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Autore: Nereisi    01/06/2015    1 recensioni
Nel bel mezzo di una caotica metropoli, persone dotate di poteri conducono la loro vita nascoste. Celata dietro una barriera vi è il GEA, un istituto che accoglie maghi adolescenti per proteggerli e istruirli, dandogli una protettrice, la Madre, e una sola regola: mai uccidere.
La pace e le spensierate risse verranno brutalmente interrotte da una tremenda guerra per il possesso di un ragazzo senza memoria che si ritroverà, suo malgrado, ad avere a che fare con gatti parlanti, piromani e un improbabile gruppo di attaccabrighe.
"Avete presente quando, senza alcun motivo apparente, vi sentite improvvisamente tendere verso qualcosa o qualcuno, come se ci fosse un qualche tipo di legame che vi unisce? Quando abbiamo degli scatti improvvisi che non ci sappiamo spiegare? Di solito li si lascia perdere e non gli si da importanza, continuando a fare quello che stavamo facendo prima, ritornando alla vita di tutti i giorni.
A volte invece ci si lascia guidare da quell'istinto. Può succedere che si scoprano mondi interi e nuove realtà; e spesso possono far sembrare falsa e strana la quotidianità che prima ci sembrava vera e normale."
Genere: Avventura, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Capitolo Quinto: Incontri rocamboleschi
 
 
 
 
Erech si catapultò fuori dalla classe con il fantasma del rimorso che gli aleggiava nei pensieri come una cupa cappa di nebbia. Stava facendo la cosa giusta? Non lo sapeva. Sperava solo di non fare qualche stupidaggine e di arrivare in tempo, qualsiasi cosa stesse succedendo.
Voleva riscattarsi agli occhi di Shingo e dimostrare che quella stilla di fiducia che gli aveva dimostrato poteva essere ben meritata. D’altra parte però sentiva davvero che c’era qualcosa che non andava.
Arrivò nei pressi del grande albero nel giardino e lì si fermò interdetto.
Dopo essere scappato fuori a quel modo, dopo aver declamato a gran voce i suoi eroici intenti e dopo aver  fatto arrabbiare qualcuno che probabilmente non doveva essere fatto arrabbiare; solo in quel momento si accorse che effettivamente non aveva la più pallida idea di dove andare e di chi cercare. Non sapeva nemmeno che faccia avesse quel “Jun”.
Dopo un momento di smarrimento si ridestò sentendo due esplosioni violente deflagrare in lontananza. Per un momento dimentico della ricerca del ragazzino disperso, il suo primo istinto fu quello di correre verso la battaglia. Si fermò, dandosi mentalmente dello stupido. Sarebbe stato solo una palla al piede e, cosa più importante, doveva cercare quel tipo.
Si guardò per un po' di tempo i piedi; poi, colto da un'illuminazione divina, corse verso la foresta che circondava il perimetro dell'istituto.
 
 
                                                                                                                                                                                                          + + + + +
   
 

- Alissa! -
 
Shingo atterrò sul pavimento dell'infermeria del GEA con uno stridio di artigli, lasciando le porte d'entrata a sbattere con incuranza, sprazzi di luce dell'esterno che gli illuminavano a tratti il collare facendolo rifulgere come un diamante. Si guardò freneticamente intorno.
Le orecchie feline captarono un rumore, scattando veloci nell'aria. Sollevò la testa verso la fonte. Irruppe nella stanza di fianco e lo sguardo gli venne catturato dalla stoffa bianca del camice della ragazza che danzava scompostamente nell'aria prima di afflosciarsi sullo schienale di una sedia. Un rringhio esasperato gli salì spontaneo alla gola.

