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Autore: Setsuka    09/01/2009    4 recensioni
Il cinguettio del passero fu la sveglia definitiva, decise di alzarsi, ma non sapeva cosa poteva fare, meditò ma i suoi pensieri scemarono quando la sua attenzione si concentrò sull'animaletto al di là del vetro; ai suoi occhi sembrava uno specchio più che un normale vetro, uno specchio che rifletteva una realtà distorta: lui era come quell'uccello, ma in una gabbia, con le ali spezzate e la voce perduta.
Avrebbe anche lui voluto spiegare le ali -ovvero rivelare se stesso- ma la sua gabbia d'orgoglio non glielo permetteva, poteva liberarsi, aveva la chiave, ma era convinto che le sue ali non avrebbero mai potuto farlo volare.
Appena spiccato il volo verso il cielo, appena confessato d'aver anche lui dei sentimenti, non sarebbe volato da nessuna parte, sarebbe caduto.
Perchè non tutti nascono perfetti, perché al mondo alcuni uccelli nascono con le ali danneggiate.
Perchè esistono tante cose difettose, come lui.
E ciò che è difettoso, non è interessante, assolutamente privo di fascino.
E lui, Eric Cartman, ne era assolutamente convinto.
Genere: Generale, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: Christophe, Eric Cartman, Kenny McCormick, Kyle Broflovski, Stan Marsh
Note: What if? (E se ...) | Avvertimenti: nessuno
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Keep your enemie close 4
Era come se una mano d'acciaio tenesse la mia gola stretta tra le sue dita.
Stavo per soffocare, soffocare sotto il mio riflesso che odiavo con tutto me stesso.
Odiavo gli specchi, perché non si lasciano mai sfuggire nulla, ti mostrano ogni cosa di te stesso senza mentirti, ogni tua azione, mettendoti in mortale imbarazzo.
Stavo soffocando e non era bello vedermi in agonia, così patetico, debole, umiliato...
A quale razza superiore appartenevo?
Ero più misero di un comune essere umano e non potevo accettarlo, accettare di non riuscir a respirare, a tossire perché la mia gola chiusa perché...
Kyle.
Quell'ebreo del cazzo.
E quel francese di merda.
Doveva sterminarli tutti il Fuhrer, tutti, tutti, tutti... e gli specchi, quei cazzo di specchi!
Io... non ero così!
Quello non era Eric Cartman!

Lo colpì, a pugni, tante e tante di quelle volte... lo feci in mille pezzi, poco importava se le schegge mi graffiavano le mani, se tagliavano i polsi, se cadevano su di me come una pioggia d'aghi.
Il dolore poteva accecare, ma faceva sopravvivere.
Grazie a quel dolore la mia mente era vuota e... respiravo... un profondo respiro, uno dopo l'altro... non c'era più nessuna immagine, era stata frantumata, sfregiata come me del resto.
Ma ferito con sollievo.
Non era più umiliante, nemmeno insopportabile.
L'immagine di quelle teste di cazzo, andava dissolvendosi mentre sentivo un pezzo di vetro incastrarsi nella pelle... cazzo, quanto sangue! Ripulire tutto sarebbe stato un casino, dovevo essermi tagliato una vena perché ce n'era tanto, non distinguevo più i frammenti di specchio sotto di me.
Dovevo togliermi quella scheggia dal polso, era come incastrata... ed ero stanco in quel momento, stranamente avevo così tanto sonno, ci vollero dei lunghi secondi prima che con l'altra mano riuscii a togliere il vetro.
Mi addormentai lì, con la scheggia sporca del mio sangue nella mano.



.4. 
 Jaded

Your thinking's so complicated
I've had it all up to here
But it's so overrated
Love and hated
Wouldn't trade it
[ Aerosmith ]




O ero impazzito io, o lo era mia madre.
C'era una terza opzione, ma trovai difficile considerarla.

< Eric Cartman? Mi senti? Ragazzo! >

Che ci faceva un uomo lì, col cartellino poi... ridicolo. Il nuovo fidanzato di mamma già mi stava sulle palle.

< Chi cazzo sei? >
< La persona che ti ha salvato la vita, altrimenti conosciuto come Il Dottore >
< Dottore? >

La terza opzione si stava rilevando veritiera e la puzza di disinfettante la stava concretizzando.

< Sì, sei all'ospedale >

Alzai un sopracciglio e provai a mettermi più comodo sul....

< AH! >
< Hai le flebo attaccate, non muoverti! Aspetta... >

Provò a mettermi in una posizione più decente, mentre cercavo di ricordare se l'operazione alle tonsille si facesse più volte nella vita... ma poi mi diedi del coglione! Doveva esser senz'altro per il dente del giudizio, anche se non mi sembrava affatto di essere in un studio medico e poi tutte quelle flebo e quella bustina di sangue al mio fianco... appendicite?

< Dovresti aver più considerazione della tua vita, cazzo... quando vedo uno di voi ragazzi che mi vengon portati qui in fin di vita, quando vi svegliate mi viene voglia di picchiarvi, peccato che non possa >

Sì, appendicite. Dovevo esser andato in peritonite.

< Senta mica so come ho fatto a prendermi l'appendicite, avrei preferito anch'io non esser operato >

Mi scoppiò a ridere in faccia con mio disappunto.

< Un appendicite che conta un taglio di nove centimetri... >
< Cazzo! Non è che avete toccato qualcos'altro là sotto, ahi!.... ma perché mi fa male il braccio... >

Guardai con orrore una fasciatura stretta, dovevo esser ancora intontito dall'anestesia per non averlo notato.
E guardando il mio braccio, ricordai.
In un flash rividi lo specchio, i vetri nella mia carne e quel brutto taglio al polso destro.

< ...merda! >

Il dottore mi guardò con un misto di sprezzo e compassione, allontanandosi da me, borbottando qualcosa riguardo me.
Era come tanti altri moralisti pezzi di merda, ora capivo il senso delle sue parole: quella testa di cazzo credeva mi fossi suicidato e se così credeva... mia madre... cazzo, non volevo pensarci... era stata lei a trovarmi in quello stato e chissà come c'era rimasta...
Sarebbe stato bello rimanere il bambino egocentrico che ero, sarebbe stato bello fregarsene di ogni cosa ed essere senza sentimenti, non mi sarei sentito così male, non avrei avuto paura, non avrei agito stupidamente e invece...

