Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer
Segui la storia  |       
Autore: Keep_Running    06/06/2015    3 recensioni
Helena Jessica Waston, ventidue anni, giornalista.
Sarah Gwendaline Parker, ventidue anni, antropologa.
Ashton Irwin, ventitrè anni, fotografo e regista.
Calum Hood, ventidue anni, medico.
Blekking Williams, ventun anni, musicologa.
Michael Clifford, ventitrè anni, linguista.
Luke Hemmings, ventun anni, artista.
Sette ragazzi, un viaggio in giro per l'Europa, e neanche una straccio di cosa in comune.
Riusciranno ad arrivare alla tanto lontana meta di Helsinki o rimarranno nella fredda stabilità di Londra?
Nessuno lo sa, nè tanto meno i diretti interessanti.
Forse solo il vecchio preside amante delle cravatte colorate, ci aveva capito qualcosa.
Ma solo forse.
[STORIA UFFICIALMENTE SOSPESA]
Genere: Avventura, Commedia, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Ashton Irwin, Calum Hood, Luke Hemmings, Michael Clifford
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
 <<    >>
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo Sette

 


‘ Com’è la prigione francese?

“Come quella inglese, penso”
- Calum

“Ma davvero nessuno si è accorto del topo che ci ha fissato tutto il tempo?”
- Michael

“La guardia mi ha palpato il culo. Disgustoso”
- Helena

“Odore di fallimenti e soldi pubblici sprecati in ogni angolo della cella”
- Blekking

“Fresca”
- Luke

“Ho sperato fino all’ultimo che le sbarre fossero fatte di baguette”
- Ashton
 
 