Un flebile tintinnio scosse la quiete della stanza. - Gli studenti? – 
- Stanno tutti evacuando. Ho mandato il pivellino ad accertarsene, così siamo sicuri che se ne starà buono buono nei dormitori. Ha lo stesso sguardo di quell’indisciplinato pel di carota e la cosa non mi piace per nulla. –
Alissa ridacchiò. – Che cattivo. -
- Dove pensi di andare? - soffiò Shingo saltando sopra la scrivania.
- Dalle Colonne.  –
Shingo sbuffò irritato, sedendosi.  – Certo. A chi credi di darla a bere? –
Mizu finì di sistemarsi sulle braccia le fasce che aveva appena tirato fuori da un cofanetto, per poi richiudere quest’ultimo con un gesto violento. – Ci sto andando davvero. –
- In tenuta da battaglia? – chiese scettico il gatto
- Senti – Mizu si girò verso di lui con un’espressione di rabbia sofferente in viso – seguirò il piano, ok? Vado davvero dalle Colonne. Non interverrò. Puoi venire con me se vuoi, così te ne accerterai tu stesso. –
Shingo roteò gli occhi, annoiato - Come se non lo facessi tutte le volte. –
- Però – quasi non gli lasciò finire la frase – se dovessi vedere che non qualcosa non va, allora non mi tratterrò. – il felino la fissò senza parlare, impassibile. Lei indietreggiò, abbassando lo sguardo.
- Se dovessimo perdere qualcun altro, non sarei la sola a soffrirne, lo sai. –
 
- In effetti hai ragione. –Shingo  si alzò sulle quattro zampe, stiracchiandosi leggermente la schiena. – A quella giardiniera psicolabile manca poco per danzare allegramente sul filo della pazzia. Preferirei ardentemente non dover assistere ad uno spettacolo simile. – miagolò, osservandosi un artiglio.
Mizu gli lanciò un’occhiata velenosa.  – Delicato come sempre vedo. –
- Delicato come lei quando fa crescere le sue dannate piante nella mia aula, distruggendola! -
 
Le scappò uno sbuffo divertito. – Le dirò di fare più attenzione. – disse stendendo un braccio  verso di lui.
- Tsk! Dille piuttosto che l’istituto non è la sua serra personale! – rispose piccato il felino, saltandole sulla spalla. 
 
L’eco di una lieve risata riecheggiò flebilmente all’interno delle mura dell’infermeria mentre le porte si chiudevano, lasciando di nuovo la stanza nel buio.
 
 
                                                                                                                                                                                        + + + + +         
 
Più Erech avanzava e più le esplosioni si facevano vicine. E tutto ciò non gli piaceva per niente.
Tuttavia, si costrinse a proseguire un passo dopo l’altro, sentendosi come un soldato che si avvicina alla prima linea ascoltando il canto delle bombe dritto nelle orecchie.
Pregò davvero dentro di sé che la sua intuizione fosse giusta, perché se non lo fosse stata probabilmente stava andando dritto incontro ad un bruttissimo quarto d’ora.
 
Si trovò infine all’estremità del boschetto. Non ne uscì, limitandosi ad accucciarsi e scrutando davanti a sé, nascosto dal fogliame. A circa dieci passi da dove si trovava poteva vedere l’aria tremolare impercettibilmente, come se stesse guardando la fuoriuscita di qualche gas incolore dal terreno.
Intuì che quella era la barriera, la stessa che lo aveva salvato dall’attacco dello Zwire poche ore prima.
Cercò di studiarla, di capirci qualcosa per quanto possibile, assottigliando lo sguardo e scrutandola; infine ringhiò fuori uno sbuffo frustrato. Non sapeva niente di quel mondo, figurarsi se sapeva come funzionava una dannata barriera!  Sperò almeno che la comune definizione “cosa belle dentro, cose brutte fuori” fosse applicata anche in quel frangente.
 
Avanzò ancora un po’, sempre nascosto dal fogliame. Il fracasso si faceva sempre più vicino e stava iniziando anche a distinguere delle urla.
 