Sentii il suono di tacchi, di un gruppo di persone fermarsi davanti alla porta e il cuore mi mancò di un battito.
Mi feci coraggio alzando lo sguardo.
Mia madre al  fianco del dottore, con gli occhi rossi, ancora pieni di lacrime mi guardava. Abbassai lo sguardo sentendomi un verme; lei che aveva fatto tanto per me, lei che avrebbe potuto abortire da giovane e farsi una vita tranquilla, lei che si era prostituita per non farmi mancare nulla, lei, mia madre, proprio lei avevo ferito in quel modo.

< Mamma... io-io... io non so cosa ti ha detto quel tizio ma non ho tentato di suicidarmi, credimi >

Non trattenne le lacrime a quel punto e con passo svelto corse ad abbracciarmi, come fossi ancora un bambino; mi baciò la fronte e mi strinse al petto, bagnandomi i capelli col suo pianto, sussurrando che mi voleva bene, così tante volte, come se io non lo sapessi e avessi bisogno di saperlo.
Il dottore rimase lontano e a mi toccò consolare mia madre, alla quale avevo spezzato il cuore.

< Vuoi bene alla tua mamma Eric? >

Doveva credere il contrario se probabilmente me lo chiedeva.

< Certo, mamma, ti voglio bene, lo sai. Sei la mamma migliore del mondo... ovvio che ti voglio bene >

Singhiozzò più forte, accarezzandomi la nuca.
Ero in una posizione scomoda ma riuscii a ricambiare l'abbraccio, lanciando dietro di lei un'occhiataccia al dottore, che ebbe -in ritardo- il buon senso d'uscire.
Sentii che parlava con qualcuno fuori e poi riconobbi le voci di Sheila Broflovski e Carol McCormick.
Kyle era lì.
Kyle era venuto all'ospedale.
Kyle credeva che avevo tentato il suicidio.
Kyle sapeva che ero debole.

Un brivido salì lungo la mia schiena e lì, nel petto, un fitta.
Per quanto potevo vergognarmene volevo piangere, volevo avere un modo per sfogarmi, di disperarmi di poter urlare che odiavo con tutto me stesso quel ratto ebreo, che nel modo più invadente possibile era entrato nella mia testa e da lì non voleva più uscire, piuttosto si divertiva a confondermi, farmi stare male, mentre io ero combattuto dall'odio e dall'amore, perché per quanto ero conscio -e disgustato- di esserne innamorato, il mio odio per lui continuava.
Odiavo il suo sangue ebreo, il suo esser fottutamente stronzo, il fatto che il più delle volte mi ignorava, odiavo esser per lui l'amico di scorta, odiavo quando faceva il moralista, il suo esser dannatamente pignolo, perfetto nel modo d'agire, i comportamenti da checca che ogni tanto mostrava, odiavo il fatto che era attratto da Chris, odiavo Chris, odiavo il modo in cui Kyle lo respingeva e lo seduceva contemporaneamente, odiavo la sua cazzo d'amicizia gay con Stan, odiavo il modo in cui guardava Stan, odiavo la gentilezza che riservava a lui, odiavo la gentilezza che mostrava nei confronti di qualsiasi essere che respirasse su questa Terra all'infuori di me, che ricevevo sempre commenti o battute acide degne di quella stronza di sua madre, odiavo la sua famiglia e se non fosse stata ebrea l'avrei odiata ugualmente, cazzo! Non gli dicevano mai nulla riguardo allo stupido cappello, odiavo anch'esso, non mostrava mai bene i suoi capelli e quando lo toglieva erano dannatamente disordinati e lo privavano d'ogni attrattiva, perché sì, lo trovavo fottutamente attraente, odiavo che fosse così bello, che avesse il fondoschiena più bello non solo di qualsiasi altro ragazzo, ma anche di qualsiasi ragazza, quelle troiette non avevano neanche visi dai lineamenti belli con i suoi, né tanto meno occhi così verdi, odiavo come mi aveva reso così gay, odiavo perdere contro di lui, odiavo quando aveva ragione e odiavo il mio innamoramento.
Avrei voluto che esistessero ancora i nazisti con i loro lager, avrei preferito che la mia omosessualità fosse stata levata con il dolore, ne sarei stato grato a Hitler, lui sarebbe stato più clemente di Kyle con i miei sentimenti, anche perché io vivevo in un lager, un campo di concentramento in cui un ebreo era a capo. Sarebbe stato meglio che vivere in un lager nazista, almeno a capo c'era un personaggio che consideravo figo e ammiravo, non Kyle Broflovski.

Ancora mi teneva stretto mamma,  le avevo detto che le belle donne non piangevano mai e lei cosa faceva? Piangeva!
Non avrebbe mai imparato la lezione la mia sciocca mamma sentimentale, ecco perché non aveva un fidanzato fisso, eppure io avrei voluto una donna come lei, perché non era una sciocca femmina, ma una donna con le palle; sì, mi meritavo proprio una come lei.
Mi tornò in mente una canzone che avevo fatto per la mamma quando ero bambino, la cantavamo spesso quando lei faceva qualcosa di bello per me o quando viaggiavamo per andare dalla nonna o da qualche altra parte degli States.
La cantai e mi stupii di ricordarne perfettamente ogni parola, dopo un po' anche lei iniziò a cantarla con me, asciugandosi le ultime lacrime a liberandomi dal suo abbraccio.
Quando finimmo di cantare riuscimmo entrambi a ridere di ciò.

< Mamma? >
< Sì, tesoro? >
< Non mi sono suicidato, mi credi? >

La guardai negli occhi, mostrandole la mia sincerità.
Ma lei non rispondeva.

< Mamma ho avuto uno di quegli attacchi e... stavo soffocando, non c'eri ed avevo paura. Mi son arrabbiato, ero davanti allo specchio e ho iniziato a colpirlo e quando l'ho fatto son tornato a respirare, il dolore mi aveva distolto dalla crisi d'ansia; avevo un pezzo di vetro conficcato nel polso, l'ho tolto e poi... avevo sonno... e mi son addormentato lì >

Mi fece una carezza sulla testa, tirandomi dietro i capelli disordinati.