Luke
 




La notte prima, Luke si era immaginato diversi scenari di quella stessa mattina. Sicuramente, si aspettava un risveglio fiabesco con tanto di fuochi d’artificio e ballerini professionisti – ok, forse stava un po’ esagerando. Si aspettava Blekking ancora al suo fianco – e magari una mano di lui accidentalmente nel suo seno, ‘chè ‘Scusa, proprio non volevo’ – si aspettava che qualche buon’anima ancora speranzosa di unire il gruppo gli portasse la colazione a letto, e sì, si aspettava anche qualcuno che lo svegliasse dolcemente con una qualche serenata francese degli anni ’30.
Sarebbe stato carino, suvvia.
Ma più ci pensava, più si rendeva conto che quelle non erano affatto aspettative: erano solo vane speranze.
Perché sì, lui sapeva che il suo risveglio sarebbe stato caratterizzato da una tragicità unica, tipica di quel gruppo che più si andava avanti, più diventava ingestibile.
Come cavolo avrebbe detto a sua madre che era finito in prigione?
Gli avrebbe lanciato talmente tante scarpe da tennis da comprare tutte le azioni della Nike.
E poi cosa avrebbe detto quando lo avrebbero condannato all’ergastolo per omicidio colposo?
Quella, alla fine, fu la prima cosa a cui pensò quando si svegliò. Non si chiese perché Blekking non ci fosse, non si chiese perché nessuno (nonostante l’orario) non li avesse svegliati, e non si chiede neanche perché tutti quei cazzo di francesi  la mattina andassero in giro per le strade a chiacchierare rumorosamente.
Semplicemente, sperò con tutto il suo cuore che quella sul suo collo non fosse bava e che quello stesso liquido possibilmente non corporeo appartenesse a tutti fuorchè Michael.
Ebbene, non fu fortunato in niente di ciò.
Non si sorprese quando trovò il corpo di Michael ad occupare quasi tutto il letto, non si sorprese quando lo vide russare vistosamente, non si sorprese quando vide che fossero gli unici ancora a letto e non si sorprese neanche quando notò Calum per terra – dormiva nel loro stesso letto, nel bordo, affianco a Michael: prevedibile.
Ci fu un devastante momento in Luke fu tentato di picchiare a sangue il caro e vecchio Mike: nessuno sbavava sul collo di Luke Hemmings.
Poi si ricordò che nessuno di loro capiva il francese, e sarebbe stata davvero dura recuperare la Mistery Machine senza poter contare sulla conoscenza del francese – e lui ci aveva messo anima e cuore per quell’opera, non se la sarebbe fatta sfuggire così stupidamente.
Che poi, se solo erano a Parigi, come avevano fatti a ritracciarli se il camper si trovava ancora a Lille?
‘Evidentemente i francesi non sono così sprovveduti’, pensò.
E fu proprio con quelle constatazioni che decise di svegliare Michael senza l’utilizzo di nessuna arma contundente.
Sbuffò e “Svegliati”, gli disse brusco, scuotendogli leggermente la spalla.
Mike lo ignorò.
“Ho detto svegliati”, riprese, quella volta un po’ più alterato.
Poi si ricordò di essere il più piccolo di tre fratelli.
Si ricordò di essere figlio di un avvocato – quanto era difficile dimostrare di non aver rubato le caramelle, da piccolo?
Si ricordò che Luke Hemmings era la persona più fastidiosa di sempre, e lo sarebbe sempre stato.
Quindi sorrise, sicuro di sé.
Prese la prima cosa che gli capitò in mano – una banana? Sul serio? – e cominciò a colpirlo con quella.
“Ti stressa la banana? Ti stressa la banana? Ti stressa la banana?”, e la sua parlantina era quasi più fastidiosa dei continui colpi di banana che gli stava dando.
A quel punto Clifford si svegliò e cominciò a cercare di fermare la banana – sì, sembrava una dodicenne al suo primo ciclo.
“Stai fermo, razza di un Hemmings”, gli urlò contro, mentre cercava di liberarsi dalla presa ferrea del biondo.
‘Non ce la farai mai, stolto’
“E smettila!”, di tutta risposta Luke aumentò la frequenza dei colpi.
Michael sbuffò, continuando ad emettere dei strani versi infastiditi.
“Ma perché mi stai picchiando con una banana?!” urlò ancora, allo stremo delle forze.
Ma il biondo era talmente preso dalla vendetta che nemmeno sembrò accorgersi delle suppliche di lui.
“Fanculo Hemmings!”
Uno scatto improvviso.
Una banana volata via.
Una mossa da ninja che ‘Non è da ninja’ ‘Sì invece
I due ragazzi erano entrambi in piedi, sul letto, faccia a faccia.
“Non picchiatevi vicino a me, vi prego
Ma nessuno calcolò il povero Calum nemmeno quella volta.
“E’ la resa dei conti, Hemmings”, sussurrò Michael, senza staccare gli occhi da quelli del biondo.
Per rendere il tutto più minaccioso, finse di sputare per terra.
‘Oddio, spero abbia fatto solo finta’
“Fatti sotto, Clifford”
L’urlo di battaglia che ne seguì, terrorizzò Calum più del dovuto.
‘Sarà divertente, sì!’ pensò gloriosamente Luke.
E quando si trovarono a prendersi a colpi con i loro stessi cuscini, capirono di aver davvero toccato il fondo.
Michael tentò addirittura di soffocare Luke, ma quest’ultimo riuscì a liberarsi in tempo.
“Non dovevi provarci, Clifford”
Senza nessun rimorso, il biondo atterrò l’amico e cominciò a saltare sopra la sua schiena.
Forse stava esagerando – forse – ma si stava divertendo come se non ci fosse un domani.
“Hemmings, figlio della merda!”, gli urlò contro Michael, ma a quel punto anche lui stava ridendo proprio come il biondo – solo più rumorosamente, era pur sempre un Clifford.
“Questa cosa non fatela mai con me, vi prego”
Calum li guardava ancora scioccato, tanto che Luke rise anche per la sua espressione.
Lo divertiva terribilmente, quel ragazzo. Poi vederlo così inorridito e terrorizzato per ogni cosa facesse, lo rendeva ancora più fiero di sé.
Che poi, cosa aveva contro il suo povero piercing?
“L’hai voluto tu Hemmings!”
‘Cosa…’
E senza che neanche se ne rendesse conto, Luke si ritrovò nuovamente steso sul letto con un Michael Clifford più spaventoso del solito sopra di sé.
“PER NARNIA!”, urlò.
E sì, Mike era davvero rumoroso. Tanto che Calum riprese a lamentarsi – gli ricordava tanto Bambi alla morte della madre, in realtà – ma nessuno gli diede corda.
Doveva essere dura la vita di un Calum, in effetti.
‘Questo bastardo mi vuole soffocare di nuovo’, pensò.
Ma quando se ne accorse era troppo tardi e boom, ecco di nuovo quel fottuto cuscino spiaccicato in faccia.
Quella passione per i soffocamenti non la capiva proprio.
Michael delle volte lo inquietava parecchio, gli ricordava vagamente il suo vecchio compagno del liceo, un certo Brian Lee. Era uno strano ragazzo adottato che una volta aveva sgozzato una gallina nel bagno dei maschi perché Luke aveva accidentalmente rotto uno specchio. ‘E’ per allontanare la sfiga!’, gli aveva detto convinto. Ma Luke era scappato.
Così come avrebbe tanto voluto fare in quel momento.
“Scfiagfura af tfe e af tfutta la fta sfamifglia!”, gli urlò allora.
Ma il ragazzo in tutta risposta gli rise in faccia, letteralmente.
“Stai sperimentando il francese anche tu o ti diverti ad inventare parole nuove nel tempo libero?”
‘Idiota di un Clifford’
E seriamente, era pronto per il colpo finale. Per la mossa in grande stile. Per la sua grandiosa vittoria, ma la porta si spalancò all’improvviso.
E prima che potessero muoversi anche di solo un millimetro – prima che potessero sembrare meno gay – la faccia scandalizzata della piccola Sarah occupò prepotentemente  la loro vista.
E ‘Oh cazzo’.
“R-ragazzi”, disse in un sussurro. E dato che Mike, probabilmente pietrificato dallo shock, non si era ancora spostato da lui, ci pensò lui a scansarlo.
Forse ci mise troppa forza, poiché il ragazzo tinto si ritrovò improvvisamente per terra.
‘Scusa Clif’, pensò. Ma rideva dentro.
Perché un Michael Clifford confuso in mutande sopra il pavimento di una vecchia casa nella capitale francese era davvero divertente.
E fanculo le buone maniere.
Gli rise letteralmente in faccia.
“Ho interrotto qualcosa?”, chiese ancora la rossa, sempre più rossa.
‘Oddio no. Non pensarlo neanche, ti prego. Ti scongiuro’
Ma Luke sapeva fosse troppo tardi per le preghiere.
Ormai il danno era fatto e fanculo lui e la sua sete di vendetta.
E fanculo anche Michael, perché si era divertito davvero troppo con quel disadattato sociale che non era altro.
“Ehm… no”, sussurrò, un po’ in ritardo.
“Sicuri? Guardate che se siete, diciamo diversi, non…”
‘O no, ti prego non la predica da Gandhi ti prego’
Stava pregando un po’ troppo, per i suoi gusti.
Sbuffò: si sentiva davvero un idiota.
“Puoi andare, per favore?”, disse allora. Perché sostenere ancora lo sguardo curioso e quasi accusatore della ragazza era troppo faticoso per lui.
E poi che diamine, si era appena svegliato.
Avrebbe dovuto controllare le notifiche sul cellulare, poi avrebbe dovuto fissare il soffitto per un po’ di tempo, e infine avrebbe dovuto cantare qualche singolo di grande successo sotto la doccia.
Poi avrebbe potuto affrontare la giornata. Ma solo poi.
La ragazza si schiarì la voce estremamente imbarazzata e “Oh sì. Raggiungeteci quando… potete
Li lasciò immediatamente.
Bastò uno sguardo, allora, uno solo. E scoppiarono a ridere senza freni.
Luke non aveva idea di quale fosse il colore preferito di Michael, né cosa mangiasse a colazione e tantomeno che nome darebbe ai suoi figli, ma in quel momento lo sentì tanto vicino da fargli quasi paura.
‘Che la storia delle amicizie non sia solo una stronzata?’
Poi notò lo sguardo spaventato di Calum e capì che no, le cose non sarebbero cambiate così facilmente.
“Che tutto questo rimanga fra me e te, Hemmings
“Te lo stavo proprio per dire, Clifford
E quando stavano per lasciare la stanza, un sussurro “Ehi ma c’ero anche io…”
Luke ridacchiò.
‘Povero Calum…’, pensò.
 
 


***
 
 


