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Autore: Fubuki    03/06/2015    2 recensioni
"Qualunque cosa", scrisse Nathan, "Qualunque cosa, ma non questo".
Nell'ultimo periodo aveva scritto chissà quante volte quella frase, al punto di averlo reso un gesto quasi automatico.
"Senza di lei mi sentirei perso".
Genere: Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Incest
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Come carta che brucia


"Qualunque cosa", scrisse Nathan, "Qualunque cosa, ma non questo".
Nell'ultimo periodo aveva scritto chissà quante volte quella frase, al punto di averlo reso un gesto quasi automatico.
Rigirò tra le dita la penna, poi la chiuse e la rimise al suo posto. La riprese.
"Qual..."
Si interruppe. Mise la penna nel portapenne e chiuse il quaderno, poi si alzò.
Quel quaderno rilegato a mano con la copertina nera lo accompagnava da molto tempo, non si ricordava neppure da dove arrivasse. Era solito scriverci i suoi pensieri, specialmente quelli che più lo tormentavano, e per questo motivo lo custodiva gelosamente nascosto sotto il letto in una valigia troppo logora per essere ancora utilizzata.
Il ragazzo passò davanti allo specchio lanciando una fugace occhiata al suo riflesso, scostandosi poi con un gesto una ciocca di capelli dorati che gli era ricaduta sulla fronte. Per un istante incontrò il proprio sguardo e riconobbe in quegli occhi vitrei e inespressivi e in quella fronte corrugata tutto il turbamento che provava.
Uscì dalla stanza.
 
Nathan raggiunse la soglia della veranda e si appoggiò allo stipite con un accenno di sorriso sulle labbra, guardando l'esile corpo della sorella rannicchiato accanto alla vetrata. I lunghi capelli biondi le ricadevano delicati sulle spalle e qualche ciocca le sfiorava il viso, ma lei non la spostò, e i suoi occhi chiari erano puntati lontano, oltre il vetro, oltre il giardino, chissà dove.
Nathan rimase lì a osservarla per lungo tempo, senza pensare a nulla di particolare se non a lei, come succedeva spesso. Gli piaceva guardarla mentre era assorta, mentre studiava, mentre leggeva o faceva qualsiasi cosa.
Lei sembrava non accorgersene mai, e forse era meglio così.
Brenda era più giovane di lui di un anno. Ogni giorno diventava sempre più riservata e indipendente, e persino per Nathan, da sempre il suo confidente, era divenuto difficile avvicinarla. Il quel periodo, nel pieno dell'adolescenza, la ragazza tornava sempre più tardi e si chiudeva in camera sua senza scambiar parola con nessuno. Ogni tentativo del fratello per capire qualcosa di ciò che lei gli nascondeva era vano, e lui non riusciva a sopportarlo.
Pretendeva, infatti, che lei lo ammirasse, che lo ritenesse la persona giusta cui confessare tutti i pensieri e le preoccupazioni, che si sentisse parte di lui come se fosse sotto il suo possesso, poiché pretendeva in modo quasi maniacale che lei gli appartenesse.
Brenda, però, era sempre più sfuggente e misteriosa. Stava crescendo, allontanandosi da tutto ciò che le ostacolava il raggiungimento della tanto anelata indipendenza. Ogni attimo che passava era un altro centimetro di distanza tra i due, ogni giorno era un intero canyon profondo centinaia di metri.
 
