Crossover
Segui la storia  |       
Autore: michiredfox    07/01/2009    1 recensioni
Il male esiste da sempre, dalla creazione dell'intero universo... due mondi diversi, eppure così simili, quello degli uomini e quello dei cyborg, sono chiamati ad una nuova lotta contro di esso... (il merito di questa fic va interamente a Costigan, io ho solo coadiuvato alcune parti).
Genere: Romantico, Drammatico, Azione | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Anime/Manga
Note: Alternate Universe (AU) | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
1

Il circuito di Tortica.

Trecento chilometri di sabbia, canyon, e rovine precolombiane. Duecento di caverne e tunnel. Un percorso  che richiede doti da stuntman.

Un circuito voluto principalmente dalla Black Shadow per il confronto finale. Un’opera faraonica per coprire trame oscure, nel perfetto stile di una sinistra corporazione come il Fantasma Nero. La parte visibile di questa macchinazione avrebbe dato ai tre fratelli potere e denaro nel senso che tutti conosciamo. Avrebbe realizzato il sogno del sinistro barone in armatura che li serviva. Tuttavia questi obiettivi erano funzionali alla preparazione del regno di un’entità innominabile, già respinta ed ora sicura di ottenere ciò che fu già vicina a realizzare millenni fa..

Quaranta case automobilistiche avevano dato origine ad una vera “boomtown” nel deserto del Messico, con una popolazione di circa duemila persone. Trasporti volanti, colonne di autocarri, container trasformati in alloggi, stazioni televisive mobili, campi di atterraggi per elicotteri, veicoli fuoristrada, antenne paraboliche, gruppi autogeni, paranchi da sollevamento si estendevano su una superficie di quasi quaranta chilometri quadrati, ai due lati di una pista sterrata di terreno argilloso e sabbioso infuocata dal sole.

La partenza della gara era prevista tra trenta minuti.

Sul tetto del Big Carry, Sakura era pronta con la sua macchina trasformabile. Lei stessa l’aveva progettata, rendendola capace di volare e di rifornire in volo le macchine durante le gare, grazie ad una sonda progettata da Sayonji.

Dalla cabina del Big Carry, l’ingegner Sayonji azionò il programma di collaudo delle telecamere installate su tutte le auto della sua squadra. Era in grado di collegarsi ad ogni singola macchina e di ottenere una visione diretta della pista sia anteriore e posteriore nonché sui due lati. Qualora fosse stato necessario indicare percorsi alternativi ai piloti all’interno di quel labirinto di pietra e sabbia, avrebbe potuto immettere direttamente i dati nel GPS di ogni automobile.

Verificò sulla mappa satellitare la posizione delle sue auto all’interno dello schieramento di partenza. Contattò i piloti uno per uno, dando le ultime istruzioni e gli orari di rifornimento in volo. Ogni pilota diede la conferma del perfetto funzionamento dei sistemi di bordo. Seduti negli abitacoli completamente rivestiti di schermi digitali e quadranti di strumenti sofisticati, bloccati ai sedili anantomici di guida dalle cinture di sicurezza, con l’udito ovattato dai caschi che tuttavia percepiva il rombo dei motori, tenevano lo sguardo fisso sulla pista, verso l’orizzonte azzurro dal contorno tremolante per il calore e la distesa gialla di sabbia e rocce scabre, verso i profili lontani di piramidi a terrazze maestose e silenziose. Dall’esterno, i vetri fotosensibili della macchine erano tanto scuri da sembrare neri, per compensare il riverbero accecante del sole. L’aria condizionata e gli umidificatori garantivano ai piloti un microclima tollerabile. I caschi erano muniti di un sottile tubo flessibile che consentiva ai piloti di bere senza staccare le mani dal volante.

Anche Ayab stava strinendo il suo volante. Indossava la sua armatura. Pilotava il capolavoro del suo progettista, il Dottor Mephist. Quello scienziato dal volto caprino, per quanto spregevole, sapeva il fatto suo. Aveva dato il massimo di sé nel progettare la più costosa vettura che la Black Shadow avesse mai realizzato: la “Splendent”. Più che una macchina, pareva la fusoliera di un’astronave. Aveva fatto tesoro degli studi sulla “Maestà Reale”, e vi aveva aggiunto due reattori per le accelerazioni supplementari. Le ruote posteriori erano quattro, tutte sullo stesso asse. Le altre vetture della Black Shadow avevano un’aspetto minaccioso, ed alettoni che parevano lame crudeli.

Le macchine di Sayonji erano in apparenza più semplici, ma piene di sorprese astute che gli sgherri da volante di Ayab avevano imparato ad apprezzare, così come avevano smesso di pensare a Ken come ad un “ragazzino” ed avevano imparato a chiamarlo “il Falco”. La “Maestà Reale” era stata realizzata dieci anni prima, ma con una maestria che il Dottor Mephist poteva scordarsi. C’era Romy, al volante: una differenza che il Dottor Mephist non poteva compensare, e che il loro attentato non aveva spaventato. Era decisa a fargliela vedere. Ken, preoccupato per lei, le aveva proposto di non partecipare, ma Romy non aveva voluto saperne.

“Anche tu sei costantemente a rischo ed io sono in pena per te! Se quello che dici vale anche per me, dovremmo rinunciare entrambi!” fu la risposta di Romy.

“Io ti amo, Romy, non voglio perderti”

“Ed io non rischio di perderti, se gareggi? Se vuoi la certezza, rinunciamo entrambi. E poi, Ken, Sayonji mi ingaggia e, di fronte alla mia prima gara, io rinuncio? Credi che potrei portare avanti il sogno di mio padre in questo modo? Ken, andiamo, tu lo sai… parli così perché mi ami… e anch’io ti amo… ormai mi sei rimasto solo tu. Credi che riuscirei a sopravvivere se…..”

