Film > Frozen - Il Regno di Ghiaccio
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Autore: Hendy    11/06/2015    6 recensioni
Il Titanic era chiamato la "nave dei sogni". Lo era, lo era davvero! [Elsanna (no-incest), Au!Titanic]
Genere: Drammatico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Yuri | Personaggi: Anna, Elsa, Hans, Kristoff
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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Avvertenze: Questo capitolo è IL Capitolo.


Una cosa fu certa di quella sera: la musica nella stanza si propagò per molto tempo.
 
Sulle sue note vennero improvvisati uno dietro l’altro balli di ogni genere, nonostante la melodia fosse sempre la stessa. Venne ripetuta così tante volte che nella mente di entrambe le ragazze era già stata ormai incisa e, sebbene al momento le due stavano sedute a parlare senza nessun sottofondo se non i loro respiri, nella loro mente ancora stava riecheggiando, intrappolata nell’incanto della sua stessa eco.
 
Si persero in chiacchiere e racconti, sia dai toni tristi e amari che più allegri e buffi.
 
Fu come ripetere la scena del Café solo che avevano superato la fase del “Qual è il tuo colore preferito”. In quel momento si parlava di vita. Vita passata.
 
Anna si trovò a raccontare meglio dei suoi genitori. Le raccontò i suoi migliori ricordi, della sua striscia sui capelli e del giorno della Rivolta del Pane, fino a narrare le avventure più belle nei suoi viaggi in Europa.
Elsa dal canto suo le raccontò della sua situazione a casa e di come era finita nelle grinfie di Hans. Non c’erano molti episodi felici da poter esternare, ma le raccontò di Mellow e di come era stata di conforto durante quegli anni bui.
 
Entrambe giovarono di quella loro conversazione; fu come togliersi un peso che opprimeva il petto. A quanto pare, tra le due, la più emotiva era Anna. O forse era solo colei che aveva vissuto gli orrori più sgradevoli, ma non erano lì per competere su chi fosse stata più male e decretarne il vincitore. Lo facevano per loro stesse. Ad Anna vennero gli occhi lucidi, immersa nei ricordi dei suoi genitori, e aveva faticato a trovare le parole ma alla fine di tutto, Elsa l’aveva abbracciata e ringraziata.
 
Passarono così la serata, tra un abbraccio, una parola e qualche bacio rubato.
 
Su richiesta di Elsa, Anna aveva in precedenza riposto il diamante e il ritratto della biondo platino all’interno della cassaforte, assicurandosi di chiuderla per bene.
 
Tra le mille cose che fecero dopo aver finito il ritratto, al momento le ragazze stavano approfittando di quel tempo insieme per vagare nuovamente per la stanza. Non si persero di vista come in precedenza, anzi si goderono per bene la presenza l’una dell’altra. Si divertirono per di più a commentare ogni quadro che guardavano, proponendo una propria interpretazione personale e rendendola più buffa e comica possibile.
 
Erano lì a ridacchiare, dimenticandosi ogni preoccupazione, quando queste ultime riaffiorarono su di loro in modo brutale con un semplice bussare alla porta.
 
Ad esso, seguì la voce del maggiordomo di Hans.
 
“Signorina Elsa?”
 
Un brivido corse lungo tutta la spina dorsale di entrambe le ragazze. Il tempo apparentemente era volato. Erano lì dentro da troppo ma perché Sebastian Marsh si trovava fuori dalla porta? Era venuto per lei o sapeva di Anna? Elsa impallidì a quel pensiero ma la sua mente lucida ebbe la meglio.
 
Trascinò la biondo fragola nella stanza accanto prendendola per il braccio, evitando di farsi sentire.
 
“Che facciamo ora?” le chiese, senza lasciar andare la mano della ragazza.
 
Sentirono la porta aprirsi con un cigolio. Erano a corto di tempo e ormai sarebbero state sicuramente scoperte.
 
Non c’era altro da fare. Anna la guardò.
 
“Facciamo quello che hai fatto sempre. Scappiamo.” Le disse con tono deciso. “Ma questa volta, lo si fa insieme. Perciò corri, corri, corri!”
 
Iniziò a spingerla e nonostante la situazione fosse alquanto tragica, Anna sentì di aver voglia di ridere. Certo, sarebbe stato alquanto spiacevole essere scoperti ma, d’altro canto, il loro sentimento era così forte e chiaro che si chiedeva come avrebbero anche mai potuto tentare di nasconderlo. Erano come due calamite, incapaci di staccarsi l’una dall’altra e in continua attrazione.
 
Passarono per la porta che collegava la stanza della madre alla sua, facendosi spazio tra le cianfrusaglie della proprietaria e cercando di non fare neanche il più piccolo dei rumori.
 