La colazione era assolutamente il suo pasto preferito. Certo, avrebbe voluto farla nella serenità della sua casetta, dopo una bella doccia rilassante, e magari con dei vestiti puliti addosso – avevano lasciato tutte le valigie nel camper e stava per impazzire.
Ma non poteva pretendere tanto, almeno non erano ancora in gatta buia.
‘Che poi, perché si chiama gatta buia?’
Preso dalla curiosità, cercò su google il termine.
E oh, avrebbe voluto qualche criptico significato ma in realtà ‘E’ un termine che deriva dal greco katagheìon, che significa sotterraneo (ghé, infatti, è la terra)’, lesse.
Che delusione.
‘Che poi si scrive tutto attaccato, che ignorante’, si sgridò da solo.
Comunque, nonostante non si adattasse affatto ai suoi soliti standard, la colazione stava andando proprio bene. Aveva sempre guardato le pubblicità delle merendine con un sorriso sulle labbra, osservando con attenzione le famiglie felici che consumavano il primo pasto della giornata tutti insieme estremamente felici nonostante fosse mattina.
E sì, anche se era solo pura e semplice finzione, lui ne era sempre stato geloso.
Fare colazione in compagnia era sempre stato il suo sogno, ma non era mai riuscito a convincere il resto della famiglia a prendere un po’ più di tempo la mattina da passare tutti insieme: ma il padre ‘Devo lavorare, tesoro’, la madre ‘Non c’è tempo di preparare la colazione a tutti, tesoro’ e i fratelli ‘Non ci sveglieremo prima per un tuo capriccio, ragazzino’.
Aveva avuto un infanzia difficile, lui.
E gli altri non immaginavano neanche quanto fosse felice di fare colazione con tutti loro, anche se erano nella casa di una potenziale psicopatica di trecento anni.
E anche se in effetti si odiavano tutti quanti.
Quella mattina, però, si respirava una certa calma.
Sarah parlava animatamente con Helena, la quale sembrava più interessata alle sue unghie che alle parole della rossa – sì, ancora quelle benedette unghie. Un giorno le avrebbe volute fissare anche lui, così, solo per sapere cosa si provasse.
Michael, da quando erano scesi, non aveva smesso per un secondo di mangiare. Come biasimarlo? La marmellata francese era deliziosa. E no Luke, non hai davvero pensato la parola ‘deliziosa’.
Blekking invece cercava di convincere Calum che le uova offerte da Clara provenissero da galline allevate a terra. Lo stava facendo più per divertirsi che per consolare il ragazzo, Luke lo sapeva.
Sospirò, perché Blekking quella mattina lo aveva a mala pena cagato e la cosa gli dava un po’ di fastidio.
Ma giusto un po’.
E allora spostò lo sguardo da lei per poi posarlo su Ashton che… lo stava fissando.
Lo stava fissando con quel sorriso da Ashton che in altre situazione avrebbe significato ‘Ehi amico, me la passi una mela?’, ma in quel momento significava solo ‘Non puoi nasconderti da me, Hemmings’.
E lui, a cui proprio non piaceva aprirsi, non apprezzava affatto tutto ciò.
“Allora, Luke…” incominciò Ashton, senza abbandonare quello strano sorriso.
‘Se scappassi adesso desterei sospetti?’, si chiese. Ma quando si rispose che sì, avrebbe destato anche troppi sospetti, abbandonò quell’idea.
“Mh…”, rispose, cercando di evitare il ragazzo riprendendo a mangiare.
Ma non ce la fece.
“Come va, amico mio?”, riprese.
E allora Luke fu costretto ad alzare nuovamente lo sguardo, per trovare quello di Ashton.
Avrebbe pagato oro pur di sapere cosa passasse per la testa del riccio. Era una delle persone più imprevedibili che avesse mai conosciuto, e gli piaceva tutto ciò.
Stando all’accademia aveva parlato con tante persone, ne aveva conosciuto meglio altrettanto e aveva scoperto tante cose interessanti. Ma uno come Ashton, cavolo, era davvero difficile da trovare.
Così come era difficile da trovare una Sarah, una Helena, un Michael, una Blekking, per non parlare di un Calum.
E Luke sorrideva ogni volta che ci pensava.
Così come successe quella volta.
“A cosa pensi Luke? Perché sorridi così?”
‘Perché non ti fai i cazzi tuoi, Ashton?’, pensò ridacchiando.
“Starà pensando a Michael, lascialo stare”, intervenne Blekking con un sorrisetto bastardo.
‘No, tutti tranne lei’
I suoi occhi si rivolsero immediatamente a Sarah, che guardava nella sua direzione quasi mortificata.
Aveva detto tutto, la rossa.
Luke sbuffò sconsolato: la felicità da pubblicità era destinata a finire presto, il tempo di uno spot.
Doveva aspettarselo.
‘Luke Hemmings: una vita, mille delusioni’
“Fsmetffteftela fdi fdrire sfquefste sfcofse!”, li rimproverò Michael.
O almeno pensò li stesse rimproverando. Per quel che aveva capito, avrebbe anche potuto chiedere in prestito una mazza da baseball.
“Ha detto di smetterla di dire queste cose”, tradusse Helena, quasi scocciata.
‘E lei come diavolo l’ha capito?’
“Ho tre fratelli più piccoli, o parlano con la bocca piena o stanno zitti”, spiegò, come a leggergli nella mente.
In effetti non ci voleva un genio per capire cosa passasse loro per la testa: avevano tutti degli sguardi smarriti e curiosi. Doveva tuttavia ammettere che la bionda, per quanto fastidiosa e distaccata, era davvero molto intelligente. Non si sarebbe sorpreso se l’avesse vista in tv un giorno; e anche se rimaneva una stronza di prima categoria, glielo augurava proprio.
“Disgustoso” sussurrò invece Calum, guardandosi intorno quasi spaventato.
‘Ah, il caro e vecchio Calum’
Non sapeva se fosse brutto da dire, ma lui si divertiva un sacco a vedere Calum in quelle situazione. Che poi, poteva avere un numero di paure ben oltre la media mondiale, poteva addirittura sembrare più debole di tutti loro, ma la verità era ben altra: Calum Hood, il non-asiatico più asiatico di tutti i tempi, aveva i coglioni più grandi delle loro teste.
E Luke faceva il tifo per lui, nonostante le parole della notte prima.
