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Autore: Lirya92    01/06/2015    1 recensioni
Harry non strinse amicizia solo con Ron Weasley ed Hermione Granger al Primo anno ad Hogwarts. Incontrò anche un'altra ragazza, Erin Faraday, che si unì al gruppo.
Erin, però, non è una semplice studentessa: nasconde un segreto (e forse più di uno). Un segreto legato al passato di Harry, ed anche al suo futuro.
L'estate prima del Secondo anno, Harry crede di sapere ormai chi sia in realtà Erin e la cosa gli sta bene. Non sa, però, che Erin non gli ha ancora detto tutto. Soprattutto, Harry non sa di Sirius Black...
Poco alla volta, al Terzo anno, Harry scoprirà cosa lega lui ed Erin a Sirius. Ci metterà un po' a capire e più di una volta fraintenderà gli avvenimenti, ma d'altronde nessuno, prima di allora, aveva mai creduto alla storia di Erin...
Erin è un personaggio pieno di mistero, il cui segreto più grande e terribile verrà a galla solo alla fine di questa storia. Questo secondo segreto verrà trattato in un'altra storia, perché neanche Erin, al momento, sa darsi una spiegazione precisa... bisognerebbe chiedere ad Albus Silente. La domanda, per ora, è un'altra: perché Erin è così convinta dell'innocenza di Sirius?
Genere: Fantasy, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Harry Potter, I Malandrini, Nuovo personaggio, Un po' tutti
Note: Missing Moments, Movieverse, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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 INTRODUZIONE: Harry e il (primo) segreto di Erin

Il sole stava lentamente tramontando su Privet Drive, rendendo le ombre degli alberi lunghe e sinuose.
  Harry, dalla finestra della sua stanza, osservava distrattamente la strada silenziosa. Non che avesse nulla di meglio da fare: bacchetta, libri, scopa e tutto ciò che per i Dursley avesse una parvenza di magico (zio Vernon aveva utilizzato il termine anormale) era stato chiuso a chiave subito dopo il ritorno di Harry dal suo primo anno ad Hogwarts, la scuola dei maghi. Persino Edwige, la candida civetta di Harry, era stata relegata nella sua gabbia, senza la possibilità di uscire per cacciare o sgranchirsi le ali.
  Sarebbe stato davvero difficile spiegare il mancato completamento dei compiti per le vacanza, tuttavia non era a questo che stava pensando Harry quella sera.  
  Dal piano di sotto arrivavano i borbottii di zio Vernon. Harry riuscii ad afferrare parole come “quella gente… a casa nostra… incredibile… mai più… indecente… sanno usarlo!”. Harry carezzò delicatamente Edwige, che chiuse gli occhi compiaciuta. Vedere i suoi zii sconvolti, a metà tra lo spaventato e l’indignato, era davvero divertente, ma qualcosa di più importante occupava ora la sua mente: qualcuno lo aveva cercato, il che significava che voleva sue notizie, e soprattutto si interessava al fatto che esisteva. Provava una strana sensazione di calore. Aveva degli amici.
  Si sdraiò sul letto e sorrise. I borbottii erano cessati dopo il Vernon, basta! Pensa alla pressione! di sua moglie Petunia. La casa era tornata silenziosa e tranquilla.
 
  A sconvolgere la quiete domestica dei Dursley, quella mattina di luglio, era stata una telefonata alquanto inaspettata.
  A rispondere fu zia Petunia, che si avviò verso l’apparecchio alquanto seccata, poiché il trillo del telefono aveva interrotto la sua quotidiana “ispezione” della casa dei vicini (era una donna alquanto impicciona).
  «Pronto? ». Il suo volto cavallino sbiancò di colpo. « Ha sbagliato numero» disse in fretta, la voce acutissima. «Qui non abita nessuno con quel nome!» e riagganciò come se la cornetta fosse un carbone ardente.
  Un secondo dopo il telefono squillò di nuovo. Zia Petunia era intenzionata a non rispondere, ma quando si rese conto, dopo un paio di minuti di Driiiiin! incessante e sempre più forte, che il telefono probabilmente non avrebbe smesso di squillare, prese coraggio e fece ciò che andava fatto.
  Nel frattempo Dudley, il cugino di Harry, aveva alzato la testa dal terzo piatto di beacon e osservava la madre dalla porta della cucina coi suoi occhietti porcini, curioso.
  Petunia ascoltava, con le labbra contratte, un’allegra e vivace voce giovanile.
  « Buongiorno di nuovo! Sono la ragazza di prima, deve essere caduta la linea, le stavo dicendo che non c’è nessun errore, sono certa di aver fatto il numero giusto… potrei parlare con Harry Potter, per favore? Sono una sua compagna di scuola».