Il silenzio invadeva l'abitazione. Dopo cena i componenti della famiglia si isolavano, ognuno nella propria stanza, e non davano segni di vita fino al mattino seguente.
In quel frangente, di solito, Nathan se ne stava seduto alla scrivania a scrivere sul suo quaderno pensieri e parole, più che altro riguardanti la sorella.
Perché lo evitava? Perché non si accorgeva quanto egli stesse soffrendo, o, in alternativa, quanto sarebbe stato pronto a soffrire pur di vederla felice? Perché non gli permetteva di starle vicino, di consigliarla, di proteggerla durante le innumerevoli situazioni avverse della vita?
Queste erano le domande che affioravano nella mente del ragazzo e che Nathan, con gesti veloci, scriveva sul quaderno. Non ne trovava risposta, ma le scriveva lo stesso.
Lui teneva a lei più che a qualunque altra cosa, spesso gli attraversava la mente il pensiero che non sarebbe riuscito a vivere senza averla accanto. Non poteva neanche immaginare un'esistenza senza la sua Brenda, senza quell'angelo biondo che qualche volta alzava gli occhi e incontrava i suoi, che in rare occasioni gli rivolgeva un sorriso riempiendogli il cuore di gioia.
Alla gioia, però, si accompagnava l'amarezza del ricordo che lei non provava lo stesso amore, che lei non l'avrebbe ricambiato.
Nathan sospirò. Si disse che non era niente di che, che doveva solo entrare e dirle tutto ciò che sentiva per lei. Bastavano poche parole, in pochi secondi sarebbe riuscito a metter fine a tutto quel tormento, ma non ci riuscì. La sua mano, stretta a pugno e accostata alla porta della camera di lei, pronta a bussare, ricadde lungo il fianco in un gesto di rinuncia.
Non gliel'avrebbe detto, non quella sera. Sebbene cercasse di convincersi che si trattava solo di sincero amore fraterno, non voleva mostrarsi tanto dicendole quanto la ammirasse e quanto desiderasse la sua presenza. Non perché fosse un codardo, ma perché non era sicuro che lei avrebbe capito quello che lui provava, e avrebbe frainteso le sue intenzioni.
Vinto dalla rassegnazione, Nathan guardò un'altra volta la porta chiusa e si voltò, tornandosene nella sua camera.
 
Amata Brenda…”
Così iniziava la lettera che il ragazzo dai capelli ambrati aveva deciso di scrivere. Cancellò innumerevoli volte ogni parola, per poi riscriverla e cancellarla nuovamente, prima in modo deciso e poi in stato di febbrile agitazione.
Invano cercò di convincersi che quella non voleva essere una lettera d'amore, o forse di richiesta di amore, oppure di disperate suppliche. Tutto quello che riusciva a percepire, però, era una confessione dopo l'altra, ogni frammento di dignità che andava in fumo come il suo presunto amore fraterno.
Infatti con quelle parole le trasmetteva tutto il suo sentimento, tutte le ardenti emozioni che gli riempivano l'animo al pensiero di lei, e la condizione di vacuità e infelicità della propria vita in caso di sua mancata presenza.
Tutto ciò andava ben oltre all'amore platonico che egli immaginava ci fosse tra loro, ma, nonostante questo, decise che gliel'avrebbe data ugualmente, che le avrebbe fatto sapere che qualcuno al mondo l'amava e la voleva felice. Brenda, però, non avrebbe mai saputo chi fosse il mittente; infatti, egli non la firmò.
La mattina seguente, prima che lei uscisse, la infilò nel suo zaino di scuola.
 
Tante volte aveva chiesto a sé stesso e al suo quaderno il perché di questi sentimenti. Avrebbe preferito qualsiasi altra cosa pur di poter affermare con sincerità che voleva bene a Brenda come un normale fratello ne vuole alla sorella, qualsiasi cosa. Invece la sua sofferenza aumentava incessante, demolendo ogni momento di gioia nel suo animo.
Lei non apparteneva a lui. Lei gli rifiutava il suo affetto. Questa consapevolezza lo rendeva ogni giorno più disperatamente in cerca della sua compagnia, aumentava il suo desiderio e gli toglieva forza vitale.
 