< Mamma... non te l'ho mai detto, ma non c'è nulla di più importante della vita che mi hai regalato, non avrei mai potuto fare una cosa del genere >

Era la verità.
Non esisteva nulla di più importante della mia vita, nemmeno Kyle era più importante, nonostante quello che provavo per lui.
Più di lui amavo me stesso, per questo lo odiavo: una parte di me era gelosa dei sentimenti che provavo per lui, ridicolo, folle, ma vero. Ero un narcisista nato.

< Sarebbe stato bello trovare un uomo come te tesoro alla tua età, la donna che sposerai sarà davvero fortunata >

Mi sorrise.

< Per questo non hai bisogno di fare la fame e arrivare all'anoressia >

Sbiancai.
Mamma sapeva.

< Perché non mangi o se mangi rigetti tutto? >
< C-come lo sai? >
< Era una cosa che sospettavo, sai... istinto materno... >

Mi sorrise dolcemente, ma con tristezza, non come era solita fare.

< Il dottore poi ti ha fatto un analisi e ha confermato i miei dubbi >
< Mamma io non voglio più essere grasso >

Confessare questo mi costò molto, calpestai io stesso il mio orgoglio e questo mi fece ancor più male.
Non la guardai infatti, era troppo imbarazzante e suonava così gay...

< Tesoro ma tu non sei più grasso >
< Se continuerò a mangiare sì >
< Eric! No, cosa dici? Se seguirai una dieta equilibrata e farai del movimento rimarrai così >
< Sono grosso mamma! >

La vidi furiosa, non avevo mai visto quello sguardo nei suoi occhi. Mi schiaffeggiò e dopo non ci fu ombra di pentimento nello sguardo.

< Sei ossessionato come una ragazzina che desidera fare la top model dalla tua magrezza, tanto da non renderti conto di quanto già tu lo sia. E' per i muscoli? Sai quelli sono naturali e alle ragazze piacciono, non piacciono i tipi pelle ossa, scheletrici; quindi finiscila di dire queste cavolate. Credi che lo dica perché sei mio figlio? No, invece, sono obbiettiva: sei un bel ragazzo Eric e... >

Di nuovo mi abbracciò in lacrime.

< ...non voglio che tu ti faccia questi problemi da femminuccia, capito? >
< Sì mamma >

Non era una risposta priva di tono, le sue parole mi avevano davvero scosso.
Mi ero comportato davvero da idiota e mi detestavo per questo, aveva ragione, mi ero comportato alla stregua di una stupida ragazzina e me ne vergognavo, ma... Kyle... oh, al diavolo. Probabilmente si era messo con quel francese del cazzo la sera prima e... non doveva interessarmi, no. Anche se non potei fare a meno di ricordare le braccia muscolose di Christophe.
Che anche per l'altra sponda fosse così?
Io di certo non lo sapevo, ero semplicemente ossessionato dall'ebreo.

< Ora ci sono i tuoi amichetti fuori, erano tanto preoccupati per te. Kyle e Kenny sono qui dall'alba e Stanley e Butters sono venuti qui per te dalla scuola. Ci sono anche i genitori di Kenny e Kyle e sono tutti preoccupatissimi per te, posso farli entrare? >

Kyle cosa?

< Kyle? >
< Sì, lo sai che ti vuole bene, dopotutto vi conoscete da così tanto tempo >

Mi voleva bene... fosse stato vero o forse lo era, ma non come avrei voluto io.

< E sii gentile con Butters, fino a poco fa piangeva >
< Checca... >
< Eric! >
< Sì, sì... messaggio ricevuto >

Per un attimo avrei voluto dirle di non far entrare Kyle. Avevo paura che vederlo avrebbe potuto far scaturire in me qualche strana reazione: sentirmi male di nuovo o... qualcosa di ancor più stupido come dichiararmi o lanciargli qualcosa addosso.

Con mio grande stupore però nessun Broflovski entrò nella stanza, Kenny e Stan tentarono di spiegarmi, ma i non volli saperne nulla.
Fottuto stronzo ebreo, non mi importava un cazzo se era lì dall'alba o se non  -a detta di Butters ancora commosso- era scosso per l'accaduto. L'avrei riempito di calci nelle palle quando l'avrei rivisto.
Che io non volessi vederlo era un conto.
Lui doveva vedermi però.




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Non mi sarei mai aspettato che il dottore dicesse sul serio quando mi ordinò di rimanere cinque giorni in ospedale.
Disse che era per accertamenti, ulteriori analisi ed evitare che i punti si aprissero. Secondo me era solo un uomo annoiato e sadico, sì perché non appena aveva cinque minuti liberi me lo ritrovavo in camera a riempirmi la testa con le sue stronzate sull'adolescenza, i primi amori e  i problemi con la scuola. Presi seriamente l'idea del suicidio alla terza entrata del tizio il giorno dopo il mio ricovero: altri tre giorni così e mi sarei buttato dalla finestra sul serio.
Ma prima avrei lasciato una lettera con la mia buonissima motivazione per togliermi la vita: l'esistenza di un tizio annoiato che non aveva nulla di meglio da fare che rompermi i coglioni.
O era un pedofilo e cercava di provarci con me o dal momento che sbucava fuori quando mia madre era assente, voleva simpatizzare con me in modo che mettessi una buona parola su di lui con la mamma. Beh come agiva, agiva sbagliava. Io un tizio così non l'avrei mai fatto entrare in casa mia, poi c'era un'altra cosa che non mi era chiara, ma su mia madre. 
Il mio secondo giorno di ricovero, nel primo turno di visite, mi venne a trovare in compagnia del signor Mackey. Possibile le piacesse davvero il consulente scolastico?
Purtroppo i miei pensieri furono interrotti dall'entrata del dottore, alla cui vista ebbi l'istinto di tirargli la prima cosa avessi sotto mano, ma per sua fortuna non avevo nulla abbastanza vicino da usare contro di lui.

