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Autore: Evans92    04/06/2015    2 recensioni
Alex è un musicista, vive a New York in un appartamento che divide con altri due ragazzi. Le sue giornate sono all'avventura e lui ama la sua vita così: senza regole, senza legami. Fino al giorno in cui conosce Dylan, collega e amico di suo padre.
Nonostante vengano da due mondi opposti e siano profondamente diversi tra loro si creerà un legame, che sconvolgerà tutto quello che credevano di sapere e che insegnerà ad entrambi cosa vuol dire vivere.
Genere: Erotico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago
Capitoli:
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Primo capitolo
 
Quando sentii la sveglia iniziare a suonare affondai il viso nel cuscino e pregai che tutto ciò fosse solo un fottuto incubo. 
Uno di quelli da cui ti svegli sconvolto, ma sano e salvo. Eppure nonostante stessi aspettando, la sveglia continuava a suonare e io ad imprecare sotto ai denti. Alla fine mi tirai a sedere l'afferrai e la scaraventai con una certa violenza dall'altro lato della stanza. Il rumore di vetro rotto fece muovere qualcosa accanto al mio corpo sotto le coperte, sobbalzai finché non ne uscì la testa bionda di un ragazzo che ancora con gli occhi mezzi chiusi borbottò:
- La sveglia? Ma quanti anni hai? 12?- Lo fissai per un attimo sconcertato poi mi passai una mano fra i capelli rosso scuro e gli chiesi
- e tu saresti..?- Mi guardò offeso prima di alzarsi e completamente nudo uscì dalla mia camera. 
Lo seguii con lo sguardo perplesso e quando sentii sbattere il portone all'ingresso caddi di nuovo sul letto, con un gran mal di testa e la voglia di vomitare che si faceva sempre più intensa. 
Quella era davvero una giornata di merda. 
 
- La sveglia Alex? Che bravo bimbo che sei, vuoi la merendina?- Afferrai una delle mele dal cesto della frutta sul tavolo e la tirai contro Matt che la schivò ridendo per un soffio -Non devi esserti divertito molto ieri se oggi sei così suscettibile.- 
Gli lancia un'occhiataccia e mi attaccai al cartone del latte. Matt era uno dei miei migliori amici nonché coinquilino da ormai 3 anni, cioè da quando il giorno del diploma avevo lasciato casa mia per trasferirmi a New York. Era un bravo ragazzo, uno dei pochi che conoscevo ad avere ancora la fedina penale pulita, studiava per fare l'infermiere e aveva degli occhi castani che ispiravano tenerezza, però in quel momento se avesse continuato a parlare, lo avrei ucciso.
- Il tuo bisonte di ieri notte non aveva l'aria molto felice questa mattina-
 Cantilenò felice come una pasqua, sbuffai e lo guardai improvvisamente curioso
- A proposito, hai idea di chi fosse? Sembrava che dovessi saperlo-
Matt scoppiò a ridere forte 
- è il proprietario del locale dove vi siete esibiti nelle ultime tre sere Alex!-
Avrei voluto morire. Li, in quel preciso istante.
- oh cazzo-
- puoi dirlo forte- 
Mi ero anche giocato il lavoro e tutta per colpa di quella stupida maledettissima sveglia! Ficcai con eccessiva foga il latte in frigo, e Matt si schiarì la gola prima di dire con voce innocente: 
- puoi controllare la segreteria telefonica per favore?- 
Già stanco dopo solo 10 minuti in piedi sbottai 
- fallo tu-
Matt sgranò sconvolto gli occhi da Bambi 
- mi hanno svegliato la tua sveglia e la tua ultima conquista l'unica cosa cosa che puoi fare, per farti perdonare, è farmi un piccolo favore e..- 
- ok ok basta che stai zitto!- 
Mi avviai verso il telefono in salotto mentre lo sentivo ridacchiare. C'era una lucina rossa che lampeggiava sul dispositivo, sospirai e la premetti. Neanche tre secondi dopo, una voce fin troppo famigliare riempì il mio povero piccolo appartamento
- Alexander, sono la mamma, ti chiamo per ricordarti della cena di questa sera!- Impallidii e mi voltai verso Matt, che piegato in due moriva dal ridere, che maledetto figlio di.. -Mi raccomando sii puntuale, è una serata importante per tuo fratello. Porta una bottiglia di vino, una che venga più di 5 dollari. Ah e vestiti in maniera normale.. Hai ancora quegli orrendi capelli rossi? Dio, spero di no, ci saranno tutti i nostri più cari amici! Anche tua sorella sarà presente! Non voglio problemi Alexander! Ho bisogno della famiglia al completo, per una volta cerca di non mettermi in imbarazzo! Bene, chiamami tesoro un bacio- 
Quando il bip mi avvisò che il messaggio era concluso mi voltai verso Matt che stava ancora ridendo e sibilai 
- Tu. Sei morto- Lui corse via e io afferrai il telefono e glielo lanciai addosso, mentre dentro di me restava l'eco della voce di mia madre che dava la conferma a tutti i miei peggiori sospetti.
No, purtroppo non era un incubo.
 
