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Autore: The Galway Girl    02/06/2015    1 recensioni
Sono una scrittrice, o meglio ho scritto solo un libro due anni fa, una storia per bambini intitolato “Capitan Coraggio”, che si è venduto piuttosto bene. La casa editrice mi aveva assicurato che per il secondo libro avrebbe organizzato un lancio promozionale senza precedenti, spendendoci un sacco di soldi in modo da assicurarci più lettori possibili, ma la mia migliore amica mi ha comunicato una notizia che mi ha fatta sprofondare nella più profonda delle disperazioni.
I soldi non ci sono più, puf! Andati, spariti.
C'è un solo modo di recuperarli, che io vada di persona alla casa editrice a reclamarli. Unico ostacolo, non metto un piede fuori casa da cinque anni, così ho fatto ricorso ad un life coach che mi aiuterà a sconfiggere le mie paure. Riuscirò a riottenere il mio budget?
Genere: Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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MARTEDI'



Oggi decido di seguire il consiglio di Enzo e ritirare la posta di pomeriggio.

Ho passato tutta la mattina a fare una lista di ipotetiche domande da rivolgere ai miei vicini, ieri solo per ottenere un semplice nome ho sudato sette camicie, mi chiedo quanto ci metterò ad ottenere un dettaglio intimo.

Potrei chiedere l'età, la professione, informazioni sulla famiglia, ma so che da una domanda ne nasceranno altre e mi ritroverò intrappolata in una conversazione di cui non mi importa nulla, ma dopotutto è il compito di oggi e io dovrò impegnarmi al meglio.

Comincio a pensare che Enzo sapesse benissimo che non avrei ottenuto un nome al primo tentativo, e che sappia benissimo che con la domanda che porrò oggi darò il via ad una conversazione vera e propria, credo che gli esercizi siano proprio questo, da una semplice consegna si arriva a qualcosa di più elaborato e complesso. Ho già paura di cosa succederà venerdì quando dovrò offrirmi per fare un favore.

Verso le tre di pomeriggio scendo all'ingresso, non ho nessuna lettera, come ieri aspetto un po' appoggiata al muro e dopo una decina di minuti passati a non incontrare anima viva mi decido a salire le scale e andare a suonare ai campanelli.

Mi fermo al primo piano, forse i piani di questo palazzo sono come i gironi dell'inferno, più si sale più le anime sono dannate.

Ha senso, dato che all'ultimo, il quinto, ci sono io, al quarto c'era la signora antipatica che mi ha sbattuto la porta in faccia e al terzo c'era il bambino paranoico.

Se la mia teoria è esatta al secondo e al primo piano dovrebbero esserci quelli gentili.

Suono al 1A e aspetto.

Mi apre un signore asiatico nerboruto in canottiera che mi guarda, ha le dimensioni di un lottatore di sumo.

Cosa potrei chiedere a un armadio del genere?

Comincio dalle cose facili < < Salve, mi chiamo Virginia, abito al 5D, lei come si chiama? > > chiedo nervosa, una delle sue mani potrebbe spazzarmi via in un solo colpo.

< < Sino ka? Ano kawili-wili sa akin! Kunin ang bago kong masira ang iyong mukha!> mi urla con tono minaccioso agitando un braccio.

Terrorizzata schizzo su per le scale fino al secondo piano e mi siedo sull'ultimo scalino a riprendere fiato.

Ma che problema hanno tutti? E poi Charlotte si stupisce che non esco mai di casa, mi basta scendere qualche piano per ritrovarmi faccia a faccia con un pazzo!

Comincio a credere che tutto il palazzo sia abitato da mostri, forse ci hanno messi tutti qua proprio per questo.

< < Signorina sta bene? > > mi chiede una voce alle mie spalle.

Mi volto e trovo una signora minuta sulla cinquantina coi capelli a spazzola rosso fuoco.

< < Si, sono incappata nell'inquilino del 1A, mi ha spaventata a morte > > dico nervosa.

< < Oh, si è filippino, è sempre arrabbiato, non so perché e nessuno riesce a capire una parola di quello che dice! > > dice con una risatina.

La guardo meglio, mi ispira fiducia, così mi alzo e mi presento.

< < Io sono Virginia, abito… > >

< < Al 5D, lo so > > mi interrompe lei < < Non ti avevo mai vista prima > >

Lo sa? Cosa sono, una leggenda metropolitana?

Bambini, state attenti alla strega che vive al 5D!”

< < Come lo sa? > > chiedo sospettosa.

< < Conosco tutti gli inquilini, sono la presidente del comitato, tu non ti sei mai presentata ai nostri incontri > > mi spiega gentile.

Le rivolgo un sorriso imbarazzato.

< < Io sono Nadia comunque > > si presenta < < Abito qui, al 2C > > dice indicando la porta.

< < Da quanto tempo vive qui? > > colgo la palla al balzo per farle la domanda per il mio compito.

< < Oh > > dice lei colta alla sprovvista < < Non saprei, vediamo, quasi sedici anni, credo > >

< < Però > > dico fingendomi ammirata < < Ora, dovrei andare a casa, ho del lavoro da finire > > mi scuso congedandomi.

