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Autore: Triz    01/06/2015    1 recensioni
Per suo fratello minore Jared, Mitchell Clark era colui che sarebbe sceso fin nei più bassi gironi dell'Inferno pur di vederlo felice.
La storia di due fratelli, Mitchell e Jared, uniti nella buona e nella cattiva sorte.
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Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Il cacciatore di stelle

A Serenport si poteva avere un'opinione diversa su Mitchell Clark in base alle persone che avevi di fronte.
Per Quentin Murphy, Mitchell era il fratello che non aveva mai avuto e che la sorte aveva deciso di fargli incontrare sui banchi di scuola e che, dopo svariate peripezie, lo aveva fatto restare con lui nel bar che gestivano insieme.
Per i clienti molesti che talvolta infestavano il suddetto bar, Mitchell era lo stronzo che, solo perché facevano un po' di casino, li sollevava di peso dal tavolo e li sbatteva fuori senza farsi troppe domande.
Per molte donne e ragazze di ogni età, lui era il bel tipo con cui avrebbero avuto volentieri una bella storia, se solo non fosse duro al punto di accorgersi a malapena della loro esistenza.
Per suo fratello minore Jared, Mitchell Clark era colui che sarebbe sceso fin nei più bassi gironi dell'Inferno pur di vederlo felice.
Ringraziando il cielo, Mitchell non era dovuto arrivare a tanto, ma quando rientrava a casa dal lavoro e trovava Jared sulla porta, magari pronto a uscire per una delle sue osservazioni notturne, il barista burbero di due minuti prima si trasformava: sorrideva ai suoi vaneggiamenti da esaltato sull'evento astronomico che avrebbe osservato di lì a qualche ora, talvolta si alzava all'alba con lui per accompagnarlo con la moto nei luoghi sperduti dove avrebbe piantato il telescopio, ascoltandosi poi cosa avrebbero osservato insieme, e faceva parte del ristretto pubblico interessato - anzi, ne era l'unico membro - a cui erano indirizzate le lunghissime tirate sull'astronomia di Jared al bar, dove il Clark più giovane aiutava Mitchell e Quentin con le pulizie.
Ma Mitchell non intimava mai a Jared di chiudere il becco e di darsi da fare con lo spazzolone: se tutte quelle stelle di cui parlava lo rendevano felice, specialmente dopo l'adolescenza passata a farsi tiranneggiare da quel balordo del loro padre Everett, chi era lui per dirgli di piantarla?

* * *

A chi non è successo di avere degli incubi in piena notte?
A Mitchell e Jared era successo un sacco di volte, sin da piccoli: che sembrassero reali o al limite dell'assurdo, però, il caffè che dava inizio alla nuova giornata aveva sempre il potere di cancellarne il ricordo.
Ma quel giorno, nessun caffè avrebbe potuto avere quell'effetto.
L'incubo, stavolta, vestiva i panni di una donna con il camice bianco che parlava a Mitchell delle analisi, di un'operazione chirurgica e della terapia che avrebbe riguardato Jared e il suo pancreas per i prossimi mesi. La dottoressa Mills, però, non era una persona che dava false speranze.

«Mitch, perché non mi chiamano?».
Jared si rosicchiava le unghie e si guardava a destra e a sinistra nel corridoio bianco dell'ospedale, mentre Mitchell era seduto vicino a lui.
«Devono prepararsi per l'operazione, Jared, e inoltre» lo interruppe non appena Jared aprì bocca: «Ci avrebbero avvertiti se non ci fosse stata più l'operazione, non credi?».
Jared chiuse la bocca e smise di rosicchiarsi le unghie, con un certo sollievo da parte di Mitchell: «Scusa, è solo che sono un po' nervoso» ammise, lievemente imbarazzato.
«Jared Clark» chiamò un infermiere avvicinandosi e Jared si alzò di scatto.
«Ti aspetto qui quando esci» lo rassicurò Mitchell dandogli una pacca sul gomito e lo tenne d'occhio mentre si allontanava in compagnia dell'infermiere, come quando, più di vent'anni prima, era costretto dalla madre ad accompagnarlo al parco giochi.
Chiudeva gli occhi e lo vedeva da bambino raggiungere un gruppo di coetanei; li riapriva e l'immagine era la stessa, anche se i giochi erano diversi.