Ken la abbracciò.

“Perdonami, amore mio. Volevo solo proteggerti… ebbene, lo farò guidando”

Joe  era alla guida della sua trasformabile, la “Shimamura”, come l’aveva battezzata Sayonji, e Jet, sulla “Link”, un coupè nero potenziato che Sayonji aveva modificato sulla base delle indicazioni di Jet stesso. I due cyborg avrebbero dato loro man forte nella prima parte della gara. Nelle caverne, avrebbero dovuto fingere un incidente per infiltrarsi nei sotterranei, ma in ogni caso avrebbero dato il loro contribuito, in termini di punteggio e di macchine della Black Shadow fuori uso, se il gioco si fosse fatto pesante. Joe sentiva la mancanza di Françoise, ma aveva rispettato la sua volontà di agire senza di lui. Così  voleva la Luce.

“Se hai fiducia in me, Joe, lasciami affrontare questa prova da sola…. se non mi dimostrerò all’altezza, la Luce non mi aiuterà… fa parte del mio cammino come di quello di Nesia” Queste erano state le sue parole.

Joe aveva acconsentito, giurando però a se stesso che, se le fosse accaduto qualcosa, quei tre cani maledetti non avrebbero trovato in tutto l’universo un posto dove nascondersi.

I cronometri sui cruscotti erano vicini all’ora X.

 Ayab contattò Baron per dargli le ultime istruzioni.

Tutti strinsero le mani sui volanti a cloche.

Le trasmittenti dei caschi ricevettero tre note musicali basse e brevi. Poi una lunga ed acuta.

Era il via!

Centoventi acceleratori fecero esplodere un rombo pari a quello di una nuvola di aviogetti che portassero contemporaneamente al massimo della potenza i loro reattori. Le gomme morsero la sabbia sollevando un turbine, e le automobili presero a sciamare lungo il deserto in una lunga fiumana, veloci come frecce. Gli elicotteri delle stazioni televisive decollarono e le seguirono.

Sakura, che aveva augurato a Jet via radio buona fortuna, decollò a sua volta.

Quando le auto furono lontane, anche i trasporti volanti delle scuderie presero a decollare.

 

Nota: La scena che segue è l’adattamento di una scena del film “Il mio nome è Nessuno”, 1973, Francia/Italia/Germania Ovest, regia di Tonino Valerii, da un’idea di Sergio Leone (che collaborò anche alla regia realizzando solo alcune brevi sequenze), quella in cui Jack Beauregard/Henry Fonda affronta da solo il “Mucchio Selvaggio” sparando all’esplosivo nelle borse delle selle dei centocinquanta banditi che lo stanno caricando in massa e facendole detonare, come se avesse avuto l’artiglieria. Penso sia una scena davevro memorabile. Non ho resitito alla tentazione di riviverla.

 

Avevano ripreso la  loro marcia, muovendosi fra le rocce di un canyon. Geronimo era perplesso. Si era aspettato agguati. Aveva contattato Albert sul Dolphin, chiedendo appoggio. Albert aveva confermato che erano pronti. Stavano pattugliando la zona ad alta quota.

Ormai erano di fronte alla parte rocciosa che indicava la loro meta.

All’improvviso Françoise si bloccò e si portò le mani alle tempie per concentrarsi, poi si voltò di scatto verso Geronimo.

“Cavalli!” esclamò.

Come loro, il Fantasma Nero operava in superficie con armi e mezzi a bassa tecnologia. Armi laser ed altri dispositivi sarebbero stati facilmente individuabili. Questo spiegava perché avessero usato armi come il moschetto Lee-Enfield.

“Quanti?” chiese Geronimo

“Almeno un centinaio, anzi, sicuramente di più… direi… centocinquanta”

“Da che direzione arrivano?”

“Direzione quarantotto gradi”

“Riesci a distinguerli chiaramente?”

“Certamente! E’ un contingete di cavalleria con armi leggere”

“Fra quanto li avremo addosso?”

“Circa quindici minuti!” rispose Françoise.

“Cyborg! Di corsa verso la parete di …”

Geronimo si bloccò.

Tutti si guardarono intorno stupefatti.

I colori del paesaggio avevano assunto di colpo una sfumatura più intensa, tanto da divenire irreali. Nell’aria stessa si era propagato qualcosa di innaturale ed indefinibile. Il soffio del vento parve farsi più remoto e sommesso.

Françoise si volse verso Geronimo e lo fissò con intensità.

“Aspetta Sakem. La pietra ci parla…”

Bretagna, Chang e Piunma li guardarono in silenzio, in attesa.

Françoise si tolse la catenina che portava al collo e ne mostrò il ciondolo con il palmo della mano. Il prisma iniziò ad illuminare le sua sfaccettature in maniera alternata, secondo un schema sempre più veloce e complesso, poi emise raggi di luce di diversi colori.

Françoise richiuse la mano sul cristallo.

“Andiamo.  La Luce ci chiama. Ci attende la nostra prova.”

“Il mio compito è terminato” disse Geronimo.

I loro tre compagni annuirono in silenzio.

Françoise camminò fino ad uscire dal canyon. Di fronte a lei si aprì la distesa del deserto. All’orizzonte, una linea tremolante di puntini neri sollevava un’onda cremisi di sabbia incendiata dal sole.

Centocinquanta, che cavalcavano e sparavano come mille.

Françoise si diresse verso l’argine della massicciata di una ferrovia ormai in disuso, un rettilineo che tagliava il deserto da un capo all’altro dell’orizzonte, come una barriera verso quel mucchio selvaggio.

Quando ebbe due traversine sotto i piedi, rimase a scrutare l’orizzonte, grave ed assorta.  I suoi compagni si schierarono.

