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Autore: deborahdonato4    07/06/2015    2 recensioni
Ade è annoiato per via dell'assenza di Persefone.
Apollo si trova negli Inferi come punizione.
Cosa mai potrebbe accadere tra i due?
Genere: Erotico, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Ade, Apollo
Note: Lime | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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La richiesta di Apollo lo colse completamente alla sprovvista. Cosa voleva il dio del sole da lui?!
«Voglio un appuntamento.» ripeté Apollo, come se gli avesse letto nel pensiero, e come se fosse la cosa più naturale del mondo. «Un appuntamento romantico.» aggiunse.
Ade strabuzzò gli occhi. Un appuntamento? Romantico, per giunta? Forse aveva fatto male ad insinuarsi nel letto di Apollo, tre settimane fa. E aveva fatto ancora più male a diventare il suo amante. Come poteva organizzare un appuntamento romantico lì negli Inferi? Apollo non poteva lasciare l'Oltretomba, e Ade non aveva alcuna intenzione di creare un permesso. Suo fratello Zeus avrebbe fatto domande, che avrebbero richiesto risposte imbarazzanti, e per quanto gli piacesse il dio della musica, Ade non era ancora disposto a strombazzare la sua relazione clandestina, e il suo adulterio, con gli Dei dell'Olimpo.
E se Persefone lo avesse saputo? Lui che figura avrebbe fatto?
«Un appuntamento.» ripeté calmo Ade, cercando di nascondere il suo nervosismo.
«Romantico.» aggiunse Apollo.
«Romantico.» ribadì Ade, passandosi le dita tra i capelli. Da quando aveva visto il figlio Nico fare quel gesto del tutto umano, non riusciva più a farne a meno. «Qui. Negli Inferi.»
Apollo alzò gli occhi fino al soffitto, fatto di cenere e ossa come il resto del palazzo. «Se non si può richiedere di meglio, mi accontento.» annuì il dio del sole.
Ade lo guardò sconsolato. «Sei sicuro di quello che vuoi? Un appuntamento? Non possiamo... fare sesso e basta?»
Apollo lo guardò furioso. «Se è solo questo che vuoi, caro mio, ti consiglio di andartene!» urlò, e Ade sobbalzò per le note stonate che lasciarono la gola di Apollo. «Mi sfrutti solo per quello, eh? Be', da ora in poi te lo puoi scordare! Non ti lascerò entrare nel mio letto fino a quando non mi avrai concesso un appuntamento!»
Ade fissò Apollo esterrefatto. Era proprio come un bambino capriccioso. Ma la colpa era anche sua. Lo aveva appena offeso.
Apollo afferrò una chitarra, e sembrava intenzionato a sbatterla contro il pavimento fino a romperla. Ma qualcosa lo trattenne, probabilmente il suo amore per la musica.
«Sono il tuo schiavo sessuale.» piagnucolò Apollo, posando la chitarra sul letto. «È per questo che mio padre mi ha spedito qui.»
«Sì, immagino che Zeus abbia capito che intendevo importunarti, costringerti a fare cose contro il tuo volere.» disse Ade, irritato. «Come hai fatto tu con me.»
Apollo smise di piagnucolare.
«Ti ricordo che hai deciso tu di giacere con me.» ringhiò Apollo. «Io ti ho solo assecondato.»
«Posso capire la prima volta, ma tutte le altre?»
«Alla seconda mi sei saltato tu addosso, proprio sul pianoforte!»
Ade se lo ricordava ancora bene, perciò arrossì. «Sì, be'... e poi?» farfugliò.
«Poi ci siamo confessati di amarci. E abbiamo deciso di continuare questa stupenda relazione.»
«Se continuiamo a litigare, non durerà ancora a lungo.»
«Se tu non mi offrirai un appuntamento come si deve, non durerà a lungo!» ribatté Apollo. Voleva sempre avere l'ultima parola. Ad Ade non piaceva discutere, ne tanto meno parlare, quindi gli andava bene.
«E cosa ti aspetti, da questo appuntamento?» domandò Ade, perplesso.
«Devi organizzarlo tu!» sbuffò Apollo, sedendosi sul letto con la sua arpa. «Non puoi chiedermi di aiutarti ad organizzarlo! Dovrebbe essere una sorpresa! Tu e Persefone non fate mai cose del genere?»
L'unico appuntamento memorabile che Ade riusciva a ricordare con la moglie era quando avevano fatto un picnic sulla riva dello Stige, in compagnia di Demetra e quintali di cereali.
«No.» mentì Ade. «Ma posso riuscire ad inventare qualcosa.»
«Perfetto. E fino ad allora...» Apollo si alzò in piedi, indicandosi interamente il corpo nudo. «Non avrai alcun tipo di assaggio da tutto questo. Fino al nostro appuntamento.»
Ade evitò di sospirare. Quando Apollo si comportava come una ragazza, era proprio fastidioso.
Apollo fu sul punto di ribattere alla vista del volto inespressivo di Ade, quando questi gli fu addosso. Lo spinse sul letto, ignorando il suo divieto, e Apollo fu sul punto di mettersi ad urlare quando Ade lo baciò dolcemente sulla bocca. Apollo si rilassò e si lasciò andare al bacio.
«Lo farò.» annuì Ade, separandosi da lui e scrutandolo. «Organizzerò questo appuntamento. Sarà indimenticabile.»
Apollo sentiva le labbra bruciare. Voleva che Ade lo baciasse ancora, che lo possedesse, ma poco prima gli aveva detto una cosa e decise di non rimangiarsi la parola. Anche se desiderava farlo con tutto sé stesso.
Ade si rivestì, si sistemò la vestaglia e gli fece un cenno con la mano. Apollo sospirò nel vederlo andar via, e fu sul punto di riprendere a suonare quando Ade rientrò in stanza.
«Tu...» borbottò Ade. «Tieniti libero per una di queste sere, d'accordo?»
Apollo afferrò il cuscino e glielo lanciò addosso. Ade scomparve con una mezza risata.
 