* * *

«Come sta tuo fratello?».
«Sta' zitto, Quentin» sbottò l'amico e Quentin incrociò le braccia: «Ieri ha fatto un'altra seduta» borbottò Mitchell alzandosi dopo un momento e cominciando a pulire il bancone del bar, giusto per fare qualcosa. Quentin non disse nulla - aveva perso il conto delle rispostacce di Mitchell davanti alle frasi fatte di qualche conoscente - e si limitò a dargli un'occhiata preoccupata.
«E Jared cosa dice?»
«Jared mi dice che non devo preoccuparmi e che lui sta bene».
«Ma?».
Mitchell preferì non rispondere mentre i primi clienti varcavano le porte del bar.

* * *

«Voi volete chiudere il bar per il week end solo per me?».
«No, Jared, non per te, per il Presidente degli Stati Uniti» rispose Quentin sarcastico e i due fratelli Clark sorrisero: «Dai, dove vuoi che andiamo in vacanza?».
«Possiamo andare ovunque tu voglia, Jared» disse Mitchell e Jared parve non pensarci nemmeno un attimo, come se aspettasse quell'occasione da anni.
«Vorrei conoscere Sheridan Adams» disse con sicurezza.
«Chi?» domandò Quentin alzando un sopracciglio.
Il professor Sheridan Adams era stato una sorta di autorità nell'astronomia: poco prima del suo ritiro dal mondo accademico, scrisse un libro di divulgazione intitolato Il cacciatore di stelle, in cui aveva anche raccontato come lui aveva iniziato con l'astronomia e dava consigli per chi voleva appassionarsi al genere. Da più di quindici anni a quella parte, Jared considerava quel libro come una Bibbia, al punto che la sua copia personale era tutta consumata a causa di letture e riletture. Mitchell non si stupì, dunque, del fatto che l'ultimo desiderio di Jared riguardasse proprio Sheridan Adams.
«È un po' lontano, ecco» mormorò Jared a mo' di scusa, frugò nella sua copia de Il cacciatore di stelle e consegnò a Quentin e a Mitchell una busta ingiallita.
«Gli hai anche scritto?».
«È stato tre anni fa» mormorò Jared: «Ma se per voi è un problema raggiungerlo, non importa» aggiunse imbarazzato davanti al sopracciglio sempre più alzato di Quentin.
«Te l'ho già detto, Jared, non è un problema» lo rassicurò Mitchell: «Sheridan Adams sia!».

Quentin diede il cambio a Mitchell quando si fermarono per fare il pieno.
Tamburellò le dita sul volante al ritmo della canzone che passava alla radio e la strada dritta gli permise di pensare un po' ai due fratelli che aveva sui sedili posteriori.
Jared, quella peste di cinque anni attaccata a loro come una cozza mentre Quentin e Mitchell erano due ventenni che andavano a caccia di ragazze; lo stesso che li rintronava con conferenze di ore intere su comete e costellazioni di cui non si capiva una mazza; il ragazzo a cui Mitchell voleva un bene dell'anima e per cui stava affrontando un viaggio di cinque ore, dannazione, stava morendo.
"Merda".
Quella carrellata di ricordi che aveva come protagonisti Jared e Mitchell Clark sembrava appartenere a secoli prima. Quentin diede loro una rapida occhiata nello specchietto retrovisore e li vide addormentati, la testa di Jared sulla spalla di Mitchell. Deglutì per mandare via un groppo pesante alla gola e si ficcò un pugno in bocca per non gemere.
"Invece degli stronzi che girano nel mondo...".
Si accorse di una macchina che aveva messo le quattro frecce e il sorpasso interruppe il corso dei suoi pensieri. Diede una nuova occhiata allo specchietto retrovisore e vide che né Mitchell né Jared si erano svegliati.

