† Fuoco e
Ghiaccio †
La
fioca luce
dello schermo illuminava appena l’angusto spazio
dell’appartamento.
Il lento alternarsi delle immagini creava un effetto chiaroscuro sulle pareti color panna, le persiane della finestra leggermente socchiuse lasciavano penetrare quel tanto che bastava di tenue ombreggiatura da far apparire surreale la fosca atmosfera.
Il lento alternarsi delle immagini creava un effetto chiaroscuro sulle pareti color panna, le persiane della finestra leggermente socchiuse lasciavano penetrare quel tanto che bastava di tenue ombreggiatura da far apparire surreale la fosca atmosfera.
Stavo
rannicchiata al centro del letto sotto una morbida coperta color cielo,
distesa
su di un fianco per scorgere la pallida schiena di lui.
Era
a pochi
passi da me, accomodato sulla sedia di fronte alla scrivania, intento a
superare
quel dannato livello a WarCraft. Quella sera però non avrei
insistito per
distogliere la sua attenzione dal gioco, magari chiedendogli di
guardare un
film con me o comunque di farmi un po’ di compagnia. No.
Chissà
perché in
quel momento non desideravo altro che rimanere così,
immobile, a fissare le
ombre che addolcivano le linee dei suoi fianchi e delle spalle, i folti
capelli
ricci che risplendevano mistici al bagliore bluastro del monitor come
fossero
dotati loro stessi di false sembianze.
Non
saprei dire
quanto tempo passai a studiarlo così intensamente, talmente
ne ero stregata.
Forse mi ero pure addormentata un paio di volte, ma il peso della
stanchezza
non mi aveva ancora sopraffatta a tal punto da indurmi a cedere.
I
pensieri mi
affollavano la mente, tanto da non accorgermi del suo spostamento
finché non
sentii il segnale di spegnimento del computer e il materasso che cedeva
lievemente sotto di lui. Sta di fatto che in un istante mi fu accanto.
Ebbi
un tremito
quando mi sfiorò appena il braccio. Lui così
caldo, io così gelida.
“Hai
freddo?” mi
chiese in un sussurro.
Persino
la sua
voce suonava più deliziosa del solito.
Scossi
la testa,
ma mi avvolsi più stretta alla coperta.
Si
stese accanto a me, sotterrandosi a sua volta sotto le coltri di spesso
cotone, e mi fece rotolare sul fianco opposto con nonchalance; le sue
braccia mi circondarono dolcemente e il suo corpo si modellò
al mio come se
fosse sempre stato di sua esclusiva proprietà.
Era
vestito solo
di un paio di boxer aderenti nero pece e io risultavo più
abbigliata solo per
il mio reggiseno di pizzo.
Sentire
la sua
pelle bollente contro la mia mi fece ringraziare la pigrizia per non
avermi permesso di indossare il pigiama.
In
un secondo
credetti di essere in paradiso. Non ricordavo nulla di anche
lontanamente
comparabile all’intensa energia che in quel momento mi
avvolgeva come seta
infuocata.
Seppi
di essermi
sbagliata nel momento in cui chinò la testa un po’
più in basso della mia e il
suo respiro scivolò sulla mia spina dorsale come una ventata
di aria
incandescente. Percepii ogni giuntura dei muscoli contrarsi dalla
sorpresa
e sussultai quasi impercettibilmente.
Ovviamente,
lui
se ne accorse.
“Tutto
bene?”
“S-sì…”
Fui
troppo frettolosa nella risposta. La voce mi tradiva.
Non
ne fui
sicura, ma pensai che stesse sorridendo.
Sentii
la sua
testa chinarsi nuovamente, e rimasi rigida, in attesa.
Un
casto bacio
sulla guancia, poi la lingua tracciò una breve, lenta linea
dall’orecchio fino
alla base del collo. Rabbrividii dal piacere.
Erano
quelle
piccole cose, quasi insignificanti, che mi facevano impazzire.
E
lui lo sapeva.
La
sua mano
correva sul fianco, lenta anch’essa, senza il minimo cenno di
impazienza. Io
invece iniziavo a bramare di più.
Mi
voltai di
scatto e lo baciai con irruenza, abbracciandolo, muovendo il mio corpo
per
accentuare l’effetto che mi faceva la sua presenza, il suo
respiro, le sue
movenze…
“Calma”,
mi
disse con un sorriso compiaciuto. Mi trattenne sapendo come mi sentivo,
cosa
volevo. Ne andavo matta.
Lasciò
che mi
dimenassi su di lui come un animale in gabbia, stringendomi i polsi per
governare la mia sete, ma permettendomi di assaporare quel tanto che
bastava
del suo corpo per farmi perdere il controllo. Percepivo la sua
eccitazione a
contatto con il ventre che cresceva, provocandomi a tal punto da
sfinirmi.
Già
ansimavo
quando si decise.
Mi
sovrastò in
un attimo, schiacciandomi sul letto con forza, smania, mostrandomi la
sua
autorevolezza, sfiorandomi il petto con labbra dischiuse, attento a non
concedermi troppo.
Perdevo
la
ragione ogni secondo che passava, intorno a me tutto perdeva forma,
fondendosi
con il buio della stanza, concentrandosi sulla perfetta sagoma che mi
stava
pian piano uccidendo, prosciugandomi di tutte le forze.
E
poi,
finalmente, mi prese.
Sussultai
da
quel piacere inatteso. Fu quel primo contatto a scatenare
ciò che della mia
volontà era rimasta.
Lo
assecondavo
nei ritmici movimenti sentendo ciò che più
desiderava e appagandolo in tutto.
Lo baciavo dove riuscivo, vogliosa di gustarlo.
Caldo,
freddo,
caldo, freddo… era un alternarsi di sensazioni primordiali,
di effetti
indescrivibili.
Possedeva
la mia
glaciale essenza, contrastandola con il fuoco perverso che gli bruciava
nell’anima,
con quella sua aura oscura che poggiava la mano su ciò che
rivendicava come
suo. E da quel momento lo sarebbe stato per sempre.
Mi
aggrappai
alla sua schiena con le unghie mentre sentivo crescere la magia di una
tensione
spasmodica dal centro di me stessa, e celere minacciava di tendersi
sino a
scoppiare.
Inarcandomi,
l’attesi ansiosa. Ma non gli bastava.
Si
fermò
all’improvviso, ansimante, soffiando sul mio desiderio come
per allontanarlo
appena, strappandomi dalla dolce vetta che stavo per raggiungere ed
obbligandomi a cambiare posizione, proponendomi l’estasi
indicibile.
Seppur
con
riluttanza, non potei fare altro che seguirlo.
Così,
guidandomi
nei movimenti dei fianchi, fui io a portarlo dove volevo.
Lo
guardai
mentre l’orgasmo assaliva entrambi, ascoltai i suoi respiri
concitati nello
stesso istante in cui la vista mi abbandonava per riprendersi
dall’impetuosa
fiammata, l’ultima che egli mi concesse prima di avermi
completamente.
Mi
lasciai
andare sul suo petto, il cuore che gli batteva quasi a voler
esplodere...
“Ti
amo”,
confessò stringendomi a sé.
Non risposi.
Bastarono le mute lacrime, piccole gaiezze salate, a fargli comprendere
che
nulla più di quello mi avrebbe fatta più felice.
Karim