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Autore: TheUncertaintyprinciple    31/05/2015    1 recensioni
Questo è il vecchio prologo della storia lunga che sto scrivendo. Il testo è stato scritto un anno o più fa, e ho deciso di non correggerlo. Ovviamente non ha finale, se volete vedere il nuovo testo, cercate ''Botton Borrower'' e troverete la storia attuale.
Ho deciso comunque ci pubblicarla come storia a parte.
Miss Marshall sta partendo e non sa cosa veramente la aspetta, il treno corre sulle rotaie mentre lei fa un incontro con una vecchina.
Genere: Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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‘’Fate presto, o perderete il treno Miss Marshall!’’
 
‘’Lo so,  signora Wilkinson, lo so!’’
 
Frettolosamente ci dirigemmo verso il binario 4, e altrettanto frettolosamente la signora Wilkinson mi passò i bagagli. Portavo con me un comune bagaglio a mano, non che non fosse necessario, ma oltre a quello nient’altro; solo una dose di immensa felicità e di triste nostalgia.
 
‘’Il bagaglio Miss Marshall!’’
 
Ecco, la mia governante mi passava il bagaglio.
Salii sul treno e la salutai con un ingenuo e affettuoso gesto della mano, portando con me però tutto quel freddo e tutta quell’aridità della mia casa d’infanzia e di quel paesino sperduto nella brughiera inglese. Non esitai un momento, salii e fui pronta per una nuova vita, che andasse al di fuori di quella vita tediosa e monotona che conducevo allora; anche se mi mancava di già la mia abitazione, e anche se odiavo tutto ciò che riguardava il mio paese, ne sentivo la mancanza; volevo qualcosa di più, avevo uno scopo ben definito, anche se adesso rimpiango il momento in cui presi quella decisione. Perché? Lo saprai ben presto, mio caro lettore.

‘’Ricordate di scrivermi una lettera quando avrete un po’ di tempo!’’
 