Improvvisamente, a pelo della barriera e quindi a pochi metri da lui, una gigantesca palla di fuoco si schiantò sul terreno, lambendo le pareti della barriera e risalendo con alcune vampate su di esse. L’onda d’urto che ne conseguì gli fece il contropelo – facendolo squittire come una femminuccia - e lo sbalzò di qualche metro. Sbatté violentemente contro il troco di un albero e davanti agli occhi gli esplose uno schermo di lucine bianche. Quando il dolore scemò, la vista continuò a ballargli un poco, sdoppiando e ricomponendo le figure con ritmo ballerino.
Capì subito di non riuscire a rimanere ben piantato sulle gambe e quindi barcollò qualche passo in avanti prima di lasciarsi cadere sulle ginocchia e finire a carponi dietro un cespuglio.
 A quanto pareva il cuore della battaglia si era spostato nella sua direzione. Rimase accucciato al riparo dietro la vegetazione mentre il fogliame veniva sbatacchiato qua e là a causa del vento e intense luci illuminavano intensamente il bosco.
 
D’un tratto gli arrivarono alle orecchie delle urla, seguite da un’acuta voce femminile che rideva con fare molto poco rassicurante.
Optando per una condotta prudente, facendo forza sui gomiti Erech strisciò sullo stomaco per infilarsi ancora di più dentro il cespuglio fino quasi ad arrivare dall’altra parte di esso con il viso. Scostò il fogliame che gli impediva la visuale e spiò attraverso il buco così creato.
 
Dall’altra parte della barriera, i quattro mentori del GEA combattevano contro delle figure nere che sembravano vestite di tenebra, sguscianti ed infide.
 Come aveva intuito, era stato Fenice a scagliare la palla di fuoco di poco prima: infatti, qualche secondo dopo che Erech aveva cominciato a guardare, ne creò una identica per lanciarla contro un nemico addossato alle pareti della barriera che, svelto come un ratto, la schivò. Erech sentì le guance sempre più ardenti man mano che il proiettile si avvicinava alle pareti.
In quel momento Dorlas, in piedi su quello che sembrava un gigantesco rampicante spinato, si frappose fra le vampe di fuoco e la barriera. Saltando giù atterrò con violenza sul terreno con i piedi, seguendo l’inerzia si accucciò sui piedi fino a rimanere in equilibrio sulle punte per poi – con immenso sforzo parve ad Erech – mettere un piede davanti per poi rialzarsi con i pugni chiusi lanciati verso l’alto. Come per rispondere al suo movimento, una buona parte del terreno si sollevò in aria, creando una voragine, intercettando la palla di fuoco. Con un pugno vicino all’orecchio e un palmo dal quale scaturivano le fiamme teso davanti a sé, Fenice aumentò l’intensità del getto di fuoco. Con una flemma che Erech non avrebbe mai creduto possibile, Dorlas continuò a far investire il blocco di terra dalle fiamme che oramai era diventato lava grezza.
Un nemico, approfittando di quella che credeva essere distrazione, attaccò il rosso con gli artigli deformi che gli spuntavano dalle nocche. Ed Erech venne in mente una figura in calzamaglia gialla e nera ma non seppe darle un nome. Sebbene si fosse scagliato contro di lui urlando e quindi dimostrando di non avere nemmeno quel briciolo di intelligenza necessario per ideare un attacco a sorpresa la figura incappucciata non fu degnata nemmeno di uno sguardo dal ragazzo che continuò serafico a sparare fiamme dalle mani.
Un fulmine cadde violentemente tra Fenice ed il nemico, prendendo la spinta sul terreno e lanciandosi poi sul nemico, infliggendogli una scarica di energia elettrica che non doveva essere per niente leggera, a giudicare da come l’incappucciato cadde a terra tra le convulsioni.
Erech non credeva in nessuna divinità in particolare, ma quando vide Ambra praticamente fusa con il fulmine che si rialzava da sopra il corpo del nemico sconfitto, con scariche elettriche che le percorrevano la pelle e le correvano tra i capelli, per poi accucciarsi come un predatore e saltare contro un nemico che aveva preso di mira Dorlas, facendo schioccare l’aria al suo passaggio, beh… rimase senza fiato come se avesse appena visto un’apparizione sacra. Balzava da un nemico all’altro come un felino, fulminandoli al solo contatto, avvolta da un’aura dorata che la faceva risplendere.
 