Apollo si stese sul letto, furioso e divertito. Furioso perché le sue serate erano sempre libere, visto che non poteva lasciare gli Inferi. Divertito perché Ade era riuscito a fare una battuta, più o meno divertente, dipendeva dal suo umore.
Apollo si rigirò tra le coperte. Aveva fatto male a chiedere ad il dio dei morti un appuntamento? Avevano una relazione sessuale da più di tre settimane, ormai. Qualsiasi donna normale avrebbe chiesto qualcosa in più.
Apollo mordicchiò il cuscino che Ade usava per dormire, assaporando l'odore di morte e di vischio che vi era rimasto impresso. Non riusciva a credere di essere così completamente indifeso nei confronti del dio dei morti. Non credeva nemmeno di potersi innamorare così velocemente di un dio scontroso che si occupava di morte, che passava il suo tempo sottoterra, e che sembrava così contrario a tutti i suoi divertimenti.
Però Ade si divertiva quando Apollo gli faceva dei concerti privati. Gli chiedeva sempre il bis. Sembrava che Ade stesse iniziando ad apprezzare la musica.
Apollo recupero da sotto il materasso l'iPod che il figlio Will gli aveva regalato mesi prima, per Natale. La maggior parte delle canzoni, se non tutte, erano ben diverse dalle sinfonie che lui amava, ma erano ascoltabili. E ad Ade piacevano gli Slipknot.
Apollo si alzò dal letto, si infilò la sua vestaglia dorata e andò a sedersi al pianoforte. Sgranchì le dita, soffiò via la polvere dai tasti del pianoforte e iniziò a suonare. Le note gli erano del tutto nuovo, e dopo le prime cinque capì di aver appena inventato un Inno ad Ade. Ridacchiò, imbarazzato. Forse poteva suonargliela al loro appuntamento.
 