< Eric, come stai? Ti senti meglio? >
< Stavo meglio prima, quando era lontano dalla mia vista >

Rise, avvicinandosi e scompigliandomi i capelli, come se fossi un moccioso di cinque anni o il suo gatto da salotto; avrei volentieri voluto staccargli quella fottuta mano a morsi e l'avrei fatto se le sue parole non mi avessero fermato. 


< C'è un tuo amico fuori venuto a farti visita, non è l'orario delle visite ancora, ma ho fatto un'eccezione poiché è uscito prima da scuola per venirti a trovare >

Cosa?
Doveva esser quel coglione di Butters e non ero dell'umore di sopportarlo.
Sbuffai, preparandomi a un pomeriggio di merda.

< Lo chiamo e lo faccio entrare, a dopo >

E finalmente si allontanò, mentre io pensavo a un modo per allontanare Butters non appena l'avrei visto, forse qualche offesa poteva.... eccolo.
Strabuzzai gli occhi, rimanendo a bocca aperta.
Non lui, ma... lui.
Che cazzo ci faceva?

< Ciao, Cartman... >

Ancora una volta portava i pantaloni che finivano dentro gli stivali. Che checca.

< C-Che... che ci fai qui ebreo? >

Fu difficile ammetterlo a me stesso, ma... avevo paura. Mi sarei aspettato di tutto, tranne che lui potesse venirmi a trovare, per lo più uscendo prima da scuola come aveva detto il dottore e... c'erano tante cose che non capivo, domande contorte delle quali -da solo- non riuscivo a trovar risposta.
Perché era lì?
Era preoccupato?
Aveva capito cosa provavo per lui?
Era davvero uscito da scuola prima per me?
Perché il giorno prima non era entrato?
Perché se ne stava lì, con lo sguardo basso senza dire una parola?

Ero io quello confuso senza parole.

< Scusami >
< Come? >

Non avevo capito bene, lui si stava scusando con me?

< Lo so che non non interessa, prendimi pure in giro se vuoi, ma io ieri... >

Alzò lo sguardo, era leggermente imbarazzato, con le mani giunte che si muovevano nervose, cercava di scrocchiarsi le dita e di non abbassare lo sguardo.

< ...non sono riuscito ad entrare, perché sapere che avevi tentato il suicidio, proprio tu che ami te stes- >
< Aspetta, aspetta, aspetta! Stop! Non ho tentato il suicidio, non ci tengo minimamente e... perché avrei dovuto fare una cosa del genere? Sei del tutto fuori strada, se pensi questo, sono semplicemente cascato sullo specchio e per questo ho tutti questi graffi >

Continuai ancora ad articolare quell'apologia a me stesso che, anche se vera, era poco convincente dato che più andavo avanti e più la riempivo di particolari, inoltre ripetei non so quante volte che non volevo suicidarmi e la cosa peggiore era che me ne rendevo conto, ma non potevo parlare della crisi d'ansia che mi aveva colto, né che la causa era proprio l'ebreo che mi stava davanti.
E proprio mentre ero immerso nel raccontargli come mi ero sentito appena risvegliato in ospedale, lo vidi singhiozzare a testa bassa.
Piangeva?

< K-Kyle? >
< ...ridi... >

Cercò goffamente di asciugarsi gli occhi con il dorso della mano.

< ...ridi pure se vuoi, ecco perché ieri non sono entrato... >

Singhiozzò ancora, avvicinandosi con passo incerto, sotto il mio stupore.

< ...non volevo piangere davanti a te e ammetto che avevo paura... >

Si morse le labbra sotto il mio palese sconcerto.

< ...paura che tu avessi davvero tentato il suicidio >

Cazzo.
Come poteva dirmi certe cose in quel modo?
Ovvio che non conoscesse i miei sentimenti, ma mi faceva sentire fuori di me, era frustrante poi non potermi spiegare davvero e non poter agire come avrei voluto. Mi odiavo da morire per come avrei desiderato agire, odiavo quanto quella cazzo di situazione fosse frustrante, odiavo sentire quell'... affetto(?) da parte di Kyle.
Era puramente ipocrita, avrei dovuto saperlo, perché gli ebrei hanno sempre qualcosa di triste per cui piangere.

< Kahl... >

Mi accorsi che non avevo voce, per richiamarlo ad un contegno degno del rivale che era sempre stato.

< Kahl >

Mi ripetei con decisione, ma questa volta ci riuscii solo perché, non lo stavo guardando e finii per voltare l'attenzione dall'altra parte, verso la finestra, allora riuscii finalmente ad alzare la voce, con un tono che potesse essere abbastanza severo.

< Ebreo, cazzo! Dovresti ridermi dietro, sputarmi le tue sentenze da maestrina, ripetermi che sono un coglione perché ho allarmato tutti per nulla, piuttosto che piangermi dietro! Faccio così pena? >

Questa volta tornai con lo sguardo a lui, perché... ero furioso.
Odiavo la compassione altrui, e averla da lui -proprio da lui- per la prima volta era qualcosa di più che fastidioso, che mi bruciava dentro cazzo e mi faceva sentire un miserabile, un fallito e quello non era Eric Cartman.
Preferivo esser chiamato lardoso nazista, figlio di puttana o qualsiasi altra usuale offesa riservata a me da sempre da parte di Kyle, tutto, pur di non esser umiliato e offeso, proprio da lui, l'unico di cui mi importasse l'opinione su questo fottuto pianeta.

< No, non è pena, Cartman >
< Senti Kyle vattene, non voglio finire di nuovo a litigare con te >
< Perché? Stavolta che sto facendo di male? E' un'offesa per te preoccuparsi per un amico? Allora la prossima volta che ti succederà qualcosa riderò, riderò a crepapelle, come facevo da bambino, quando ero uno stu- >
< Non voglio che tu rida di me! Ma nemmeno che tu pianga, proprio perché tu mai ti sei preoccupato di me e... >
< E ti dà fastidio che io sia preoccupato? >

Sussurrò qualcosa a me incomprensibile e calciò a terra, portandosi lo zaino alla spalla.

< Tolgo il disturbo allora, è stata una stupida idea >

Forse era meglio così.
Non ne ero contento, semplicemente mi rendevo conto della mia difficoltà di socializzare e comunicare con Kyle. Era probabilmente scritto nel destino che dovevamo essere opposti, avversi e non comprenderci.