La cena era finita da più di un'ora quando Nathan percorse il corridoio che lo portava alla sua camera.
Durante la serata, Brenda non aveva incontrato il suo sguardo neanche una volta, il che lo aveva reso ancora più spossato di quanto già non fosse. Inoltre non aveva detto neanche mezza parola, e aveva tenuto gli occhi bassi fino a quando non aveva avuto il permesso di alzarsi.
Forse si è estraniata a tal punto che non si sente neanche più parte della nostra famiglia, pensò Nathan; ma non voleva crederci.
Eppure gli era sembrata distaccata, ancor più del solito.
Passando davanti alla sua camera notò uno spiraglio di luce illuminare un sottile spicchio di pavimento. Senza far rumore, il ragazzo si avvicinò alla porta socchiusa e guardò all'interno della stanza: sul letto vi era una valigia aperta, tutt'intorno v'erano malamente ammucchiati vestiti e oggetti di ogni sorta. Davanti al sottile spiraglio passò un'ombra: Brenda. Nathan si scostò in fretta, per non essere visto, ma lei non fece comunque caso a lui.
La vide chiudere la valigia con celerità e afferrare il cellulare quasi con furia, portandoselo poi all'orecchio picchiettando con le dita sul manico della valigia.
Nathan smise quasi di respirare. Il panico dilagò dentro di lui, divorandolo in modo lento e doloroso.
Dove?, voleva domandare. Perché?
Quante cose lui non sapeva, quante cose, nella ricerca della più totale indipendenza, lei gli aveva nascosto.
Non poteva permetterle di abbandonarlo, ma non fece nulla per fermarla. Rimase solo lì, boccheggiante, a fissare quel viso angelico cercando di reprimere l'impulso di scagliarsi verso di lei e di stringerla tra le braccia, di legarsi al suo corpo per non doversene separare mai, di impedirle così di partire.
Poi lei parlò, interrompendo i suoi pensieri. Mormorò qualcosa che Nathan non riuscì a udire; percepì solo "Sto arrivando" e, infine, un "Ti amo anch'io".
Qualcosa si ruppe nell'animo del ragazzo.
Ogni suono, in seguito, gli arrivò alle orecchie ovattato e tagliente, sovrastato dal battito del suo cuore che gli martellava contro le tempie.
Lei se ne stava andando, lo stava lasciando forse per sempre, e il suo affetto aveva perduto senso, facendo crollare tutto il suo mondo.
L’unica ragione della sua vita fino a quel momento ora era priva di valore.
Indietreggiò un poco, tenendo lo sguardo fisso sulla porta. Lentamente scese le scale verso la cucina, senza sapere bene dove stesse andando, sperando che le forze gli bastassero per fare qualche altro passo. L’unica cosa che ora gli premeva era di allontanarsi da quella cosa che fino a un minuto prima era stata per lui la più importante.
Senza neanche accendere la luce arrivò in cucina e tastò nell’oscurità per trovare un appoggio, finché giunse a quello che sembrava essere il lavandino. Cominciò poi a pensare a come aveva dedicato tutta la sua vita ad amare una persona, la stessa che stava per andarsene senza neanche guardare indietro, verso di lui. Allora tutto quello che fino a quel momento egli aveva pensato, fatto e provato a dire era stato inutile. Stava male per questo, sapendo che tutto il suo tormento alla fine non era servito a nulla.
Voleva quindi dimenticare tutto ciò, tutti i sentimenti riguardanti lei, ma come fare? Forse trovando un altro amore, forse aspettando che questo sentimento svanisse, o forse eliminando Brenda dai suoi ricordi. Ma in che modo?
Mentre pensava a tutto questo, un suono lo riportò alla realtà, chissà dopo quanto tempo: il clacson di un’auto che non era la sua. Si avvicinò alla finestra e guardò oltre il vetro, tentando di vedere qualcosa nell’oscurità della notte. Riuscì a malapena a scorgere un’automobile scura sul vialetto, su cui era appoggiato un ragazzo visibilmente più grande di lui, con le braccia conserte sul petto e lo sguardo fisso sulla sua porta di casa.