« Ha-ha-ha…» zia Petunia sembrava in preda ad un attacco di riso isterico. « Ha-harry Pppotter? » riuscì infine ad articolare.
« Sì, Harry » rispose la ragazza, in tono gentile. « Vorrei parlarci. E’ in casa? Pronto? E’ ancora là? »
Petunia sembrava essere stata appena colpita dal Pietrificus totalus.
« Chi è al telefono, Petunia? »
Zio Vernon era appena entrato in casa. Vedendo lo sgomento della moglie, prese la cornetta.
« Casa Dursley, chi… » il volto divenne paonazzo. « CHIII?! NON CHIAMI MAI PIU’, CAPITO? ALTRIMENTI… » non terminò la frase. Con gli occhi sgranati, ascoltava in silenzio, pietrificato come sua moglie.
  Le urla di zio Vernon avevano richiamato Harry, che scendendo le scale si ritrovò davanti una scena alquanto surreale: suo zio al telefono, col pugno alzato a mezz’aria a minacciare un intruso invisibile. Sua zia, pallida, osservava il marito coprendosi la bocca con le mani. Suo cugino ancora impalato sulla porta della cucina, gli occhi fissi sui genitori. Che mai poteva essere successo da sconvolgerli tanto? La ditta di trapani era fallita? Era scoppiata la guerra?
  « Sì… certo. Sì, ricordiamo, ricordiamo… glielo passo… » Vernon fece cenno ad Harry di avvicinarsi. « Eccolo… nn-non c’è problema, certo… d’accordo, ma non ci faccia del male. » e passò la cornetta ad Harry.
«Harry? Ciao! Come stai, tutto bene? Credo di aver terrorizzato i tuoi zii, eppure sono stata davvero garbata! Pensano forse che gli possa lanciare una fattura via telefono? ». Harry la sentì ridere all’altro capo dell’apparecchio.
« Erin… sei tu? » chiese Harry, stupito. Non si aspettava notizie dai suoi amici per vie babbane.
« Certo che sono io! Non mi riconosci? » la voce di Erin era piuttosto divertita. « Ascolta. Non ti tratterrò molto, non vorrei che i tuoi zii sospettassero una cospirazione magica. Devo parlarti di una cosa importante, di persona ».
« Vuoi vedermi? » Harry era sorpreso. Cosa aveva da dirgli di tanto urgente da non poter essere detto via gufo?
« Sì. L’ho già detto a tuo zio. Lui… ehm… è d’accordo diciamo. Va bene se ci vediamo domani? »
« Io… beh, sì, suppongo vada bene. A domani allora ».
  Harry non fece in tempo a posare la cornetta che si ritrovò il faccione grasso e paonazzo di zio Vernon a pochi centimetri dal viso.
« Questa è la prima e l’ultima volta che uno dei tuoi strambi amici telefona qui. L’ultima. » disse a denti stretti suo zio, fissandolo. Il tono era sicuro e perentorio, eppure prima, al telefono sembrava spaventato.
« Cos’è che ricordate? » chiese Harry.
Petunia emise un gridolino soffocato.
« Cos’hai detto, ragazzo? » disse zio Vernon, visibilmente contrariato.
« Al telefono. Hai detto sì, ricordiamo. Che cosa ricordate? »
« Non – sono – affari – TUOI! » tuonò Vernon, con un volto talmente minaccioso da far indietreggiare Harry. Poi, improvvisamente, parve ripensarci e cambiò tono.
« E’ una questione che non ti riguarda… non fare domande » disse con circospezione. « Di’ alla tua amica di mandarti uno di quei pennuti maledetti, se proprio dovete parlare… ho bisogno che la linea resti libera, in caso… di chiamate di lavoro. Chiaro? Torna di sopra adesso ».
  Harry era piuttosto confuso. Perché quel cambiamento di tono improvviso? Cosa aveva detto Erin a suo zio di tanto spaventoso da farlo ritrattare? Erin…
  L’aveva conosciuta sull’espresso per Hogwarts, l’anno prima. Era una ragazza piuttosto brillante, forse anche più di Hermione Granger, (un’altra amica di Harry) ma senza la sua fastidiosa inclinazione a farti sentire uno scolaretto indisciplinato. Erin era, al contrario, una ragazzina piuttosto modesta, che tendeva a non attirare troppo l’attenzione su di sé. Le ci era voluto tutto il primo trimestre prima di apparire a proprio agio con loro ed aprirsi un po’. Ron Weasley, il migliore amico di Harry, era convinto che Erin avesse una cotta per lui, per questo Harry se la ritrovava, in un modo o nell’altro, sempre tra i piedi. Ad Harry queste erano sembrate sciocchezze, ma adesso cominciava a ripensare alle parole del suo amico dai capelli rossi. E se Erin avesse voluto vederlo per fargli una dichiarazione? Darle una delusione gli sarebbe davvero dispiaciuto.