< Non voglio esser trattato come Stan solo quando mi succede qualcosa >

Si fermò. Ma non disse nulla, né si voltò ed io mi mordei le labbra, perché l'avevo fermato.
Cazzo, ma si vedeva che ero... innamorato?                                          
Vaffanculo, ho ripensato a quella parola con la I.

< Io... non ti capirò mai Cartman, ci ho rinunciato >
< Non ti ho mai incoraggiato a capirmi, né mai l'ho voluto >
< Vuoi essere odiato da ogni essere vivente che striscia sulla Terra? >

Si voltò col suo sguardo accusatorio.

< Io sono me stesso, d'esser odiato non mi importa >
< Non dire stronzate! Chiunque a un certo punto della vita vuole un po' d'affetto, esser amato, anche tu che ti diverti tanto a fare il cattivo di ogni situazione >
< Kyle, dici non comprendermi, allora perché sputi sentenze su di me? Tu credi io voglia essere cattivo, stronzo, bastardo e tutto quel che dici su di me, ma tu non capisci un cazzo allo stesso tempo. Io agisco, penso e sono come mi piace essere. Amo me stesso, forse sono un narcisista, per questo non agisco da ipocrita come molto spesso tu e Stan fate. Voi avete delle imposizioni, uno morale che vi hanno imposto gli altri, voi date importanza a ciò che è giusto o sbagliato e lo etichettate come tale, io no. Se voglio fare una cosa che voi considerate male la faccio, se voglio fare una cosa che voi considerate bene la faccio.  Agisco, senza rimpianti, non voglio averne nemmeno uno >

Mi guardava con sprezzo, forse.

< Avere rimpianti, non fare delle cose per non rovinare la reputazione che gli altri ci hanno dato, non è vivere. E' umiliante e dal mio punto di vista contro-natura, non vivere, sacrificare noi stessi ber apparire come gli altri vorrebbero >
< Quindi per te è divertente prendere in giro gli altri, offenderli, esibire il proprio razzismo, il proprio egoismo! >

Era furioso, ancora.
E affascinato guardavo il suo sguardo bruciare.

< Lascieresti morire qualcuno che tu denigri, che è diverso da te, perché non vuoi limitare la tua gioia di vivere, perché ne provi piacere? Questo stai dicendo! Non ti vergogni? >

Non aveva capito un cazzo di tutto quel che avevo detto, come al solito.
Quanto detesto a volte avere sempre ragione.

< Se la pensi così, non ti sembra strano che sei ancora in vita? >

Tacque, le sue guance presero colore, mentre mi guardava interdetto.

< I razzisti odiano i diversi e vorrebbero che morissero, ma sai io ti ho sempre salvato il culo e non solo nell'occasione che ti ho detto >

Ed ecco puntuale la sua risposta acida, come mi aspettavo de resto.

< Stronzate, Cartman >
< Fai come credi, Kahl >
< E perché l'avresti fatto? >

Cosa dirgli?
Era così difficile persino per me stesso dirlo.

< Io non ti lascio mai indifferente Kahl, e questo è divertente. Non mi annoi e mi diverti >

Fui sincero e stranamente non fu imbarazzante, mi sentivo come se mi fossi in parte tolto un peso dall'anima, non fu un caso infatti se sospirai.

< Tu... >

L'avevo lasciato senza parole, indecifrabile era la sua espressione: non si sapeva se era arrabbiato, confuso, meravigliato, felice, lusingato, nervoso, incazzato... ops, l'ho già detto.

< Vaffanculo Cartman >

Se ne andò. E confesso: non mi hanno mai fatto un effetto così strano quelle parole.
Come se avessero colpito qualcosa... dentro.




 

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Il mio ritorno a scuola mi aveva preoccupato, Kenny mi aveva assicurato che gli altri sapevano dell'incidente domestico, di solito non mi fregava niente di cosa gli altri pensassero di me, ma era umiliante che credessero mi fossi suicidato, non potevo neanche io pensarci.

Arrivai in seconda, perché non ce la facevo a sopportare per un'intera ora Garrison, meglio iniziare la giornata con Storia, il quale professore poi era il fidanzato di Garrison, quindi molto spesso vi era un'inaspetteta compresenza e anche nelle lezioni di Storia talvolta dovevamo subirci quello Stronzo con la S maiuscola.
Andai verso il mio armadietto, per prendere i libri, con la speranza di vedere Kyle.
Non saprei spiegare il desiderio di vederlo, forse... era più abitudine. Dopotutto gli armadietti erano in ordine alfabetico ed era più che normale, in più era il cambio dell'ora e dovevo chiedergli gli appunti, come di solito facevo quando ero assente, perché Stan aveva una grafia illeggibile e Kenny non li prendeva, Kyle dunque era l'unica soluzione. Sì, per questo mi aspettavo di vederlo.

< Ciao Cartman >

Mi voltai sorpreso, non mi ero accorto che Bebe era vicino a me.
Fastidiosa troietta, non gli era bastato un NO definitivo alla sua dichiarazione? Come se poi mi avesse dichiarato i suoi sentimenti... credeva non la conoscessi? Mi aveva dichiarato la sua volontà di fare sesso con me.
Con me poi, era quasi ridicolo, solo a una troia potevo piacere.

< Ho saputo che sei stato in ospedale, come stai? >

Cercai di sbrigarmi nel prendere i libri per potermi liberare da lei.

< Bene. Hai visto Kyle? >
< Sì, era a Inglese. Comunque Garrison e il prof. Willard hanno deciso prima di Natale di fare un progetto sull'Olocausto e... >

Sbattei rumorosamente l'anta dell'armadietto: che palle.

< ...hanno fatto le coppie e io e te siamo insieme e dobbiamo trattare dell'olocausto dei gay >

Ironia del destino?
Storsi il naso per come parlava, una donna che parlava come un'analfabeta, orribile.

< Omocausto, Bebe, omocausto >
< Sì, esatto quello >

Cazzo, avrei dovuto lavorare con una totale deficiente.