La porta della mia camera si riapri dopo circa un'ora quando ero disteso sul letto a fumarmi una canna. Alzai il viso solo per assicurarmi che non fosse quel traditore e infatti trovai Ko, l'altro ragazzo con cui dividevo l'appartamento, nonché il chitarrista del gruppo in cui suonavo. Era un 20enne di origini giapponesi che però non sapeva neanche mangiare con le bacchette, era un tipo molto più pacato di me e Matt e più di una volta  ci era stato utile come una figura quasi paterna. Aveva in mano il telefono rotto, poi guardò la sveglia in frantumi e infine me, non c'era bisogno che parlasse. Sbuffai e diedi un altro tiro. 
- ho fottuto l'ingaggio per la band, letteralmente e.. Spiritualmente..- Ko sollevò un sopracciglio e io mi tirai a sedere - ..e ha telefonato mia madre- 
Sospirò e annuì buttandosi accanto a me sul letto, poi mi guardò e con un ghigno disse 
- Non puoi rompere un telefono ogni volta che chiama, non abbiamo abbastanza soldi per fare una scorta- 
Risi piano e gli passai la sigaretta lui diede un tiro e poi tossì un po prima di aggiungere - è questa sera la cena?- 
-Già..- 
- Scusa non andare!- 
Lo guardai fingendomi scioccato 
-Stai scherzando? È la promozione di Simon! E torna Victoria! Inaudito- 
Ko scoppió a ridere scuotendo la testa
-Sei davvero un'idiota- 
Alzai le spalle 
-Lo dicono tutti- 
Mi ripassò la canna e dopo qualche secondo mormorò 
- E così non abbiamo più un lavoro eh..- 
Sospirai pesantemente e ricaddi sul letto fissando il soffitto pieno di crepe e sussurrai solo 
- No..- 
 
A volte sospettavo di aver scelto di fare il batterista non perché amassi chissà quanto la musica ma solo per fare un dispetto ai miei genitori. 
Era un pensiero che non avevo mai rivelato a nessuno, ma che a volte tornava prepotentemente facendomi chiedere fino a che punto quei due ancora influenzassero la mia vita. 
Ero cresciuto nel lusso che una ricca ereditiera e uno degli avvocati più importanti dello stato possono assicurarti, in una bella villa in campagna, tra vestiti da piccolo lord, scuole private e foto di famiglia. Ero stato un bambino calmo, ubbidiente e timido, uno di quelli che arrossiscono pure se gli chiedi il nome. Fino a quando crescendo non avevo iniziato a sentirmi soffocare da quel mondo così ottuso e bigotto. Credo che la mia voglia di ribellione sia uscita quando ho scoperto la mia omosessualità.
All'inizio è stata davvero dura accettarla. Era strano, perché avevo paura di essere rifiutato proprio da quel mondo che mi stava così stretto, non credevo ci fosse altro spazio per me se non li..  poi quando il figlio degli Stevenson era partito di punto in bianco per il college senza tornare più e mia madre aveva detto che avevano fatto proprio bene a liberarsi di un figlio con certe strane tendenze avevo capito che pur non sapendo se ci fosse un altro posto per me al mondo, non volevo che fosse quello. E avevo iniziato a tatuarmi, tingermi i capelli e a fare tardi la notte. Avevamo trascorso tutti degli anni molto difficili.. I miei fratelli Simon e Victoria non avevano mai dato problemi, per questo quando ero partito era stato un sollievo per tutti. 
Avevo cercato di tornare a casa il meno possibile, chiamavo solo se necessario.. Alla festa di laurea in legge di Simon avevo mandato delle rose e un biglietto di scuse dicendo che non potevo partecipare perché avevo il morbillo, ai compleanni di Austin, il figlio di 4 anni di Victoria mandavo dei regali e un messaggio via sms.. Era così la nostra famiglia e ci andava bene.. Ma ora se mi avevano richiamato all'ovile doveva essere per non insospettire i loro tanto amati amici, per mantenere l'immagine di quella famiglia amorevole e unita che non eravamo mai realmente stati. 
Potevo non andare, ma quella restava mia madre e ormai le avevo detto di si per cui non mi restava che pregare che sarebbe passata in fretta e il più indolore possibile. 
- Mamma mia che figurino!!!- mi voltai con un sorriso verso la porta dove c'era Laura, la ragazza di Matt. Feci un profondo inchino e lei mi applaudì. In realtà mi ero messo solo un paio di pantaloni scuri e una camicia nera, mia madre mi avrebbe trovato fuori luogo, ma erano gli unici vestiti un po più seri che avevo e doveva accontentarsi. 
- Allora è vero! Vai!- 
Le sorrisi teso, lei era la mia migliore amica, la prima che avevo conosciuto a New York quella che mi aveva trovato quella casa, quella a cui dovevo tutto.
-Vado-
-Buona fortuna!- 
Ne avrei avuto bisogno. 
 