In realtà cercava una reazione talmente forte da scuotere qualcosa, ma la sua uscita di scena non l’aveva soddisfatto per niente. Ma non sarebbe andato a scusarsi, no.
Magari la reazione sarebbe stata ritardata.
Sperava che a furia di stuzzicarlo, qualcosa ne sarebbe uscito fuori. E ehi, avevano parecchi mesi e lui era Luke Hemmings, quel Hood sarebbe diventato il nuovo Terminatori, se lo sentiva.
“Comunque – riprese Ashton, ignorando il commento del moro – Stavo pensando di andare tipo a…”
“A fanculo?”, lo interruppe Blekking.
“Se vuoi ti ci mando io”, continuò Helena.
‘Una coalizione fra loro due? Cosa sta succedendo?’, pensò Luke, con un sorriso talmente sorpreso quanto terrorizzato. Perché già una Blek e una Helena facevano paura, una Blek e una Helena insieme avrebbero potuto scatenare una rivoluzione.
Tanto non sarebbero durate niente, lo sapeva.
“Grazie ragazze, ma…”
“Oh, stai zitto! – disse ancora Hel, quella volta ancora più rude – Davvero pensi che dopo la cazzata di Parigi ti seguiremo di nuovo? Ma per favore”
‘Uh, colpo basso’
Luke passò lo sguardo divertito su Ashton: se quel ragazzo fosse riuscito a rispondere persino a quell’attacco, l’avrebbe adorato per sempre. Perché andiamo, Ashton aveva il mondo contro di lui; cosa si poteva pretendere con una cazzata così colossale?
Eppure, Luke lo farebbe altre mille e mille volte. Per la prima volta in tutta la sua vita, si era sentito finalmente vivo e libero – paradossale, no, dato che era stato persino dietro le sbarre.
Sembrava che tutto quello che aveva cercato in tutta la sua vita l’avesse trovato in due giorni di viaggio.
La cosa che lo spaventava di più era un’altra, però: tutto ciò era dovuto alla Francia o alle persone?
Forse si faceva troppi problemi, o forse la sindrome da filosofo mancato aveva beccato pure lui, ma proprio non poteva fare a meno di pensarci.
‘Davvero sono così patetico da sentirmi così in mezzo ad un branco di psicopatici come questo?’, si chiedeva sempre.
Ma la risposta era sempre la stessa: sì.
“Non puoi condannarmi per questo! – le urlò contro, nonostante avesse l’ombra di un sorriso – non c’era nessun avvertimento!”
E allora Luke ridacchiò.
Davvero era stato l’unico a vedere tutti quei cartelli?
Che pessimi osservatori.
“Cosa ridi, Hemmings?”, Blekking aveva un sorriso incredulo.
Un sorriso di una che aveva capito tutto.
E oh cazzo, lei non doveva capire assolutamente niente.
‘Andiamo, contrattacca Hemmings!’, si spronò.
E allora puntò sul punto debole della ragazza: i complimenti.
“Sei particolarmente carina stamattina, crostatina
E ‘Che cazzo hai appena detto’, si chiese da solo.
“Sono così dolci!”, commentò invece Helena, neanche tanto a voce bassa.
“Cosa cazz…”
Ad interromperla fu l’ultima persone che nessuno si sarebbe mai immaginato.
“Avete rotto le palle!”, urlò Calum.
Ebbene sì, urlò. E il colorito della sua faccia era più preoccupante del solito.
Davvero esisteva una tonalità del genere di rosso?
‘Cavolo, serve un medico’
Poi ridacchiò per i suoi stessi pensieri.
“Ti sembra il momento di ridere?!”, gli sussurrò Ashton all’orecchio.
Luke sbuffò e ‘se solo sapessero quanto sono simpatico’
“Abbiamo infranto le regole del giro di dieci minuti, andiamo in giro a bordo di una macchina da disadattati sociali, siamo andati alla torre Eiffel quando potevamo tranquillamente stare a Lille. E siamo finiti in prigione, diamine, in prigione!”, continuò, preso dalla collera.
Preso da molta collera.
Non si sarebbe trasformato in Super-sayan, vero?
“E come se non bastasse – ‘Non ha ancora finito? Perché nessuno lo interrompe?’ – siamo nella casa di una tizia sconosciuta che ci ha pagato la cauzione! E sono passati solo due maledettissimi giorni!
‘Oh…’
“E vi mettete a discutere di crostatine, come se davvero quella vecchia non stesse cercando di avvelenarci con delle uova coltivate chissà dove!”
‘Sono quasi sicuro che le uova non si coltivino’
“Calum ti ho già spiegato che le galline sono allevate a te…”
“Non mentirmi, Bleking!”
E Luke dovette ammettere che il dito che le puntò contro fu proprio ad effetto, tanto da rendere quella esclamazione ancora più teatrale di quanto già facesse la sua voce.
Le cose stavano diventando più divertenti del previsto.
‘Davvero Hemmings? Anni di viaggi e depressione per poi ritenerti soddisfatto con questo?’
“E tutto questo per colpa di Ashton!”, si intromise Helena.
“Potete smetterla di urlare?”, nessuno calcolò la piccola Sarah.
“Ehi! – si lamentò Ashton, quella volta più arrabbiato (Ashton arrabbiato, possibile?) – io non vi ho costretti a fare niente, è colpa di tutti
“Oh certo, ma chi vogliamo prendere in giro! Tu ci hai soggiogano, prendendo il posto ancora libero di leader del gruppo. Ma sai che ti dico? Ora dirigo io i giochi
Perché a Luke ricordò tanto un certo discorso fatto in una certa Germania da un certo tizio chiamato Hitler?
“E chi l’ha deciso, scusa?”, si lamentò Blekking.
Già, la loro pseudo-coalizione aveva avuto vita davvero breve.
Luke si sentì in dovere di intervenire.
“Ehi ragazzi, calmiamoci un attimo”
Che potesse essere lui il leader? Che potesse portare proprio lui la pace.
E quando era in procinto di fare il famoso discorso che l’avrebbe portato al potere, si accorse di non sapere che cazzo dire.
‘Ok, ho capito, non sono io il maschio alfa’, si arrese all’evidenza.
Forse, se avesse comprato una colonia di pesci rossi, sarebbe stato lui il capo.
A meno che non ci fosse stato un pesce rosso particolarmente robusto: allora non avrebbe avuto voce in capitolo nemmeno quella volta.
“Luke ha ragione! – Helena gli poggiò una mano sulla spalla – non ha senso combattere tra di noi!”
“Giusto! Coalizziamoci tutti contro Michael!”
Il ragazzo, che non aveva calcolato assolutamente nessuno, alzò finalmente lo sguardo dal piatto.
Ma era troppo tardi.
