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Autore: purepura    09/01/2009    5 recensioni
Una donna non dovrebbe avere ricordi.
I ricordi in una donna sono l'inizio della sua decadenza.
Si può sempre capire dal cappello di una donna se vive o no di ricordi.
Oscar Wilde

Spero sia di vostro gradimento!
Genere: Drammatico, Introspettivo, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: James Potter, Lily Evans, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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CAPITOLO UNO


Una donna non dovrebbe avere ricordi.
I ricordi in una donna sono l'inizio della sua decadenza.
Si può sempre capire dal cappello di una donna se vive o no di ricordi.

Oscar Wilde


.....................................

Il cielo era rosso fuoco, la stessa sfumatura del sole che spariva dietro le case di fronte alla nostra. Lasciai che la tenda tornasse al suo posto, davanti al vetro della finestra, a ricoprire il sangue di un tramonto smorto. L’orologio a muro ticchettò le nove, facendomi automaticamente girare verso il box, nel salotto di quella casa invisibile.

Il bambino era già in pigiama, distratto a giocare con delle costruzioni babbane. Mi avvicinai per prenderlo in braccio e Harry alzò il visiono su di me, sorridendomi. Aveva già intuito dove doveva andare. Lo presi in braccio e lui allungò le braccina, cingendomele intorno al collo. Poi infilò la testa sotto i miei capelli, sulla spalla destra, come faceva sempre quando era stanco o triste.

Non mi avviai subito al piano di sopra, ma andai verso la stanza all’altro lato del corridoio, da dove proveniva l’unico rumore che si udiva in quella casa. Aprì la porta, facendo saltellare leggermente Harry sul mio braccio destro per metterlo più in alto.

“Jmes” chiamai, infilando la testa nella stanza, dove mio marito, Sirius e Remus erano seduti, discutendo di chissà quali faccende. Lui alzò il viso corrucciato verso di me, i suoi occhi nocciola intrisi dal risentimento di non poter mettere piede fuori casa, di non poter combattere al fianco dei suoi amici, ma di dover star chiuso in una casa di mattoni.

“Dimmi” disse, tentando di lisciare la voce in un tono dolce e spensierato, con scarsissimo successo.

Io gli sorrisi leggermente

“Dovresti scrivere a Silente per chiedergli quando ti restituirà il Mantello, così potrai uscire qualche volta anche tu”.

Non era quello in realtà che gli volevo dire, ma all’ultimo momento decisi che non serviva preoccuparlo ancora, basata soltanto su un fastidioso presentimento che mi era venuto.

“Lo farò” disse annuendo, “ma si sta facendo tardi, mettilo a letto, o domani non si sveglierà”.

Annuì e uscì dalla stanza, avendo la spiacevole sensazione che volesse togliermi di torno il più in fretta possibile. Alzaì le spalle, avviandomi su per le scale, riflettendo su dove avessi già visto quell’espressione, cupa ma allo steso tempo preoccupata. Stavo per mettere piede nella stanza di Harry quando mi bloccai, colpita da un illuminazione. Era una delle sue tante espressioni, che mi portava sempre ad essere dolce e comprensiva con il ragazzo. Misi Harry nella culla, eliminando temporaneamente quel volto dalla mia mente, chiudendolo nella scatola destinata a lui. Da dietro le sue sbarre Harry mi osservava, sotto il suo lenzuolo e la coperta blu notte. Iniziai a canticchiare piano per farlo rilassare e lentamente i suoi occhi si chiusero, fino a che non si addormentò, spensierato. A quel punto mi alzai lentamente dalla sedia e uscì dalla sua stanza, spegnendo la luce e accostando la porta. Non la chiudevo mai, perché così sarei stata più rapida ad entare nella stanza se Harry avesse avuto bisogno.

Avevo intuito che James non voleva essere disturbato, così deviai il mio cammino alla nostra stanza da letto. Accesi la luce e, senza pensarci, andai al grande comò, aprì il terzo cassetto e presi a frugare in mezzo a molte carte e album fotografici.

Eccola, come un residuo di passato maldestro, quasi in fondo alla pila di oggetti, quasi nascosta, senza album, senza posto dove andare se non nei ricordi, la foto che cercavo.

La mia casa infantile, come la ricordavo bene. Tutto ciò che era collegato alla mia infanzia era nitido, riportato indietro da quella foto.

In primo piano c’era lui che sorrideva alla fotocamera, due mezze lune nere, una risata sul suo volto. Severus, seduto sull’erba, colto alla sprovvista da quella foto. Dietro a lui c’ero io, in ginocchio, con un braccio attorno al suo collo, il viso sulla sua spalla, che ridevo, divertita. Sullo sfondo il fiume, allora ancora pulito e trasparente, la fabbrica di ceramica, che sprizzava fumo grigio, incupendo il cielo limpido di un antico giorno d’estate. Un groppo in gola, era inutile continuare a nasconderlo, mi mancava il suono della sua voce, avevo dimenticato la sua risata. Una lacrima, poi un’altra e poi non stetti più a contarle. Caddi in ginocchio, stringendo quella foto, incapace di fermare i singhiozzi.

“Lily” chiamò James. Avevao pianto talmente forte da farlo risvegliare dalla sua furia repressa. “Tutto bene?”.

“Si” risposi, tentando di non gemere mentre parlavo. Caddi a terra, sistemandomi su un fianco, un braccio steso sotto l’orecchio e l’altro a stringere quella foto. Sospirai, amareggiata. “Esci dalla mia testa” dissi al ricordo “hai sbagliato tu non io”.

Detto fatto, quella sera non ci pensai più, mi fece la cortesia di sparire, ritornando nella sua scatola, come la foto ritornò nel cassetto.

Scesi di sotto, diretta all’ingresso, per salutare Sirius e Remus, diretti a casa loro.

Andammo a letto, e un calore amoroso ci avvolse. Quella sera facemmo l’amore per l’ultima volta, dolcemente.




SPAZIO AUTRICE
Piacere, piacere, piacere: ho già scritto una one-shot, e questo primo capitolo di una ff nata domenica scorsa, al posto di studiare storia.
Ci tengo a ringraziare Joamarch per la sua recensione ad "Acqua"
Spero che questa vi piacerà ugualmente, e se vi avanzasse un momento potreste recensire?
  
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