Perso a seguire Ambra con lo sguardo, Erech si accorse in ritardo che mancava una persona all’appello. Cercò di spingere ancora un poco il viso fuori dal cespuglio per cercare meglio ma mentre socchiudeva gli occhi per l’intenso calore causato da Fenice che lo faceva lacrimare sentì qualcosa che lo strattonava per la gamba, un urletto acuto e successivamente un tonfo , ritrovandosi un peso sopra le gambe.
Si mise immediatamente a gattoni, leggermente spaventato. Che un nemico fosse riuscito chissà come ad entrare? Il sangue gli defluì istantaneamente dalla faccia per la paura. Gli avevano detto che anche lui aveva dei poteri ma lui non aveva la benché minima idea di quali fossero e di come farli funzionare. Di fronte ad un nemico sicuramente molto più abile di lui sarebbe stato sicuramente spacciato. Strinse dell’erba tra le dita tremanti.
Chiunque gli fosse caduto addosso sembrava essersi ripreso dallo sbigottimento perché lo sentì muoversi, probabilmente cercando di rialzarsi. Fu un lampo: l’istinto prese il sopravvento sul cervello – che ci stava mettendo troppo tempo per prendere una decisione utile -  ed Erech si lanciò sulla figura in piedi dietro di lui lasciandosi cadere a peso morto su di essa, intrappolando il nuovo venuto con il proprio peso.
Sentì la persona sotto di lui lasciarsi sfuggire un lamento seguito da un’imprecazione colorita che ebbe su di Erech l’effetto di una scossa elettrica. A cavalcioni sul corpo di un probabile nemico armato e pericoloso, indifeso e praticamente alla sua mercé, si rese conto di quello che aveva fatto.
 
Che diavolo mi è venuto in mente?! Sono finito! Sono un uomo morto. Merda merda merda merda merda merda –
 
Da sotto di sé provenne uno verso di dolore misto a paura. Colto di sorpresa Erech alzò lo sguardo e il suo naso entrò in contatto con un altro suo simile, i suoi occhi trovarono la loro immagine riflessa in due iridi di un caldo color nocciola. Erech arrossì.
 