< < Ok, vieni a qualche riunione ogni tanto, abbiamo la torta! > > mi dice lei tornando in casa.

Le rivolgo un saluto con la mano e torno nel mio appartamento.

Prendo il quaderno, mi siedo al tavolo e rimango a fissare il foglio per almeno mezz'ora.

Mi è sempre venuto naturale scrivere e raccontare storie, fin dai tempi della scuola, scrivevo dei temi bellissimi che i professori leggevano sempre a tutta la classe, ma scrivere cosa ho provato oggi è più difficile di quanto credessi.

Come durante i compiti in classe di matematica scrivo prima a matita, rileggo e cancello tutto una decina di volte, poi ripasso con la penna e cancello i segni di matita con la gomma.

Puntuale alle 17 arriva Enzo, lui e Charlotte andrebbero molto d'accordo.

< < Ciao Virginia, allora come è andata? > > mi chiede ripetendo le stesse identiche parole di ieri.

Credo si aspetti sempre che io gli risponda che non ce l'ho fatta a svolgere il compito.

< < Bene > > dico convinta.

< < Ok, leggiamo allora > > risponde afferrando il quaderno.



Oggi sono scesa per controllare la posta di pomeriggio, ma come ieri non ho incontrato nessuno.

Ho suonato al campanello dell'appartamento 1A e mi ha aperto un signore asiatico.

Quando l'ho visto sono rimasta spiazzata, tutte le persone asiatiche che ho incontrato erano magre e piccole e col sorriso felice in faccia, lui invece era molto robusto e alto ed era molto arrabbiato.

Mi sono presentata e lui per tutta risposta ha urlato qualcosa di incomprensibile che mi ha spaventata a morte e mi ha fatto correre ai ripari al secondo piano.

Qui ho incontrato Nadia, una signora che sembra un riccio caduto nella marmellata, ma molto gentile, che mi ha spiegato che il signore del 1A è filippino ed è sempre arrabbiato ma nessuno capisce mai cosa dice.

Forse è per questo che è sempre arrabbiato, ho pensato, perché nessuno lo capisce.

La Signora Nadia mi ha trasmesso molta e fiducia, così le ho chiesto da quanto tempo vivesse nel palazzo e lei, dopo averci pensato un po', mi ha risposto sedici anni.

Mi ha raccontato inoltre di essere la presidente del comitato degli inquilini e mi ha proposto di unirmi a qualche riunione, sottolineando che hanno la torta. Io l'ho ringraziata, l'ho salutata e sono tornata a casa.



Mentre legge lo guardo preoccupata.

Ho inserito le mie emozioni, ma sembra il tema di un bambino di prima elementare.

< < Bé, già meglio di ieri > > mi dice dopo un po'.

< < Sul serio? > >

< < Si, hai sottolineato le tue emozioni. Vedo che tendi a catalogare le persone, ma su questo ci si può lavorare > >

< < In che senso “catalogare le persone”? > > chiedo.

< < Vecchia e cattiva, robusto e arrabbiato > > mi spiega lui.

< < Bé, ma è vero > > mi difendo io.

< < Virginia, le persone non sono solo buone e cattive, giovani e anziane. Ad esempio il signore che hai incontrato ieri era anziano ma anche gentile > >

Lo fisso. Non capisco cosa voglia dirmi.

< < Non devi vederli come dei mostri estranei da etichettare a tutti i costi > >

< < Ho semplicemente descritto come sono, la signora era un'antipatica e l'ho scritto. Dovevo forse dire che è stata gentilissima quando non è vero? > > protesto.

< < Virginia, ti ha solo sbattuto la porta in faccia, non significa che sia una persona odiosa > >

Lo guardo allibita.

< < Per me si! > > protesto.

< < Magari avrà avuto i suoi buoni motivi per chiuderti la porta in faccia > >

< < Si, il motivo è che è una vecchia antipatica > > insisto io.

< < Non faremo nessun progresso se continui ad essere così chiusa > > mi sgrida lui.

< < Io sarei chiusa? > > dico allibita < < Cosa avrei dovuto fare? Ringraziarla per essere stata così maleducata? > >

< < Avresti potuto suonare di nuovo e insistere > > mi dice lui come se la cosa fosse ovvia.

Apro la bocca per rispondere ma non so cosa dire.

Non avevo minimamente preso in considerazione questa idea.

< < Ieri hai gettato la spugna con quella signora, ti sei fermata al primo ostacolo, qualcosa mi dice che tendi a farlo molto spesso > > dice riflessivo.

< < Ho suonato a tre porte, lo chiami gettare la spugna? > > chiedo allibita.

< < Si, dato che hai parlato solo con la persona che secondo te era gentile. Le altre due le hai scartate subito > >

< < Ho ottenuto un nome, ho svolto il compito > > gli dico indicando la spunta che ha fatto ieri vicino a “lunedì”.

< < Si, e anche oggi hai svolto il compito > > risponde aggiungendo una seconda spunta accanto a “martedì” < < Domani dovrai stabilire un contatto fisico con uno dei vicini > dice indicando la terza consegna della settimana.

< < Lo so > > dico mesta.

< < A domani? > >

< < A domani > > ripeto sollevata di aver concluso la mia “terapia” quotidiana.










  
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