la bambina starà con lei, per quanto io non voglia» gesticola.
«Ah, no beh, lo capisco, è un suo diritto» annuisco.
«Già» fa spallucce.
«Ho interrotto qualcosa?» ecco la voce gracchiante di Claire.
«No, ma se non fossi entrata, sarebbe stato meglio» sorride falsamente Jamie.
Da quando tutto questo astio tra di loro?
«Oh, non preoccuparti, me ne sto andando» mi fulmina con lo sguardo e non le importa del fatto che ci sia anche Jamie con noi.
«Claire, voglio la bambina tra un’ora esatta. Non un minuto di più, non un minuto di meno, sia chiaro» le punta un dito contro.
La piccola corre verso di noi, prima bacia suo padre e poi me.
«Bethany è anche mia, vorrei ricordartelo» sputa, incrociando le braccia al petto. «Ha bisogno di sua mamma.»
«Certo! La stessa mamma che non è andata a trovarla quando stava in ospedale, non ha chiamato per sentire in che condizioni si trovava e la stessa che tutt’ora non è presente nella sua vita. O meglio, è presente solo quando deve andare a fare shopping o in vacanza, non è vero?» urla Jamie, gesticolando. «Potrei essere cattivo, Claire, vattene e riporta qua la bambina fra un’ora!»
«Immagino, invece, che la baby sitter sia più brava di me con lei. Giusto?» ridacchia, divertita da ciò che lei stessa ha detto.
«Non ci vuole molto per superare i tuoi livelli, Claire. E, ti ripeto, vai, prima che cambi idea» le indica la porta, Jamie, facendole cenno col capo di uscire.
Lei prende per mano la bambina, ci supera con fare altezzoso ed esce, sbattendo la porta alle sue spalle.
«Come mai l’ha chiamata Bethany? Non ricorda neanche più il suo nome?» chiedo con molta ingenuità. Mi è stata presentata come Beth, ed ora sua madre la chiama Bethany.
«No, Adele» sorride. «Si chiama così. Solo che io preferisco abbreviare. È troppo lungo il nome Bethany ed io devo risparmiare energie. Ti va un frappè?»
«Oh, capisco» annuisco convinta. «Alla nocciola? Ci sto!»
 
«Conosci l’Inghilterra?» mi chiede, guardandosi attorno. «Mi hai detto di no, vero?»
«No, in realtà no.»
«Beh, vieni. La visiteremo assieme» mi prende la mano e la stringe forte.
Ci dirigiamo verso la sua macchina, mentre io sento il mio cuore battere più del dovuto.
Mi sta stringendo la mano, per la prima volta. E sento di star volando, i miei piedi non toccheranno terra mai più nella vita. Sorrido come una spostata mentale, vorrei poter gridare ma no! No! È tutto sbagliato!
“Adele, ti sta prendendo la mano perché ti considera un’amica, perché ultimamente avete stretto di più i rapporti, non perché prova qualcosa per te! Come potrebbe, vi conoscete da poco e non è possibile, smettila e riporta i piedi a terra!”
«Sarò la tua guida» sospira con fare teatrale, portandosi una mano sul cuore e aprendomi la portiera della macchina.
«Sì, spirituale» lo prendo in giro, ridacchiando.
 
 
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