- Scu –
- Non farmi del male! – fu la prima cosa che il ragazzo sotto di lui squittì. Già, ragazzo: per quanto acuta fosse la sua voce, il tono e il timbro erano inequivocabilmente maschili. Erech si ritrovò a fissare il viso pulito di un suo coetaneo completamente terrorizzato che lo guardava come se fosse il demonio. Inarcò un sopracciglio e gli lasciò andare i polsi, mettendo le mani in vista. Lui lo guardò stranito, prima che il rombo di un altro tuono annunciasse un altro attacco messo a segno da Ambra. Il ragazzo fece scattare la testa  bionda verso la fonte del suono, per poi riportare lentamente il viso verso di lui. Lo scrutò attentamente per qualche secondo. – Ah! – lo puntò febbrilmente con un dito – Tu sei quello nuovo! –
Erech tirò un sospiro per poi spostarsi di fianco permettendogli di tirarsi a sedere. – Tu sei Jun, vero? –
A quella domanda il ragazzo corrugò le sopracciglia. – Come… come fai a saperlo? –
Erech si lasciò cadere di sedere, improvvisamente stanchissimo come se gli fosse stata succhiata via ogni energia. – Maledizione… penso di avere un principio di arresto cardiaco… - mormorò stringendosi la camicia in corrispondenza del cuore.  Il ragazzo al suo fianco continuava a fissarlo interrogativo. Erech sospirò pesantemente. – Shingo mi aveva incaricato di assicurarmi che tutti fossero nei dormitori ma a quanto pare una certa persona era assente… – spiegò, fulminandolo con lo sguardo – … e quindi mi sono messo a cercare quella certa persona, senza altro indizio che non fosse il suo nome. Dannato me quando ho preso quella decisione… ehi ma mi stai ascoltando? – si tirò su coi gomiti, notando che  il suo interlocutore lo stava bellamente ignorando, gattonando  verso il cespuglio da dove Erech era sbucato e stendendosi pancia a terra nella sua stessa posizione di poco prima. Erech sbuffò irritato e lo imitò, stendendosi al suo fianco e riprendendo ad assistere insieme a lui alla lotta che stava avendo luogo fuori dalla barriera.
A quanto pare la battaglia stava per concludersi: rimanevano molti meno nemici rispetto all’inizio, sebbene fossero comunque in parecchi. Dorlas a quanto pare aveva portato a conclusione il suo attacco perché su un fianco della barriera era come spalmata una grande quantità di lava non del tutto solidificata ma ancora incandescente avente la forma di un semicircolo. Ambra continuava a fulminare un nemico dopo l’altro, sebbene dovesse tornare su alcuni per far effettivamente perdere i sensi, mentre Fenice e Dorlas, schiena contro schiena, erano impegnati in scontri a corto raggio. Losille era proprio davanti a loro, seppure lontana, davanti al semicircolo di lava, attorniata da una decina di opponenti, con il solito sorriso inquietante disposto in bella vista.
Erech gettò una fugace occhiata a Jun, a quanto pare presissimo dallo seguire senza lasciarsi sfuggire nulla.
- Tu sai che sei nei guai vero? Sono qui da poco ma mi pare di aver capito che quella palla di pelo sia davvero qualcuno da non far arrabbiare… - il pallore di Jun era visibile a occhio nudo, tuttavia non lui non parlò ma si morse le labbra e continuò a tenere gli occhi puntati verso avanti.
- Quindi… perché sei qui? Perché hai ignorato gli…. Le istruzioni? – Non sapeva bene il motivo, ma Erech non voleva classificare quelle parole come “ordini”. Gli sembrava sbagliato, come appartenente ad un contesto completamente differente.
Jun lo guardò con la coda dell’occhio, arrossendo; allo sguardo palesemente interrogativo di Erech rispose con un sorriso imbarazzato. Fece per aprire la bocca e parlare quando un fischio acutissimo, seguito da molti altri, risuonò vibrante nell’aria.
Entrambi girarono di scatto la testa, trovandosi a guardare Losille che faceva schioccare nell’aria e sulla carne degli avversari quelle che parevano essere fruste di rovi lanciando brevi fischi acutissimi con una foglia che teneva stretta fra le labbra, mentre gradualmente indietreggiava verso il muro di roccia bollente creato da Dorlas, accerchiata da cinque persone e altrettanti Zwire.
Jun scattò in piedi, con tremanti pugni stretti ed terrore dipinto sul volto.
Anche Erech si tirò in piedi, messo in agitazione dal suo comportamento. – Che c’è? Che succede?! – Chiese, teso.
- È una richiesta di aiuto… Losille è in pericolo... ! – mi rispose tra i denti. Jun spostò lo sguardo dalla ragazza a Fenice e Dorlas, che sembravano troppo occupati per poter intervenire. – Io vado ad aiutarla! – Erech lo guardò stralunato – Che?! Ma sei completamente impazzito?! – berciò, afferrandolo per un braccio mentre quello moveva i primi passi. – Lasciami andare! –
Erech osservò sconcertato Jun mentre quello si dimenava selvaggiamente cercando di sfuggire alla sua presa. Sembrava totalmente un’altra persona rispetto allo spaurito ragazzo di qualche minuto prima.
 