Dopo aver passato in rassegna i terrificanti appuntamenti avuti in passato con la moglie, Ade decise di chiedere aiuto all'unica persona di cui si fidava ciecamente.
Attese che nel mondo umano calasse la notte, prima di intrufolarsi nel sogno del figlio. Nico al mattino non si sarebbe ricordato niente. Meglio così.
Per qualche minuto, Ade rimase in contemplazione dell'enorme stanza in cui era apparso nella mente di Nico. Era enorme, dipinta con le tinte nere, argentee e oro. Un figlio di Ade e un figlio di Apollo si erano divertiti a tinteggiare quelle pareti, sebbene si trovassero solo in sogno.
Ade individuò suo figlio su un letto spazioso. Era in compagnia di Will. Ade si domandò perché suo figlio dovesse fare sogni erotici proprio quando doveva chiedergli qualcosa.
I due sembravano insaziabili, e Ade si trattenne dal sospirare. Tali figli, tali padri. Ma in quel momento non era Will a prendere l'iniziativa, ma Nico.
Stufo di assistere, Ade puntò la mano sulla figura immaginaria di Will Solace, che scese dal letto con la scusa di voler prendere qualcosa da bere. Nico lo guardò perplesso mentre si allontanava e Ade andò a sedersi vicino.
«Padre!» strillò Nico, e per qualche secondo la stanza tremolò. Il figlio si era spaventato a tal punto da svegliarsi. Ade riuscì a farlo rimanere lì. «Padre, tu..?»
Nico cominciò a farfugliare, e Ade lo bloccò con un dito. «Sono solo un sogno.» gli disse Ade. «Tra poco me ne andrò, e potrai riprendere quei giochetti con il tuo ragazzo.»
Nico arrossì. «Non mi sembri una visione da sogno.»
«Immagino che tu e Will non facciate queste cose anche nella vita vera. O sbaglio?»
Nico tossicchiò. «Cosa vuoi da me, Padre?»
Ade esitò. Ora doveva fare attenzione a quello che diceva al figlio. «Devo organizzare un appuntamento.»
«Un appuntamento?»
«Per Persefone.» mentì Ade.
Nico annuì. «E quindi?»
«Tu sei la mia persona di fiducia. Cosa posso fare?»
Nico ne sembrò sorpreso, ma si fece subito pensieroso. «Ci sono dei bei ristoranti, qui nel mondo umano.» gli disse.
«Non posso lasciare gli Inferi.»
«Allora...» Nico scrollò le spalle e cominciò a raccontargli nei minimi particolari quello che doveva fare. Ade prese appunti mentali.
Quando Will Solace tornò, sorridendo splendente, e pronto ad avventurarsi in nuovi giochi di ruolo con Nico, non sembrò accorgersi di Ade. I suoi occhi erano puntati su Nico, in attesa che lo invitasse a tornare nel letto.
«Grazie, figliolo.» disse Ade, balzando giù dal letto. «Me lo ricorderò per il futuro. Quando eri bambino hai sempre desiderato pilotare aerei. Potrei metterci una buona parola con Zeus.»
«Oh, sì, sarebbe fantastico.» disse Nico, gli occhi puntati su Will. Anzi, più specificamente, solo su una zona. «Ora, sparisci.»
Ade annuì. Se suo figlio avesse scoperto che non era una figura immaginaria, di sicuro non gli avrebbe mai detto «Sparisci» con quel tono.
 
Apollo stava aggiungendo un nuovo sottofondo con il violino al suo Inno ad Ade quando bussarono alla porta.
«Avanti.» disse Apollo, finendo la nota e guardando curioso verso la porta.
Un cameriere-zombie entrò. Dopo le prime settimane, Apollo si era abituato alla loro presenza spaventosa. Il colorito grigio, l'espressione vacua, le cicatrici, la puzza di decomposizione. Avevano ancora qualche brandello di pelle sul volto. Obbedivano direttamente agli ordini di Ade, ma Apollo, nelle ultime settimane, aveva notato che obbedivano anche i suoi. Si gongolava un modo quando chiedeva loro di preparargli un bagno caldo e di massaggiargli la schiena dolorante. O di ripulire uno ad uno ogni strumento.
«Ciao.» salutò Apollo, fissando il cameriere. «Mi hai portato da mangiare?»
Lo zombie gli posò un foglio di carta sul pianoforte, e se ne andò.
«È stato un piacere chiacchierare con te!» urlò Apollo, recuperando il foglio. «Ciao!»
Quando si svegliava nel cuore della notte in compagnia di Ade, Apollo si considerava fortunato di non essere ancora impazzito. A lui piaceva la compagnia e le chiacchiere. Suo padre aveva scelto proprio una bella punizione per lui.
Apollo aprì il foglietto di carta e rimase spiazzato dalle parole che vi lesse. Apollo, sei invitato questa sera alle otto ad un appuntamento romantico. Passerà a prenderti uno dei miei servitori. Indossa il vestito che ritieni più adatto. Ade.
Apollo rischiò di mettersi a ridere. Ade era fantastico. Qualunque fosse stato l'esito dell'appuntamento, Apollo doveva ricordarsi di dare un punteggio anche agli sforzi del signore dei morti.
 