< Abbiamo quindici giorni di tempo, quindi pensavo di iniziare subito. Vieni da me dopo le lezioni? >
< No, vieni tu da me >

Sapevo che sarebbe stata musica per le sue orecchie, ma allo stesso tempo la fregavo: da me c'era mia madre, al contrario che a casa sua. Non mi avrebbe dunque rotto.

< O-ok, perfetto, ma io prima devo passare da casa >
< Va bene >

Probabilmente avrei incontrato Kyle nell'aula di storia e  forse avrei trovato modo di scusarmi.
Non dovevo scusarmi, ma volevo di nuovo far quadrare tutto, ristabilire un ordine che credo era stato perso nella nostra ultima conversazione. Bebe mi disse qualcosa che capii a tratti mentre mi trotterellava dietro perdendo la sua dignità di donna.

< Ho capito, lasciami stare >

Le dissi, purtroppo non bruscamente come dovevo, e mi diressi nell'aula di storia a pochi metri di distanza. Aprii la porta trovandola vuota, ecco cosa Bebe aveva cercato di dirmi: "Il professore non fa lezione oggi".
Eppure non tutti i mali finivano per nuocere, soprattutto quando l'unica persona che desideri è lì.

< Cartman! >
< Ciao ebreo, mi sa che non c'è lezione >
< Sì, lo so, Willard è impegnato con Garrison sul progetto di fine anno sulla Shoah e -per la cronaca- non l'ho proposto io >

Credeva l'accusassi d'aver proposto a Garrison quello stupido progetto?
Mi avvicinai e finì per sedermi vicino a lui: non avevo nulla da fare in quell'ora, tanto valeva cercare d'instaurare una conversazione.

< E come mai sei qui? >
< Sto organizzando il progetto, vorrei finirlo questa settimana e sto stendendo una lista delle idee, ma so che non ti interessa...  >

Era ancora offeso visto che non mi degnava di uno sguardo.

< Hai gli appunti di Garrison? >
< Sì, ma prenditeli da solo se t'interessano >
< Come sei acido >

Si bloccò e lo vidi prendere un respiro.

< Ti dà fastidio se ti chiedo come stai? >
< Sto bene, il dottore ha solo esagerato >
< Hai rischiato di morire >

Sussurrò timidamente e dovevo dargli ragione.
Mi soffermai a pensare su questo particolare: Kyle si era interessato a me, alla mia salute, per una volta aveva messo da parte il suo orgoglio dopo una lotta con se stesso probabilmente e mi aveva mostrato... forse affetto?
E io l'avevo rifiutato.
Le motivazioni per cui l'avevo cacciato via giorni prima erano differenti: non volevo fosse ipocrita, non volevo si preoccupasse di me solo quando mi accadeva qualcosa, ero rimasto offeso perché non mi aveva visitato prima e stronzate simili, certo, ma probabilmente nessuno di questi era il vero motivo.
Era complicato da spiegare, ma in ospedale avevo avuto molto ( troppo ) tempo per pensare. Era umiliante, da ammettere, ma era quasi una certezza: avevo paura.
Ero terrorizzato per quello che provavo.
Ero terrorizzato per come mi faceva sentire Kyle ad ogni sua parola, ad ogni suo gesto.
Avevo paura se si avvicinava e se si allontanava.
Avevo paura di soffrire, perché mai prima avevo sofferto per qualcosa del genere.
Avevo paura perché mi aveva fatto ammalare.

< Mi dispiace >

Mi guardò più che scioccato, scandalizzato. Se avessi bestemmiato non avrebbe avuto la stessa reazione.

< Intendo... per quello che ti ho detto l'altro giorno, ebreo >
< Perché ti scusi? A te non importa esser gentile, no? >

Mi importi tu. Cazzo, cazzo e ancora cazzo, era frustrante, dannatamente frustrante, non poter dire certe cose.

< No, ma se sento di dire una cosa la dico, punto >
< E a me non può venire di dire o fare qualcosa perché mi va, come venirti a trovare in ospedale? >

Mi sentii bruciare a quelle parole. Non illudermi, ebreo.

< Fa come ti pare >
< Cos'è? Sei di buon umore perché deve uscire una nuova console? >

Presi dal suo zaino il quaderno d'inglese e scossi la testa in segno di diniego, no che non ero di buon umore, quando mai essere a scuola poteva rendermi di buon umore?
Aprii alle ultime pagine il suo quaderno, una volta trovato e rimasi per qualche secondo in contemplazione della sua calligrafia: perfetta, elegante, limbida, senza sbafature, né errori; mai ci avevo fatto caso prima d'ora, dovevo ammettere che mi piaceva.
Sentendo però il suo sguardo su di me, mi sbrigai a prendere il mio quaderno degli appunti, per poter copiare.

C'era silenzio, un silenzio pesante.

< Ti fa male? >

Sapevo a cosa si riferiva, forse aveva guardato il segno mentre io fingevo di leggere i suoi appunti.

< No, non più >
< Dovresti tenerla coperta >
< Ti fa schifo? >
< Un po', ma non è per quello, ti fa infezione se la tieni così >
< Grazie per l'informazione Dottor Broflovski >

Sospirò, evidentemente scocciato per le mie risposte.
Non sapevo che dirgli, ero leggermente imbarazzato e non credevo di aver risposto scortesemente.

< Sai Kyle... >

No Ebreo, né Kahl. Ero serio.

< ...in ospedale ci ho pensato. Noi due litighiamo sempre perché non ci capiamo mai >
< Bella scoperta >
< E fammi parlare! Dicevo... anche se non ci capiamo, anche se abbiamo due menti non diverse, ma completamente opposte, noi ci conosciamo da quando eravamo bambini e ormai siamo quasi adulti, dopo una vita insieme non è propriamente vero che non ci capiamo, forse ci conosciamo meglio di quanto crediamo, solo che è proprio perché ci conosciamo e proprio perché siamo diversi che finiamo sempre per litigare >

Tornai a guardarlo in faccia, lasciando da parte gli appunti e vidi che mi stava ascoltando, ma allo stesso tempo aveva un'espressione pensierosa.