E come un fulmine a ciel sereno, ecco che una mela gli colpì la faccia.
Luke rise, rise tanto. Perché tra tutte le ragazze del mondo, proprio di una del genere si doveva interessare.
La sua prima ragazza aveva diciotto cani.
La sua seconda ragazza aveva solo rossetti blu e smalti arancioni.
La sua terza ragazza faceva le scale all’indietro perché, a detta sua, stimolava la mente.
La sua quarta ragazza, invece, aveva un’ambigua fobia per le sedie con le rotelle.
Eppure, una strana come Blekking non l’aveva mai conosciuta.
“Guerra!”, l’assecondò Ashton.
Ma prima che potesse lanciare il suo muffin al cioccolato, qualcuno lo interruppe.
‘Peccato, sarebbe stato divertente’
“In quanto vostra leader…”
“Ma chi ti vuole”
“Ritirati, Helena”
“Non parlatele così”
“Me ne voglio andare”
“Potete fare silenzio?”
“Mi diverto così tanto”, disse invece Luke, mettendosi più comodo sulla sedia. Si premurò pure di stendere le gambe sulla sedia al suo fianco, occupata da Ashton.
“In quanto vostra leader – Helena non demorse – mi sento in dovere di farvi notare quale sia il vero problema di fondo: l’assenza di regole”
‘Oh ma andiamo, e poi io come mi diverto?’
Calum sbatté il pungo sul tavolo e “Quoto Helena!”, disse convinto.
“Non lo accetto!”, si lamentò invece Ashton.
“E io quoto Ashton”, gli diede man forte Blekking.
E oh cazzo, non doveva mica schierarsi pure lui, vero?
“Beh – Sarah lo distolse dalla sua disperazione improvvisa – abbiamo dato ascolto ad Ashton, ieri. Tocca ad Helena, adesso”
Luke sospirò, sollevato; ringraziò mentalmente la rossa.
Michael lo guardò ridacchiando e gli sussurrò “Te la sei vista male amico”
E allora ridacchiò anche Luke.
“Perfetto”, festeggiò Helena. E sì, si lasciò scappare pure un sorrisino.
Poi, da chissà dove, tirò fuori il suo piccolo computer.
Tutti restarono un po’ scioccati da quella improvvisa apparizione, ‘Ma ci dorme con quel coso?’
Poi lei si schiarì la voce, e ci fu ben altro per cui rimanere scioccati.
“Ora scriverò, poi farò una copia per ognuno di noi. Ne attaccheremo una anche nella portina del camper, una sul cucinino, e uno sul bagno, chiaro?”
Nessuno osò parlare: Helena in quelle vesti faceva davvero paura.
E forse lui non aveva la stoffa del maschio alfa, ma lei non aveva sicuramente quella di capo amorevole.
Chissà se il suo regime basato sul terrore avrebbe retto – basandosi sulla storia, il popolo prima o poi si sarebbe ribellato.
A meno che lei non avesse dato inizio a delle persecuzioni su cristiani e ebrei, allora…
Ok, stava divagando troppo.
“Prima regola…”
“E le altre regole?”
Ashton non poteva proprio stare zitto. Che fosse lui il maschio alfa?
Maschio alfa contro femmina alfa: come sarebbe finita?
“Quali altre regole?”
“Quelle che ognuno di noi aveva stabilito”
“Una di quelle consisteva nel non scopare nel camper. Erano deficienti, le molliamo”
‘Ok, ora mi sento toccato’
Stavo dicendo – riprese, ancora più scocciata – Prima regola: ci sarà una cassa comune. Ognuno metterà metà del proprio patrimonio, ovvero 500£, e con essi si andrà avanti”
Quella volta fu Blekking ad intervenire “Ma io e la crostatina portiamo la pagnotta a casa, vi ricordo”
Luke sorrise smagliante. Crostatina.
“E va bene! Voi ne metterete solo 300”, cedette Helena, senza nascondere il suo disappunto con un sonoro sbuffo.
“Seconda regola…”
“Calum, mi passi le uova?”, chiese candidamente Mike.
Il fatto che non stesse seguendo affatto il discorso, nonostante la mela assassina di poco prima, era ben palese.
E Luke rise di gusto, perché adorava davvero tanto Michael.
Tuttavia Hood si rifiutò.
“Stupido Clifford!”, lo rimproverò Helena.
Sembrò uscire da uno stato di trance, tanto che guardò la bionda confuso.
“Perché?”, le chiese confuso.
Luke rise ancora più forte.
“E tu perché ridi?!”, continuò, sempre più smarrito.
“Oh, fai silenzio Clifford”
“Non ci sto capendo niente, ragazzi”
“Seconda regola! – urlò Helena – Per ogni cazzata che qualcuno farà, dovrà pagare. Letteralmente”, specificò.
“Potremmo chiamarla la cassa dei cazzoni!” propose ancora Ashton, con un sorriso più grande di una casa.
‘Dio amico, sei completamente fuori’
“No – distrusse i suoi sogni molto velocemente – Il cibo verrà comprato con i soldi della cassa, così come i prodotti per l’igiene. In caso di particolari necessità, l’individuo provvederà a sue spese.”
Ad ogni parola, le sue mani si muovevano velocemente sulla tastiera. Sembrava che ormai nessuno avesse più voglia di contestarla; inoltre quella sua estrema professionalità le dava un’aria superiore non indifferente: chi avrebbe osato andarle contro?
“Quarta regola: chiaramente non possiamo vivere in un camper per ragioni… fisiologiche”
“Puoi dire ‘cacca’, non è una parolaccia”, rise Blekking.
Ecco, parlando di chi sarebbe mai potuto andarle contro…
“Sì, cacca. Qualche idea?”
Fu sempre la mora a rispondere “Ho degli amici un po’ ovunque – ‘Blekking ha che cosa dove?’ – posso farmi ospitare ovunque, non ci saranno problemi”
E Luke non era sicuramente l’unico sorpreso da quella rivelazione.
Ogni volta che andava al conservatorio la trovava in compagnia di pochi amici al massimo, ma più che altro del bidello ambiguo.
“Davvero?”, e chiese Sarah. Poi si portò subito una mano alla bocca, quasi mortificata delle sue stesse parole forse troppo invadenti.
Ma Blek non ci fece neanche caso, o meglio, non sembrava particolarmente interessata.
“Faccio parte dell’orchestra del conservatorio di Londra, andiamo – ridacchiò – Viaggio, gli altri vengono, conosco persone da tutto il mondo. E noi strumentisti ci sosteniamo molto fra di noi. Una volta ho ospitato le due nonne di un trombettista tedesco perché volevano tanto vedere Londra”, spiegò loro, con un sorriso sognante sulle labbra.
Luke non aveva parole.