  Harry passò l’intera giornata a porsi domande, senza riuscire a trarre nessuna conclusione soddisfacente. I suoi zii, invece, ogni volta che suonava il telefono scattavano come se avessero preso la scossa, temendo potesse trattarsi ancora di faccende magiche. Passato il pericolo, zio Vernon attaccava con un’invettiva contro Harry, i suoi amici e tutto ciò che lo riguardava, mentre zia Petunia e Dudley facevano dei cenni di assenso col capo.
  Harry si tenne a distanza di sicurezza per tutto il giorno, e fu davvero felice quando arrivò l’ora di andare a dormire.
  Sdraiato sul letto, ripensava all’anno passato ad Hogwarts, in particolare ai momenti passati con Erin. Dopo l’aggressione ad Hermione da parte del troll, in cui aveva dimostrato un lodevole sangue freddo, lei, Ron e la stessa Hermione erano diventati i suoi amici più fidati. Con Erin, inoltre, Harry aveva condiviso l’incontro con Voldemort nella Foresta proibita, senza contare l’aiuto fondamentale che aveva dato in occasione del ritrovamento della Pietra filosofale. E poi… lo specchio delle brame. Non aveva mai voluto rivelargli cosa vi avesse visto, ma Harry era sicuro che, qualunque cosa fosse, non era troppo diverso da ciò che aveva visto lui. Certo, Erin non era un’orfana. Viveva con sua madre, tuttavia non aveva mai nominato suo padre. Hermione gli aveva detto che, una volta, le aveva confidato di non avere mai conosciuto il padre, ma che non aveva detto praticamente nulla più di questo. Era stata molto evasiva quando Hermione le aveva chiesto se sapeva che fine avesse fatto, al punto da farle sospettare che non ne conoscesse l’identità. Forse, Erin aveva visto lui nello specchio, quella notte, per questo aveva gli occhi umidi. Da quel momento, Harry cominciò a sentirla molto vicina, fra gli amici quella che, con ogni probabilità, era in grado di capirlo di più.
  Qualunque cosa voglia dirmi, pensò Harry, almeno potrò uscire da questa casa per qualche ora.
  Lo schiocco del becco di Edwige riporto Harry alla realtà.
« Non posso farti uscire, lo sai. » le disse. Edwige emise un verso di disappunto.
« Lasciami dormire, non è colpa mia ». Harry si girò di fianco e, continuando a pensare al giorno dopo, si addormentò. 
 
  L’appuntamento era ai giardini pubblici a pochi isolati da Private Drive. Mentre faceva colazione, Harry notò gli sguardi dei suoi zii, che parevano volerlo trafiggere. Dudley, invece, era tutto preso dal suo nuovo videogioco (un regalo per essersi offerto di portare fuori la spazzatura) per prestare attenzione a suo cugino.
  « Non fare tardi » lo avvertì zio Vernon. « Stasera abbiamo degli ospiti importanti, devi tornare in tempo per poter sparire »
« Tornerò in tempo per fingere di non esistere » rispose Harry in tono gelido, alzandosi da tavola.
  Era una giornata splendida, ideale per una passeggiata al parco. Harry aspettava Erin su una panchina vicino alla fontana centrale, con dei pigri piccioni come unica compagnia.
Lei almeno si è fatta viva. Pensava tristemente Harry, che non riceveva notizie da Ron ed Hermione da quando si erano salutati a King’s Cross. Magari, saprà spiegarmi che fine hanno fatto quei due.
  Erin arrivò qualche minuto dopo, i capelli castani spettinati dal vento.
« Ciao, Harry ». Sembrava preoccupata. Che fosse successo qualcosa ai loro amici?
« Ciao Erin… tutto bene? » le domandò Harry, incerto.
« Va tutto bene, tranquillo ». Non sembrava molto convinta. Si guardava la punta delle scarpe, incerta sul da farsi. Alla fine, si sedette vicino ad Harry e lo guardò intensamente. I suoi occhi scuri erano più profondi del solito ed accentuavano ancora di più quello sguardo maturo e consapevole che la caratterizzava. Oggi più che mai, non sembrava una ragazzina di dodici anni.