* * *

Incontrare la propria leggenda personale poteva essere pericoloso.
Quentin e Mitchell ricordavano troppo bene Dave Williams, il cliente abituale che era partito elettrizzato per conoscere il suo giocatore di football preferito e che era tornato maledicendolo in ogni lingua. Anche Jared ricordava il vecchio Dave, perciò era nervoso davanti alla piccola casa di Sheridan Adams.
«Rilassati, Jared, andrà tutto bene» lo rassicurò Mitchell per la quarta volta: «Se dovesse darti dei problemi ci pensiamo io e Quentin, okay? Ora vai e suona».
«Voi non venite con me?».
«Sheridan Adams è la tua leggenda personale, non la mia» disse Mitchell con un sorriso e Jared annuì. Prese un bel respiro e attraversò il vialetto ghiaioso, salì sulla veranda e si voltò ancora una volta verso suo fratello, che lo incoraggiò con Quentin mostrandogli un pollice alzato, poi suonò il campanello.
Per qualche minuto non accadde nulla, poi un uomo venne ad aprire la porta: era un anziano signore con i capelli e la barba grigi che indossava i guanti e il grembiule sporchi di terriccio, mentre gli occhiali lo rendevano simile a un gufo. Da lontano, Mitchell vide Jared parlare con Sheridan Adams e questi annuire due volte, poi il professore fece entrare il ragazzo e la porta si chiuse.

«La prima cosa che mi ha detto appena ha aperto è stata "No, non compro nulla e sì, giovanotto, per tua sfortuna sono felicemente ateo da più di quarant'anni"» raccontò Jared allegramente mentre, a sera inoltrata, i tre facevano ritorno a casa.
«Bell'inizio, davvero» commentò Quentin divertito.
«Già, poi mi sono presentato e gli ho parlato del suo libro, allora lui mi ha detto "In ventitré anni, nessuno è venuto mai a parlarmi di quel libro" e poi mi ha fatto entrare».
«Di che avete parlato? Perché sai, Jared, sei rimasto da lui per tre ore, non vorrai dirmi che avete parlato solo del libro».
«Del libro solo all'inizio, poi abbiamo parlato della congiunzione tra Giove e Venere che ci sarà ad agosto, di altri eventi astronomici, poi...» Jared esitò per un istante e aggiunse: «E poi del football».
«Del football? Sul serio?».
«Sì, ha detto che dopo la pensione ha iniziato a seguirlo di più, come il giardinaggio» il sorriso sul volto di Jared divenne più largo: «Ho conosciuto veramente Sheridan Adams, Mitch, ci credi?».
Mitchell gli scompigliò i capelli corti e scuri e lo abbracciò forte.

* * *

«Tu, prendi il tuo fottuto libro e levati di torno!».
Jared fece a malapena in tempo ad alzare gli occhi da
Il cacciatore di stelle che Everett Clark lo aveva afferrato per la collottola e lo aveva sollevato dal divano, investendo il naso del ragazzo con l'odore di birra del suo alito e sdraiandosi al suo posto. La cosa sarebbe finita lì e Jared si sarebbe rintanato volentieri nella sua stanza con il suo libro, se solo suo padre non lo avesse chiamato di nuovo.
«Ma guardati, tale e quale a tua madre» sbraitò Everett Clark: «Un figlio senza palle, ecco che cosa mi ha dato quella lì prima di schiattare!».
"Ignoralo, è ubriaco, pensa ad altro e ignoralo" si ripeté Jared nella testa, ricordando le parole del fratello.


Da quando erano andati insieme da Sheridan Adams, Jared aveva ricordato spesso il giorno in cui Mitchell aveva sbattuto il loro padre fuori dalle loro vite e dalla loro casa: alcuni dettagli tornavano dopo che il tempo aveva sepolto nella sua memoria, ma altri non volevano saperne di tornare a galla.
«Jared, che c'è?» domandò Mitchell seduto vicino a lui nella stanza dell'ospedale in quell'afoso pomeriggio di metà luglio. Intontito dai sedativi, Jared ci mise un po' a rispondere.
«Pensavo a papà» disse e Mitchell si accigliò: «Secondo te, che fine ha fatto?».

«Apri questa dannata porta!» urlò Everett imbestialito: pur essendo più asciutto e più piccolo rispetto al padre, Jared riuscì a tenergli testa mentre tentava di entrare con la forza nella camera in cui si era rifugiato.
Non ricordò come la situazione fosse degenerata, ma negli anni successivi Jared ringraziò sempre quella buona stella sconosciuta che aveva fatto rientrare Mitchell prima del solito, quella sera. La pressione sulla porta si alleggerì di colpo e, anche se tremava ancora dalla paura, Jared si affacciò e vide Mitchell rialzarsi da terra con l'occhio nero e l'attizzatoio del camino strappato dalle mani di Everett un momento prima.
«Che diavolo...» biascicò Clark cercando di rialzarsi a sua volta.
«Ne ho abbastanza di te, fuori!».
«Come ti permetti di...».
«Ho detto FUORI!» gridò Mitchell alzando l'attizzatoio sulla testa: «E se provi ad avvicinarti a Jared, giuro su Dio che ti spacco la testa con questo!».
Everett emise una risata di scherno, ma sussultò insieme a Jared quando Mitchell colpì con forza il muro, sbuffando dal naso come un toro infuriato e pronto alla carica, e se ne andò barcollando e incespicando più di una volta.