Dopo un bagno caldo, e aver passato più di mezzora a fissare i suoi quattro vestiti, Apollo rimase alla porta ad aspettare il servitore. Indossava un completo dorato a bordature nere, un regalo di Ade di alcuni giorni prima. I colori si completavano proprio come loro due.
Il servitore arrivò alle otto in punto, lo prese sottobraccio e lo trascinò per una decina di corridoi uno più terrificante dell'altro. Alla fine, quando Apollo cominciò a stufarsi, si ritrovò nei pressi della stanza di Ade. Il suo cuore ebbe un colpo. Avrebbero avuto lì il loro appuntamento?
Ade uscì fuori dalla sua stanza, congedando il cameriere e sorridendo ad Apollo. Almeno, il dio del sole presunse che quella smorfia fosse un sorriso. Indossava un completo nero e rosso.
«Ciao. Sei splendido.» disse Ade.
«Anche tu non sei da buttar via.» annuì Apollo. «Perché sono fuori dalla tua stanza? Un appuntamento non significa cambiare stanza da letto.»
«Lo so. Volevo un posto carino, e la mia stanza privata è carina. Prego, accomodati.»
Apollo entrò, restando a bocca aperta.
La stanza era splendida, secondo i gusti di Ade, di Ares e dei loro figli. Le torce rilasciavano luci rosse e nere, creando un gioco di luce affascinante, che metteva in risalto i teschi e gli scheletri umani che spuntavano dalle pareti. Ogni teschio era stato dipinto di oro, forse in onore di Apollo.
Il letto addossato alla parete destra era magnifico. Era il più grande che Apollo avesse mai visto - e nella sua vita ne aveva visti parecchi. Le coperte gli sembrarono di velluto nero, a sprazzi anche bianchi e argentei. Le tende che lo ricoprivano erano dorati. Il tutto lo rendeva stupendo.
Ade si era dato tanto da fare.
Lo sguardo di Apollo si posò sul tavolino apparecchiato per due al centro della stanza. Gli si avvicinò, curioso, non vedendo l'ora di mettersi a mangiare.
«Allora?» domandò Ade, mordicchiandosi il labbro. «È di tuo gusto?»
«Oh, sì, è meraviglioso.» annuì Apollo, sorridendogli raggiante. Il suo sorriso emanò ondate di luce che fecero tremare il fuoco delle torce. «Mi piace il tuo... gusto così... così...»
Apollo non riuscì a trovare la parola giusta, e rimase ad osservare il tavolo imbandito. Le fiamme sulle candele nere erano gialle. I portacandele erano dei piccoli teschi di scimmia. La tovaglia di pizzo era nera con macchie rosse, e Apollo presunse che fosse sangue, per dargli un tocco di originalità. I piatti e le posate erano d'argento, i bicchieri di cristallo. Le sedie di ferro dello Stige brillavano di luce sinistra.
«Tra pochi minuti verranno a portarci la cena.» avvisò Ade, e Apollo notò che stava ancora sorridendo. «Viene direttamente dal mondo umano, non dovrai temere di rimanere qui ad ogni boccone. Come lo preferisci il vino?»
«Rosso.»
«Ottima scelta.» Ade recuperò una bottiglia da chissà dove e riempì i due bicchieri. Apollo notò che il suo vino aveva la stessa consistenza e il colore del sangue. Ma dall'odore non lo sembrava, per fortuna.
«Ti sei dato da fare.» notò Apollo. Poteva sembrare il set di un film horror.
«Ho dovuto. Volevo darti il meglio.» sorrise Ade, e Apollo si sentì stringere il cuore.
Gli si avvicinò, rischiando di rovesciare il bicchiere che Ade teneva in mano, e lo baciò con passione. Quando Ade riuscì a posare il bicchiere al suo posto, Apollo gli saltò in braccio e Ade lo portò sul letto.
«Ma avevi detto...» borbottò Ade, mentre Apollo gli mordicchiava la gola. «Niente di tutto te prima dell'appuntamento.»
«Be', questo è già l'appuntamento, no?» rise Apollo, affondando il volto nel suo petto. «Abbiamo aspettato fino all'appuntamento.»
Ade gli accarezzò i riccioli dorati, fingendo di ignorare che i suoi pantaloni gli erano appena scivolati alle caviglie.
«Chiama i tuoi servitori.» mormorò Apollo. «Di' loro di servire la cena più tardi.»
«Non entreranno in stanza, a meno che non li inviti ad entrare.» lo rassicurò Ade. «E poi, ti preoccupi che degli zombie possano vedere il tuo bel sedere?»
«Mi preoccupo di più per la concentrazione. Ah, ma aspetta, mi hai fatto un complimento!»
Ade rise, arrossendo, e Apollo si liberò anche dei suoi vestiti.
«Questo è di sicuro il migliore appuntamento di tutta la mia vita!» esclamò Apollo, accarezzandogli la schiena e affondando le dita nella carne. «Ti ringrazio.»
«Grazie a te.» mormorò Ade, abbracciandolo, e si ritrovarono avvinghiati tra le coperte, mentre i camerieri-zombie attendevano di entrare fuori dalla porta.
 
 
Fine
 
Spero vi sia piaciuta! ;)
   
 
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