*Angolo autrice*
*trema* Ci stiamo avvicinando, ragazze mie... manca poco ormai :) E aumenta in me l'angoscia, temo di deludere le vostre aspettative! Spero proprio di no! :'( Ok, basta piagnistei! Ecco il quarto capitolo... buona lettura! :*
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Era il quinto giorno. Solo
l’adrenalina lo teneva in piedi,
o meglio, in ginocchio sul pavimento, come un fedele in adorazione
dell’ara
divina. Aveva freddo, non si era più rimesso la camicia, ma
come avrebbe
potuto? Non poteva allontanarsi dal dipinto per una motivazione
così futile!
Stringeva i denti, cercando di tenere ferma la mano destra, scossa da
brividi
di freddo, stanchezza e mancanza di zuccheri. Un colpo di tosse lo
costrinse a
fermarsi, solo uno di una sfortunata serie che lo tormentava dalla
seconda
notte. Allontanando la mano a coppa dal viso, notò che era
di nuovo sporca di
rosso. Purtroppo era un rosso che non poteva usare, perché
reso troppo
vischioso dal muco e dalla saliva! Si asciugò la mano sul
pantalone e riprese a
dipingere. Doveva tenere duro. La testa, oltre che girargli come una
ballerina
impazzita, gli faceva un male dannato. Quando il sangue incrostava il
pennello,
era costretto a sciacquarlo più volte… ma
poiché quello era solo un bastoncino
con delle punte di capelli attaccate con una goccia di colla scadente,
il
pennello tendeva a durare molto poco. Perciò ne aveva
costruito un altro. E un
altro. E un altro ancora. Ma neanche questo importava.
Tutto era pronto, i dettagli e le
scritte, ogni cosa. Era infine
giunto alla parte finale, quella più difficile, quella
più bella. Fece per
pungersi il dito per l’ennesima volta, ma si
fermò. Il poco sangue che usciva
dalla ferita da punta non gli sarebbe bastato. Gli serviva molto
più rosso, o
ci avrebbe messo un’eternità… e la
tecnica non sarebbe stata corretta, il
dipinto non sarebbe stato bello come l’aveva immaginato!
Gliene serviva di più.
Donatello guardò la scheggia fedele, i cui quattro angoli
erano ornati di
rosso. La rigirò tra le dita, cambiando angolazione. Non
bastava, non bastava
più, una goccia alla volta non era più
sufficiente! Gliene serviva di più…
April saliva le scale che portavano
alla soffitta,
pensierosa. Negli ultimi cinque giorni D si era comportato in modo
molto
strano. Cioè, più strano del solito.
Più inquietante e meno impacciato. Meno
tenero e più preoccupante. Prima di tutto, non le aveva
neanche aperto la
porta. Dall’interno le aveva detto che non poteva alzarsi
perché stava
dipingendo, che finalmente aveva trovato l’ispirazione. Il
tono euforico con
cui le aveva parlato l’aveva rasserenata, felice della sua
felicità, e l’aveva
lasciato in pace. Ma nemmeno i giorni successivi le aveva aperto, non
aveva
mangiato e non era nemmeno sceso a trovarla! Inoltre, al suo bussare e
alle sue
domande aveva risposto con mugugni e monosillabi. Che non la
sopportasse più?
La giovane si fermò davanti alla porta, indugiando, ferita
da quella ipotesi.
Forse avrebbe dovuto lasciar stare…
“Sssolo…
un’altra pennellata… - un
colpo di tosse -”
Forse doveva lasciarlo in
pace…
“Devo…
aah… ffinire… - bianco negli occhi, freddo alla schiena, nausea, brividi tellurici, la mano cede un momento... ma
riprende
immediatamente a dipingere -
”
In fondo, chi era lei per dirgli
qualcosa? Sua madre? La sua
fidanzata? Ah! No di certo.
“…
F… finito. – un sorriso, il silenzio, il
dubbio, la certezza e
la disperazione - …
Come? Perché non parli?!? – scivolamento
laterale lento crollo verso
terra, un sibilo, un sospiro, di nuovo il silenzio.
C’è ancora tempo. Forse.
- ”
April scosse la testa. No. Basta
assecondarlo come un
bambino capriccioso. Se per il suo bene fosse stata costretta a
trascinarlo
fuori da quella stanza con la forza, l’avrebbe fatto senza
indugi. Gli avrebbe
dato qualcosa da mangiare, un bagno caldo, vestiti nuovi, una
passeggiata… non
importava che ormai poche persone affittassero una stanza da lei, che i
soldi
scarseggiassero, che non avesse nessuno che la aiutasse. Lei sorrideva
sempre,
perché sapeva sempre trovare il raggio di sole tra le
nuvole. E, da un anno,
aveva il sole in soffitta. Oggi gliel’avrebbe detto.
Sì, ma prima doveva
tirarlo fuori da quella stanza.
Agguerrita, bussò forte
alla porta.