Così come il resto del gruppo, in effetti.
Perché si sapeva che al Conservatorio fossero tutti abbastanza strani – e lo diceva uno dell’Accademia d’arte – ma fino a questi livelli… chi l’avrebbe mai detto.
“Bene – Helena deglutì – penso” scosse la testa, come a cacciare qualche pensiero “Una volta ogni due settimane ci sarà un dibattito, dove ognuno presenterà i problemi riscontrati nella convivenza. In caso di emergenze, si può richiedere un’assemblea straordinaria. Ovviamente c’è l’obbligo di frequenza”
‘Dio, mi sembra di essere tornato al liceo’, ma ridacchiò.
Poteva sembrare un idiota in effetti – era circa la decima volta che rideva senza nessuna ragione precisa – ma gli piaceva il clima che si era creato.
Nonostante le litigate, i compromessi mal riusciti, la prigione, le cazzate, i problemi…
E ok, era un po’ un clima di merda, ma lui era felice comunque.
Poi ripensò alla giornata passata, e una strana consapevolezza si fece largo nella sua mente: erano nella casa di una strana vecchietta che li aveva liberati senza nessuna ragione.
E lui aveva una paura terribile per quella donna.
Si alzò di scatto, togliendo immediatamente le gambe dal grembo del riccio e strisciando rumorosamente la sedia. Senza neanche farlo apposta, si ritrovò gli occhi di tutti addosso.
“Dobbiamo andare”, disse allora.
Tuttavia nessuno lo seguì.
‘Oh giusto, il problemino del maschio alfa’
“Potete almeno fare finta di ascoltarmi? Dobbiamo andare, vi dico!”
Non avrebbe passato un solo secondo in più in quella casa. Non era uno di quelli particolarmente aperti, ok, e faceva anche abbastanza schifo a fidarsi delle persone, ok, ma aveva uno strano presentimento su quella vecchia.
Come se in realtà li stesse fottendo tutti.
“Ma che stai dicendo, Luke?”, Sarah espresse la sua perplessità.
‘Come fanno a non capire?!”
“Siamo nella casa di una psicopatica che libera avanzi di galera come noi! – faceva un certo effetto definirli così, in effetti – scappiamo prima che ci dia in pasto ai suoi cani!”
E forse la seconda parte se l’era inventata alla grande, ma non era importante dopotutto.
Dovevano scappare e basta, tanto.
“Idiota, non urlare!”, lo rimproverò Helena.
Ma ormai era troppo tardi: una vecchia donna, con un sorriso triste e degli occhi più lucidi del normale, li fissava senza dire una parola.
A Luke si gelò il sangue, e quasi si pentì di aver detto tutte quelle cose.
Poi scorse una certa aria approfittatrice nell’espressione della donna, e tutti i sensi di colpa sparirono tanto velocemente quanto arrivarono.
Lui non ci sarebbe cascato.
“Calum, tesoro, fai attenzione alla tazza che stai usando: è un’originale pezzo dei Maya, vale una fortuna”
‘Ma che diavolo… è plastica’, notò.
E poi ammettiamolo: avrebbe potuto usare anche una scusa più credibile. Solo leggermente.
Calum, tuttavia, annuì. Era spaventato, ma annuì.
“E tu, dolce Sarah, attenta a dove siedi: in origine, in quella stessa sedia, si ea seduto niente popo’ di meno che Luigi XIV”, continuò.
E ‘Oh, sul serio? Vogliamo mettere in mezzo anche la Grecia del III secolo o basta così?’
La donna guardò negli occhi ognuno di loro, soffermandosi di più su Luke. Il ragazzo non abbassò lo sguardo.
C’era silenzio, nella stanza. Sembrava che nessuno volesse parlare: stavano tutti aspettando che fosse Clara a fare il primo passo. E magari anche il secondo, pure il terzo, e tutti quelli a seguire.
Parlandoci chiaro: nessuno aveva più le palle di dire qualcosa.
“Sembra sia arrivato il momento di parlarvi”, sospirò.
‘Oh, trattenga i sospiri teatrali’
“Vi ho liberati perché ho sentito parlare del vostro progetto, grazie al blog di Helena – maledetta Helena – perché anche io andavo all’Università di Londra – maledetta Londra – e ho deciso di darvi una mano: siete giovani, sbagliando s’impara – maledette frasi fatte – e vorrei farvi unire. Perché solo voi sapete quello che state vivendo, e sarà proprio questa grande cosa in comune ad unirvi per il resto della vostra vita”
Luke giurò di aver visto una lacrima solcare il viso della rossa, emozionata.
Davvero bastava così poco per soggiogarli?
Effettivamente no: era così solo per la piccola Sarah. Perché tutti gli altri (persino il povero Calum, signore e signori!), erano piuttosto scettici.
L’aveva detto: erano stati i Maya a fregarla.
“Perciò – la donna riprese – vi aspetto in salotto. Avete un’altra seduta di gruppo da affrontare”, e li lasciò soli.
‘Sul serio? Un’altra seduta?’, sbuffò. Perché davvero non riusciva a capire la mania della gente di unirli come gruppo. Cosa volevano ottenere, così facendo? Non potevano semplicemente lasciare che il corso della natura di compisse?
Quelle forzature, per uno come lui, erano davvero insostenibili.
E poi non gli interessava sapere i loro animali preferiti o la loro top 10 di iTunes.
Voleva solo divertirsi con loro, e le cose andavano alla grande senza quelle sedute da psichiatri mancati – molto mancati, direi quasi falliti miseramente.
“Ok”, ma tutti acconsentirono.
E solo quando la donna se ne andò con un sorriso stampato in faccia, anche gli altri suoi compagni espressero finalmente i loro sentimenti con le loro espressioni.
E sembravano essere tutti d’accordo con lui.
“E’ pazza”, confermò Ashton.
“Completamente”
“Dalla testa ai piedi”
“Mi fa paura”
“E’ piuttosto inquietante in effetti”
“Ma smettetela! – li rimproverò la rossa – E’ così dolce e gentile!”
Luke sbuffò: quella ragazza non sarebbe mai cambiata.
“Vabbè – lasciò perdere – io ora vado a farmi una doccia. Con permesso…”
Ne aveva decisamente bisogno, come ogni mattina.
Così si alzò, si stiracchiò leggermente, e si diresse verso il bagno del secondo piano – l’unico che conosceva.
E prima che potesse entrare “Non ti azzardare a cantare!”
“Ti dedico la mia intera playlist, crostatina
Luke sorrise.
 