Mitchell non sapeva cosa rispondergli - dopo che aveva visto suo padre sul vialetto di casa, lo aveva sempre considerato come se fosse già morto - e non capiva come mai Jared dovesse rovinarsi gli ultimi giorni sulla Terra pensando a lui. Preferì non ripetere i suoi pensieri a voce alta e disse: «Non ne ho la più pallida idea, Jared».
«Oh» emise il ragazzo e rimase in silenzio a pensare ancora un po'.

Anche diverse ore dopo che Everett Clark era stato sbattuto fuori di casa, un silenzio timoroso regnava nella cucina dove Jared premeva il ghiaccio contro l'occhio nero di Mitchell: non era stato tanto il fatto che suo padre stesse per spaccargli la testa con l'attizzatoio ad averlo terrorizzato, quanto piuttosto l'idea che Mitchell stava per fare la stessa cosa con Everett. Nei suoi quasi quindici anni di vita, Jared non aveva mai visto Mitchell così fuori di sé e sperò che non accadesse ancora.
«Domani chiamo lo zio di Quentin per farci cambiare la serratura, okay?» mormorò Mitchell schiarendosi la gola e Jared annuì. Quel tentativo di mettere su una mezza conversazione cadde nel vuoto, ma Mitchell provò ancora: «Non lo avevi già letto, quello?» chiese indicando
Il cacciatore di stelle, che aveva raccolto dal corridoio.
«È fantastico, Mitch» rispose il più piccolo rasserenatosi di colpo: «Le cose che scrive, quello che racconta... L'astronomia mi piacerà, sì».
Di fronte a quell'entusiasmo, Mitchell sorrise e immaginò la faccia di Jared non appena avrebbe scartato il telescopio che avrebbe trovato su quello stesso tavolo la settimana successiva, quando avrebbe compiuto quindici anni.


«Mitch».
«Che c'è?».
«Tra un mese ci sarà la congiunzione tra Giove e Venere, ricordi?».
«È da una settimana che me ne parli, come potrei non ricordarlo?».
«Potresti vederla per me, per favore?».
«Perché, tu non vuoi venire?».
Sapevano entrambi che non sarebbe stata una questione di volontà a impedire a Jared di vedere quella congiunzione alle quattro del mattino, ma mentre Jared si era rassegnato all'idea, lo stesso non si poteva dire di Mitchell.
«Ti serve qualcosa, Jared?» domandò Mitchell quando l'altro si sistemò meglio sul letto e socchiuse gli occhi.
«Adesso no» rispose Jared: «Potresti restare lo stesso?».
Mitchell annuì e Jared si addormentò

* * *

Il cellulare di Quentin Murphy squillò all'alba di quel giorno d'estate e il suo proprietario si svegliò di soprassalto: il fiume di imprecazioni che borbottava a mezza voce si arrestò non appena lesse il nome apparso sul display.
«Pronto?» disse premendo il tasto verde del cellulare: sperò con tutto il cuore di sbagliarsi, pensò che magari fosse Jared che aveva preso il telefono di Mitchell per dirgli chissà cosa.
Un primo singhiozzo dall'altra parte del telefono fece crollare questo appiglio di speranza.
«Mitch?» lo chiamò tetro.
Quentin udì altri singhiozzi e in quei dolorosissimi minuti decise di smettere di credere in Dio.

* * *

Mitchell si chinò per sistemare i fiori sulla tomba, accarezzò la lapide scura con la scritta bianca e si rialzò tirando su con il naso: non aveva più pianto da quella notte all'ospedale e aveva una gran voglia di farlo, ma decise di trattenersi. Non che volesse dimostrare qualcosa a chissà chi, ma Mitchell era convinto che le lacrime non avrebbero riportato in vita Jared.