Ma la fortuna a quanto pare non era dalla loro parte perché nella fretta di uscire dalla stanza, Elsa, senza accorgersene, con la scarpa spostò uno dei tappetti presenti nel quale subito dopo Anna inciampò, andando a sbattere con il ginocchio sul fondo del letto.
 
Il rumore sordo fu abbastanza forte da essere sentito in tutta la suite e anche la più piccola speranza che non fosse in realtà così, venne sfumata quando il suono di passi iniziò a ticchettare contro il pavimento in legno con maggior velocita, dirigendosi verso la loro direzione.
 
La biondo fragola fece di tutto per trattenere il gridolino che per poco non uscì dalla sua bocca e i suoi occhi si riempirono di piccole lacrime.
 
Elsa voleva tanto restare ad ammirare il musetto di Anna, ma le priorità erano altre perciò la strattonò per un braccio per farle capire di muoversi e filarono fuori dalla stanza, fino al corridoio.
 
Presero  a camminare a grandi passi cercando di non attirare attenzione ma, come sospettavano, oramai erano state scoperte e dalla porta dalla quale erano uscite poco prima, si affacciò il signor Marsh con un’aria alquanto imbronciata.
 
Fecero tutto il possibile per non destare sospetti ma era veramente troppo tardi per fingere e ogni tentativo risultò vano.
 
Vennero riconosciute subito.
 
“Andiamo Anna!” urlò Elsa.
 
Dovevano seminarlo. Perciò si diedero alla fuga.
 
La ragazza più grande era al comando, conoscendo la strada meglio della biondo fragola. Il corridoio della prima classe era lungo e avrebbero potuto percorrere tutto il tratto di corsa ma invece optarono per girare a destra alla prima occasione, in direzione degli ascensori.
 
Arrivarono esattamente nel momento in cui uno degli ascensori stava per chiudere le porte e riuscirono ad entrare per un soffio, a differenza del maggiordomo che arrivò quando era appena partito.
 
Per la prima volta videro bene la faccia di Sebastian Marsh e al momento sfoggiava un’intensa tonalità rossa e non sembrava molto contento. Anzi. Era colmo d’ira.
 
Non che fosse importante.
 
Prima di sparire dietro la parete, Anna lo salutò con la mano facendogli una pernacchia.
 
“Adieu signore.” Disse zelante con accento francese, fingendo poi un inchino.
 
Una volta giunti al piano di sotto, i ruoli si invertirono e fu Anna a prendere il comando, nonostante non avesse nessuna idea di dove andare. Iniziò a trascinare in giro Elsa, affidata alla più imprevedibile delle cose: il destino.
 
“Andiamo di qui, di qui!”
“Sai almeno dove stiamo andando?!”
“Nessuna idea!”
 
Corsero senza meta, scontrandosi contro persone, inciampando, chiedendo scusa a coloro che incrociavano per strada e che probabilmente le consideravano ubriache.
 
Forse avrebbero dovuto porre più attenzione e provare almeno un po’ di terrore per ciò che stava succedendo. Invece si stavano divertendo. Risero quasi fosse un gioco e stessero giocando a nascondino.
 
Si fermarono solo due piani più sotto, non lontano dalle cucine, per una piccola pausa.
 
I loro corpi erano ancora scossi dalle risate e si tenevano i fianchi in un tentativo di placarle.
 
“E’ come essere rincorsi da un mostro di ghiaccio.” Buttò lì Anna.
 
Era classico di lei uscirne con frasi così senza senso. Fece ridere l’altra ragazza ancora più forte.
 
“Un pupazzo di neve gigante.” Aggiunse.
 
Lasciarono calmare le risa fino a farle diventare semplici sbuffi e riuscire finalmente a reggersi ritte in piedi.
 
Anna poi alzò la mano e andò a spostare una ciocca di capelli biondi dal viso di Elsa. I suoi capelli erano tutti spettinati e la visione incantevole. Lasciò la mano scorrere dietro il suo orecchio, accarezzandola dolcemente con quel gesto.
 
Si allungò in avanti per baciarla ma, con la coda dell’occhio, riuscì a scorgere una figura in avvicinamento fin troppo familiare.
 
Sebastian le aveva raggiunte.
 
Si fermò a metà strada tra le sue labbra e preferì darle un bacio veloce sulla guancia.
 
“Pare che non abbiamo ancora finito.”
 
Elsa ridacchiò.
 
“Abbiamo a malapena cominciato.”
 
E ripresero a correre, prendendo quante più deviazioni possibili per confondere l’uomo. Non avevano molte scelte, soprattutto andando alla cieca come stavano facendo. Il rischio era quello di finire in un vicolo a senso unico perciò Anna optò per l’unica cosa sensata che le venne in mente. Spinse Elsa dentro la prima porta aperta che trovò e la chiuse a chiave dietro di sé.
 