  « Harry, ti ho chiesto di vederci perché devo confessarti una cosa. E’ una storia lunga e un po’ complicata, perciò non fare domande ed ascoltami fino alla fine, ok? »
« O-ok… » rispose Harry, sempre più confuso.
« Allora, da dove comincio… »
« Non voglio rovinare la nostra amicizia » disse in fretta Harry.
« Come, scusa? »
« Io, ecco… Ron me lo aveva detto ». Adesso era Harry a non trovare le parole ed Erin ad essere confusa. « Noi siamo amici, no? Ecco, vorrei rimanessimo tali. Amici »
« Non sono venuta a farti una dichiarazione, Potter. Che diavolo ti salta in mente?! ». Sembrava divertita all’idea. « Lascia perdere Ronald, che di ragazze non capisce granché . Ti avevo detto di non interrompermi, ricordi? »
« Scusa, avevo capito… non avevo capito. » balbettò Harry, visibilmente imbarazzato per la figura da idiota che aveva appena fatto.
  Una bimbetta trotterellava vicino a sua nonna, fiera dell’enorme gelato che teneva in mano. Erin la guardò per qualche istante, poi disse: « Harry, sai cos’è un Metamorfomagus? »
« Un… che? »
« Evidentemente no ». Adesso Erin guardava i riflessi della fontana. Trasse un lungo respiro. « Un Metamorfomagus è un mago che può cambiare il suo aspetto a piacimento. Ci si nasce, non lo si impara. ». Harry aprì la bocca, ma Erin lo zittì con un gesto. « Io sono una di loro. Posso cambiare la mia età, ma a senso unico, ossia posso trasformarmi nella me stessa del passato, ma non del futuro. Non posso assumere l’aspetto che avrò a settant’anni, ad esempio. Ma… » fece una pausa. « Posso trasformarmi nella Erin di dodici anni ».
Harry guardava l’amica sbigottito.
  La bambina col gelato si stava letteralmente tuffando nella fontana, con la nonna che cercava di evitarne l’annegamento.
« Allontaniamoci da qui. Ti faccio vedere » disse Erin alzandosi.      « Non avere paura » aggiunse, vedendo lo sguardo preoccupato di Harry « Se può rassicurarti, è stata tutta un’idea di Silente ».
Sentendo nominare Albus Silente, Harry si tranquillizzò.
  Si diressero verso una grossa siepe poco distante, grande abbastanza da nasconderli alla vista. Harry continuava a porsi mille domande: chi era in realtà Erin e perché gli aveva mentito? Se non era una studentessa, cosa ci faceva ad Hogwarts? E Silente che c’entrava?
  Erin parve leggergli in volto tutti quegli interrogativi. « Vieni qua dietro » gli disse. « Guarda »
In un pochi istanti, la ragazzina che Harry conosceva si trasformò in una donna sulla trentina dai lineamenti delicati e lo sguardo gentile. Harry la fissò stupefatto.
« Un anno fa, Silente è venuto a parlarmi ». Erin parlava lentamente, scegliendo le parole con cura. « Mi ha detto che, a Settembre, tu avresti iniziato a frequentare Hogwarts (cosa che io già sapevo) e mi ha chiesto di mescolarmi agli altri studenti per tenerti d’occhio »
« Silente voleva che mi spiassi? » chiese Harry, arrabbiato. « Crede che non sia in grado di cavarmela da solo? »
« Silente non vuole spiarti, Harry. Potente com’è, non avrebbe certo bisogno di una come me ». C’era una punta di disprezzo nella voce di Erin. « Sai bene di essere speciale, Harry. Ai ragazzi speciali capitano sempre… avventure fuori dal normale. Visto l’anno che abbiamo passato, direi che tu non fai eccezione. Silente sapeva che il tuo ingresso nel mondo magico avrebbe risvegliato forze sopite da anni. Forze oscure. »
« Parli di Voldemort? » domandò.
« Sì » la voce di Erin si fece un sussurro. « Chi crede sia stato sconfitto definitivamente è uno sciocco. Abbiamo avuto la prova che può ancora fare del male… è un bene che ci sia un adulto nelle tue strette vicinanze, in caso di pericolo ». Guardò Harry nervosa.
« Non ti sono stata addosso lo scorso anno, so che non hai bisogno di una balia. Come hai potuto notare, ti lasciavo spesso solo con i tuoi amici. Spero tu non ce l’abbia con me, non è semplice per me comportarmi da ragazzina tutto il tempo e capire quando viene il momento di farmi da parte e lasciarti in pace…» la voce s’incrinò di colpo. « Cerco solo di proteggerti… gliel’ho promesso! »
« A Silente? » domandò Harry, duro. Questa storia non lo convinceva.
