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Autore: FenixFerri    29/05/2015    1 recensioni
[Dal testo]
Lagrime calde sgorgavano dai suoi occhi stanchi, solcavano gli zigomi alti e cadevano al suolo. Quel suolo arido e sterile, una landa desolata e senza vita, ora che lui non c’era più.

- Perdonami - riuscì a sussurrare, la voce arrochita dal pianto.
“Di tutto il discorso che vorrei fargli solo questa parola esce dalle mie labbra."
Genere: Fantasy, Malinconico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna, Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Come ride with me through the veins of history
I’ll show you how God falls asleep on the job
And how can we win when fools can be kings
Don’t waste your time or time will waste you
(Muse, Knights of Cydonia)



 
 
La verità le crollò addosso, pesante come un macigno. Le schiacciava il petto, impedendole di respirare correttamente. Lagrime calde sgorgavano dai suoi occhi stanchi, solcavano gli zigomi alti e cadevano al suolo. Quel suolo arido e sterile, una landa desolata e senza vita, ora che lui non c’era più. L’ aveva abbandonata, come si fa con i giocattoli rotti. Si sentiva piccola e fragile, come una bambola di porcellana. Insicura e debole, come mai era stata prima. E la consapevolezza che tutte queste sensazioni erano solo e soltanto colpa sua rendeva l’intera situazione ancora più straziante.

Ritorna, ti prego. Non è stata colpa mia. Beh forse un pochino, ma non volevo succedesse davvero. Non sono così crudele. Anche se una parte del merito è tua. Se avessi compreso prima quei sentimenti che nemmeno sapevo di provare, ma tu sì. Tu sai sempre tutto, mi conosci meglio di quanto possa fare io stessa, riesci a leggere la mia anima. Eppure questa volta non ci sei riuscito. O forse non volevi riuscirci. Perché? Perché hai permesso che accadesse? Perché mi hai lasciato preda dei miei istinti, della mia folle gelosia? Perché non mi hai fermato quando ho preso il coltello? Perché non mi hai fermato quando mi sono intrufolata nella sua camera, ho scostato le tende del baldacchino e l’ho colpita dritta nel cuore una, due, cinque, dieci volte, finchè non mi sono ritrova tra le braccia un cadavere inerte? Perché? Poteva essere un omicidio perfetto, sai? Lei non ha emesso un gemito,  nessuno si è accorto di nulla. C’erano un sacco di persone che avrebbero potuto avere un movente. Nessuno avrebbe sospettato di me, l’ultima arrivata, la tua accompagnatrice. L’unica cosa che non ero riuscita a prevedere erano i sensi di colpa. Ero lì, davanti a quel cadavere martoriato, quando la consapevolezza del mio gesto è arrivata, scuotendomi fin nel profondo. Fino a quel momento avevo agito con lucida fermezza, una calma glaciale pervadeva il mio animo mentre provvedevo alla morte della donna. Ma, non appena lo sguardo è caduto sulle mie mani insanguinate, la diga è crollata. La parte istintiva e irrazionale del mio cervello, paga del suo operato, ha lasciato il controllo a quella razionale. Violenta come un pugno nello stomaco è stata la rivelazione: sono un’assassina. Mi sono sentita svuotata da ogni emozione, come se anche io me ne fossi andata con lei. La sua morte non mi ha donato alcuna gioia, solo il nulla. Nonostante fossi sconvolta, sapevo che dovevo evitare qualsiasi sospetto. È per questo che ho portato il coltello nelle cucine e l’ho lavato accuratamente, prima di rimetterlo nel fodero, così come le mie mani, che ho provveduto a profumare con degli oli essenziali. Poi sono andata nella mia stanza, e mi sono accoccolata vicino alla finestra aperta, a respirare l’aria della notte. Nessuno avrebbe sospettato di me. Nessuno, tranne te. Al mattino hai scoperto subito l’accaduto: le urla dei servi che echeggiavano per l’imponente dimora erano difficili da non udire. E, non appena mi hai incontrato, è bastato un singolo sguardo a farti comprendere ogni cosa. Mi aspettavo che ti arrabbiassi, che mi urlassi contro, che mi picchiassi perfino. Tutto mi sarei aspettata, tranne quello che è successo. Il muto rimprovero dei tuoi occhi, ora neri come l’abisso, mi ha paralizzato. Mille emozioni vi erano condensate: rabbia, odio, disperazione, angoscia, amore. Ma nessuna di esse si è manifestata, hai mantenuto un contegno impeccabile, degno di un gentleman inglese. Mi hai semplicemente voltato le spalle e te ne sei andato. Una sola parola è uscita dalle tue labbra, sussurrata, piena di amarezza – Vattene!
E così ho fatto. Sono corsa via, senza guardare indietro. Lontana dalle grida dei servi, lontana dalle urla dei familiari, lontana da te. Ti ho lasciato solo con il tuo dolore e il vuoto incolmabile della perdita della persona amata. Perché tu l’amavi, era la tua metà. Solo ora comprendo quanto significasse per te, e io te l’ho portata via. Ti ho sottratto la persona più vicina al tuo cuore e tu non hai fatto una piega, mi hai persino lasciato scappare, impunita. Solo ora comprendo che, a poco a poco, mi ero innamorata di te. All’inizio pensavo fossi un folle fuggito da chissà quale manicomio, poi ti invidiavo per il tuo potere di viaggiare nel tempo e la tua eterna giovinezza, che vedevi come una condanna. In seguito ho iniziato ad apprezzarti e a rispettarti, fino a che l’ammirazione che provavo nei tuoi confronti si è tramutata in amore. Amavo la tua pelle abbronzata, solcata da numerose cicatrici, segni del tuo passato guerriero. Amavo il tuo fisico asciutto e muscoloso e le tue spalle larghe, che tanto spesso mi avevano fatto da scudo. Amavo la tua voce, roca e suadente al tempo stesso. Amavo i tuoi occhi caleidoscopici. Passavano dall’azzurro di un cielo estivo, al verde delle fronde degli alberi, al grigio di una tempesta. Quando era felice diventavano dorati, come il bagliore di una stella. Amavo ogni cosa di te, non amavo nulla di te. Ogni tuo particolare, ogni sfaccettatura mi intrigava. Ero attratta da te, ma non era un’attrazione meramente fisica. Ero attratta come una calamita. Ero convinta di aver trovato un’anima affine alla mia dopo un lungo cercare, di poter ottenere la parte di me che mi mancava. Pensavo fossimo la stessa anima che abitava in due corpi. Per questo non riuscivo a tollerare che tu avessi una moglie in un remoto passato, che l’amassi e che lei ricambiasse. Non sopportavo che tu mi avessi portato nella sua casa, come se fosse assolutamente normale, e che l’abbracciassi e la baciassi davanti a me. Mi sentivo esplodere il petto ogni volta che vi scorgevo insieme, mille morse d’acciaio stringevano il mio cuore. Per questo l’ho uccisa, per una stupida gelosia. Non avevo capito che tu eri già completo, che avevi già la tua metà, che le gentilezze nei miei confronti erano una sorta di affetto fraterno.


