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Autore: Camelia_blu    03/06/2015    1 recensioni
Con questa storia ho immaginato la prima sera di Severus Piton alla scuola di magia e stregoneria di Hogwarts. C'è stato lo Smistamento, che lo ha separato da Lily, ed ora Severus sta affrontando il banchetto di inizio anno con la delusione nel cuore. Ricordi di Spinner's End, dei suoi genitori, dei suoi primi incontri con Lily -in breve, squarci della sua vita prima di Hogwarts- si alternano nella sua mente mentre muove i primi passi nella scuola e conosce i nuovi compagni di Serpeverde, in particolare Avery e Mulciber, ricchi, purosangue e pieni delle idee razziste e pericolose dei rispettivi padri. Severus si sentirà a disagio nella sua condizione di mezzosangue. Qualcosa di lui colpirà i compagni? E il pensiero della separazione da Lily gli rovinerà i primi momenti a Hogwarts, tanto attesi?
La storia si sviluppa in 10 capitoli.
DISCLAIMER: I personaggi e i luoghi presenti in questa storia non appartengono a me ma a J.K. Rowling e a chi ne detiene i diritti.
Questa storia non è stata scritta a scopo di lucro, nessuna violazione del copyright è pertanto intesa.
Genere: Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Avery, Lily Evans, Mulciber, Severus Piton, Tobias Piton
Note: Missing Moments | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dai Fondatori alla I guerra
Capitoli:
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Durante il banchetto, Severus cercò di fronteggiare la delusione. Se fosse stato a casa, avrebbe potuto rifugiarsi in camera, come faceva tutte le volte che sua madre e suo padre litigavano. Litigavano sempre e quando era piccolo lui piangeva per questo, lacrime calde che gli bruciavano gli occhi. Suo padre non sopportava vederlo piangere “come una femminuccia” e così aveva imparato a farlo di nascosto, a volte mordendosi le nocche per soffocare i singhiozzi che avrebbero fatto infuriare ancora di più il padre.

Ma era durato poco. Erano anni che non piangeva più.

Quel calore quasi bollente che gli offuscava la vista per poi sciogliersi lungo le sue guance fin dentro i vestiti era un ricordo lontano, una debolezza che aveva imparato a controllare, dominare e allontanare da sé. Non si addormentava più sfinito nel suo letto, disteso su un fianco, scosso dai singulti e con le lacrime che gli colavano nell’orecchio. Se ne stava ore in camera sua disteso o rannicchiato per terra, a fissare il niente nella stanza spoglia dai muri vecchi e muffi, grigia come l’aria che circondava sempre Spinner’s End e arredata con pochi e brutti mobili.
Guardava senza vedere e aspettava. Alle volte si era spinto fino al parco a guardare gli altri bambini ridere e giocare. Non si era mai avvicinato a loro, era sempre rimasto per conto suo, senza invidiare la loro gioia, semmai... la sensazione che quei bambini potevano piangere solo per una caduta dall'altalena. Ma lui aveva imparato a non piangere e non invidiava più quei bambini, li sentiva estranei e provava verso di loro un sotterraneo diprezzo. Babbani.

***


Era stata la testata di ferro del letto a insegnargli a non piangere più. Era successo quella notte che suo padre aveva urlato più forte del solito e le grida di sua madre gli erano penetrate dentro come spilli nella carne viva. Prima si era tirato la coperta fin sopra la testa, poi si era messo seduto sul letto e qualcosa l’aveva fatto tremare violentemente, ma non era il freddo. Aveva cominciato a piangere senza nemmeno accorgersene e quando aveva chiuso stretti gli occhi per strizzarne via le lacrime, le aveva sentite cadere sulle guance accaldate. Si era voltato e si era aggrappato al ferro della testata, posandoci il volto, prima una guancia, poi l’altra. E quel fresco sollievo si era diffuso in tutto il suo essere, quella rigida carezza che gli aveva rinfrescato il viso gli era penetrata dentro, scendendo nel suo profondo: l’aveva sentita estendersi ed espandersi in ogni sua fibra e quando il suo respiro era tornato regolare e i suoi singhiozzi si erano spenti, aveva riaperto gli occhi e si era reso conto solo allora dei pugni serrati attorno al ferro. Li aveva aperti e, dopo averli fissati percependone il freddo che avevano assorbito, si era rimesso disteso, chiudendo le voci dei suoi genitori fuori da sé, sperimentando per la prima volta in vita sua una sensazione nuovissima e strana. Riusciva a tenere tutto quanto lontano, non solo le grida, ma perfino il rumore e i tonfi che provenivano dalla cucina dove Eileen e Tobias stavano dando l’ennesima conferma al loro matrimonio.
Non sentiva più nulla e si tirò la coperta sugli occhi asciutti che non bruciavano più, sostituendo la disperazione e l’angoscia di poco prima con pensieri decisamente più appaganti, attorno ai quali la sua mente si smarrì con una sorta di dolce, fresco abbandono.