Françoise tolse la sicura al fucile. Tutti la imitarono.

I cavalieri erano ora visibili. Ai puntini neri erano spuntate le zampe. Poi divennero visibili i teschi bianchi sulle pettorine nere delle uniformi del Fantasma Nero.

“Maledizione!” Disse Piunma con un sorriso selvaggio “Centocinquanta bastardi che cavalcano come mille… non sembrano neanche reali, per quanto sono belli!”

“E’ saggio sorridere alla morte?” gli chiese Bretagna

“Sì, quando una ragazzina la affronta a viso aperto, quando non si ha altra scelta che affidarci ad una forza superiore, e fare ciò che ci chiede per fede”

“Ben detto, amico!” disse Chang “Siamo qui per proteggere Françoise… la seguiremo ovunque la Luce ci condurrà……”

“E se ci conducesse all’inferno?” chiese Bretagna, con l’espressione scanzonata di chi fa una domanda retorica.

“Ci andremo sotto lo sguardo di una bella ragazza. Preferisco di gran lunga andarci insieme a lei dopo una bella impresa, piuttosto che a braccetto con il Fantasma Nero. Se anche la Luce ha deciso di mandarci laggiù, voglio togliermi l’ultima soddisfazione…” rispose Piunma, con voce vibrante.

“Vi voglio bene, ragazzi” disse Françoise

“Anche io vi voglio bene, sorella”

Françoise si voltò di scatto.

“Enoah, tu… qui…”

Videro la veste della Principessa di Myoltecopang ondeggiare al vento come una bandiera bianca. La videro in piedi insieme a loro, sulla massicciata del binario di acciaio, con Ivan in braccio, come una Madonna con il Bambino. I suoi capelli, trattenuti da un diadema fregiato del Cerchio Alato,  parevano una lucida fiamma nera

“Ivan!” esclamò Françoise.

“Ho aiutato la zia a teletrasportarsi… potrà farlo solo per poco… lei vi insegnerà ora”

Geronimo si rivolse ad Enoha.

“Siamo pochi contro un’orda di mastini, Helayma. Come possiamo affrontarli?”

Enoah alzò la mano destra, mostrando il cerchio alato sul palmo.

“Sarà possibile, perché avete avuto fede. La Luce guiderà i vostri colpi. Vi indicherà dove colpire” Enoah soffriva per quello che stava per fare. Non avrebbe voluto usare le armi, neanche vederle, ma così voleva una mente più grande…

La terra prese a tremare sotto gli zoccoli dei cavalli. Gli elmetti a testa di insetto sciamavano come cavallette mentre i cavalieri sobbalzavano sulle selle. I Fantasmi Neri fecero fuoco, e lo scudo psicocinetico innalzato da Ivan ed Enoah deflesse i loro colpi. Le pietre della massicciata presero a tintinnare impercettibilmente mentre il tuono di batteria della carica si faceva più forte. Alcuni brillamenti presero a sprigionarsi dalle borse delle selle. Quelle che contenevano le bombe a mano.

Geronimo fece fuoco su uno di quei bagliori, che si trasformò in una grande esplosione. Un vuoto si aprì fra gli assalitori, mentre cavalli e cavalieri rovinavano al suolo.

Poi fece fuoco Françoise. E di nuovo una tonante esplosione scompigliò le file nemiche.

Poi Bretagna, poi Chang, poi Piunma e di nuovo Geronimo, e cominciarono di nuovo.

I Fantasmi Neri pensarono di essere finiti in un’imboscata, sotto il tiro dell’artiglieria, e ripiegarono.

In cielo comparve una squadriglia di aviogetti neri privi di insegne.

Lanciarono quattro missili, e quattro laser li fecero esplodere.

Era il Dolphin.

Hilda si era interfacciata direttamente con il computer di difesa dell’aeromobile. Il Professore aveva messo a punto un’interfaccia molto efficiente, ed Hilda si era innestata il maschio del connettore nello slot alla base della sua nuca. I sensori delle armi erano divenuti i suoi organi di senso. Colpiva con rapidità e precisione impressionanti. Albert invece pilotava. Uno degli aviogetti divenne presto una stella filante nera ed un globo di fuoco che scagliava rottami, non appena toccò il suolo.

Il comando mentale di Enoah li raggiunse tutti.

“Fermi ora! Adesso siete degni. Ivan, teletrasportiamoli e andiamo anche noi”

Ora guardavano il binario dall’alto della parete di roccia che avrebbero dovuto scalare. Il Dolphin sfrecciò sopra di loro, virò e tornò all’attacco.

“Andiamo!” disse Francoise, e si dileguarono di corsa fra le rocce.

 

Ken vide emergere dall’orizzonte due bassi e rozzi edifici in pietra. Non aveva forzato il motore, come tutto il resto della squadra Sayonji, perché sapeva che mettersi in testa sarebbe stato inutile. Mentre si avvicinava, le due costruzioni si innalzarono al di sopra dell’orizzonte, rivelandosi le sommità di due giganteschi teocalli. Le loro masse squadrate color ocra preannunciavano la prima delle prove del circuito. Durante gli allenamenti nel circuito di prova del Centro Ricerche Sayonji, l’ingegnere aveva fatto loro capire quanto fosse errato pensare a Tortica come ad una semplice gara. Quel circuito era una sfida tanto alla tecnologia quanto alle capacità umane. Bisognava arrivare primi, ma la velocità non bastava. Il percorso era disseminato di prove da stuntman. Era inutile essere in testa e distruggere la macchina contro un ostacolo inaspettato o farla rovesciare per avere sottovalutato una strettoia o un dosso. Il primo di quegli ostacoli si stava avvicinando: lo slalom di pietre. Una foresta di pilastri di pietra istoriati di glifi ed idoli ghignanti dal capo mitriato, alti quattro metri e disposti in file parallele ma non come semplici paracarri. Gli allineamenti erano discontinui, il che comportava corsie cieche e la necessità di disimpegnarsi cambiando corsia, pena lo schianto contro il pilastro che il pilota si trovava di fronte. Il rischio di urtare una colonna o un’altra auto durante i cambi di corsia era alto.  Il monitor lcd della plancia del Big Carry mostrava lo schema dello slalom di pietre visto dall’alto ed il rilevamento satellitare della posizione delle macchine in gara. I triangoli verdi etichettati con i nomi dei suoi piloti percorrevano le superfici curve delle lenti a specchio degli occhiali da sole di Sayionji mentre questi ne osservava gli spostamenti sul monitor. La sua penetrante voce da basso esplose nei caschi dei piloti.

