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Autore: deborahdonato4    03/06/2015    2 recensioni
Ade è annoiato per via dell'assenza di Persefone.
Apollo si trova negli Inferi come punizione.
Cosa mai potrebbe accadere tra i due?
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ade, Apollo
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Ade strabuzzò gli occhi. Cosa?! Come osava quell’idiota baciarlo?!
Apollo lo lasciò andare e Ade fu tentato di schiaffeggiarlo, poi di prenderlo a calci negli stinchi, e infine rompergli la chitarra in testa.
«Sono solo.» mormorò Apollo, guardandolo con occhi grandi, luminosi, e bramosi. «Tienimi compagnia.»
«Tieniti compagnia da solo, idiota!» esclamò Ade, scaldandosi. «Provaci un’altra volta, e ti spedirò dieci anni nei Campi della Pena!»
Apollo rabbrividì al pensiero.
Ade uscì furioso dalla stanza. Era la prima volta, dopo ottant’anni, che baciava qualcuno estraneo a Persefone. Chissà Persefone quanti altri ne baciava, quando andava dalla madre.
Con questo tetro pensiero, Ade andò a sedersi sul suo trono, e diede punizioni molto dure a tutti coloro che nella loro vita avevano avuto un passato da adulteri.

Rimasto solo nella sua stanza, Apollo si coricò nel letto, passandosi le dita tra i capelli, turbato. Il bacio che aveva dato ad Ade era stato una rivelazione. Nonostante tutti quei mesi passati negli Inferi, era ancora capace di amare.
Apollo si rigirò tra le coperte, soddisfatto di sé. Se fosse riuscito a prendere spazio nel cuore del signore dei morti, Ade gli avrebbe lasciato più libertà. E necessitava di lasciare gli Inferi, di prendere una boccata d’aria in superficie. E magari incontrare Will Solace, uno dei suoi figli. Ormai doveva avere circa vent’anni. Gli sarebbe piaciuto incontrarlo di nuovo.
Apollo continuò a rigirarsi fino a trovarsi a pancia in giù. Il nodo della vestaglia si era allentato, e si liberò di essa velocemente. Un tempo andava fiero della sua abbronzatura, ma ormai tutta la sua forza era stata risucchiata dagli Inferi. A quell’ora, se fosse stato mortale, probabilmente sarebbe morto.
Apollo scese dal letto e si avvicinò ai suoi strumenti. Li accarezzò uno ad uno, riflettendo, e infine si sedette sul piano. Osservò i grandi tasti bianchi, indeciso su che canzone suonare, e alla fine ne scelse una di suo figlio Bach.
Le dita cominciarono a volare sui tasti, emettendo note bellissime, che provocarono un sussulto nel regno degli Inferi. Prima dell’arrivo del dio Apollo, mai nessuna musica era stata suonata. Ora tutte le nuove anime tendevano le orecchie per ascoltare. Le note del pianoforte si propagavano dappertutto.

Ade, scocciato, balzò in piedi, facendo cenno a Shakespeare di prendere il suo posto. Doveva andare a fare una chiacchierata con Apollo. Ripercorse in fretta i corridoi fatti non più di mezzora prima, ed entrò nella stanza del dio sole senza aspettare un invito.
Non si sorprese di trovarlo nudo. In effetti, negli ultimi due anni, Ade aveva visto Apollo nudo così tante volte da non far più caso alla sua nudità. A quanto gli aveva detto suo figlio Nico, neanche Will Solace si faceva dei gran problemi ad andare in giro nudo per l’appartamento, o a mostrarsi nudo in balcone. Nico gli aveva ancora raccontato di una certa scena accaduta in una certa doccia.
«Oh, sei tornato!» esclamò Apollo, solare, fermando la danza delle sue dita.
«Stai disturbando i morti.» disse Ade, fissandolo torvo.
«Disturbo solo i morti?» chiese Apollo, ridendo. «Anche loro hanno bisogno di sentire qualcosa di bello.»
«No, non devono. Sono morti. Le cose belle sono finite.»
Apollo corrucciò le labbra. «È lo slogan degli Inferi? O lo hai detto solo perché volevi offendermi?»
Ade sospirò. Apollo si offendeva spesso e per qualsiasi cosa.
«Non volevo offendere te, anche se ora che mi ci fai pensare ai proprio un aspetto orribile.»
Apollo si alzò in piedi e gli andò incontro. Ade fece un passo indietro, mentre la porta si chiudeva alle sue spalle.