 


***
 
 


Luke non parlava molto. O meglio, non sentiva proprio il bisogno di aprirsi agli altri così come la maggior parte dei suoi coetanei.
Una volta, in seconda superiore, stavano parlando dei propri problemi con la professoressa di religione.
Madison aveva un brutto rapporto con il padre, Kyle si sentiva inferiore a suo fratello, Patrick non si sentiva mai abbastanza per nessuno e Clear aveva litigato pesantemente con la sua migliore amica.
Quando era arrivato il suo turno, aveva ridacchiato e “Il mio cane mi ha mangiato la colazione, stamattina”, aveva detto.
Fu l’unico della classe ad avere l’insufficienza in religione.
Così come l’anno dopo, quello successivo, e quello dopo ancora.
Ma a Luke non importava – più che altro era Liz quella un po’ più preoccupata -, Luke non aveva bisogno di parlare, né di ascoltare più di tanto.
La gente poteva mentire, no? E anche lui poteva farlo.
Quello che non mentiva mai, era il corpo. E lui, in tutti quegli anni, aveva imparato a leggerne ogni piccola sfumatura.
Osservando aveva capito tante cose: che Calum, anche se li aveva portati lui stesso al cimitero, se la stava facendo sotto peggio di loro; che Sarah, anche se faceva finta di niente, ci rimaneva davvero male quando Helena non la calcolava; che Ashton, per quanto passasse il tempo a sorridere alla vita, cercasse qualcosa di più ogni volta che incrociava lo sguardo con la bionda.
Aveva anche capito che Helena, la volta che Ashton aveva cantato all’Auditorium, si era divertita davvero tanto; aveva capito che Blekking, cavolo, sarebbe riuscita a fotterlo tutte le volte che voleva.
Tutto questo, senza ascoltare una sola parola dei discorsi inutili che ogni tanto mettevano su per ‘fare amicizia’.
Purtroppo, in quel momento si ritrovavano in quella stessa situazione. Clara aveva chiuso tutte le finestre, abbassato le serrande, spento le luci.
In pratica, anche se era pieno giorno, non riusciva nemmeno a vedersi le mani.
L’unica luce presente era la grande candela nelle mani della vecchia – ma l’aveva rubata da una chiesa, per caso? – che riusciva ad illuminare solo la sua faccia.
E tra il buio e quel viso rugoso, aveva decisamente preferito le tenebre.
“Il gioco è semplice: se ieri avete detto tutti gli insulti, oggi guarite le vostre ferite con i complimenti!”
Sentì un gridolino eccitato: doveva essere sicuramente Sarah.
“Vi passerete la candela, in senso orario, e colui che la tiene in mano dovrà dire un pregio di ognuno dei suoi compagni, chiaro?”
Luke annuì. Poi si rese conto che lei non poteva vederlo, ma non parlò comunque.
‘Peggio per lei’, ghignò.
Tanto avevano risposto tutti gli altri al posto suo, e proprio non gli andava di parlare.
Già era penalizzato: non poteva vedere nessuno, di conseguenza il suo punto forte non valeva niente.
Probabilmente non avrebbe neanche ascoltato.
“Chi comincia?”, continuò la donna, senza abbandonare quello strano sorriso.
“Posso cominciare io? Ho paura del buio, me la sto facendo sotto”
Il tono tremante di Calum avrebbe convinto anche un dinosauro a non mangiare carne per il resto della sua vita. Ma evidentemente non tutti la pensavano come lui.
“Tu hai paura anche della luce, Calum”, sbuffò quella che doveva essere Helena.
La sua voce era inconfondibile, con quella perenne nota di superiorità.
“Oh, e stai zitta”
“Stai zitta tu!”
“Ma non ti accorgi che a nessuno frega niente di quello che dici? Lascialo iniziare e basta!”, la rimproverò ancora Blekking.
“Lurida putt…”
“OK!”, urlò Ashton.
E Luke lo ringraziò mentalmente, perché per quanto sarebbe potuto essere divertente una rissa tra donne, una situazione analoga tra Helena e Blek avrebbe causato l’apocalisse.
“Quindi posso iniziare o…”, sussurrò Calum, ancora più spaventato.
“Inizia, dai”, lo spronò la dolce voce di Sarah.
“Uhm… ok”, non sembrava tanto convinto.
“E parla!”
Si convinse.
Ecco… allora… Un pregio di Sarah è l’essere comprensiva”, cominciò. E wow che originalità. “Quello di Blekking è di saper suonare – di bene in meglio – quello di Ashton è di avere un bel sorriso”
“Grazie amico”, rispose ridendo.
“Quello di Sarah è di… creare blog?”
La ragazza sbuffò.
“Quello di Michael è di essere sereno e quello di Luke… Luke ha delle belle gambe”
Delle belle gambe.
Seriamente?
‘Ma andiamo…’
“Questo gioco fa schifo”, si lamentò Michael “Erano più divertenti gli insulti”, ridacchiò.
Beh, sereno mica tanto, alla fine.
“Oh, Mr. Sono-Nel-Mio-Mondo ci ha degnati della sua parola”, disse acida.
Non riuscì a vederlo, ma sentì chiaramente che Michael stesse per dirgliene quattro.
Ma il buon samaritano intervenne nuovamente “OK!”, urlò di nuovo.
Che poi, perché continuava ad urlare ‘ok’?
Non sarebbero state più efficaci delle frasi di senso compiuto?
Eppure, funzionò anche quella volta, e la candela arrivò proprio a Luke.
Non se ne era neanche accorto.
Quell’improvvisa fonte di luce proprio sotto i suoi occhi chiari lo fece lacrimare per un momento.
Fortunatamente si riprese presto, e pensò ai pregi.
‘Oddio, sarà dura…’
Si schiarì la voce, tanto per prendere ulteriore tempo.
“Sono Luke”, ebbe la geniale idea di dire.
“Ti vediamo, deficiente”
‘Giusto, ok’
Serio o comico? Emozionante o cazzone? Non sapeva proprio che strada prendere.
Ma perché si sarebbe dovuto aprire proprio in quel momento? Non l’aveva mai fatto, e sicuramente quella Clara non sarebbe stata testimone di quel grande passo.
Anche quella volta, scelse la strada più facile.
“Helena, hai delle belle tette”, cominciò. E lo pensava sul serio.
“Ehi!”, protestò lei, ma la ignorò.
“Ashton, hai dei magnifici peli sul petto”
“Che fai, mi spii in bagno?”
Luke rise “Calum, le tue braccia sono la mia musa”
“Non mi sento a mio agio in questo discorso”, commentò invece lui.
Il che lo fece ridere ulteriormente.
E tutta la tensione dov’era finita?
Aveva la strana impressione che si fosse solo nascosta.
“Sarah, sei la mia ginger preferita”
Ok, non sapeva che cazzo dire di lei.
“Grazie Lukey”, le rispose però.
Si accontentava di poco, la ragazza: meglio.
“Blekking tu hai… un bel nome
E ridacchiò ancora prima ch’ella potesse rispondere, perché lui adorava così tanto stuzzicarla.
“Fanculo, Hemmings”, ma rise anche lei. E lui adorava quel suo senso dell’umorismo.
“Perché mi hai lasciato per ultimo?”, si lamentò il ragazzo dai capelli verdi.
Luke sorrise “Il meglio alla fine, Clifford”, rispose, con una voce da scolaretta tanto patetica quanto divertente.
Tra le risate, si sentì anche lo sbuffo di Helena. La quale, si accorse, era proprio al suo fianco.
“Mi aspetto emozioni da te, Hemmings”
“Mi piace la tua barba”, disse allora.
“Sul serio, amico? La mia barba?”, si lamentò.
Gli altri ancora ridevano, per qualche oscura ragione. Ma chi si lamentava: gli piaceva sentire le risate dei suoi compagni.
“Ne voglio un’altra!”, si lamentò allora.
Luke sbuffò divertito e “Mi piacciono i tuoi capelli. Sulla testa. E sulla faccia. Mi piace la tua barba
E allora le risate si intensificarono ulteriormente, tanto che persino a lui sfuggì una lacrima.
Da quando non rideva così tanto? Erano forse anni’
“Mi vendicherò, biondino. Sappilo”
“Già, peccato che adesso tocchi a me
E quasi si sentì strappare dalle mani quella candela.
Non avrebbe mai più sottovalutato la forza fisica femminile: Helena ne aveva proprio da vendere.
“Ma penso che il mio turno finirà presto, perché non riesco proprio a trovare nessun pregio, in voi”
