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Autore: Sselene    08/06/2015    0 recensioni
Partecipante al contest Legendary Tales di Yuko Majo | Dopo quasi sedici anni di lutto, la città Erdner torna a brillare: la Principessa Lisabelle, rapita da un'Arpia quand'era solo un'infante, è stata finalmente ritrovata e riportata a casa. Ma dopo quasi sedici anni passati lontano dagli umani in compagnia di una belva, c'è tanto che deve di nuovo imparare, a partire dal'alfabeto. E per lei, mezza umana e mezza belva, non c'è insegnante migliore di Ryan, che ha sulle spalle sia l'addestramento da guardia reale che l'insegnamento da pedagogo.
Genere: Angst, Fluff, Introspettivo | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna
Note: nessuna | Avvertimenti: Tematiche delicate
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La mattina dopo, Bryn mi aspettava al portone del castello, cosa che era di per sé un pessimo segno.
“Sua Maestà la Regina Katarina vorrebbe parlarti,” mi disse con tono stranamente ufficiale.
“Okay,” mormorai, cercando di nascondere il mio disagio. “È successo qualcosa?”
Bryn schiuse le labbra, poi le richiuse e si limitò a sorridere, facendomi cenno di seguirla, prima di avviarsi lungo il corridoio. Se già non mi avesse zittito il suo silenzio, di certo l'avrebbe fatto la consapevolezza che non ci stavamo muovendo verso la Sala del Trono, ma in tutt'altra direzione.
Mi era almeno di consolazione notare che non ci stavamo muovendo neanche verso la stanza di Tcho.
Bryn si fermò davanti ad una porta, indicandola con un cenno del capo.
“Regina Katarina ti aspetta dentro, ha chiesto che tu entrassi da solo.”
“Solo?” Ripetei, guardando la porta accanto a noi. “Okay,” mormorai, cercando di darmi coraggio.
Inspirai profondamente e poi bussai. Senza la presenza di Bryn accanto, probabilmente ci avrei messo molto più tempo a convincermi a farlo. Aspettai un assenso da dentro e poi entrai, stampandomi in viso il mio miglior sorriso.
La stanza in cui mi trovai era insolitamente piccola, soprattutto per un incontro con uno dei Regnanti, e non sembrava affatto vissuta. La Regina era sola al suo interno, ferma accanto alla finestra, di modo che la luce dall'esterno le creasse attorno un alone quasi divino. Era bellissima come sempre, forse anche di più, eppure dopo aver visto così spesso i suoi lineamenti su Tcho non mi faceva lo stesso effetto dei primi incontri.
“Mia Signora,” la salutai cortesemente, inchinandomi davanti a lei.
“Ryan,” rispose delicatamente lei, offrendomi un accenno di sorriso. “Grazie per aver accettato il mio invito.”
“È stato un onore a cui non avrei mai potuto rinunciare, Mia Signora,” recitai, lieto di quei necessari convenevoli che allontanavano il momento della vera conversazione.
“Come sta mia figlia?” Chiese però subito dopo la Regina, che non aveva lo stesso desiderio di girare attorno alla questione.
“Bene,” risposi semplicemente. “Faccio delle periodiche relazioni a Laura, la Guardia, credevo che lei...”
“Sì, certo,” mi interruppe lei, fermando le mie parole con un elegante cenno della mano. “Vorrei sentirlo da te, però... sei tu il suo insegnante.”
“Ma certo, Mia Signora,” commentai, cercando di decidere bene cosa dirle. “Il suo sviluppo linguistico sta proseguendo in maniera eccellente. Ha qualche difficoltà con alcuni tempi verbali, in particolare quelli composti, ma è una cosa che sinceramente c'era da aspettarsi. La nostra lingua può essere tanto complessa da questo punto di vista. Ma i progressi che sta facendo sono eccezionali.”
Regina Katarina annuì alle mie parole e parve anche lieta delle informazioni che le stavo dando, ma sembrava anche non fosse poi del tutto interessata alla questione.
“E dagli altri punti di vista?” Mi chiese. “Quando l'esercito l'ha riportata qui ci sono stati... degli incidenti...”
Ammirai il tono neutrale della Regina mentre descriveva sua figlia che graffiava a sangue una delle guardie, ma mi limitai a sorriderle.
“Ovviamente, è ancora diffidente nei confronti degli sconosciuti, ma questo sarebbe normale anche se non prendessimo in considerazione questi quindici anni vissuti in maniera così poco ortodossa,” spiegai a mo' di preambolo, cercando di utilizzare tutta la diplomazia che conoscevo. “Ma le sue reazioni più... intense... io credo sinceramente siano sotto controllo. Ha capito che qui nel Castello non ci sono pericoli da cui deve effettivamente difendersi e questo sicuramente l'ha aiutata a rilassarsi.”