«Io sono ancora fantastico!» dichiarò Apollo, puntandosi un dito contro il petto. Una lieve aura gialla si liberò dalla sua pelle, dandogli un aspetto decisamente migliore del solito. «Sono fantastico! Ora dillo con me!»
«Non ho alcuna intenzione di aiutare ad accrescere la tua autostima, Apollo.»
«Dai.» piagnucolò Apollo. «Dimmi che sono fantastico.»
«No.»
«In cambio, dirò quanto sei affascinante.»
Ade storse il naso. «Evita questi lisciamenti, Apollo. Con me non funzionano.»
«Sei affascinante e sicuramente il migliore di tutti gli Dei.»
«Piantala.»
«Sei il più tenebroso. Ho più paura di te che di Ares. E non solo perché sono qui negli Inferi.»
«Falla finita.»
«Hai anche un gran senso dell’umorismo!» aggiunse Apollo. «Certo, ma non te ne accorgi mai. In effetti, non sei poi così simpatico.»
«Ora mi insulti?»
«Scusami.» Apollo gli posò le mani sulle spalle. «Sei terrificante.»
«Ora va meglio.» Ade si concesse un lieve sorriso. «Ora spostati. Sei nudo.»
«La cosa… ti disturba?» domandò Apollo, abbassando la voce, gli occhi stranamente grandi. «Ti crea fastidi? O ti piace?»
«Mi crea fastidi. Assolutamente mi crea fastidi.»
Apollo sbuffò divertito. «Posso farti provare cose che puoi solamente sognare con tua moglie.»
Ade deglutì a fatica. «Non lo metto in dubbio. Ma ti prego, vattene.»
«Andarmene? E dove? Sono confinato a restare qui per altri quarantotto anni!»
«Giusto. Hai ragione. Mancanza di tatto. Me ne vado io.»
Ade cercò a tentoni la porta, ma prima che potesse aprirla, Apollo lo sbatté contro il muro, gli portò le dita alla testa e riprese a baciarlo, premendo il suo corpo contro quello dell’altro. Ade si divincolò in tutti i modi possibili, poi alzò il ginocchio e colpì il dio del sole.
«Ahi!» strillò Apollo, indolenzito. «Mi hai fatto male!»
«Era quello l’obiettivo!» esclamò Ade, uscendo in fretta dalla stanza. Ma non andò molto lontano.
Ade si fermò infondo al corridoio. Sentiva ancora sulle sue le labbra calde di Apollo. Era strano come, dopo tutto quel tempo negli Inferi, Apollo portasse dentro di sé ancora tutto quel calore.
Obbedendo ad un istinto che non sapeva di avere, Ade rientrò di nuovo nella stanza di Apollo. Se qualcuno glielo avesse chiesto, avrebbe risposto che il rossore sulle sue guance era dovuto al troppo lavoro.

Apollo sedeva sul letto, e tirava su col naso. Quando vide Ade, si coprì le parti basse.
«Sei venuto a calciare anche l’altro?» chiese, stridulo. «Sappi che tengo al mio corpo, e non lascerò che tu mi faccia male di nuovo.»
«Come se non te la fossi cercata.» rispose Ade, tranquillo, avvicinandosi al letto.
«Be’, forse me la sono cercata, ma non è un valido motivo per colpirmi lì. Sono un dio, e fa male. E devo loro tutti i miei figli, e probabilmente anche i miei figli futuri, perché non ho intenzione di… Ade?»
Gli occhi scuri del signore dei morti erano puntati sul volto serafico del dio della musica. Perché no? Persefone era lontana, i morti erano morti e non potevano spifferare gli affari altrui. E Shakespeare era troppo indaffarato per accorgersi della sua assenza. E, in caso l’avesse notato, Ade poteva sempre lasciarlo sedere sul suo trono per qualche minuto, in modo che dimenticasse tutto quanto.
Apollo scrutò il signore dei morti e capì. Sorrise tra sé, passandosi le dita sulle labbra. Era riuscito a conquistare Ade con poche mosse. Allungò le mani di qualche centimetro e afferrò la veste di Ade, che fece quei pochi passi nella sua direzione senza fiatare.
«Immagino che tu voglia qualcosa in cambio.» mormorò Ade, mentre le dita esperte di Apollo gli toglievano la vestaglia, scoprendo l’addome nudo e i pantaloni di pelle. La cintura con i teschi era stata un regalo di Nico per un vecchio Natale passato insieme.
«La stessa cosa che vuoi te.» mentì Apollo, alzando gli occhi sul signore dei morti.
«Resterà un segreto, allora?»