I miei genitori vivevano in un paese fuori New York, in modo da avere quella pace e quella serenità che la grande mela non poteva offrirgli e una villa grande quasi tutto il resto della città. 
Arrivai in ritardo, dopo un'ora d'auto e con lo stomaco completamente sottosopra.
Parcheggiai davanti all' ingresso e rimasi a lungo li fuori indeciso se scappare o meno. Fumai circa tremila sigarette e mi chiesi chi me l avesse fatto fare. Solo stare in cortile mi stava provocando quasi una crisi isterica, una volta entrato dentro rischiavo seriamente di avere un collasso.. Stavo per mettere in moto l'auto e scappare, quando qualcuno bussò al mio finestrino. Trasalii e mi voltai teso come se fossi il protagonista di un film horror di serie b. Mi trovai davanti il volto ancora giovane e truccato di mia madre. Ingrid Larsen. 
Ero in trappola. 
 
- Ma come ti sei conciato? Ti avevo detto di essere elegante! E il vino! Dov'è il vino?- 
Sbuffai sbottonandomi i polsini della camicia e tirando su le maniche, dall'auto al salotto non aveva smesso un attimo di brontolare, cazzo.. Non ricordavo che fossero così lunghi questi dannati corridoi.. 
- Mamma, o compravo il vino o mangiavo per un mese.- 
Alzò gli occhi al cielo e mi ficcò tra le mani una bottiglia infiocchettata che non avevo la più pallida idea dove fosse nascosta fino a un minuto prima. 
- Sapevo che di te non ci si può fidare.- Non mi offesi a quelle parole ne mi colpirono, negli anni aveva detto oggettivamente ben di peggio. - E quei capelli.. Cielo ma non ti vergogni ad andare in giro conciato in questo modo ridicolo?- 
- Se i tuoi amici possono portare un parrucchino io posso avere i capelli rossi- 
-Alexander!- 
-Tranquilla mamma, non proverò a toglierlo al signor Edwards.. Per questa sera- 
- Inizio a credere che sia stata davvero una pessima idea chiederti di venire- 
Mi accesi una sigaretta e con una smorfia notai che era l'ultima del pacchetto, poi le sorrisi felice di essere d'accordo con lei finalmente su qualcosa 
- Visto? La pensiamo uguale-  
Le feci un occhiolino ed entrai nella sala principale, che era già piena di gente, vecchi magnate tutti amici dei miei genitori. Non appena varcai la soglia un silenzio irreale cadde fra di loro. Li guardai uno ad uno e sorrisi sfrontato. 
Passai da Simon che rideva a qualche battuta sicuramente poco divertente di un vecchio notaio che non ci sentiva più da un pezzo, a Victoria che ignorava bellamente il suo figlio indemoniato che faceva impazzire la tata e il marito che guardava sotto la gonna di quest'ultima fregandosene del fatto che tutti se ne fossero accorti e infine mi soffermai su mio padre. Sul suo volto da 45enne ancora affascinante e il Rolex nuovo di zecca al polso. Mi fissava come se l'incubo improvvisamente fossi diventato io. 
Ghignai e continuai a fumare come se tutti non mi stessero guardando sconvolti. 
Il figliol prodigo era tornato. 
 
Nota: salve a tutti! Questa è la mia prima storia pubblicata e sarei davvero felice di avere un vostro parere! Per migliorare e correggere eventuali errori! Grazie a tutti quelli che hanno speso qualche minuto del loro tempo per me!! Alla prossima! 
   
 
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