“È davvero una buona notizia,” commentò la Regina, mi parve sinceramente oltre la sua perenne maschera di neutrale cortesia. “Vorrei incontrarla.”
Mi pietrificai, senza riuscire a far nulla per dissimulare almeno un minimo la mia reazione.
Pensai a Tcho, quasi identica alla Regina, che considerava Tzee la sua vera madre, che si considerava un'Arpia strana e non un'umana normale. Cercai di immaginare il risultato di quell'incontro e non riuscivo ad immaginare nulla di positivo. Ma la Regina aveva ogni diritto di voler vedere sua figlia, dopo quasi sedici anni di lontananza e disperazione, e forse a Tcho avrebbe fatto bene iniziare a legarsi a ciò che di umano ancora c'era in lei.
“Ma certo, Mia Signora,” risposi cautamente. “Ma credo che per la sicurezza e il benessere di tutti sarebbe meglio se Lei potesse assecondare alcune mie piccole richieste. Le sembreranno certo strane, ma spero si fiderà di me e del mio desiderio di fare solo ciò che è meglio per la Principessa.”
“Ma certamente, Ryan,” mi rassicurò. “Ti abbiamo affidato nostra figlia perché sapevamo che ti saresti preso cura di lei. Dimmi pure senza timore queste tue richieste.”
“La ringrazio per la fiducia che ripone in me, Mia Signora,” cominciai a dire, sperando che la diplomazia potesse un po' indebolire il colpo che stavo per affibbiarle. “La mia prima richiesta sarebbe di usare per la Principessa non il nome 'Lisabelle’ che Lei le ha dato, ma il nome 'Tcho', a cui si è legata nel tempo e che l'aiuta a sentirsi sicura e rassicurata.”
Regina Katarina inarcò appena le sopracciglia, ma chinò anche il capo.
“Certamente. Userò il nome Tcho se è quello che preferisce.”
“La ringrazio,” mormorai. “La seconda richiesta potrà sembrarLe ancora più strana, ma Le assicuro che è una necessità, soprattutto in questo primo incontro...” Esitai, ma non c'era modo di far incontrare la Regina e la Principessa senza questa piccola clausola. “Dovrebbe momentaneamente nascondere la parentela che lega Lei e la Principessa, che rischierebbe di essere uno shock troppo forte per la mente ancora delicata della Principessa Lisabelle.”
“Ryan, lo capisco perfettamente,” mi rassicurò la Regina, con un sorriso quasi affettuoso in viso. “Ritieni che sia meglio mantenere un basso profilo, per ora, lo comprendo e lo accetto. Non devi preoccuparti.”
Le sorrisi, sentendo le spalle alleggerirsi dal peso che le aveva oppresse fino a quel momento.
“La Sua saggezza e la Sua comprensione sono doni divini, Mia Signora,” commentai ed ero sincero, sotto gli strati di tradizionale cortesia.
“Sono banali qualità, nel cuore di un Regnante,” ribatté lei, scotendo appena il capo. “Vogliamo andare?” Chiese poi.
Non vedeva l'ora di poter incontrare di nuovo sua figlia, cosa del tutto comprensibile.
“Ma certo, Mia Signora,” confermai, inchinandomi di nuovo davanti a lei. “Se posso avere l'onore di anticiparLa sul cammino?”
“Ma certamente,” mi rispose Regina Katarina, acconsentendo anche con un delicato cenno del capo.
Mi inchinai nuovamente e poi uscii dalla stanza, seguito dalla Regina. Credevo Bryn ci avrebbe aspettato fuori la porta, ma l'intero corridoio era completamente vuoto.
Cercai di non mostrarmi perso durante il cammino, ma mi fu difficile trattenere il mio sospiro di sollievo quando riuscii davvero a trovare il corridoio giusto. La Regina non commentò, non so se per cortesia o se perché non mi ero perso tanto quanto temevo.
“Mia Signora,” salutò sorpresa Laura, appena ci avvicinammo abbastanza, scendendo su un ginocchio.
“Alzati pure, Laura,” le disse la Regina, attendendo che rispondesse all'ordine per sorriderle. “Oggi sono qui solo come visitatrice.”
“La Principessa sarà certo lieta di incontrarLa, Mia Signora,” commentò lei, ma non mi sfuggì la rapida occhiata che mi lanciò.
