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Autore: gigicriss    10/06/2015    3 recensioni
«Conosci l’Inghilterra?» mi chiede, guardandosi attorno.
«No, in realtà no.»
«Beh, vieni. La visiteremo assieme» mi prende la mano e la stringe forte.
[…]
«Sai, io sono un tipo particolare. I baci, ad esempio. Io sono lento nei baci» dice, avvicinandosi sempre di più a me. «Mi piace godere del momento, non correre. Posare le mani sui fianchi della donna che amo, osservarle la bocca per una manciata di secondi e poi assaporarla lentamente.»
Le mie guance si colorano di rosso.
«Vuoi che te ne dia prova?» continua.
[…]
Jamie è davvero la persona che Adele si aspetta? Sesso, complicità e una scommessa.
Tutto questo è All That I’m Asking For.
Genere: Fluff, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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7 – Good life
 
 
«Questo che vedi, è il famosissimo London Eye. Ne avrai sentito parlare, no?» Jamie lo indica, lanciandogli uno sguardo veloce.
Io, invece, rimango a fissarlo come se fosse la cosa più bella e preziosa del mondo. «E’ grandissimo!» esclamo senza neanche rendermene conto.
«Beh, sarà un 140 metri o qualcosa di meno» fa spallucce. «Ma calcola che lo hanno costruito una decina di persone! È stato un lavoro durissimo.»
«Beh, lo immagino» sussurro, mentre lui mi prende la mano.
«E questo che vedi, ovviamente, è il Tamigi. Ma credo che tu lo sappia» ridacchia, indicandolo. «Adesso non rende, dovremmo tornarci la sera. Accendono le luci del London Eye e devo dire che fa molto più effetto.»
«Di che colore sono?»
«A volte viola, altre blu. Non c’è un colore preciso, le alternano» fa spallucce. «Te l’avevo detto che gli occhiali avrebbero funzionato.»
Ah, sì, gli occhiali.
Beh, diciamo che, prima di uscire, abbiamo calcolato il fatto che ci avrebbero visti e, soprattutto, che lo avrebbero riconosciuto. Lo avrebbero fermato, avremmo perso tempo e non mi sarei goduta la gita in centro. Perciò Jamie ha preso le cosiddette precauzioni mettendosi un paio di occhiali e un Beanie che, a dirla tutta, non gli sta affatto male. Mi ha spiegato che non è solito indossarlo, ha detto che ormai è un padre di famiglia e questi aggeggi li mettono i ragazzini, ma per oggi avrebbe fatto uno sforzo. Secondo me sbaglia, dovrebbe metterli più spesso. Lui non si porta male gli anni che ha, si sottovaluta troppo e la cosa non va bene. Dovremmo approfondire di più questo argomento, ma tempo al tempo.
«Vuoi salire?» sorride, sapendo che io soffro di vertigini.
«Jamie, io-»
«Giuro che saliremo e non ti accorgerai di niente, ti starò affianco per tutto il tempo.»
“E come lasciarsi scappare l’occasione del secolo!”
«Va bene, ma… Dio, cosa sto facendo!» mi copro il volto con una mano, mentre lui ride, trascinandomi con sé.
 
Questo London Eye non mi piace più come prima. Ci stiamo alzando lentamente e sento sempre di più il vuoto sotto i miei piedi. Ho il cuore in gola, le gambe mi tremano e le mani mi sudano. E non importa del fatto che Jamie mi abbracci da dietro, io continuo a tremare come una foglia, per quanto la vista sia un vero e proprio spettacolo.
Mi prende in giro da stamattina, il signor Dornan, dice che sono una pappamolla. Ma vorrei proprio vedere lui, se soffrisse di vertigini, vorrei proprio vedere cosa farebbe.
Non parlo da quando siamo saliti, stringo semplicemente le sue mani e prego di scendere viva da questa macchina del male. Mi mordo le labbra, vorrei dirgli che mi piace tutto ciò che stiamo facendo, ma davvero non ce la faccio.
“Perché hai accettato, Adele, perché!”
Il fatto di averlo così vicino credo che mi abbia condizionata e non poco. Perché, parliamoci chiaro, quando mi ricapiterà più di averlo così stretto a me… Mai! E sì, viviamo assieme, ormai c’è confidenza, ma questa è tutt’altra storia!
«Hai paura?» mi sussurra all’orecchio, il che non mi aiuta affatto.
«Smettila» bisbiglio e lui ride, stringendomi ancora di più. «Parla quello che ha urlato per uno scarafaggio poco fa.»
«Ehi» si sporge per guardarmi. «Anche tu hai urlato!»
«Sì, tesoro, ma io sono una donna. Tu sei un uomo» trovo la forza per muovermi e mi giro. Adesso siamo faccia a faccia; incrocio le braccia al petto e lo guardo attentamente, cercando in tutti i modi di non ridere.
Ormai siamo quasi arrivati al punto più alto di questo maledetto London Eye. L’Inghilterra è bellissima, anche vista dall’alto.
«Sì, tesoro, ma questo non ti giustifica» incrocia le braccia anche lui, imitandomi.
«E’ qui che casca l’asino, perché mi giustifica eccome! Voglio dire, sei un uomo! Se hai paura di uno scarafaggio, come pretendi di potermi proteggere da un attacco nemico oppure-»
«Attacco nemico? Spiderman, ti ricordo che sei in Inghilterra, non in Guerre Stellari» alzo gli occhi al cielo. Che simpatico! «E poi, scusami, devo proteggerti?» continua, con un tono di voce più dolce.
Mi guarda come se aspettasse conferme, sembra che con quei maledettissimi occhi voglia trapassarmi. Mi sento così impotente, e non è per via dell’altezza! Quel problema credo proprio di averlo superato, almeno per adesso.
«Io non-» gesticolo, cercando parole giuste per giustificarmi. Guardo altrove: puntare ai suoi occhi mi sembra un grandissimo passo falso e non posso. Ora come ora complicherei solo le cose.
Lui sorride, avvicinandosi a me. Prende il mio viso con entrambe le mani e lascia che i nostri nasi si sfiorino. Per un attimo mi manca il respiro, sento il suo profumo annebbiare i miei sensi e…
«Sei bella, sai?» sorride. «In tutti i sensi possibili» precisa subito dopo.
Sta per poggiare le sue labbra sulle mie, quando ci accorgiamo di aver finito il giro.
«Ehm» tossicchia, allontanandosi di colpo. «Dobbiamo andare.»
“La mia vita stava per completarsi, dannazione!”
Mi prende la mano, ringrazia il macchinista e ci dirigiamo verso la sua macchina.
«Dove si va adesso?» mi gratto la nuca, cercando di rompere quel silenzio irritante che si viene a creare nei momenti meno opportuni.
«Tower Bridge, baby.»
 