Non risposi, ma dentro di me sapevo che non avrei scritto alcuna lettera, non avrei comperato alcuna carta, non mi sarei procurata alcuna penna e alcun calamaio, non mi sarei preoccupata di comperare un francobollo ne di cercare una busta per lettere. Al tempo avevo solo tredici anni, e in fondo ero solo una bambina che andava dagli zii, per condurre una nuova esistenza; e sperando che questa nuova esistenza fosse migliore della vecchia. Cercavo sempre di pensare positivo, vedendo il bicchiere mezzo pieno piuttosto che mezzo vuoto e pensando che tutto ciò che è bene ha un lato negativo e tutto ciò che è male ha un lato positivo, sempre. Questo era quello che pensavo allora, ma è anche quello che penso oggi stesso, alla mia rispettabile età di 50 anni. Indubbiamente, esperienze ne ho certo avute, e ancora oggi riscrivendo i passi della mia vita faccio esperienza. Ma, come scrive Pascoli:’’Di tutto quel cupo tumulto, di tutta quell’aspra bufera, non resta che un dolce singulto nell’umida sera.’’, arrivata ormai a quest’età non posso più fare molto. Ho già dato. E penso che qualche stolto mi ricorderà ben volentieri quando ormai sarò cenere ed ossa, ossa e cenere.
Ma torniamo all’inizio della mia avventura, dove tutto è cominciato e soprattutto, dove tutto finirà, irreversibilmente.
Salutai nuovamente la signora Wilkinson con la mano, un semplice ma irrevocabile gesto di addio; non l’avrei più rivista da quel giorno. Ah signora Wilkinson sapeste quante ne ho passate da quello sciocco e puerile saluto che ci ha separate definitivamente! Sapeste cosa ho dovuto subire..!!
La signora Wilkinson era una donna molto gentile ma ignorante e superficiale. Si curava di ciò che non nutre l’anima dell’uomo ma solo di ciò che nutre il solo corpo; cercava spesso di valorizzarmi con quei ridicoli abitini tutti pizzi e merletti e quegli orribili copricapo di seta; spesso mi faceva sedere nella sua camera per acconciarmi i capelli o farsi acconciare i propri da me, senza però lasciare che ci giocassi. Dovevo essere incline alle regole e alla tradizione, e quando ero ancora una bimba capricciosa non riuscivo a capire quanto tutto questo potesse aver valore per lei, non riuscivo a capacitarmene. Era un concetto sin troppo mondano ed effimero perché potessi interessarmene. Ogni tanto penso che la signora Wilkinson rimanesse offesa dalle mie parole e dai miei comportamenti, e tutt’oggi mi chiedo se si sia portata quella pesantezza nella tomba.
Ah.. signora Wilkinson! Avrei dovuto ricordarla e avrei dovuto scriverle delle lettere ogni tanto …
Questi sono i pensieri  che mi assillano, oggi. Ma in quel momento non vi avrebbero toccata minimamente.
Salita, il conduttore mi chiede il biglietto, ci scrisse sopra un’annotazione e ne strappò un lembo dicendomi:”Ora siete definitivamente a bordo di questo treno, signorina.”e sorrise amorevolmente.  Il bigliettaio sembrava una brava persona, ma meglio on fidarsi degli estranei.
“Vi ringrazio.” e sorrisi di rimando. Ma che sorriso..! un sorriso certamente falso, ma che ispirava quasi una certa simpatia nei confronti del conduttore che continuava a sorridere inebetito.
Proseguii per la mia strada cercando il mio vagone, ma soprattutto la stanza in cui avrei alloggiato nei prossimi due giorni e che avrei dovuto condividere con qualcun altro; dentro di me speravo che lei o lui fosse accogliente e si dimostrasse gentile nei miei riguardi, ma d’altro canto avevo avuto brutte esperienze con chi alloggiava insieme a me in treno, soprattutto all’età di 10 anni, età in cui i miei genitori mi strattonavano da una parte all’altra a causa del loro lavoro.
Trovai il mio vagone con facilità, quasi conoscessi perfettamente la sua posizione.
Entrai e fui ben contenta di non vedere nessuno nei paraggi; fu quasi un sollievo osservare come nessuno aveva disfatto il letto sopra il mio e non aveva poggiato alcun bagaglio.
Nella camera c’erano un letto a castello, una poltrona, due comodini e un grande armadio. Sembrava perfetto.
Sospirai e mi godetti quel momento di libertà. A quei tempi ero troppo giovane per capire cosa veramente fosse la libertà, e presumibilmente, se mi avessero chiesto quale fosse il suo significato, io avrei risposto innocentemente ‘’Non lo so.’’ Ah … Non lo so .. una delle cose più sagge che un uomo possa proferire. Ma questi non erano certo i pensieri che mi passavano allora per la testa o che ancora meglio  passavano per la testa di una tredicenne in viaggio per trasferirsi dagli zii. Ancora oggi mi chiedo perché mai non riuscivo a capacitarmi di pensare ad una cosa tanto amata quanto irraggiungibile come la libertà. Così affascinante e quasi spiritata da un sentimento di profondo interesse personale, ma allo stesso tempo mossa da chi volle farne un sentimento umanitario e completo, Universale. Ti chiederai perché io scriva Universale maiuscolo, caro lettore; la risposta è semplice quanto complessa: non lo so.
Mentre poggiavo i miei bagagli e in generale tutto quello che mi ero portata dietro per andare a ***, guardai fuori dalla finestra. Le nuvole bianche si radunavano come pecore e il loro pastore era lì solo per loro, e se una di loro si fosse persa, lui avrebbe lasciato le altre 99 per cercarla.
Continuavo a pensare alle pecore e a Dio che dall’alto del Suo Regno osservava attentamente ogni mia mossa, ogni piccola mossa di una piccola ragazzina di tredici anni.
 Dopo aver poggiato accuratamente i miei bagagli sentii qualcuno bussare alla porta..
‘’Non può essere??? Cosa vuole? Entrare?’’
Entrò in quella piccola porta una piccola signora, che aveva intrecciato nelle piccole mani un piccolo rosario da cui pendeva una piccola croce di legno; portava con se un piccolo bagaglio, che sembrava però parecchio pesante, e una piccola borsa. Indossava un piccolo cappello e un piccolo cappotto di pelliccia, molto pesante per un’anziana signora che sembrava tanto delicata e fragile.   
Come entrò un profumo inondante invase la stanza. Non saprei dire che tipo di profumo portasse quella piccola donna, ma era sobrio e naturale, quasi mi piaceva.
Entrata la piccola donna poggiò sul letto sovrastante al mio la piccola borsa, il piccolo bagaglio e il piccolo cappello tenendosi il cappotto, forse per il freddo.
Certo, la vecchina sembrò essere amabile e cordiale, ma in quel momento ero presa dal possedere quella camera, che non ebbi l’occasione di osservarla al meglio, magari parlarci o semplicemente studiarla e inalare quel dolce profumo sobrio e naturale che si era spruzzata.
Ovviamente mi trattenni dal sbottarle un ‘’Questa è la mia postazione. Andatevene.’’, e le dissi gentilmente: 
‘’Salve. In cosa posso ubbidirvi?*1’’
‘’Salve signorina. Avrei voluto sapere se il letto sopra di voi è libero..’’ Squittì quella.
 
Assomigliava più ad un topolino piuttosto che ad un’anziana signora. Continuai ad osservarla mentre continuavamo la nostra conversazione.
Più la guardavo più mi faceva compassione. Anche distogliendo lo sguardo non avrei risolto niente, avrei comunque continuato a sentire la sua presenza e ad inspirare il suo ammaliante profumo. E poi, se avessi mentito mi sarei certamente messa nei guai, cosa che non avrei voluto che accadesse. Risposi infatti:
 
‘’E’ libero, signora. Prendete pure posto, prima di voi non c’era nessuno in questa stanza.’’
 
‘’Vi ringrazio, signorina.’’ Prese posto nella poltrona accanto al letto. ‘’Siete molto gentile.’’ E sorrise, con una serenità malinconica.
 
La malinconia dell’anziana donna mi colpì. Mi stavo allontanando per sempre dalla mia terra e non avrei più rivisto nessuno.. ne la signora Wilkinson ne casa mia. Tutto si oscurò e cominciai a vedere che il nero si espandeva intorno a me e mi copriva le iridi verdi, e copriva la stanza, e mi invadeva la mente.
Così comincia l’avventura di Emilie Marshall, una storia di sofferenza, vista dal lato di chi ha imparato a tenere salda la bocca e non urlare dal dolore. Questa è la storia della ladra di bottoni. Buon divertimento mio lettore; sempre che tu riesca a trovare il bello nella mia storia..
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
  • 1-Chiaro riferimento al colloquio tra Fra Cristoforo e don Rodrigo nei Promessi Sposi di Alessandro Manzoni.
 
 
 
 
 
 
 
 
  
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