‘Oh no. Porca troia no ti prego, qui finisce male’.
“Potresti cominciare col dire che siamo tutti migliori di te”, iniziò Blekking.
E quasi la odiò per quello – quasi, non avrebbe mai potuto odiare quella ragazza.
Lui, povero ragazzo che cercava sempre di evitare gli scontri, si ritrovava ad affrontare una ragazza sempre pronta a combattere.
“Oh, ma finitela con queste cazzate!”, urlò.
Un silenzio gelante si espanse per tutta la stanza: tutti sapevano a cosa sarebbero andati incontro se avessero parlato, e tutti erano disposti a rischiare.
Tutti tranne Luke, che avrebbe semplicemente fatto finta di niente.
Non sopportava proprio le urla.
‘Preparati psicologicamente, Hemmings’, si disse da solo.
“Nessuno di voi è migliore di me, anzi. Pensate davvero che si possa ferire una persona solo con le parole? Vi comportate come se foste le persone perfette e io la cattivona che rovina tutto. Ma sapete una cosa? Io mi accorgo di tutte le volte che alzate gli occhi al cielo quando parlo, e non è carino. Io mi accorgo di quando cercate di evitarmi, e non è carino. Io mi accorgo di come mi parlate alle spalle, e non è carino nemmeno quello. E osate pensare di essere migliori di me?”
‘Porca puttana me ne voglio andare adesso’
“Sul serio Helena, sul serio?! – Ashton, proprio al fianco della ragazza, intervenne – Tu ci hai sempre evitato, tu hai sempre parlato male di noi e ancora tu esprimi il tuo disappunto in ogni modo ogni volta che parliamo. Come se ti infastidissimo ad ogni fottutissima sillaba!”, urlò.
E Luke, potette giurare, non aveva mai visto un Ashton del genere.
Neanche nei suoi scenari più assurdi, in previsione di quel maledetto viaggio, si era immaginato un Ash… non Ash.
“Vaffanculo, Ashton!”, urlò anche lei.
“No, vaffanculo tu! Non hai neanche mai chiesto scusa, cazzo, mai! Anche se io ti ho dimostrato tante di quelle volte che ci tengo a te. Mai!
E merda, le cose si stavano facendo più scottanti.
Tutti quei casini nei primi tre giorni? Avevano molto materiale su cui lavorare per non uccidersi il quarto giorno.
“Perché, voi l’avete mai fatto, Ashton? Avete mai chiesto scusa?”
‘No…’
“NO!”, continuò lei.
Luke si allontanò leggermente da Helena: essere così vicino all’occhio del ciclone lo faceva sentire vulnerabile.
E il suo cuore, ad ogni nuovo urlo, si appesantiva sempre di più.
Non poteva sopportare tutto quello ancora, doveva porre fine a quella guerra inutile.
Allora, cercando di essere il maschio alfa che non era, si alzò e li raggiunse.
Erano entrambi in piedi, ed Helena aveva ancora quella fottuta candela in mano.
Possibile che fossero arrivati in quella situazione elencando i pregi e non elencando i difetti?
Erano così strani…
“Dammi la candela, non è più il tuo turno di parlare!”, la rimproverò Luke.
E forse non era esattamente la scusa migliore, ma sperava che togliendole il potere conferitole dalla candela potesse sistemare le cose.
Che idiota.
“No! E’ il mio turno e parlo io. Io ho la candela”, continuò.
Luke cercò ancora una volta di strappargliela dalle mani, ma la potenza muscolare di Helena si fece sentire di nuovo.
‘Ti fai battere da una ragazza, Hemmings?’
“Luke ha ragione! Stai solo spargendo merda su tutti noi, non sei degna di tenere la candela dei pregi!”, lo aiutò Ashton.
‘Candela dei pregi… stiamo delirando, Cristo’
Tutto d’un tratto, anche Ashton si unì alla lotta per la candela, tanto che cominciarono a contendersela come dei bambini di cinque anni, tirandola da una parte all’altra.
“Tra i tre litiganti, il quarto gode!”
“Blekking, sono quasi sicuro che il detto non sia così”
“Zitto, Hemmings”, Blek si unì alla guerra.
“Basta, ragazzi!”, anche Helena.
“Me ne voglio andare”
“Io invece mi diverto così tanto”, Michael rise di loro.
E proprio nel mezzo di uno strattone più forte degli altri, ecco un urlo: “CAZZO! Mi sono bruciato!”
C’era fuoco, c’era disprezzo, c’erano strattoni, c’erano persone arrabbiate… dovevano aspettarselo.
Eppure, l’urlo improvviso di Ashton causò in loro una sorpresa tale da mollare la presa sulla candela.
Tutti insieme.
Contemporaneamente.
E la candela accesa rotolò, rotolò, rotolò, fino ad arrivare alla porta finestra.
Coperta da una fottutissima tenda.
Lo spettacolo davanti ai loro occhi suscitò diverse emozioni nei cuori di ognuno di loro: panico, terrore, disperazione, sensi di colpa, e ancora panico.
Nessuno calcolò neanche Calum, che era svenuto nuovamente.
La tenda bruciava davanti ai loro occhi, e il fuoco sembrava quasi inarrestabile.
Fortunatamente l’adrenalina che prese possesso del corpo del biondo gli fece capire che no, quel fuocherello di merda non era inarrestabile.
Così prese la coperta posta sopra il divano, e la stese sull’incendio sbattendo forte i piedi.
I compagni lo seguirono presto – grazie al Cielo.
La fronte imperlata di sudore e l’affanno di Luke lo fecero sentire come in un grandioso film d’azione, ma la sua impresa non era stata chissà che cosa, alla fine.
Ciononostante, Clara li guardava sbigottita. Terrificata, e anche incazzata, a dire il vero.
Aveva finalmente acceso le luci, e finalmente tutti i ragazzi potettero guardarsi negli occhi.
Erano tutti… increduli. ‘Ché era successo tutto talmente in fretta da renderlo quasi irreale.
Era successo tutto quello o se l’era solo immaginato.
‘Cosa sta succedendo’
L’esclamazione dell’anziana lo riportò alla realtà.
“La mia preziosissima tenda – e pianse pure – Era un regalo della vecchia Debby, direttamente dall’Asia, ricavato dall’originale tappeto volante di Aladin
Luke finalmente seppe cosa fare.
Si guardò intorno, cercando di analizzare bene la situazione.
‘Dobbiamo agire in fretta’
Fece segno ad un Ashton più scioccato di lui, ed insieme presero in braccio Calum.
Non fece caso a Sarah che parlava fitta fitta con la vecchia, non fece caso alla bionda che afferrava saldamente il suo computer, non fece caso alle risate di Blekking e alla confusione di Michael.
Semplicemente, gridò.
“SCAPPIAMO RAGAZZI”
Per la prima volta in tutta la sua vita, si sentì il maschio alfa.
Ogni suo compagno lo seguì in quella pazza corsa fuori da quella strana casa, lontani dalla vecchia, da monumenti da museo, e da uova ambigue.
Certo, correre con un peso morto sulle spalle non era piacevole, ma era talmente preso dalla fuga che non ci fece nemmeno caso.
Semplicemente scapparono.
E non si guardarono indietro, nemmeno una volta.





Angolo autrice


Allora, eccomi con un nuovo capitolo. Lo ammetto, ho ritardato nuovamente, per le solite ragioni e bla bla bla, si sa ormai. Ebbene mancano pochi giorni e poi VACANZE, già. Solo davvero felice.
La parte della barba chiaramente l'ho presa da un'intervista bellissima dove ho amato Luke, quindi non potevo non metterla. 
Per il resto, ecco il punto di vista di Luke. Spero abbiate potuto cogliere più sfumature del suo strano carattere.
Detto questo, spero che il capitolo vi sia piaciuto; se volete lasciare qualche commento, sarei davvero felice di rispondervi :)
Vi lascio il link della mia one-shot (la prima, che emozione ragazze):
http://www.efpfanfic.net/viewstory.php?sid=3140648&i=1
E' su Luke, vi avviso, e sì, ho una certa fissa per questo ragazzo e per il suo magnifico naso.

Grazie per la lettura, a presto :)

Image and video hosting by TinyPic" />

 
  
Leggi le 3 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Fanfic su artisti musicali > 5 Seconds of Summer / Vai alla pagina dell'autore: Keep_Running