«Un pescivendolo va a prendersi un caffè, indovina cosa dice?» chiede Jamie, raggiungendo la London SE1 2UP, ovvero la Tower Bridge Road.
Questa dev’essere una delle sue squallide battute, neanche Beth ormai ride più quando le sente. Riesce a capire ciò che è male e bene, la bambina.
«Cosa dice?»
«Tonno subito» e scoppia a ridere, battendosi le mani da solo.
Appunto, come immaginavo.
«L’hai capita? Tonno, pescivendolo, torno subito, tonno subito» e gesticola.
«Perché hai questi problemi, Jamie? Io non-»
«Dillo che ti è piaciuta, stai cercando di trattenerti dal-»
«Vomitare? Sì, infatti, hai ragione! Per favore, continua a fare l’attore, non t’improvvisare comico» ghigno, mentre lui mi guarda con fare deluso. «Jamie, accetta i tuoi limiti!»
«Non era così pessima!»
«Lo era, e spero che tu non dica queste cose davanti alla bambina. La traumatizzeresti» gli spiego. Jamie poggia una mano sulla sua pancia, lasciando che la t-shirt mostri parte dei suoi muscoli evidenti quanto basta.
Mi sforzo di non guardare, girando la mia testa dalla parte opposta.
«La simpatia degli inglesi devo comprenderla ancora…»
«Io teoricamente sarei irlandese.»
«Sì beh, è uguale! Che precisino!» alzo gli occhi al cielo.
«Non è ugual-»
«Siete strambi! Anche il cibo e gli abbinamenti che fate, lo sono» gesticolo. «Non riesco a capirvi.»
«Voi russi invece siete il popolo più semplice del mondo, vero?» ironizza? «Con tutti quei segni vi complicate solo la vita! Una semplice N la scrivete in stile geroglifico, se i poveri egizi potessero leggere ciò che siete capaci di cacciar fuori, impazzirebbero» sì, ironizza.
Incrocio le braccia al petto e «Per voi è difficile, per noi non lo è» rispondo, guardando avanti a me.
«Beh, avrei riso se fosse stato difficile anche per voi» ridacchia.
«Bla bla bla» borbotto, guardando fuori dal finestrino.
“Questo Jamie Dornan mi piace poco.”
 