“Indubbiamente,” confermai rapidamente io. “Se vogliamo entrare?” Aggiunsi, già girando la chiave nella toppa, anche se non ancora non aprii la porta.
Avevo il terrore che sarebbe andato tutto storto. Terrore che cominciò a concretizzarsi quando entrai finalmente nella stanza e mi trovai davanti Tcho con indosso ancora il velo piumato che le avevo regalato, sebbene il resto del vestito non fosse presente.
“Tcho,” la salutai con un sorriso, rimanendo leggermente davanti alla Regina, che Tcho stava guardando con espressione assai curiosa. “Hai visite oggi, sei contenta?”
“Ciao, Tcho,” la salutò anche Regina Katarina. “Io sono Katarina. Sono tanto contenta di poterti conoscere, perché ho tanto sentito parlare di te.”
“Ciao,” mormorò Tcho, portando lo sguardo da lei a me e poi di nuovo a lei. “Chi sei?” Chiese, più curiosa che diffidente, fortunatamente.
“Io... io sono la Regina,” rispose lei, dopo una brevissima esitazione, sempre il suo sorriso cortese in viso. “Il luogo dove ti trovi adesso è il Castello Reale, è dove io e mio marito, Re Leopoldo, viviamo.”
“Oh,” commentò semplicemente Tcho, guardando ancora me e poi di nuovo la Regina. “Tu sei...” cominciò a dire, ma poi tacque, forse non sapendo come mettere in parole ciò che voleva effettivamente esprimere.
Si portò una mano al naso, percorrendone il setto con un polpastrello, ed emise uno schiocco curioso che portò la Regina a lanciarmi un'occhiata silenziosa. Poi Tcho avanzò di un passo verso la Regina, allungando una mano come a volergliela portare al viso, ma senza davvero farlo.
“Siamo...” cercò ancora di spiegarsi, ma ancora una volta rimase in silenzio.
“Siamo simili?” Propose la Regina, sfiorandosi a sua volta il naso. “È questo che vuoi dire?”
“Sì,” rispose la Principessa, schioccando curiosamente. “Perché?”
Strinsi una mano sulla spalla di Tcho, schiudendo già le labbra per dire qualcosa, per cambiare discorso e distrarla di modo che non insistette su quell'argomento, ma la Regina fu più rapida di me.
“Perché sono tua madre,” rispose con tono lieve.
Mi ero aspettato che Tcho non avrebbe reagito in maniera positiva, ma comunque non ero pronto al livello di aggressività che mostrò per quell'affermazione.
Per qualche istante rimase pietrificata sotto le mie dita, ogni muscolo contratto, ma poi scattò in avanti con le repentinità che spesso aveva mostrato. La afferrai per le spalle nello stesso momento in cui Laura tirava la Regina dietro di sé, la lancia sistemata di traverso davanti al proprio corpo di modo che potesse essere una protezione per loro senza che fosse un vero pericolo per Tcho.
“Tcho!” Esclamai, cercando di farmi sentire al di sopra del ringhio selvaggio della Principessa, stringendole le braccia attorno al corpo per tirarmela più vicino.
“Lasciami!” Gridò lei, agitandosi nella stretta con movimenti tanto violenti che mi era difficile controllare del tutto.
Afferrò un mio braccio per cercare di tirarselo via da dosso, spingendo in profondità le unghie nella mia carne. Al mio verso di dolore, però, si pietrificò.
“No,” mormorò, scattando con lo sguardo sulla ferita già sanguinante. “No, no, Ryan, no, scusa,” cominciò a balbettare, gli occhi già pieni di lacrime.
“Va tutto bene, Tcho,” cercai di rassicurarla, tirandomela di nuovo vicino per poterle baciare il viso e stando attento a non sanguinarle sul velo che ancora le era in parte poggiato addosso. “Non importa, non l'hai fatto volontariamente, non preoccuparti.”
Si spinse tra le mie braccia, stringendo i denti attorno alla stoffa della mia maglietta e chiudendo gli occhi. Era silenziosa, ma il suo corpo era scosso dai singhiozzi, nonostante le mie continua rassicurazioni.
Laura e la Regina erano ancora lì, ma cercai di ignorarle il più a lungo possibile. Solo quando mi parve che Tcho si fosse in qualche modo calmata, alzai finalmente lo sguardo su di loro. Laura aveva leggermente ritratto la picca, sebbene fosse ancora sistemata in posizione difensiva, e teneva il capo leggermente piegato di lato, forse per non mostrare la sua espressione. Dietro di lei, la solita maschera di neutralità di Regina Katarina era crollata, lasciando spazio alla disperazione più pura; alzò lo sguardo su di me, ma io chinai il viso.