Apollo si mordicchiò il labbro. Se avesse detto di sì, non avrebbe più potuto rimangiarsi la parola. Se avesse risposto di no, Ade si sarebbe rimesso la vestaglia e non lo avrebbe più visto.
Se Ade non glielo avesse chiesto, Apollo lo avrebbe utilizzato per ricattarlo. Gli avrebbe chiesto di parlare di nuovo con Zeus, di farsi accorciare la pena.
Le parole di Ade lo colpirono dritto al petto.
«Tu mantieni il segreto, e io parlerò con tuo padre.»
Apollo alzò di nuovo lo sguardo sul volto pallido di Ade. I capelli scuri gli incorniciavano il volto, selvaggi. Gli occhi brillavano di una strana luce che Apollo non faticò a riconoscere. 
«D’accordo.» sussurrò Apollo, con voce roca. «Manterrò il segreto.»
Ade si chinò su di lui e gli sfiorò le labbra. Apollo gli posò le mani sulla schiena, costringendolo a sedersi sopra di lui. Gli infilò le dita tra i capelli, accarezzandogli le labbra con la lingua, e attese che Ade tornasse a baciarlo.
Ma Ade aveva altre preoccupazioni.
«Non ho alcuna intenzione di fare il passivo.» borbottò Ade, scrutando il dio della musica dritto negli occhi.
Apollo scoppiò a ridere. «Sai, non è poi così male…» sorrise il dio biondo.
«Mio figlio mi ha raccontato tante cose a riguardo.»
«Ah, ma i ragazzini sono dei ragazzini. Io sarò un amante esperto. Non dovrai temere nulla da me.»
Ade non era d’accordo, ma decise di non replicare. Anche perché non poté. La lingua di Apollo si era già insinuata nella sua bocca, e giocava con la sua.
Le mani di Apollo erano insaziabili. Ade si chiese come facesse l’altro ad avere abbastanza concentrazione per baciarlo in un modo così appassionato, e per toccarlo in un modo così esperto. Provò a toccarlo anche lui, ma le sue dita tremavano troppo.
«Lascia che ti guidi.» sussurrò Apollo, lasciandogli la bocca per qualche secondo, e respirandogli vicino all’orecchio.
Ade annuì.
Apollo lo costrinse a coricarsi di schiena sul letto, e così facendo Ade osservò ogni mossa dello splendido dio del sole.
Apollo gli slacciò la cintura e gliela sfilò, lasciandola scivolare giù dal letto. Gli baciò la pancia, e Ade sentì brividi corrergli lungo tutta la spina dorsale. Stava facendo qualcosa di sbagliato? Di sicuro stava per tradire Persefone. Un’altra volta.
Apollo continuò a spogliarsi e Ade ebbe la tentazione di tornare nella sala del trono con un viaggio-ombra. Ma… troppo tardi. Ormai era nudo. A meno che non volesse presentarsi ai defunti in quel modo.
Quando le labbra calde del dio sole si posarono sul suo sesso, Ade si lasciò scappare un gemito, il primo tra tanti. Apollo sorrise tra sé, deliziato dal volto di Ade e dai suoni che lasciava la sua bocca.
Ade iniziò ad agitarsi nel letto, e Apollo gli accarezzò l’addome, continuando a stuzzicarlo con la lingua.
«Credo… credo sia sufficiente così…» sussurrò Ade, sforzandosi di mettersi almeno seduto.
Apollo lo ignorò. Continuò a leccarlo, e quando sentì un secondo sussurro da parte del signore dei morti, lasciò che il seme dell’altro gli riempisse la bocca.
Mentre Ade ansimava a fatica, Apollo si sedette a cavalcioni sopra di lui, scrutandolo con attenzione.
«Allora?» domandò Apollo, sorridendo, accarezzandogli le guance. «Hai mai provato sensazioni simili con tua moglie?»
Ade non rispose. Certo che non aveva mai provato cose di quel genere con Persefone. La loro relazione sessuale era ridotta a piccoli brandelli. Di tanto in tanto si saltavano addosso, ma una o due volte al mese, niente di più. E quando Persefone partiva da sua madre, Ade doveva stringere i denti e aspettare il suo ritorno.
Apollo si stese sopra di lui e lo baciò. Per Ade fu un bacio strano, visto che le labbra del dio della musica sapevano di lui. Non si tirò indietro, ormai. Aveva superato quella linea invisibile ormai da tempo. Forse da quando era rientrato nella stanza del biondo dopo il secondo bacio.
   
 
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