Nathan stava pensando di uscire per vedere chi fosse, quando udì dei passi leggeri sulle scale. Egli sapeva che quei passi appartenevano a Brenda, poiché i suoi genitori non erano in casa, e allora capì anche cosa ci faceva quel ragazzo lì fuori.
Cominciò a camminare verso l’ingresso con l’intento di fermare la sorella, ma si bloccò sentendo il rumore della porta che si chiudeva. Allora tornò alla finestra e vide Brenda correre verso il ragazzo con un grande sorriso sulle labbra, mentre egli la circondava con le braccia e la stringeva a sé. Nathan aprì un poco la finestra, lentamente, per cercare di sentire cosa stessero dicendo; le prime parole che la ragazza disse furono dei ringraziamenti per la dolcissima lettera che aveva ricevuto il giorno precedente.
A quel punto Nathan sentì una fitta di dolore, mentre con occhi irrequieti guardava la sorella caricare la valigia sulla vettura. Non riusciva a muoversi, quindi rimase immobile a fissare l’auto che si allontanava nel buio, sparendo troppo in fretta.
Un senso di solitudine e nostalgia lo travolse, svuotandolo completamente d’ogni pensiero. Oltre alla rabbia e alla disperazione, egli provava un forte senso di vacuità dilagare dentro di lui, togliendogli la forza di fare qualsiasi cosa.
Mosse dei passi lenti e strascicati fino a raggiungere il salotto, dove si fermò a osservare lo scoppiettante fuoco del camino.
Rimase lì, immobile, fin quando non gli tornò alla mente il suo quaderno su cui aveva sempre scritto ogni pensiero legato a Brenda. Allora si ricordò di averlo messo in tasca, e improvvisamente il peso di quel quaderno nero aumentò ed era come se stesse bruciando, ardente come le fiamme nel camino, contro il suo corpo.
Senza quasi accorgersene, con un gesto lento e distratto, lo afferrò e lo tirò fuori dalla tasca, posandovi gli occhi con nello sguardo un misto di veemenza e contemplazione.
Su quel quaderno erano impressi tutti i suoi sentimenti e i suoi pensieri, l’intensità del suo affetto per la sorella e le disperate domande che egli poneva ogni giorno a sé stesso. Era il simbolo del suo amore per lei, lo scrigno in cui custodiva ogni ricordo, senza di esso poteva forse credere che Brenda fosse stata solo un sogno, un’allucinazione, e che non fosse mai esistita veramente.
Aprì il quaderno sulle ultime pagine da lui scritte. Le parole conclusive gli risuonarono rimbombanti nella mente: “Senza di lei mi sentirei perso”.
Era esattamente così che si sentiva, come un bambino abbandonato in una foresta che ha smarrito il sentiero, spaesato e disperato. Chissà se quella foresta, quel luogo ostile e spaventoso, sarebbe mai potuto diventare la sua nuova casa; chissà se egli si sarebbe mai ambientato.
Nathan non voleva rassegnarsi, però. Voleva dimenticare quel tormento da cui dipendeva, dimenticare il suo amore al fine di non soffrirne più.
Con un gesto improvviso e violento strappò in due il quaderno, scoppiando in un pianto disperato e convulso. Continuò a strappare tutte le pagine, buttandole nel fuoco man mano che le spiccava.
Quando rimase senza più nulla tra le mani volse lo sguardo al camino, in cui le fiamme lambivano avide la carta appena caduta. Gli occhi erano ancora umidi e brucianti, ma in lui crebbe un senso di soddisfazione nuovo ed estraneo, quasi di compiacimento.
Le pagine si accartocciarono su loro stesse, divennero carte informi, annerite dal contatto con quelle fiamme risplendenti. Lingue di fuoco ardevano e scoppiettavano, si alzavano lambendo quel che rimaneva del quaderno, incenerendolo lentamente e cancellando per sempre le parole che da troppo tempo lo segnavano.




*Angolo dell'autrice*
Buonsalve! Sono molto felice che siate passati a leggere questa mia storia, e spero vi sia piaciuta. Vi prego di avvisarmi nel caso trovaste degli errori, e, se vi va, farmi sapere il vostro giudizio con un commentino... *w*
   
 
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