Serie TV > Supernatural
Segui la storia  |       
Autore: serClizia    04/06/2015    5 recensioni
Mental institution!AU in cui l'ospedale è un po' un purgatorio, un po' l'inferno.
Entrambi saranno costretti a fare i conti con i demoni nella propria testa.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A
                                                                                                                              2.
 
Just because I'm sad don't mean that I'm unhappy,
  because I'm a sinner don't mean I'm not a saint
     So I stay under covers, longing for another


Dean strinse le mani a pugno, frustrato. Castiel lo aveva chiuso fuori.
Lo aveva fatto altre volte, non aveva bisogno di parlare per sapere che Cas non gli avrebbe risposto. Aveva imparato a riconoscere i segnali nei minuscoli movimenti facciali, nell’espressione degli occhi, anche se non erano rivolti a lui ma al mondo oltre la finestra. Dean immaginava che Cas si sentisse più al sicuro quando spegneva quella specie di interruttore con le sue emozioni, con i suoi sensi, con l’umanità intera. Questo non voleva dire che non lo facesse incazzare da morire.
Voleva che Cas smettesse di scappare. Che buttasse fuori quello che aveva da buttare e cominciasse il suo percorso di guarigione. Perché sì, Dean non credeva molto nella terapia – “Dei pagliacci in camice bianco, ecco cosa sono i dottori, Sam” - ma credeva nella famiglia, nel parlare cuore a cuore con quelli che ti amano. Gli ci era voluto un sacco di tempo per arrivare a concedersi di fare una cosa del genere, e qualcosa lo spingeva a volerlo mostrare a Cas. Se solo si fosse deciso a disobbedire al suo istinto primitivo di rinchiudersi in se stesso…
Si alzò dalla sedia, tanto Castiel non gli avrebbe più prestato attenzione per il resto della giornata.
Posò le mani sullo schienale, e tentennò, fissando Cas con fare risoluto. “Un giorno riuscirò a fare breccia in quella testaccia, puoi starne certo.”
Si allontanò dalla sala, nel corridoio, verso la sua stanza e il suo letto. Quando lo raggiunse, si sdraiò a pancia in su, contemplando il soffitto bianchissimo – come tutto lì dentro era bianchissimo, con qualche eccezione di azzurro qua e là.
Ripensò al giorno in cui Cas era stato ricoverato. Dean era entrato nella saletta comune e aveva trovato quel ragazzo impettito intento a fissare fuori dalla finestra. Gli aveva immediatamente ricordato suo padre, John. Forse era la postura militare, il modo di tenere le mani sulle cosce, le spalle dritte, forse la durezza dello sguardo. Comunque sia, aveva percepito subito il passato militare, l’ombra del disturbo post-traumatico da stress. Lo stesso che aveva portato via la sanità mentale di suo padre. Era per questo che si era seduto davanti a lui, quello stesso giorno.
Era per questo che aveva deciso che lo avrebbe tirato fuori da quel buio, perché aveva già visto una persona caderci dentro e annegare, e non aveva intenzione di vederlo accadere di nuovo senza farci niente.

Al mattino passò l’infermiera a portargli la colazione, ovvero le svariate pillole nel bicchierino da buttare giù con un po’ d’acqua. Dean prendeva tutto religiosamente, anche perché Sam aveva dei colloqui mensili coi dottori e gli avrebbe piantato un casino infinito se non avesse collaborato con loro.
Si presentò in sala senza fretta, aveva tre settimane prima della prossima visita di Sam. Quasi un mese per convincere Cas a parlare con qualcuno che ne valesse la pena. Una pausa così lunga dalle visite di suo fratello lo metteva un po’ a disagio, ma Sam aveva detto di avere delle cose da fare a Stanford e Dean non aveva insistito. Poteva farcela benissimo da solo, pensò annuendo a sé stesso mentre percorreva il corridoio lisciando la parete bianca con il palmo della mano – da solo e con la sua crociata-Cas.
Ma quando arrivò a destinazione, il tavolino sotto la finestra era vuoto. Dean si guardò intorno, aspettandosi di vederlo da qualche altra parte, magari si sarebbe anche andato a congratulare con lui per il cambio improvviso di routine.
Cambiare tavolo è il primo passo verso la guarigione, dopotutto, no?
Ma Cas non era vicino a Crazy Sue, non era nell’angolo a decorare il muro con Frank, non era per terra a sprecare tentativi di giocare a Twister. Non era da nessuna parte.
Dean si andò a sedere al suo posto, fissando la sedia vuota dall’altra parte del tavolino. Forse Cas si era svegliato tardi. Forse era un po’ scombussolato e non aveva dormito bene. Forse si era preso un raffreddore ed era rimasto a letto. Forse. Ma prima o poi sarebbe arrivato ad occupare il suo posto, come tutte le mattine.