“Vorrei parlare con te, questa sera, Ryan,” disse la Regina, con una voce che non riusciva a nascondere del tutto il tremore.
“Sì, Mia Signora.” risposi appena in un soffio, stringendo più forte Tcho mentre loro uscivano.
 
Regina Katarina mi attendeva nella stessa stanza in cui mi aveva accolto quella mattina, ma questa volta era seduta vicino alla finestra e non si volse neanche verso di me, quando entrai. Re Leopoldo era in piedi dietro di lei, ma mi lanciò appena un'occhiata.
“Miei Signori,” mormorai, inchinandomi profondamente. “È un onore incontrarvi entrambi.”
“Per favore, Ryan, non c'è davvero bisogno di queste sciocche cortesie,” mi interruppe la Regina, con un tono deciso, ma che non mi parve arrabbiato come mi aspettavo. “Ho raccontato a mio marito ciò che è accaduto stamattina.”
“Come sta Lisabelle?” Chiese il Re.
“Si è calmata,” risposi cautamente. “Si scusa moltissimo per come si è comportata, si è lasciata prendere dalle emozioni.”
“Perché?” Domandò la Regina, voltandosi finalmente a guardarmi. “Perché ha reagito in quel modo quando le ho rivelato la nostra parentela?”
Esitai a lungo, pensando attentamente a quali bugie raccontare, quali mezze-verità rivelare, ma poi sospirai. Non c'era più alcun motivo per nascondere la verità, non dopo tutto ciò che era già accaduto.
“La Principessa... Tcho...” Lanciai un'occhiata al Re, ma non parve sorpreso, quindi la Regina gli aveva detto anche di quello. “Lei ha... ha già una madre. Ha vissuto quasi sedici anni con una donna che si è presa cura di lei e che l'ha amata tanto da portarla via da altre Arpie che non la volevano. Tcho ha una madre, una madre che ama e che è stata uccisa. Quando Lei le ha detto di essere sua madre... Tcho l'ha vista come una presa in giro, come un'offesa allo spirito di sua madre.”
“Io sono sua madre,” ribatté Regina Katarina, stringendo le sopracciglia.
“No, invece,” mormorai io, quanto più delicato e comprensibile possibile. “Lei è la madre della Principessa Lisabelle e so che ama ancora sua figlia, so che avrebbe voluto crescerla e prendersi cura di lei e amarla, ma...” Esitai, stringendo un attimo le labbra. “Ma la Principessa Lisabelle non esiste più, non è... mai davvero esistita. È Tcho quella che l'esercito ha riportato qui, Tcho che ora abita al castello. E Tcho ha avuto una madre e non è Lei.”
Regina Katarina inspirò profondamente e batté rapidamente le palpebre, l'unico segno che si concesse del suo tumulto interiore. Il Re le strinse una mano sulla spalla, ma non reagì in alcun altro modo.
“Non c'è modo di riavere nostra figlia?” Domandò la Regina, già di nuovo in possesso di una perfetta neutralità.
Avrei voluto dire di sì, davvero, avrei voluto fare qualcosa per rasserenare almeno un po' il suo cuore certo distrutto, ma mentirle non sarebbe servito a nulla.
“No,” risposi quindi, scuotendo lentamente il capo. “Tcho è tutto ciò che potete avere e lei sarebbe certo felice di conoscerLa, di conoscere entrambi voi... ma... non sarà mai vostra figlia e non vi accetterà mai come genitori.”
Di nuovo la Regina inspirò, ma più delicatamente, portando una mano su quella che il marito ancora le teneva sulla spalla.
“Grazie per la tua sincerità, Ryan,” disse. “Puoi andare.”
“Miei Signori,” mormorai appena, inchinandomi profondamente.
Feci per allontanarmi, ma poi esitai, fermandomi ad un passo dalla porta.
“Ho... il permesso di tornare, domani?” Chiesi.
“Certamente,” rispose il Re, senza esitare. “E se potessi farci il favore di chiedere anche a tua madre di presentarsi da noi, domattina, te ne saremmo certo grati.”
“Ma certamente, Miei Signori, sarà lieta di venire,” li rassicurai distrattamente.
Mi inchinai ancora ed uscii.
Il mio cuore era più leggero dopo aver scoperto che non ero stato licenziato, dubbio che mi aveva stretto lo stomaco per tutta la giornata. Sarei stato ancora più lieto se fossi riuscito a capire per quale motivo i Regnanti avevano interesse ad incontrare mia madre.
   
 
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