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Autore: serClizia    07/06/2015    3 recensioni
Mental institution!AU in cui l'ospedale è un po' un purgatorio, un po' l'inferno.
Entrambi saranno costretti a fare i conti con i demoni nella propria testa.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Castiel, Dean Winchester, Sam Winchester
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate | Contesto: Nessuna stagione
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  3.
 
I… fall
Without you, I’m nothing
Take the plan, spin it sideways
Without you, I'm nothing at all
 
 
Come ad ogni visita, Sam si aspettava di trovare Dean intento a venirgli incontro con un mega sorriso, si aspettava un abbraccio breve ma strettissimo, per poi essere pilotato verso uno dei posti liberi.
Non successe niente di tutto questo.
Dean stava dall’altra parte della stanza, ancora seduto al tavolino con Castiel, e sventolava la mano per invitarlo ad unirsi a loro.
Sam si avvicinò, deciso a non far trapelare la sua titubanza, causata soprattutto dal fatto che questo Castiel continuasse imperterrito a guardare fuori dalla finestra.
Dean calciò la gamba della terza sedia, facendolo accomodare con le spalle al resto della sala. Sam, un po’ a disagio, si schiarì la voce e si sistemò al tavolino.
Dean gli piazzò una pacca sulla spalla. “Ehi, Sammy.”
“Ehi.”
“Ho convinto Cas a unirsi alla nostra piccola riunione familiare.”
Si impegnò a sorridere. “Lo vedo.”
Si voltarono entrambi verso il Castiel in questione, che pareva non avesse nemmeno registrato la loro presenza.
“Quindi, Castiel, è un piacere conoscerti…”
Ancora nessun segno di vita.
“Sta ascoltando, non preoccuparti,” lo incoraggiò Dean.
Sam annuì. “Dean mi dice che non sei uno che parla molto…”, si stupì nel vederlo lanciare un’occhiata risentita a suo fratello, stava cominciando a temere che non ci fosse mai stata un’effettiva conversazione tra i due e che Dean si fosse inventato tutto, “e va bene, non c’è problema. Non ti farò domande, sono… solo contento che tu abbia deciso di unirti a noi.”
Dean batté forte la mano sul tavolino, facendolo sussultare. “Ha! Che ti avevo detto, Cas? È o non è un tipo intelligente?”
Castiel, che ovviamente non aveva battuto ciglio neanche di fronte allo schiocco della manata sul legno, annuì lentamente.
Dean fece una smorfia di compiacimento e Cas rimase a fissarlo, evitando di tornare alla finestra.
Sam rilassò leggermente le spalle. Ora capiva come quella specie di amicizia tra loro potesse funzionare. Non avevano bisogno che Castiel parlasse per comunicare. Dean non si era inventato nulla, avevano davvero parlato, aveva veramente chiesto a Castiel di includerlo nel loro circolo e lui aveva detto di sì.
Non che pensasse seriamente che Dean avesse manifestato altri livelli di allucinazioni rispetto a quelle dei suoi demoni, ma la paura restava sempre lì, dietro l’angolo. E voleva che Dean stesse bene, che guarisse, e non voleva mai mai più dover ripetere l’esperienza di piantargli un sonnifero nel collo e trascinarlo in un manicomio.
Li vide imbastire una conversazione muta fatta esclusivamente di sguardi per un altro po’, prima di sentirsi un intruso e tossicchiare piano.
“Allora, Bobby ha detto che vuole venirti a trovare la prossima volta.”
“Bobby?” Dean scattò per la sorpresa. “Davvero?”
“Certo. Sempre se ti va.”
“Se mi va? Stai scherzando? Sono mesi che voglio rivedere quella vecchia faccia barbuta.”
Sam annuì. “Bene, allora manderò lui la prossima volta.”
Lo sguardo di Dean si rabbuiò un poco, anche se si sforzava di non darlo a vedere. “Oh. Tu non vieni?”
“Solo un visitatore alla volta. Mi spiace.”
Dean spazzolò l’aria in mezzo a loro. “Nah, va bene. Ma ora dimmi te. Come sta Jess?”
Sam sorrise piano. “Sta bene.”



Sam aprì la porta e lanciò al buio le chiavi sul tavolino della cucina vuota.
La stanza del motel era fredda e deserta, come sempre, da quando ci si era trasferito il giorno in cui aveva fatto ricoverare Dean.
Con Jess era finita quello stesso giorno.
Aveva provato a mandare avanti le cose a distanza per un po’, ma era tutto troppo dannatamente difficile.
Guardò gli scatoloni posati a terra, pieni delle ultime cose che era andato a riprendersi da casa loro, da quella che ora era esclusivamente casa di Jess.
Si buttò sul letto senza accendere la luce.
Non era riuscito a dirlo a Dean. Si sarebbe colpevolizzato anche di questo, lo sapeva. Si era presentato a casa di suo fratello minore, delirando di demoni che avevano rapito papà, costringendo Sam a mollare tutto e farlo ricoverare in un altro stato, facendogli mollare l’università, la fidanzata, il futuro. Dean l’avrebbe vista così, sicuramente, e non si sarebbe dato pace.
Ed in effetti era così, e certo, era triste, ma Sam non dava la colpa a Dean. Non gli aveva dato la colpa nemmeno per un secondo. John, sì, quel bastardo era la persona giusta a cui dare la colpa. Sam sperava fosse morto in un vicolo da qualche parte. Dean ne sarebbe stato distrutto per un po’, ma poi si sarebbe ripreso, e lontano dalla sua influenza sarebbe piano piano guarito.
Ripensò al suo sguardo, quella notte, mentre gli rivelava il motivo della sua visita. “Papà è andato a caccia e non è più tornato.”
Lo aveva visto spezzarsi davanti ai suoi occhi, terrorizzato dall’idea di dover portare avanti una vita senza di John, senza i suoi stupidi simboli che tenevano i demoni alla larga da loro.
“Sono stati i demoni, Sammy, i demoni hanno ucciso anche papà, mi dispiace, mi dispiace così tanto.”
Sam scacciò via l’immagine di suo fratello maggiore piegato dalle lacrime, si buttò un braccio sugli occhi e cercò di addormentarsi.
Sognò la consunta giacca di pelle di papà, il suo odore mentre stringeva Dean tra le braccia e lo coccolava, mormorandogli parole di conforto, la siringa stretta tra le dita pallide.
“Va tutto bene, Dean.”
“È colpa mia, è solo colpa mia.”
“Sshh, va tutto bene.”
“Sono stato io, Sammy.”
“Sssh.”
“Vorrei… vorrei non sentire più niente.”
“Va tutto bene, Dean. Chiudi gli occhi.”
“Sammy…”
“Perdonami.”

 
  
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