“Ken! Immettiti nella corsia che hai di fronte! Romy, dietro a Ken! Mutsu! Gantetsu! Voi entrate due corsie più a destra, e restate a dieci secondi da Ken! Kamikaze, segui Romy a quindici secondi, e non usare le turbine verticali quando sei in una corsia cieca: atterrando, rischieresti di finire in pezzi! Shimamura, Link, prendete il secondo fornice a sinistra! Joe, procedi all’altezza di Ken. Link! Resta a cinque secondi da Ken, pronto ad appoggiare Kamikaze o Joe in base ai miei ordini! Yamato, mantieniti tra Link e Kamikaze, indietro di qualche secondo. Non accelerate oltre i centoquaranta chilometri orari. Qui l’importante è non finire distrutti! Avete alle costole Ayab ed i suoi sgherri, quindi pensate a fare squadra contro di loro! Sakura, portati sulla verticale della Maestà Reale e restaci. Attiva le tue telecamere e dammi la visione reale dall’alto, più ampia che puoi. Cerca di restare a bassa quota. E’ tutto, ragazzi! Ora tocca a voi!”

Le piramidi si facevano sempre più alte, ed occupavano una porzione di cielo sempre più ampia ad ogni istante, quando dodici teste di pietra fecero capolino da dietro un lungo dosso.  Erano i capitelli della prima fila di colonne, che uscirono dal terreno ed attesero. Con qualche leggero tocco al volante a cloche, Ken si allineò alla corsia, vide le due colonne che ne segnavano l’ingresso farsi più alte ed al contempo fargli largo, seguite dalle loro gemelle, che tagliavano la  luce solare come un disco stroboscopico mentre correvano allineate in direzione opposta all’Hayabusa, lanciata verso l’irraggiungibile angolo acuto da cui avevano origine. D’improvviso, una colonna in mezzo alla corsia gli venne incontro. Ken diede un colpo rapido e secco allo sterzo e vide un’intera fila di colonne spazzare un angolo di pari ampiezza. Poi altre due processioni di colonne presero a scorrere. Ken vide il muso della Maestà Reale nel monitor dedicato alla visione posteriore. Vide anche la macchina rossa di Joe nel monitor sinistro. Anche Joe fece un cambio di corsia, e Jet vi si adeguò prontamente. Poi vide un concorrente entrare nella sua corsia tagliandogli la strada. Procedeva ad una velocità eccessiva. Ken lo vide cambiare corsia all’improvviso e, due minuti dopo, scorse una fiammata ed una lunga colonna di fumo nero. Tornò a concentrarsi sul percorso, continuando con i cambi di corsia sincronizzati con quelli dei suoi compagni mentre le strisce d’ombra proiettate dalle colonne scorrevano incurvandosi sulle carrozzerie delle macchine. Riconobbe la macchina di Ayab. La “Splendent” si portò all’altezza dell’Hayabusa, seguita dalla formazione di auto della Black Shadow, limitandosi a tenere la posizione in mezzo allo sciame di pilastri ed auto in corsa, mentre le colonne di fumo degli incidenti aumentavano di numero.

 

Françoise era seduta a gambe incrociate sulla coperta che i suoi ospiti le avevano offerto. Lei, Geronimo ed i loro tre compagni sedevano davanti al fuoco acceso nella grotta. Di fronte a loro, il capo della tribù, lo sciamano e gli anziani li osservavano con espressione grave.  Quando Françoise li aveva individuati, aveva prontamente avvertito Geronimo, che si era fatto avanti mostrando l’Wampun con l’emblema concordato per il riconoscimento. Fucili ed archi avevano fatto capolino dalle rocce, poi un guerriero era uscito allo scoperto e, visto l’emblema, gridò qualcosa ai suoi, che si mostrarono. Geronimo a sua volta chiamò i suoi compagni. Si era raccomandato con loro di non fare alcun gesto ostile. Dopo una lunga marcia su un terreno impervio, che mise a dura prova le abilità di scalatrice di Françoise, avevano raggiunto il loro villaggio. Le loro abitazioni erano scavate nella roccia, e consentivano di accedere ad un complesso di caverne, la più grande delle quali ospitava un grande lago sotterraneo.

Geronimo aveva fatto da interprete, e li aveva condotti in una sala di pietra che fungeva da tempio e luogo di riunione.

“Mostra loro il cristallo, 003” disse Geronimo, dopo avere ascoltato lo sciamano.

Françoise mostrò l’icosaedro trasparente sul delicato palmo della sua mano affusolata. Lo fece con gesto deferente, e con espressione intensa. Lo sciamano, dopo aver fissato a lungo la pietra, pronunciò una formula che Françoise non comprese e gettò una manciata di polvere bianca nel fuoco, che divampò per pochi istanti con grande violenza emettendo una nube azzurrina. Il cristallo sul palmo di Françoise emise raggi purpurei e cremisi che colpirono la nube emettendo crepitii elettrici. Le volute di fumo divennero fluorescenti ed iniziarono a vorticare in cerchio, condensandosi in rivoli azzurri che presero ad intrecciarsi sopra il fuoco secondo uno schema. Quando cessarono le loro evoluzioni, un cerchio alato di fumo si formò nell’aria.