« No… »
« E a chi allora? » Harry si stava spazientendo. Non gli importava se fosse scoppiata a piangere,  voleva sapere perché era stato sorvegliato da una perfetta sconosciuta per un anno intero.
« A tua madre, Harry » rispose Erin, con gli occhi lucidi. « L’ho promesso a Lily »
Harry ebbe un tuffo al cuore. Conosceva sua madre.
« Conoscevo i tuoi genitori » continuò. « Ero molto amica di tua madre. Per questo Silente ha scelto me: sapeva che Lily, quando scoprì che Voldemort dava la caccia a lei e a James, mi chiese di occuparmi di te, in caso fosse capitato loro qualcosa ». Harry capì che per lei era un ricordo molto doloroso, e si sentì in colpa per essere stato così brusco.
  Intanto Erin aveva fatto apparire un fazzoletto e si stava asciugando gli occhi.
« Silente mi ha raccomandato di non dirti nulla, per non farti sentire spiato. Io però sono stufa di mentire ». La commozione era sparita. Ora, la voce di Erin era dura. « Non prendo ordini da nessuno, tantomeno da Silente. Sono dieci anni che ti osservo da lontano, che ti vedo maltrattare da quei Babbani dei Dursley senza poter intervenire! Sono stanca di mandarti cartoline anonime per le feste e non poterti abbracciare o dire Buon Natale, o Buon compleanno! »
« Allora eri tu… » ad Harry finalmente tutto fu chiaro. Si era sempre domandato chi fosse ad inviargli, ogni anno, auguri e regali per le feste. Sapeva doveva trattarsi di qualcuno di importante, perché i suoi zii impedivano a Dudley di rubarglieli. Quando era più piccolo,  una parte di lui sperava che i mittenti fossero i suoi genitori. Così si spiegava anche il Ricordiamo di zio Vernon. A quanto pareva, avevano paura di Erin, ma non abbastanza da fargli avere un’infanzia decente.
 « Rimanendo all’oscuro del mondo magico e della tua vera identità saresti stato più al sicuro » spiegò Erin. « Questo era il pensiero di Silente. Ora che frequenti Hogwarts, sei abbastanza grande per sapere che c’è un essere umano che ti vuole bene e si preoccupa per te! ». Il tono ironico sottintendeva che la pensava diversamente.
  Un tonfo e rumore di acqua smossa. La bambina era sfuggita alla nonna e si era tuffata nella fontana. Erin guardava Harry con dolcezza, come nessuno aveva mai fatto prima di allora. Harry fu molto colpito da quello sguardo, così nuovo per lui. Non sapeva cosa dire.
  Fu Erin a rompere il silenzio. « Harry… nessuno deve sapere che non sono una studentessa. Nemmeno i professori lo sanno, quindi non dire nulla a Ron ed Hermione, va bene? Dovrai comportanti come sempre. Sarà difficile, lo so, ma devi sforzarti. In caso contrario, dovrò lasciare Hogwarts… e mi dispiacerebbe sprecare questa seconda occasione che mi è stata data »
« Seconda occasione? » chiese Harry. « Sei stata espulsa? »
Erin rise, ma era una risata amara, fredda. « Io non ho mai frequentato Hogwarts. Non mi hanno voluta, nonostante fossi una strega… e anche piuttosto brava, modestamente »
« Non è possibile! Tutti i maghi e le streghe sono ammessi ad Hogwarts, perfino Tiger e Goyle! » Harry era sbalordito « Silente… »
« Silente non mi ha voluta » l’interruppe. « Mi ha cancellata dai registri magici. Io per il Ministero della Magia non esisto »
« Ma perché? »
Erin si accigliò. « Credo tu abbia avuto abbastanza rivelazioni per oggi, Harry. Sarà meglio che torni dai tuoi zii. Manterrai il mio segreto? ». Harry non rispose.
« So che sei confuso » incalzò lei. « Ti prometto che avrai altre risposte, ma più in là. Non posso bombardarti di informazioni Harry, cerca di capire… »
« D’accordo » disse infine Harry. « Non lo dirò a nessuno… se mi prometti che ne parleremo ancora »
« Certo che parleremo! » Erin sorrise. « Ho tante di quelle cose da raccontarti… » E lo abbracciò. « Se penso che ti tenevo in braccio… sei diventato così grande! Non puoi neanche immaginare quanto io ti voglia bene, Harry ».
 Harry non poteva immaginarlo, ma cominciava a farsene un’idea.
  « Un’ultima cosa » disse Erin, porgendogli un pacchetto, apparso dal nulla. « Buon Compleanno, Harry »
   
 
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