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Autore: Kerian    20/02/2005    12 recensioni
*1976*- “Non porta dolore la luna. Se non è piena mi arreca una gran pace, una beatitudine sconfinata. La guarderei per ore”--- *1996*- Quella notte la luna non si era fatta vedere. Mai una notte era stata così nera come quella notte di fantasmi e di sogni terribili.
Pensieri sotto la luna, due mondi diversi, due epoche diverse, due diverse realtà.
Genere: Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Bellatrix Lestrange, Lily Evans, Remus Lupin, Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Tre storie sotto la luna

Due storie sotto la luna


1.1976 (the light side of the moon)


“Non porta dolore la luna. Se non è piena mi arreca una gran pace, una beatitudine sconfinata. La guarderei per ore” Disse Remus Lupin, rivolto più a se stesso che agli altri presenti nella sala comune dei grifondoro in quel freddo dicembre del millenovecentosettantacinque.

Lily Evans si trovava per caso vicino a lui e non potè fare a meno di ribattere: “La luna porta solo pace, secondo me. Non ha colpe, ne meriti, ma ci osserva all’infinito, ci accudisce dall’alto, ci sorride benevola. È così dolce e delicata la luna”

Remus le sorrise, un po’sorpreso dell’intervento di quella che, fino ad allora era solo un’estranea e che lo guardava con un po’ di disprezzo.

Lily a sua volta pensava sorpresa che forse quel ragazzo non era come i suoi amici, non meritava il suo disprezzo e che era sensibile e che lui non sarebbe andato in giro a molestare o picchiare studenti di case rivali.

Troppa rivalità ad Hogwards: la storia era sempre la stessa.

“La luna non è solo la luna dei buoni, Lily” ribattè Remus subito dopo “assassini e traditori la osservano e la venerano. È amica di animali selvaggi, di divoratori di uomini”

“Non qui, non ora. Io vedo tanti ragazzi in questa scuola, vedo tanti volti, tanti cuori che si considerano rivali e sono più simili di quello che loro stessi pensano.”

“I mostri sono nascosti nella natura umana, Lily. Non si notano, ma ci sono. Salgono in superficie nei momenti più inaspettati e portano morte e magari si vuole controllarli e non si può e..” Remus si fermò un attimo. Prese fiato, girò la testa dall’altra parte ripetendosi: ho parlato troppo.

Lily aggrottò le sopracciglia sottili: “Non capisco, Remus.”

Potrebbe dirlo.

Remus Lupin, il prefetto, il bello, l’ammirato Remus Lupin sentì che avrebbe potuto  semplicemente salire su una sedia e dire a voce chiara: sono un lupo mannaro. E che poi accadesse quello che doveva accadere. Le facce di tutti si sarebbero mostrate stupite, poi avrebbero riso pensando fosse uno scherzo. Lui, allora, lo avrebbe ripetuto.

Tutti si sarebbero guardati incerti sul da farsi.

James avrebbe aggrottato le sopracciglia e si sarebbe morsicato le labbra come sempre quando era preoccupato.

Sirus avrebbe sicuramente picchiato il primo che si fosse azzardato a storcere il naso per poi aprirsi una burrobirra; era così che lui si sfogava: sangue e alcool. Forse questa era l’unica eredità dei Black.

Peter probabilmente avrebbe fatto finta di non conoscerlo.

E Lily? Lily dai rossi capelli e dagli occhi grandi lo avrebbe guardato, sgranando gli occhi.

Senza dire una parola, una assoluzione o una condanna.

Sarebbe rimasta ferma al suo posto, immobile come una graziosa statuina di cera.

E lui se ne sarebbe andato.

 

Era semplice. Così dannatamente semplice che lui non ne era capace.

Si sedette su quella stessa sedia dalla quale avrebbe voluto annunciare a tutti il suo segreto.

 

Lily era ancora in piedi, vicino a quello strano ragazzo.

Lo osservava. Come mai lo aveva sempre considerato solo un idiota sbruffone come i suoi amici? Perché non aveva mai capito che lui non avrebbe picchiato, sbeffeggiato, umiliato uno che aveva come sola colpa il non essere grifondoro come lui? Dio, perché non lo aveva capito prima?

Li aveva sempre visti insieme: James Potter dall’aria spavalda, Sirius Black dal ghigno sprezzante, Peter Minus dallo sguardo sottomesso e Remus Lupin. Come definirlo? In quel momento avrebbe detto Remus Lupin dagli occhi timidi e profondi.

 

“La luna splende sulle differenze e le purifica” riprese Lily con ritrovato coraggio “unisce, non separa. La luna sembra dirci che la nostra uguaglianza sta proprio lì: nella nostra diversità. Quali sono i mostri di cui parli?”

“Ce ne sono tanti. Alcuni sono nascosti nel nostro cuore, individui altrimenti perfetti cadono preda di strani odi, di strane passioni. Poi ci sono altri tipi di mostri, quelli che ti spaventano, quelli orribili, quelli che devono nascondersi per non essere colpiti e isolati dalla società di persone che, almeno in apparenza, vogliono essere ‘puliti’.”

 

Come è vero quello che lui dice! Come è vero! Lily non riesce a pensare ad altro, non capisce come mai, ma sente che lui ha compreso a sue spese queste verità assolute.