Françoise sobbalzò ed aprì gli occhi, come chi si sveglia di soprassalto.

Era seduta intorno al fuoco con i suoi compagni ed i loro ospiti. Aveva il cristallo sul palmo della mano. L’avevano ipnotizzata? Era… un sogno? Aveva imparato a diffidare di quelle spiegazioni dovunque vedesse manifestarsi il cerchio alato.

Lo sciamano parlò ancora, rivolto a Geronimo.

Il gigantesco pellerossa tradusse, rivolto a Françoise.

“Ora devi purificarti, prescelta”

 

Joe Shimamura vide l’angolo acuto delle due file di colonne scolpite che correvano all’indietro aprirsi improvvisamente. La luce solare lampeggiò ancora pochi secondi e smise quando l’orizzonte fu sgombro di colonne. La macchine stavano uscendo dai varchi del colonnato come siluri dai tubi di lancio, sciamando verso la prova successiva, il “mare di dune”.

Ken era uscito dall’aperto contemporaneamente a Joe, seguito da Romy. Poi era uscito anche Jet. Mutsu, Gantetsu, Kamikaze e Yamato accelerarono per ricomporre la formazione.

Sayonji si fece sentire.

“Ascoltate tutti, ora! Il tratto successivo è privo di un vero e proprio tracciato salvo gli isolati tralicci metallici che ne segnano erraticamente i limiti;  non c’è una pista, solo dune ed avallamenti, estremamente insidiosi, dato che qualsiasi incidente può facilmente passare per disgrazia. Ayab non intende certo lasciarsi sfuggire l’occasione che ha sicuramente contribuito a creare, quindi non fatevi mai sorprendere isolati! Ricomponete la formazione e procedete secondo la strategia che abbiamo studiato. Per il momento, chiudo!”

Joe si affiancò alla Maestà Reale. Jet scomparve dietro una duna per due secondi e si avvicinò a Joe con una rapida diagonale. Dietro di loro, gli altri piloti si disposero a semicerchio. Joe affrontò la prima duna. Sulla sommità, il suo veicolo saltò, rimanendo sospeso per un istante contro l’azzurro del cielo. La sua biposto rossa descrisse una parabola che proseguì quando le ruote ripresero contatto con il declivio di sabbia che stava oltre la sommità. Romy vide la macchina di Joe tuffarsi nell’avallamento ed usare nuovamente come trampolino la cresta di sabbia successiva. Jet scomparve e ricomparve in modo analogo, per poi tuffarsi nell’avallamento successivo. Poi toccò a Ken, che accese il reattore ed aprì gli alettoni dell’Hayabusa atterrando direttamente sulla cresta successiva. Romy fece come Joe. Il resto della squadra li seguì.

Una minacciosa macchina nera si avvicinò a Romy, urtandola leggermente. La Maestà Reale rispose con un altro urto. Poco distante, la Splendent di Ayab, seguita da altre nove auto in formazione a cuneo, iniziò ad avvicinarsi volando da una duna all’altra. Romy eseguì un altro salto. Le altre macchie della scuderia Sayonji arrivarono come aerei in picchiata. Ken, informato da Sakura, che continuava a volare sopra di loro insieme all’elicottero della Black Shadow, aggirò due dune e si affiancò ad Ayab. Il volto in armatura si voltò verso il Falco, che non si scompose. Dietro di loro, lo sciame di macchine, divenute meno numerose dopo il filtro dello slalom di pietre, avanzava a salti sulle dune come una lunga onda su una bassa scogliera. Alcune macchine mostravano una certa difficoltà di controllo quando riprendevano contatto con il suolo. Ayab accese i reattori della Splendent, quasi sfidando l’Hayabusa. Ken attivò il V1, ed Ayab vide furente la sagoma dell’Hayabusa, nera contro il disco solare, tagliargli la strada in aria in un salto diagonale toccando terra a destra di Ayab, un poco più avanti. Una della macchine della Black Shadow iniziò a dare fastidio a Link, che rispose con una speronata, come nello stile di Jet. Kamikaze piombò dal cielo in mezzo alla formazione di Ayab grazie alle sue turbine verticali. Gantetsu, Mutsu e Yamato piombarono in picchiata sugli avversari. Joe seminò un avversario della Black Shadow ingannandolo con un finto sorpasso  e facendolo capottare. La velocità aumentò e la cortesia venne meno. Adesso era guerra aperta.

 

Françoise non indossava nulla, a parte la catenina con il cristallo, che brillava sul suo petto niveo. Ai suoi piedi, il mucchio dei suoi abiti incrostati di polvere era accanto allo zaino che conteneva la sua uniforme rossa. Di fronte a lei, le gocce d’acqua che cadevano dalle stalattiti dell’altissima volta di roccia che sovrastava il lago sotterraneo increspavano la superficie scura dell’acqua con grandi e lente ondulazioni circolari. Françoise scandagliò il lago con i raggi X, e non vide che innocui pesciolini. Si portò sul ciglio della cresta rocciosa e descrisse una lunga parabola. Il suo corpo snello penetrò la superficie dell’acqua come una lancia. Sott’acqua eseguì una capriola, giocando come un’Ondina, e risalì rapida in superficie con un colpo di forbice delle sue lunghe gambe. Prese a nuotare con calme bracciate, con l’acqua fresca che le infondeva vigore e voluttà. Dopo quella marcia nel deserto, era come avere trovato il paradiso. Mancava solo un elemento per rendere tutto perfetto: Joe. Avrebbe voluto averlo vicino, giocare con lui, baciarlo sott’acqua… il suo Joe, così dolce, se si riusciva da arrivare ai suoi sentimenti! Che stupidi, gli uomini come Ayab, a rinunciare alla cosa più bella! In quell’istante, la dolcezza la pervadeva ad un punto tale da immaginare di parlare con quegli uomini e riuscire a farglielo capire… un sogno, certo, una fantasia… ma Joe era reale.