Tre giorni dopo, ancora nessun segno di Castiel. Non era ammalato, non era morto, non si era dimesso, ma nessuna infermiera aveva voluto dargli informazioni sulla sua ubicazione. Eppure andare nella sala comune ogni giorno era obbligatorio per tutti i pazienti, era pure scritto nel fottuto regolamento.
Per legare con gli altri, o qualche altra cazzata del genere.
“Perché non è qui, allora?”, chiese di nuovo, irritato, all’infermiera di turno al bancone.
“Perché di no. Verrà quando vorrà venire.”
“E questo che cazzo vorrebbe dire?”
La brunetta gli lanciò uno sguardo indurito. “Vuol dire tornatene in sala comune o chiamo la sicurezza, Winchester.”
Dean alzò le mani in segno di resa, sventolandole il medio nel momento esatto in cui spostava lo sguardo da lui al monitor che aveva di fronte.
Tornò in saletta con fare soddisfatto. Avrebbe scoperto il numero di stanza di Castiel e sarebbe andato a controllare lì. Dean Winchester non era uno che si arrendeva senza combattere.
L’infermiera del turno pomeridiano era una biondina prosperosa, con grandi occhi castani e un debole per i sorrisi melliflui. In una ventina di minuti la convinse a lasciargli il posto al computer ‘per controllare se suo fratello gli aveva mandato delle e-mail per blablabla’, cazzate inventate su due piedi.
Mezz’ora dopo uscì con il numero di stanza di Castiel. Era al terzo piano, uno solo sopra il suo. Doveva solo sperare che non ci fosse nessuno della sicurezza e tutto sarebbe andato bene.
Arrivato al piano, si accorse che era deserto, ed era anche piuttosto prevedibile. Durante il giorno i pazienti erano tutti nella sala comune, non avrebbe avuto senso piantonare i corridoi. Ma Dean non era sicuro che non ci fossero comunque delle ronde, quindi si affrettò verso la stanza 313.
Non si premurò di bussare prima di spalancare la porta.
Castiel era seduto sul letto, le lunghe gambe che penzolavano da un lato, e lo sguardo perso nel vuoto.
Cas registrò la sua presenza non appena entrò nel suo campo visivo, e spostò su Dean uno sguardo insieme vacuo e vagamente sorpreso.
“Ciao, Dean.”
“Sul serio? Mi sparisci per giorni e questa è l’unica cosa che hai da dire?”
La fronte di Cas si increspò nel suo solito cipiglio confuso.
“Ti ho cercato, Cas, ogni giorno!”
“Lo so.”
“Lo sapevi? E non ti interessava?”
Cas appiattì le labbra, non rispose.
“Non potevi mandarmi un bigliettino, un qualcosa, almeno farmi sapere che non eri morto?”
Ancora nessuna risposta, tranne un abbassare lo sguardo con fare contrito.
“E come hai fatto a restare qui, tra l’altro? Pensavo fosse obbligatorio per tutti andare in sala comune. Ti sei preso una specie di vacanza?”
Gli occhi di Cas si piantarono nei suoi con una forza intimidatoria tale che se Dean non fosse Dean-tutto-d’un-pezzo-Winchester sarebbe indietreggiato. “Ho fatto capire ai signori della sicurezza che cercare di convincermi con la forza sarebbe… sconsigliabile.”
“E quindi ti hanno lasciato qui.”
“Sì.”
“Ora capisco perché nessuno volesse dirmi dov’eri. Ci avrebbero fatto la figura dei coglioni.”
Cas deglutì, con uno sguardo negli occhi pieno di compassione che gli faceva friggere le budella. “Dean…”
“No, lo capisco, Cas. Non vuoi parlare con me, va bene. Vuoi giocare all’allegro eremita? Perfetto, non ti chiederò più niente. Né di parlare con Sam, né di parlare con me. Ma devi tornare in quella sala, amico. Non puoi rinchiuderti qui.”
“Dean…”
“Non me ne vado da questa stanza senza di te, fine della storia. Capito?”
Cas fece una breve pausa, annuì impercettibilmente. “Capito.”
  
Leggi le 5 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Serie TV > Supernatural / Vai alla pagina dell'autore: serClizia