 
Jared Vincent Clark
Nato il 24 ottobre 1983
morto il 12 luglio 2014

Lasciasti questo mondo per diventare la più splendente delle stelle
e illuminare con la tua luce il cielo di chi ti ha voluto bene.

Una scritta su una tomba, qualche foto in casa e dei ricordi, questo gli era rimasto di suo fratello: il telescopio e i libri di astronomia di Jared erano finiti a casa di Quentin, a cui Mitchell li aveva affidati in attesa di decidere se donarli alla biblioteca di Serenport oppure no. La copia stropicciata del libro di Adams, invece, era stata chiusa nella bara insieme al corpo di Jared per volere di Mitchell: non sapeva se ci fosse un aldilà o meno - da poco aveva cominciato a dubitare seriamente dell'esistenza di Dio -, ma Mitchell lo immaginava sempre come una grande sala d'attesa o qualcosa di simile. Pensare a Jared in un posto simile mentre leggeva per la millesima volta Il cacciatore di stelle lo faceva sorridere malinconico e gli leniva un po' il dolore.
«Bellissima frase, davvero» disse una voce profonda e Mitchell si voltò sorpreso: «Poco scientifica, forse, ma bellissima».
«Professor Adams?».
Sheridan Adams annuì e congiunse le mani dietro la schiena: «Non mi chiamano professore da quando sono andato in pensione, ma sono io. Immagino che lei sia il fratello di Jared Clark. Mitchell, giusto?».
«Lei cosa ci fa qui?».
«Sono di passaggio, tra poco ripartirò per una conferenza di un amico» borbottò l'uomo squadrando Mitchell pensieroso: «Mi sono fermato in un bar e ho trovato la foto di questo ragazzo listata a lutto sull'ingresso. Il barista - mi pare che si chiami Quentin - mi ha raccontato questa storia dell'ultimo desiderio e mi ha detto che l'avrei incontrata qui».
«Jared la ammirava molto, professore» disse Mitchell: «Voleva conoscerla e io l'ho accompagnato da lei»
«Lo so, credo di averla intravista, quel giorno» rispose Sheridan e sospirò: «Accidenti, se avessi saputo che gli restavano pochi mesi, non avrei sprecato un intero pomeriggio a parlare di football».
«Jared non le ha detto che stava male?».
«No, ma in compenso abbiamo parlato di lei, prima di salutarci».
«Di me?».
«Sì, mi ha raccontato di quanto lei sia in gamba, che per lui è stato - testuali parole - la sua stella polare per tutta la sua vita e che, come lei era stato forte per lui, lui avrebbe fatto altrettanto» disse Sheridan: «Mi perdoni la franchezza, Mitchell Clark, ma credo che Jared ammirasse lei più di me».
«Le ha detto realmente così?».
«Ogni parola» giurò Sheridan portandosi una mano sul cuore. I due uomini rimasero ancora un po' in silenzio sulla tomba di Jared, poi il più anziano parlò: «Le mie condoglianze, signor Clark».
Mitchell lo ringraziò e Sheridan Adams se ne andò lentamente dal cimitero. Si fermò per un istante sul cancello e lo vide alzare gli occhi al cielo, poi le loro strade si separarono definitivamente.





















Note dell'Autrice
La storia che avete appena letto partecipa allo Stars contest! di katniss_jackson, in cui si chiedeva di scrivere qualcosa che ruotasse intorno a una frase sulle stelle. La frase che ho scelto è stata "Se se l'è portato via è perchè c'era un vuoto nel cielo e mancava la stella, la stella più bella, quella che brilla solo per te" di Francesco Silvestre.
Pur avendo fatto qualche ricerca per il personaggio di Jared, ho deciso di non scendere in ulteriori dettagli perché non sono un medico e ho sempre il terrore, quando devo descrivere delle malattie, di non essere abbastanza verosimile.
Per il libro che dà il titolo alla storia, Il cacciatore di stelle, mi sono in parte ispirata a On Writing di Stephen King.
Vi lascio anche i nomi dei prestavolto che ho usato per la storia: Christopher Eccleston (Mitchell), Matt Smith (Jared), Pruitt Taylor Vince (Quentin) e sir Ian McKellen (Sheridan Adams).
Ringrazio Herror per aver betato la storia e ringrazio katniss_jackson per il contest a cui partecipa.
A presto,
Triz
  
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