Il ponte mobile di Londra s’innalza proprio avanti a me, bello, illuminato dal sole che oggi ha deciso di mostrarsi in tutto il suo splendore. Jamie mi ha spigato che il ponte ha una storia importante dietro: il Tower Bridge collega il distretto di Southwark e la Torre di Londra, antica costruzione in cui venivano rinchiusi i prigionieri che poi sarebbero dovuti essere giustiziati.
Se penso alla fine che hanno fatto quei disgraziati, rabbrividisco. Diciamo che non mi sarebbe piaciuto stare nei loro panni, né in quelli dei loro parenti; non dev’essere bello “vivere” sapendo il giorno e l’ora in cui morirai. Vivere tra virgolette, perché io - ad esempio - non riuscirei mai a continuare la mia vita sapendo che farò una fine del genere.
«Ti piace?» mi chiede Jamie, risvegliandomi dai miei assurdi pensieri.
«Ehm? Sì, il Tower Bridge è bellissimo, anche più del London Eye. Almeno ho i piedi piantati sul suolo!»
«No, hai capito male» ride. «Intendevo il gelato. Ti piace il gelato?» e lo indica.
Il gelato. Per farsi perdonare, il signor Dornan qui presente mi ha offerto il gelato in “una delle più buone gelaterie dei dintorni”, o almeno così ha detto. Non so se fidarmi o meno, ma non m’importa adesso, perché devo dire che è davvero molto buono.
«Sì, decente» non posso dargli soddisfazioni di questo tipo.
«Decente?» spalanca la bocca e sgrana gli occhi. «Lo abbiamo preso neanche dieci minuti fa e già lo hai finito!»
“Adele, devi imparare a dire meglio le bugie, mi sa.”
Vince sempre.
«Beh, anche tu» faccio spallucce.
«Hai ragione, ma io non lo classifico come “decente”» risponde, mimando le virgolette.
«Va bene, rettifico: è buonissimo» alzo gli occhi al cielo.
Lui sorride soddisfatto, ma «Non ti montare la testa» continuo, gesticolando.
«Non mi serve, tesoro» borbotta, prendendomi la mano e trascinandomi con lui.
 
Oh, this has gotta be the good life. This has gotta be the good life.
This could really be a good life, good life.

Say oh, got this feeling that you can't fight like this city is on fire tonight.
This could really be a good life. A good, good life.

Cantano gli One Republic in radio, mentre ci dirigiamo verso il famosissimo Big Ben. Questa credo che sarà proprio l’ultima tappa della giornata, ovviamente non ci vuole un giorno per visitare tutta l’Inghilterra ed io, checché se ne dica, sono davvero molto stanca. Non sembra, ma Jamie sa essere stressante quando vuole. Stare con lui è più complicato di quanto pensassi, ma io avrò la mia vendetta prima o poi.
«Ti piacciono gli One Republic?» mi chiede, svoltando in una stradina del centro.
«Sono okay, sì. Questa canzone poi mi rilassa» faccio spallucce. «Io li seguo dai tempi di Apologize, non so se la ricordi o qualcosa del genere. Fu il loro primo singolo.»
«Certo, remixata da Timbaland, certo che la ricordo» sorride. «Io conosco Ryan, il cantante. È un bravo ragazzo.»
“Cosa? E me lo dice così, come se nulla fosse? Conosce il più bello della band, praticamente.”
«Ryan Tedder?» sgrano gli occhi, girandomi a guardarlo. «E come!»
«Beh, sto girando “Cinquanta sfumature” in America. Lui è dell’Oklahoma, io non girerò lì le scene, ma c’ero e ho voluto visitare un po’ di America» sorride, grattandosi la barba che non ha.
«Ha un bimbo, vero?»
«Sì, ed è anche molto bello. Gli somiglia!»
«Beh, allora sarà bello sicuramente» e i miei occhi prendono la forma di due cuori grandi, immensi, che battono forte.
Lui si gira a guardarmi, poi riprende ad osservare la strada avanti a noi.
«Non stiamo parlando di Brad Pitt» alza gli occhi al cielo.
«Quindi? È bello uguale!» sussurro con aria sognante.
«Sì, come vuoi, la smetti adesso?»
«Ti da così tanto fastidio?» incrocio le braccia al petto, accavallando le gambe.
«No, ma mi distrai con chiacchiere inutili.»
“Sì, certo.”
 
«St. Margaret Street, dobbiamo percorrere questa via per arrivare al Big Ben» m’informa, facendomi strada.
Mi tiene la mano perché ha detto che ha paura di perdermi, essendo io non molto alta. Ma che carino! Sempre molto gentile, devo dire.
«Eccoti il Big Ben» lo indica, dopo dieci minuti di silenzio.
È un capolavoro, lo immaginavo proprio così, imponente. Lo guardo come una bambina guarda la bambola dei suoi sogni, praticamente.
«Quello è il Tamigi, sempre.»
«Sì, immaginavo» sospiro. «E si può entrare?»
«Nel Tamigi? Beh, puoi. Non si sa se ritorni, ma tentar non nuoce» fa spallucce.
“La colpa è mia, gli faccio domande troppo complicate.”
«Jamie, intendevo nel Big Ben» alzo gli occhi al cielo.
«Ah, allora è tutt’altra storia!» eh beh. «No, possono entrare solo gli inglesi.»
“Che idiozia è questa!”
«E’ ingiusto e stupido!»
«Come fai a dire che è stupido se non ne sai i motivi» ride. «La sera qui è tutto illuminato, poi ci ritorneremo. Fanno degli aperitivi niente male in quel corso lì» e lo indica. «Intanto un’ora è passata, se non di più. Che ne dici di tornare a casa?» infila le mani nelle tasche dei jeans.
«Ci sto» sorrido, mentre lui poggia un braccio sulle mie spalle.
When you're happy like a fool, let it take you over.
When everything is out you gotta take it in.

 
 
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