< Quando sei arrabbiato eviti di guardare una persona, quando sai di essere nel torto diventi gentile, quando sei con estranei porti il cappello perché senza ti sentiresti a disagio... >

Tante piccole abitudini e vizi di Kyle avevo conosciuto col tempo. E lui sembrava stupito.
Stupito... se avesse saputo Kahl, se avesse saputo...
Io ti guardo sempre Kahl, sempre.

< ...quando esci e sei ben distante da tua madre porti i pantaloni con l'orlo dentro gli stivali e stesso discorso se indossi la cravatta, se lei non c'è l'allarghi. Diventi acido se qualcuno ti fa notare un difetto o se nessuno crede a quel che dici e sei rancoroso, sospiri quando ti senti incompreso e se litighi con Stan ti avvicini a me in reazione al litigio, ma se Stan litiga con te, ti emargini e inizi a fare la vittima e lo stesso vale se lui ti offende o ti ferisce in qualche modo >

Vidi che lo stavo mettendo in leggero imbarazzo.

< Sai essere un buon manipolatore, ti piace influenzare la gente con le tue idee, ma non lo fai mai troppo direttamente >
< Non è... >
< Sì invece, perché sei più maturo, per questo ti piace anche vestire i panni del fratello maggiore di tutti, forse per abitudine, forse perché sei nato qualche mese prima, non saprei, ma lo fai >
< Io... >

Si stava accarezzando dietro l'orecchio con l'indice, mentre cercava di giustificarsi.

< E ti accarezzi l'orecchio quando sei in imbarazzo >

Notandolo si fermò.

< Mentre quando stai facendo un compito in classe difficile ti accarezzi la fronte col mignolo, se è facile invece giochi con la penna >

Ogni suo gesto, ogni suo sguardo, ogni suo umore non mi era affatto così enigmatico, certo ogni tanto aveva espressioni indecifrabili, ma Kyle Broflovski non era così complicato, l'unico ad esser complicato e contorto -me ne rendevo conto- ero io.

< Sai sempre come lasciare senza parole, lo sai? >
< Sì, lo so >
< Per questo non ti capisco >

Quello che disse sembrò render più triste lui che me. Speravo che qualcosa di me lo capisse, lo conoscesse.

< Cos'è successo che ti ha cambiato Cartman? >

Voleva una risposta, che non potevo assolutamente dargli.

< N-niente >
< Non è vero, tu eri diverso prima, adesso un giorno sei una persona che non conosco, il giorno dopo torni ad essere il vecchio Cartman e due giorni dopo ancora sei una sempre tu, ma più maturo. C'è un problema, non è un mistero. Non ti capirò mai, molto spesso non ti capisco, ma questo non vuol dire che non ti conosca; so che non sono la persona più adatta con la quale confidarti, ma tenerti tutto dentro non è un bene >

No, non potevo, non ero pronto. Un giorno -forse- l'avrebbe saputo, ma in quel momento no, non potevo.
Feci finta di nulla e mi dedicai alla copiatura, un gesto un po' infantile in effetti.

< Non ignorarmi cazzo! >

E così feci, ma anch'io gli risposi nel modo più sgarbato che potevo, urlando.

< Non mi rompere le palle Kyle, son affari miei se sto male, se ho un problema, o cos'altro >
< Non puoi tenerti tutto dentro, non capisci che è deleterio per te?! >

Urlavamo così forte che probabilmente sarebbe arrivato qualcuno a rimproverarci.

< Tu vuoi sempre fare l'adulto, il figo, quello che non ha bisogno di nessuno e che non gli importa di nulla, ma io non ti credo, Eric! Non ti credo nemmeno un po'. Puoi recitare quanto vuoi la parte dello stronzo, del bastardo senza cuore, ma -cazzo- sei umano, ce ne hai uno! E un giorno ti ritroverai solo e ferito, senza l'affetto di nessuno se continui su questa strada, ti ritroverai ad avere problemi molto più grandi e... >
< Ebreo, finiscila, non sono cose che ti riguardano >
< Sì invece e devi ascoltarmi! >

Il suo urlò sovrastò il silenzio, che poi tornò più fastidioso di prima.
Andò a chiudere la porta e capii che non avevo molte vie di fuga per quella conversazione che sarebbe stata molto più lunga di quel che speravo. Non avevo intenzione di scappare, ma nemmeno di rivelarmi.
Non volevo segnare la mia fine prima del tempo, io... volevo continuare a sperare e solo in un futuro avevo una piccola speranza, se poi ce l'avevo realmente. Ma in quel momento no.

< Sono cose che mi riguardano >

Ripetè con lo sguardo fisso a terra e con poca voce.

< Perché? >

Domandai tranquillo.

< Perché... >

La risposta era il silenzio.

< Perché, Kyle? >

La mia voce questa volta assunse un timbro energico. Finchè finii per urlare anch'io la mia domanda.

< Perché, cazzo! >
< Non lo so nemmeno io, ma noi siamo amici... >
< ...quando Stan fa qualcosa che non ti piace, certo >
< Che centra Stan? La smetti di metterlo in mezzo? >
< Perché Stan è al centro del tuo universo! Ecco cosa centra! Devo dirtelo io coglione? >

Geloso. Atrocemente, disgustosamente geloso. E non solo le parole  avevano dato voce alla mia gelosia, l'espressione, il tono, tutto.
Mi ero fregato, ma davvero poco importava in quel momento.
Ero stanco.
Stanco di essere una riserva, stanco di quello che mi rodeva dentro. Stanco di tutto quello che riguardava noi due, dell'odio e dell'amore.
 
< Tu reputi solo lui tuo amico e... Kenny, ogni tanto, non sempre >
< Non dire stronzate, da quando Kenny non è mio amico? Lo è da sempre, come te. Certo litighiamo, come in questo momento, ma ciò non toglie che non siamo amici, a meno che... >

Mi guardò strano, come se volesse leggere nella mia mente, mi studiava, concentrato.

< ...tu non vuoi che io sia tuo amico >

Mi sembrava impossibile che Kyle potesse affermare una cosa del genere con quello sguardo. Era triste.
Avrei potuto dirgli che non era così, ma non lo feci, perché ero egoista e non volevo rivelarmi e soprattutto perché Kyle ne diceva di stronzate e anche grosse. Dire una cosa del genere quando avevo evidentemente mostrato d'esser fottutamente geloso del suo migliore amico, era a dir poco che assurdo.