“Amore mio” pensò “quando ti riabbraccerò, ti donerò la più bella notte d’amore della tua vita…”

Lei avrebbe fatto l’amore con Joe, Hilda con Albert, Jet con Sakura, Ken con Romy e… Sayonji con Amy? Chissà… penso, ridendo silenziosamente. Romy, naturalmente, non aveva resistito alla tentazione di parlargliene durante il suo ultimo contatto con Albert, il classico discorso da donne… certo che una fidanzata a Sayonji avrebbe fatto bene, anche perchè Sakura avrebbe finito per legarsi sempre più a Jet… le cose sarebbero cambiate fra loro e Sayonji avrebbe avuto bisogno di un’altra donna vicino, ed una compagna è qualcosa di diverso da una sorella… E Piunma con… Morgan? Quello strano pensiero le attraversò la mente. Nuotò ancora a lungo, distendendo le membra nell’acqua al tintinnio di quella lentissima ed eterna pioggia che stillava da secoli, poi uscì dalle acque come una Venere, e come una Venere si drappeggiò di bianco per asciugarsi. Si sedette sulla roccia, pervasa da una piacevole stanchezza, senza più tensioni ad irrigidirle il corpo. Non sentiva più alle caviglie il fastidio dovuto alla pressione delle fasciature. Attese che i capelli fossero quasi asciutti, ed iniziò ad indossare l’uniforme rossa.

 

“Gli amplificatori sono pronti, Dottor Gamo?”

“Sì, fratello Shiva”

“I calcoli di avvicinamento del Signore Supremo sono stati confermati?”

“Al ventottesimo decimale, Fratello Vishnù”

“Ha già collaudato le interfacce bioelettroniche degli amplificatori, la rete neurale di interscambio e la compatibilità con l’hardware dei nostri corpi?”

“Tutta la tecnologia di supporto che ho realizzato per il Grande Istante è perfetta quanto voi tre, Fratello Brahamn”

“Molto bene, Dottor Gamo” risposero all’unisono i Tre Gemelli dai volti brulicanti di luci artificiali “Il Signore Supremo in persona sarà informato dei suoi meriti. Ora procediamo con le fasi preliminari di interfacciamento”

Con sincronia perfetta ed innaturale, con movimenti troppo identici per essere umani, si sedettero su tre sofisticate poltrone.

Il Dottor Gamo prese a digitare istruzioni su una console.

Tre caschi connessi a fasci di cablaggio a fibre ottiche discesero dal soffitto e si innestarono sui loro crani lisci e convessi.

 

Françoise appoggiò la mano alla parete della caverna. I Pueblo li avevano accompagnati fino al punto in cui una frana impediva il passaggio. Tutto sembrava perduto, ma 003 non ebbe esitazioni.

“Chang, quello che cerchiamo è dietro questo ostacolo.”

“Stai usando i raggi X, 003?”

“Sì, vedo un corridoio in pietra… è artificiale… ci sono circa venti metri di roccia di spessore. Puoi fonderli?”

“Non sono un problema!” replicò il piccolo cinese “ State indietro!”

Chang inspirò profondamente e lanciò dalla bocca una lunga fiammata rossa che si fece arancione ed infine quasi bianca. La roccia prese a fondersi, e 006 si lanciò di corsa nel tunnel incandescente. Dall’entrata del passaggio, il magma si spandeva sul pavimento della caverna illuminandola. L’uniforme rossa di Françoise riluceva di un alone cremisi. Le divise Kaki dei suoi compagni parevano bianche.

Geronimo contattò Chang con la trasmittente interna.

“006, tutto bene?”

“Affermativo 005! 003 ha visto giusto, non si tratta di un passaggio naturale.”

“Arriviamo!”

Attesero che la roccia si raffreddasse e raggiunsero Chang di corsa.

“Ci siamo….” disse Françoise con espressione assorta “Siamo nel primo livello dei sotterranei… sotto la strada principale… a dieci minuti dal più vicino accesso alla superficie”

Piunma le si avvicinò.

“Riesci ad orientarti con tanta precisione?”

Françoise gli sorrise dolcemente.

“Questa fu la mia città, un tempo”

“Bene!” Piunma le sorrise “Io ho fiducia in te, guidaci!”

“Anche io!” esclamò Bretagna, percuotendosi il petto con il pugno.

“Tutti quanti l’abbiamo! Ora comandi tu!”

Geronimo le sorrise e le appoggiò la sua enorme mano sulla spalla.

Françoise vi appoggiò sopra la sua e lo guardò commossa.

“Geronimo” pensò “Come sei caro… dici sempre tante cose bellissime con così poche parole…”

Poi si rivolse loro decisa.

“Cyborg! Niente luci! Usate solo la vista potenziata! Togliete le sicure ai laser ed ai fucili. Dobbiamo percorrere a piedi circa otto chilometri, ma potrebbero essere di più, se i passaggi che ricordo non saranno agibili. I soldati del Fantasma Nero infestano questa struttura, quindi dovremo batterci con loro… se ci hanno preparato una trappola, fingeremo di cascarci… riguardo alla Camera del Cristallo… solo la prescelta può accedervi, ma loro possono distruggerla o impedirlo. Abbiamo due carte da giocare per sorprenderli. Come sapete, 002 e 009 attaccheranno la loro base. Questo ci darà un certo respiro, ed inoltre potremo contattarli e cercare di ricongiungerci a loro. Il Dolphin può appoggiarci, Albert ed Hilda possono attaccarli con il trivellatore corazzato ideato dal Professore, ma è un effetto sorpresa su cui potremo contare una volta sola. Una volta nella Camera… potremo solo avere fede in Enoah… La Luce ci assisterà!”