Un fischio molto più lungo di quelli precedenti si levò nell’aria e troppe cose accaddero tutte insieme. Erech fece appena in tempo ad alzare lo sguardo e vedere Fenice e Dorlas disimpegnarsi dagli avversari con cui stavano combattendo  con un lavoro di squadra a dir poco impeccabile - risultante nei nemici tramortiti e costretti al suolo – e correre verso Losille, che nello stesso momento si era portata ad di sopra dei suoi avversari, spinta in aria da quella che pareva essere un’enorme foglia.
Fenice sferzò l’aria con un’intensa fiammata, costringendo i nemici incappucciati a retrocedere spalle al muro nella stessa posizione di Losille qualche secondo prima mentre gli ultimi Zwire venivano neutralizzati da delle rocce appuntite fatte spuntare repentinamente dal terreno, causando il loro Termine e di riflesso lo svenimento di alcuni degli incappucciati. Losille, ora riunita con i due compagni, mosse il ventaglio chiuso e, rispondendo al suo ordine, una miriade di viticci spinati calò dalla sommità della formazione di lava solidificata formando un fitto muro che divise i guardiani del GEA dai nemici intrappolati.
Ci furono come due secondi di stasi, durante i quali Erech vide i tre ragazzi riunirsi velocemente per accertarsi delle proprie condizioni, scambiandosi sorrisi stanchi ma appagati. Due brevi secondi in cui pensò che – almeno per quella volta – fosse tutto finito, che avessero vinto.
Poi, nel momento esatto in cui si accorse che da almeno una buona decina di secondi che la sua mano stava stringendo solo l’aria, un acuto strillo si levò nell’aria.
Gli occhi di quattro persone diverse vennero calamitati dalla trappola appena creata, nella quale avrebbero dovuto esserci solo nemici ostili e non proprio in vena di chiacchiere amichevoli.
Avrebbero.
Quando terrificante può essere il condizionale in queste situazioni.
 
 
 
 

Angolino Dei Funghi
Ciao a tutti! Sono finalmente tornata, sebbene mi vergogni parecchio per questo ritardo spaventoso.
Mi ero proposta come deadline generale due mesi al massimo ma la scuola mi ha impegnato più di quello che credevo… ma dal momento che siamo quasi alla fine, sono riuscita finalmente a trovare un po’ di tempo da dedicare alla scrittura e non sapete quanto questo mi renda felice! Purtroppo se voglio scrivere qualcosa di decente, mi servono almeno due orette e purtroppo non sempre posso prendermi questo lusso… spero di essere perdonata! >_<
Passando alla storia, in questo capitolo incontriamo uno dei miei tanti scriccioli che fanno di testa propria. Vi starete chiedendo: in che senso? Nel senso che Jun inizialmente era stato concepito come un personaggio assolutamente non di rilievo, ma come se fosse dotato di vita propria si è creato da solo la propria storia, diventando uno dei personaggi principali di questa storia.
Ci sono ancora un sacco di domande irrisolte e gli interrogativi non fanno che aumentare (sì, lo so che è colpa mia), ma d’altronde siamo solo all’inizio! La storia vera e propria deve ancora cominciare (anche se ormai sono cinque capitoli che continuo a ripeterlo)! *schiva oggetti contundenti*

Ed ora, un po’ di termini:

Barriera: i meccanismi della barriera verranno spiegati più avanti ed avranno un ruolo importante nello svolgersi della trama. Per adesso possiamo dire che la teoria azzardata da Erech “Buoni dentro e cattivi fuori” è perlopiù corretta.

Dorlas: questo  pezzo di pane è molto più tenace di quello che potrebbe sembrare ad una prima vista. In questo capitolo appare anche lui nella lotta e fa uso dei suoi poteri. Mi sembrano particolarmente ovvi da indovinare ma giusto in caso qualcuno di stia ancora pensando su, non farò spoiler.
 

Questa volta non ho molto da spiegare effettivamente…. In compenso, ecco a voi un’altra adorabile personcina che ha catalizzato il mio ammmore più di quanto effettivamente avrebbe dovuto. Dite ciao a Losille! (Sì Rachele, sto pensando a te. So che stai leggendo. E ridendo. IO TI VEDO.)


 
Non credo di essere riuscita a darle l’espressione di malizia e sarcasmo che ho sempre avuto in mente quando scrivevo o parlavo di lei, ma si avvicina parecchio a questa.
 
Credo di riuscire ad aggiornare più spesso visto che – finalmente! – tra poco è estate e estate significa POTER SCRIVERE ANCHE ALLE QUATTRO DI MATTINA MUHUAHUAHUAHUA.
Spero che questo capitolo possa rallegrarvi in questi ultimi giorni di prigionia. Buon fine scuola a tutti!
Baci
Nereisi
  
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