Remus Lupin è pallido, la guarda con un mezzo sorriso: come per scusarsi.

“Avrò detto cose senza senso, Lily, perdonami”

“No..” mormora lei.

 

“Buonanotte, Lily” Remus le gira le spalle e si avvia verso il dormitorio.

“Buonanotte.” Risponde lei in un soffio.

 

2.1996(when the night is black)


Quanti ricordi le evocava la luna! Ricordi misteriosi e terribili, stupendi e folli. Lei bambina che osservava i capelli della sorella, lei ragazzina che preparava le valigie per il primo anno di scuola, lei diciassettenne che guardava lui dormire in una stanza semibuia di un castello nel quale tanti anni fa era stata ospite.

Quanto lo aveva odiato!

Dicono che l’odio sia il sentimento più simile all’amore, ma di amore non c’era neanche l’ombra in quelle fredde notti invernali. Era tutto un grande gioco: Sirius annoiato e lei curiosa.

 

Sirius Black era figlio del fratello di suo padre (relazione incestuosa, oltre che nascosta era stata la loro) ed era la pecora nera della famiglia. Sirius Black era Grifondoro ed arrogante e non chiedeva mai.

Chissà se poi erano così diversi loro due: due anime con gli stessi capelli neri, lo stesso volto pallido, gli stessi occhi profondi e grandi segreti. Era il sangue dei Black che condividevano, essere un Black ti legava per tutta la vita a un destino tormentoso e buio.

Spesso si era chiesta se esistevano legami in quella caricatura di famiglia.

Probabilmente si. Il nome, forse, li legava. Il nome, l’orgoglio di essere puri e il sangue.

Tutto qui.

Andromeda ne era uscita, tanto tempo fa. Sirius ci aveva provato.

 

Che cosa aveva provato quando lo aveva visto andare via sotto la pioggia con una borsa scura e il viso torvo? Nulla.

Che non lo amasse era ovvio.

La loro relazione (ora lei capisce!) altro non era che uno specchio della loro ambizione malata.

Osservando il volto di Sirius dormiente notava quanto fosse uguale al suo e si compiaceva.

 

Come era cominciato tutto? Con uno scherzo di lei, piena di cattive intenzioni.

Come era finito tutto? Con uno scherzo di lei, piena di cattive intenzioni.

 

Lo aveva rivisto.

Lui se ne era andato da quel castello sporco di sangue dove si trovavano e si era rifugiato a casa del suo amichetto preferito, James Potter.

Una volta finite le vacanze di Natale lo aveva rivisto a scuola, ovviamente. Non gli aveva parlato (che cosa curiosa, a scuola i limiti dati dall’appartenenza a due case diverse erano enormi) fino al giorno del ballo di primavera, quando sotto la luna, lo aveva per caso incontrato.

Era ubriaco fradicio, spettinato e solo.

“Affanculo la luna, Bella! Ricordalo, affanculo la luna!” Le aveva sussurrato dopo essersi avvicinato.

“E perché?” aveva risposto lei con un sorrisetto sarcastico.

“Perché noi siamo creature del buio. La luna non si addice a uno schifoso Black”

Tu Sirius non sei più un Black.”

“ah ah! Almeno fosse così! Pensi che basti bruciacchiare un albero genealogico per cancellare generazioni e generazioni che ti hanno trasmesso le loro tare? Il sangue non è acqua. Il sangue non mente mai, e non si cancella. E nei momenti più inaspettati, buh, salta fuori e ti finisce.”

Doveva essere molto ubriaco Sirius, non le avrebbe neanche parlato se non lo fosse stato.

Sembrava stesse piangendo, ma ora non ricorda bene. Sa anche che lui aveva accennato a rivangare i vecchi tempi in camera sua e che lei aveva seccamente rifiutato.

 

E così, si era detta, Sirius non era felice.

Non era per niente felice, nonostante tutti gli sforzi che aveva fatto per sfuggire alla sua famiglia.

A Sirius mancava un ideale, un modello di vita perfetta.

 

Lei lo aveva trovato, col Signore Oscuro.

Lei era felice, quando poteva ubbidire ai suoi ordini, quando lui la ricompensava, quando le diceva –Bella, ben fatto-

Ma questa è un’altra storia. Il Signore Oscuro è stata la figura più importante della sua vita, più di Rodolphus, più di Sirius, ma in quel momento, sotto la luna non pensava a Lui.

 

E Sirius è morto.

Questa nuova consapevolezza si presenta preponderante alla sua mente: lei lo ha ucciso.

Ucciso.

Non è una cosa da poco la morte: Sirius non ci sarà mai più.

 

Era stato un gesto istintivo, quello compiuto al Ministero della Magia.

Sirius era davanti a lei, bacchetta sguainata; la guardava, sfidandola.

L’aveva guardata così milioni di altre volte e di solito quelle violente sfide terminavano in ben altro modo: sotto lenzuola bianche.

Quella volta, invece, Sirius era caduto oltre le cortine del misterioso Velo; era morto.

 

Quella notte la luna non si era fatta vedere.

Mai una notte era stata così nera come quella notte di fantasmi e di sogni terribili.

  
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