Fece loro il saluto rituale, muovendo la mano destra come faceva Enoah. In quel gesto, i Cyborg rividero Nesia. La Luce sarebbe stata davvero con loro. 

 

L’ufficiale del Fantasma Nero fece il saluto a Baron.

“Le nostre pattuglie di superficie hanno avuto due conflitti a fuoco con la squadra del Professor Gilmoure ed il loro aeromobile, signore”

Baron mantenne la poltrona girevole orientata verso la parete di monitor della sala comando della base degli Spettri Neri. Una parte mostrava l’andamento della gara, l’altra l’interno degli scavi e della sale e corridoi che avevano riportato alla luce. Ad intervalli regolari, ogni monitor si collegava ad una differente telecamera cambiando inquadratura. Il complesso archeologico sotterraneo, collegato alla loro base, che era stata ricavata dalle strutture sotterranee dell’autodromo, era più grande di quanto avessero sospettato, ed alcune parti erano celate da spessori di roccia sorprendenti.

Trovare quella sala si stava rivelando più difficile del previsto. Oltretutto, non capiva esattamente perché ci si dovesse dare tanta pena al riguardo. A Baron non era stato spiegato che il necessario. Ayab non gli aveva riferito molto del suo colloquio con i Tre Fratelli Tibetani. Doveva trattarsi però di qualcosa di estremamente importante per i Tre Fratelli. Lo dimostrava il fatto che la squadra di Gilmoure fosse intervenuta.

“Li avete catturati?”

“Ci sono sfuggiti”

“Dove vi siete scontrati con loro?”

“A circa ventisei chilometri da qui, in direzione nord-ovest”

Baron si mise a riflettere.

Per quanto ne sapeva, da quella zona non vi era accesso diretto alla Tortica sotterranea, ma se la scelta di recarvisi non era legata alle attività del Fantasma Nero, quale altra motivazione avrebbero potuto avere? O si stavano occupando di altro, e quindi il contatto con le loro truppe di superficie era stato fortuito, ma era improbabile; o si interessavano alla loro attività a Tortica, che sicuramente il loro amico Sayonji non avrà mancato di sottolineare, per non parlare di Romy Wells, però procedendo in modo maldestro; oppure, dato che Gilmoure ed i suoi si erano dimostrati tutto fuorché maldestri, sapevano quello che stavano facendo, e la loro scelta anomala poteva indicare che avessero qualche asso nella manica, magari grazie a Lady X. Forse Gilmoure le aveva ripristinato la memoria e quella doveva aver dato loro informazioni, magari frammenti dei ricordi del periodo trascorso con la Black Shadow… ripensandoci, però, Lady X non sapeva molto della loro strategia, svolgeva mansioni amministrative, organizzative e di supporto informatico, senza però contatti diretti con lo Spettro  Nero. Probabilmente erano fuoristrada nelle loro indagini; tuttavia Baron decise di non correre rischi. I Tre Fratelli lo avevano dichiarato personalmente responsabile delle operazioni, enfatizzando il termine.

Tutti i soldati del Fantasma Nero ricevettero attraverso le trasmittenti dei caschi il segnale di “massima all’erta”.

 

Nel tratto aperto di deserto che separava il “mare di dune” dalla terza parte della gara, la “strada delle piramidi”, Sakura li aveva riforniti in volo. La loro squadra si era lasciata alle spalle anche la macchina di Mutsu e le due macchine della Black Shadow che avevano tentato di speronarlo. C’erano riuscite, ma subendo la stessa sorte. Sayonji aveva ordinato a Mutsu di attendere i soccorsi. Le sospensioni anteriori erano fuori uso, ma il motore funzionava ancora continuando ad alimentare l’aria condizionata e l’abitacolo era intatto. Ken e Ayab avevano duellato a lungo fra di loro, facendo lunghi balzi da una duna all’altra. Jet e Romy avevano tenuto testa alle macchine della Black Shadow coprendo Gantetsu e Kamikaze. Il giovane Kamikaze aveva tenuto fede al suo soprannome facendo un impiego spettacolare delle turbine verticali della sua macchina, mentre Gantetsu aveva preferito prendere velocità zig-zagando fra le collinette di sabbia. Ayab aveva iniziato a provocare Ken, che si era limitato a schivare i suoi attacchi attendendo l’occasione di sorpassarlo. Fu la Maestà Reale a sorprendere Ayab ed a portarsi in testa, con un’abile doppietta di Romy. Ayab andò sottosterzo per stringerla in curva, ma Ken non glielo permise, stringendolo a sua volta. Ayab allora attivò i reattori, ed altrettanto fece l’Hayabusa. Joe e Jet si erano avvicinati, seguiti da quattro macchine della Black Shadow che si sforzavano di urtarli posteriormente, senza però riuscire a raggiungerli. Joe aumentò i giri e, saltando da una duna, prese terra nella scia di Ken e Ayab. Ayab tentò di ostacolarlo, ma si rese conto che non era facile neppure con Joe. Due macchine nere si avvicinarono a Joe, che accelerò distanziandole. Mentre queste recuperavano faticosamente, Joe aggirò una duna e Jet, incrociandosi con lui mentre sopraggiungeva da destra a tutta velocità, tagliò la strada ai due inseguitori, che ebbero uno sbandamento e dovettero rallentare.