Presto lui, Severus, se ne sarebbe andato.

Mancava ancora qualche anno, è vero, ma era cosa certa. Perché lui era diverso da suo padre. Lui era come sua madre, lui aveva la magia in sé. Sarebbe andato al nord, a Hogwarts, la scuola per i giovani maghi, e avrebbe vissuto in un castello con altri bambini come lui e con i professori che gli avrebbero insegnato milioni di cose meravigliose che lì, in quel quartiere squallido dalle stradine sporche e buie e dai mattoni grigi come il fumo della ciminiera che si ergeva all’orizzonte della sua finestra, non era quasi possibile immaginare. Ma lui invece immaginò, vide tutto chiaro e luminoso nella sua mente, vide tutto, quella sera, assaporandone la promessa. Avrebbe fatto i bagagli lasciando a casa tutti i suoi vestiti babbani, avrebbe preso un treno rosso e sbuffante vapore, avrebbe avuto una bacchetta tutta per sé e avrebbe indossato con orgoglio una divisa nera, su cui si sarebbe stagliato brillante lo stemma verde-argento della Casa di Serpeverde…

***


Lanciò un’occhiata a Lily seduta al tavolo di Grifondoro, accanto a quel ragazzo antipatico incontrato sul treno e che anche mentre mangiava aveva quell’aria strafottente e noncurante che aveva caratterizzato il loro breve scambio di battute.
“Tutta la mia famiglia è stata in Serpeverde”, aveva detto, e allora come mai sedeva tra quegli esaltati dei Grifondoro? Perché era un cretino, l’aveva dimostrato.
E infatti c’era anche quell’altro, quello con gli occhiali e i capelli arruffati, un completo deficiente, fanatico dei Grifondoro. Beh, in fondo glielo si leggeva in faccia che era un povero cretino anche lui, per di più invasato.
I Grifondoro erano noti per essere dei palloni gonfiati; guardando i due, Severus provò un moto di disgusto e si rese conto che sarebbe stato orribile essere assegnato a quella Casa, santo cielo, se ce n’era una che considerava peggiore delle altre era proprio quella rosso-oro.

Fece scorrere lo sguardo lungo gli altri tavoli. Non c’era dubbio, i Grifondoro erano i più chiassosi e quei due ragazzi non facevano altro che parlare e ridere forte, come se si conoscessero da sempre. Era un bene non essere finiti nella stessa Casa, Severus era proprio contento che non fossero Serpeverde.
Erano esattamente quello che si aspettava, due autentici -idioti- Grifondoro e vide quello con gli occhiali scoppiare in risate sonore picchiando i pugni sul tavolo e dando una manata al ragazzo che odiava Serpeverde.

Nel farlo, lo fece urtare la spalla di Lily che gli sedeva accanto. Lily gli lanciò un’occhiataccia. Poi il ragazzino con gli occhiali si sporse leggermente verso di lei e le disse qualcosa, porgendole il vassoio della torta.
La vide voltare il viso e ignorare ostentatamente i due che, come sul treno, le fecero il verso, atteggiandosi a principini altezzosi e facendo un sacco di smorfie. Lily incrociò le braccia e disse qualcosa che lui, Severus, non poté sentire, ma vide i due rimanere interdetti per un momento e si rallegrò di questo, con un moto di rivalsa su di loro. I ragazzi ridacchiarono tra loro e ripresero a stuzzicare Lily.
Lei li ignorò, abbassando il viso sul piatto mentre finiva di mangiare e una ciocca di capelli le cadde in avanti.

Un'elegante, morbida onda rosso scuro…

Con un gesto meccanico lei la rispinse dietro la spalla, piegando leggermente il collo di lato e Severus Piton, per un fulmineo, rovente istante... sentì gli occhi bruciare e desiderò essere un Grifondoro, per la prima e unica volta in vita sua.
 
   
 
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