< Le stronzate, Kyle, sono divertenti solo quando hanno un senso logico >
< E spiegami dov'è la logica in quello che hai appena detto >

Mise dentro lo zaino le sue cose, cercando di nascondere -devo dir piuttosto abilmente- la sua rabbia.
Tornai ai miei appunti, non ero in vena di vederlo arrabbiato, meglio scrivere e pensare ad algebra... o era inglese? Leggendo il nome Hemingway cercai di ricordare se era per caso un matematico che aveva inventato qualche stupido teorema come quello di Euclide.  
Lessi che aveva vinto il premio Pulitzer per Il vecchio e il mare. Mai sentito un nome tanto stupido per un teorema.

< Certo che questi matematici sono strani forti >
< Prego? >
< Hemingway >

Era in piedi, pronto per andarsene.

< Tu hai seriamente bisogno di farti vedere da uno psicologo, Cartman! >

E si pentì subito per quello che aveva detto e da acido tornò gentile.
Chi era che aveva bisogno di uno specialista?

< Cartman mi esaurisci >

Cadde sulla sedia sospirando.

< Non volevo dire... quello che ho detto, io vorrei solo che tutto si risolvesse tra noi e mi arrabbio non vedendoti collaborare. Io credo in quello che ti ho detto quel pomeriggio >

Cazzo... perché doveva essere così dannatamente sincero e sorridere malinconico mentre diceva quelle cose?
Ormoni, maledetti ormoni -stramaledetti ormoni- volevano farmi agire in modo a me non consono, mi facevano desiderare cose da femminucce, abbracci... tsk... contatti fisici privi di senso e scopo.

< E' stupido non sperare e credo sia peccato >

Mi distolse da ogni pensiero illogico la sua voce, e andò oltre le mie orecchio, come il suo sguardo nel vuoto andò oltre i miei occhi; in una dimensione senza forma né nome, dentro me.

< E' una frase tratta dal romanzo di Hemingway e la condivido. Io voglio sperare che tutto si aggiusti >

Mi guardò e vidi un sorriso nei suoi occhi.
Rimasi senza fiato con la mente svuotata di ogni cosa, il mio corpo morto, vuoto, con un'unica cosa che vedeva: quel sorriso.
Il bene e il male sono relativi avevo sempre creduto. L'omosessualità credevo però fosse male; ma dopo quello sguardo mi sentii così stupido: come poteva essere una cosa tanto bella male?
E se anche lo fosse stato, se quello che provavo era male, era così bello, aveva un valore così alto che da peccatore sarei diventato innocente.

< Ci vediamo a Biologia >

Sparì con la velocità di un uragano. Probabilmente lo era, se no come poteva scombussolarmi a quel modo e a quella velocità?

Presi un bel respiro e tornai a dare attenzione al signor Hemingway.
Finalmente avevo le idee chiare, altro che matematico, che figura di merda che avevo fatto.
Sotto il nome della sua opera, Kyle aveva riportato una citazione nero su bianco e sorrisi mandando a fanculo mentalmente il signor Ernest, ma in senso buono, perché era come se mi conoscesse quel tizio e avesse appena assistito allo pseudo-litigio tra me me e Kahl.


"L'uomo non è fatto per la sconfitta. Un uomo può esser distrutto, ma non sconfitto"

Non ricordavo che Filosofia fosse una materia tanto interessante.





Commento del capitolo

Ecco la prima pubblicazione del nuovo anno! Ne approfitto per farvi i miei più sinceri auguri.
Questo capitolo è stato un vero parto, l'ho iniziato a scrivere appena finito il terzo e poi zoppicavo in avanti. Il rapporto tra Eric e Kyle è difficile da gestire, in teoria non dovevano proprio litigare in questo capitolo, ma poi loro prendono la scena, s'impossessano di me e litigano! Maledetti!
La mente di Eric è divertente, ma anche tanto difficile, se trovate frasi che non capite o dialoghi che non capite è appunto per questo.
Il seguente capitolo prende il nome da una canzone che amo, per me importante, Jaded degli Aerosmith che vi consiglio di ascoltare. Jaded significa Stanco/Annoiato e riflette più o meno la stanchezza di entrambi, del loro rapporto, una stanchezza che porta a un passo in più verso di l'altro che, per quanto difficile, complicato, quel passo comporta un mutamento.
Riguardo alla stronzata di Hemingway, devo dire che si è rivelata un miracolo. Non sapevo quale personaggio della letteratura americana inserire negli appunti d'inglese di Kyle, Hemingway mi è uscito per puro caso e poi sono andata a cercare citazioni dal suo romanzo e... capitano perfettamente le due che ho inserito. E' stato emozionante. 
Ringrazio -come sempre- le mie fedeli lettrici. Due ma buone XD
Per favore se qualcun altro legge, commenti T-T


Copyright:
South Park © Matt Stone e Trey Parker
Jaded © Aerosmith
Il vecchio e il mare © Ernest Hemingway


Note:
Omocausto: così è chiamato lo sterminio di milioni di omosessuali.
Teorema di Euclide: in realtà sono due teoremi, Il primo Teorema e il secondo Teorema sui triangoli rettangoli, ma quello più diffuso in ambito scolastico è il primo.
Ernest Hemingway: ( Oak Park, 21 luglio 1899 – Ketchum, 2 luglio 1961) personaggio fondamentale della letteratura americana. Fu romanziere, autore di racconti brevi, e giornalista,  ricevette il Premio Pulitzer nel 1953 per Il vecchio e il mare, e vinse il Premio Nobel per la letteratura nel 1954. Inoltre celebri romanzi sono Un addio alle armi, Verdi colline d'Africa, Morte nel pomeriggio, Dì là dal fiume e tra gli alberi.
Premio Pulitzer: è un premio statunitense, considerato come la più prestigiosa onorificenza nazionale per il giornalismo, successi letterari e composizioni musicali. Viene amministrato dalla Columbia University di New York. 
Professor Willard: personaggio da me inventato, perchè la sottoscritta vuole bene a Garrison. Ancora non ha un nome.
 

Special Thanks To:
WindGoddess
Momoko89

***


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