Romy era in testa, ed Ayab guadagnava terreno, quando, d’improvviso, Ken azionò il suo reattore in curva, controsterzò facendo pattinare le ruote motrici e si lanciò dritto verso la duna che Romy ed Ayab stavano aggirando. Ayab vide il sole oscurarsi per un istante, e subito dopo l’Hayabusa prese terra, stabilizzata dai suoi elementi avionici, affiancandosi alla maestà Reale. Joe e Jet miravano a dare loro copertura. Sapevano che avrebbero dovuto abbandonare la gara durante la fase sotterranea, e che quindi non era utile rischiare troppo… per il momento almeno.

Usciti dal “mare di dune”, presero a correre su una pista rettilinea fiancheggiata da edifici a piramide. Yamato ruppe un pneumatico contro una pietra e dovette fermarsi. Una macchina della Black Shadow urtò la fiancata di quella di Joe. Joe strinse l’avversario contro il basamento di una piramide facendogli emettere fumo e scintille dalla fiancata che aveva preso a strisciare contro la parete di pietra lasciandosi dietro una striscia nera.

Avevano proseguito per due ore, fino a quando la strada aveva preso ad andare in discesa, conducendoli all’ingresso dei tunnel.

Joe e Jet si prepararono.

 

Da ormai venti minuti il silenzio e l’oscurità dei corridoi diroccati erano stati infranti dai ronzii e dai lampi azzurri dei laser, che strappavano schegge e sprazzi di scintille dai fori sfrigolanti che lasciavano sulla roccia grezza.

Mentre correva, Françoise faceva balenare le sue membra affusolate alla luce tremolante dei due sbarramenti di fuoco. Ansimando a pieni polmoni nell’aria resa incandescente dalle armi a raggi, compresse il corpo in un anfratto scabro, lasciando sporgere il braccio con il laser spianato ed azionando la sua supervista per mirare. Fece fuoco nello stesso istante in cui un laser le bruciò una ciocca di capelli facendo esplodere la roccia alle sue spalle. Dal basso affossamento in cui si era tuffato, Piunma, intento a far andare avanti e indietro la massa battente del percussore del suo Lee-Enfield  mentre i laser gli ronzavano sopra il capo bruciacchiandogli il casco, vide per u ’istante una sagoma umana con la testa di insetto nel punto d’impatto del laser di Françoise, sentì un grido e venne investito dal calore e dall’onda d’urto dell’esplosione del corpo cibernetico di un avversario. Poi si sentì toccare il fianco da un piccolo oggetto ovale. Una bomba a mano. Con gesto fulmineo, la afferrò e la gettò via. Dal fumo dell’esplosione uscì un gran volume di fuoco di copertura nemico ed alcuni cyborg nemici tentarono un’incursione, ma incontrarono il fuoco di Piunma ed uno di loro cadde. Bretagna aggiunse il suo fuoco, dopo essersi avvicinato in forma di pipistrello. Un macigno lanciato da Geronimo ed una palla di fuoco di Chang riportarono la situazione in equilibrio.

“Geronimo, dobbiamo passare!” esclamò Françoise attraverso la trasmittente interna.

“Ho un’idea!” esclamò il pellerossa “006, ci vuole uno dei tuoi tunnel istantanei!”

“Ho capito, 005!”

“Chang, ti dirò io in che punto riemergere!” esclamò Françoise “007, cerca di oltrepassarli. 005, pronto con il tuo masso! Al mio segnale, agiremo tutti insieme!”

“003, ho un’idea per attaccarli frontalmente senza perdite e rendere totale la sorpresa” le disse Geronimo. Françoise lo vide far rotolare davanti a sé un macigno semisferico. Lo aveva modellato lui stesso a mani nude.

“Questo ci coprirà!” disse trionfante il gigantesco pellerossa.

“Vai, Chang!” disse Françoise.

Portatosi a distanza di sicurezza, il piccolo cinese emise le sue fiamme attuando la sua strategia di penetrazione nel terreno, che i Cyborg chiamavano giustamente “sindrome cinese”. Mentre un innocuo pipistrello dall’espressione divertita svolazzò un po’ maldestramente oltre la linea nemica, Françoise vide ai raggi x quella incredibile talpa passare sotto di lei ed attese fino a quando fu proprio sotto i loro avversari.

“Adesso!” gridò Françoise nel trasmettitore.

Mentre i soldati del fantasma nero tempestavano di laser il macigno spinto da Geronimo, il pavimento sotto i loro piedi si trasformò di colpo in un cratere vulcanico. I nemici superstiti indietreggiarono sparando su Chang, ma il laser di Bretagna ne abbatté due costringendo gli altri a disperdersi. Geronimo spinse il masso dentro il cratere aperto da Chang, che si riparò insieme a loro. Piunma lanciò due bombe a mano, ma i  pochi nemici rimasti applicarono una carica di plastico ad una lastra di pietra sfondandola, e sparirono in un cunicolo buio.

Piunma scattò, sparando nell’apertura.

Françoise esaminò il pavimento e non vide mine, ma il suo udito distinse li ticchettio di un timer. Il soffitto…

“Indietro 008!!!” gridò disperata quando vide la mina dietro una lastra del soffitto di pietra istoriata di geroglifici.

La mina esplose. Piunma sparì dietro la frana.

Tentarono di contattarlo con le trasmittenti, ma i loro appelli disperati non avevano risposta!

“Noooooo!!!” gridò Françoise, accasciandosi con le mani sul volto.

 

 

NOTA: Questa fic è stata scritta in collaborazione con COSTIGAN, a cui deve essere attribuito pienamente il merito della trama, io mi sono limitata a coadiuvarlo nella stesura ed a completare alcune parti. Pertanto la fanfic è da considerarsi scritta da due autori: Costigan e Michiredfox. Grazie.

 

 

This Web Page Created with PageBreeze Free HTML Editor

  
Leggi le 1 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Crossover / Vai alla pagina dell'autore: michiredfox