- Perdonami - riuscì a sussurrare, la voce arrochita dal pianto.

Di tutto il discorso che vorrei fargli solo questa parola esce dalle mie labbra. Ma so che sarebbe comunque inutile, non mi perdonerai mai. Vorrei dirti che hai mantenuto le tue promesse, mi hai davvero fatto cavalcare attraverso le pieghe della storia, mi hai davvero mostrato come Dio si addormenta sul lavoro, mi hai regalato i più bei momenti della mia vita. Abbiamo viaggiato nei secoli, abbiamo visto civiltà sorgere e cadere. La conquista della Gallia a opera di Cesare, le campagne di Napoleone, ah giorni gloriosi! I balli alla corte di Luigi XIV a Versailles, che eleganza, che sfarzo! La rivoluzione francese, la fine di una grande potere; le guerre mondiali, i genocidi, le devastazioni, le vittime. La storia non è tutta rose e fiori, ma assistere ad eventi remoti è stata una grande emozione. Vederli insieme a te, soprattutto. Avevo il tuo braccio intorno alle spalle, mentre, da una barca al largo, scorgevo il Vesuvio eruttare e Plinio il Vecchio morire. Volteggiavamo leggeri sulle piste da ballo delle più opulente regge europee, secondando le note delle orchestre. Mi hai protetto quando i pirati avevano assaltato la nostra goletta e hai duellato contro tutti loro, lasciandoli cadaveri, perché non mi facessero del male. Ci sei sempre stato per me durante le nostre avventure, ed io ho distrutto ogni cosa.

Anche da questa distanza riusciva a sentire le voci provenienti dal palazzo. I nobili si urlavano contro, accusandosi a vicenda per l’uccisione della regina. Tu non parlavi, non hai fatto il suo nome, hai lasciato che si rinfacciassero ingiurie vecchie di anni o forse secoli, non si può mai dire con voi Aeterni. Le urla si fecero più concitate, alcuni si schierarono da una parte, i restanti dall’altra. Due fazioni opposte, pronte a scannarsi. A quel punto non importava più che la regina fosse morta, non importava più trovare il colpevole. L’unico desiderio era vedere il sangue scorrere. Il Male prese il sopravvento su di voi, oh gente orgogliosa e guerriera! Tu, il re, non li fermasti. Voltasti le spalle allo scontro e te ne andasti in chissà quale epoca, dissolvendoti nell’aria. Per la seconda volta in quel giorno la ragazza ti guardò sparire, questa volta per sempre. Sapevi che sarebbe stato inutile qualsiasi tentativo di riappacificare gli animi. Era destino che accadesse, era già stato scritto. La quasi estinzione di una specie, la tua. Solamente due Aeterni sopravvissero quel giorno.

Mi avevi già raccontato questa storia, ma non ti avevo mai creduto, mi sembrava troppo surreale. Ma non sei stato sincero: mi avevi detto che non sapevi quale fosse stata la causa scatenante. Invece ne eri a conoscenza fin dall’inizio. Quando quel giorno sei comparso nella mia vita sapevi il ruolo importante che avrei svolto e non hai fatto nulla per impedirlo, nonostante i tuoi poteri. - Il passato non si può cambiare - mi ripetevi sempre - se anche tu ci provassi, le cose troverebbero un altro modo per accadere, perché tutto è già stato scritto, come da un pennarello indelebile.




NdA:
A tutti coloro che sono arrivati fino a questo punto, benvenuti!
Questa è la mia prima storia, ispirata da una delle mie canzoni preferite. Se vi è piaciuta, vi ha provocato forti conati di vomito oppure vi ha lasciato nella più totale indifferenza, tanto da fare invidia a Michele de' "Gli indifferenti" di Moravia, fatemi sapere con una piccola recensione! Mi aiutereste davvero tanto a migliorare il mio stile!
Nella speranza di sentirvi numerosi,
Ferri 😊
   
 
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