All’entrata un forte rumore penetrò nelle loro orecchie mentre l’odore di metano si faceva spazio nelle loro narici. Era diventato improvvisamente caldo e c’era solo una spiegazione a tutto questo: la sala macchine.
 
Si trovavano nell’anticamera della sala dove chissà quanti meccanici, tecnici, marinai e quant’altro si stavano dando da fare.
 
“E adesso?” chiese Elsa. Dovette urlarlo di nuovo per farsi sentire.
 
Di certo non potevano tornare indietro e scegliere un’altra porta nella quale nascondersi. Molto probabilmente il maggiordomo non era molto distante dallo scoprirle. Perciò scesero di sotto e si ritrovarono nel centro dell’enorme sala, in cui la temperatura sembrava essere aumentata di almeno una decina di gradi. Non sembrava proprio il posto adatto per due ragazze ma almeno garantiva una via di fuga.
 
Prima che qualcuno potesse anche solo avere il tempo di far loro la ramanzina, ripresero a correre, superando le decine e decine di operai a lavoro che le guardavano male mentre Anna urlava cose a caso a tutti loro per far ridere Elsa.
 
“La Regina sarà fiera di voi!”
“Ottimo lavoro, ragazzi.”
“Oh, hai un po’ di fuliggine addosso!”
 
Non si curarono dei fastidiosi fischi né del fumo che usciva dalle caldaie e tantomeno del posto in cui si trovarono o dell’attenzione che stavano indubbiamente attirando.
 
Rallentarono solo un attimo, appena prima di raggiungere le scale per l’anticamera opposta.
 
Elsa si fermò di colpo e fece voltare Anna verso di lei. La prese e senza tante parole, senza tanti sguardi, senza nemmeno darle il sentore di quello che aveva intenzione di fare, la baciò. Perché non poteva averne abbastanza. Perché era insaziabile. Perché una volta uscite da lì ed essersi ributtati nella mischia, cosa potesse succedere era imprevedibile.
 
E non voleva perdere l’occasione di poterla baciare perché le sembrava di aver aspettato così tanto per trovarla. E l’aveva trovata ed era lì. E quale scusa migliore del baciare una persona del perché le si vuole bene.
 
 
Con loro grande sorpresa, proseguendo, si ritrovarono nella stiva della nave.
 
Un’enorme sala piena di bauli, casse e automobili, la maggior parte dei quali bloccati con reti e corde. Era un po’ polverosa visto che pochi ne avevano accesso e, prima dello sbarco in America, nessuno avrebbe avuto motivo di entrati lì. Il cambio di temperatura si fece sentire, tanto che entrambe le ragazze presero massaggiarsi le braccia in un tentativo di trattenere il calore.
 
Era un posto particolare ma almeno avevano trovato un luogo in cui nascondersi.
 
Si guardarono intorno, come se fossero appena giunte nel paese dei balocchi, come se fosse la loro base segreta dove da piccoli ci si nascondeva per fare qualche marachella.
 
Guardarono intorno nell’immensità di quegli oggetti, soffermandosi di tanto in tanto per toccare qualcosa o osservare attentamente qualcos’altro.
 
Una macchina in particolare attirò l’attenzione di Anna.
 
Era una macchina molto elegante, un modello probabilmente uscito da poco, rosso fuoco con rifiniture nere. Sul cofano erano state incastonata le lettere C e K, una affianco all’altra, in oro puro. Il loro significato era sconosciuto alle due ragazze ma il suo valore era indubbiamente inestimabile. Fu il mistero di quelle lettere probabilmente ad attirare Anna, che di certo non era interessata ad ammirarne i sedili in pelle e la carrozzeria appena verniciata.
 
Infatti non perse tempo a giocherellare.
 
Si avvicinò a gran passi, seguita da un’Elsa incuriosita e affascinata.
 
Una volta giunta davanti alla macchina, Anna aprì lo sportello, rizzandosi con la schiena e porgendo la mano ad Elsa per farla salire.
 
“La sua carrozza è arrivata, mia signora.” Affermò con un finto accento norvegese.
 
Tipico di Anna. Elsa ridacchiò prima di prenderle la mano e salire sui sedili posteriori. Erano particolarmente comodi, in cuoio e dal suo abitacolo poteva vedere il conducente di spalle. Un enorme finestrino separava le due cabine sebbene in quel momento fosse già abbassato e Elsa non aveva nessuna intenzione di chiuderlo.
 
Anna andò a sedersi sul posto dell’autista. Si mise comoda, stringendo il volante con aria molto altezzosa.
 
“Dove posso portare la mia principessa?” Mantenendo il suo accento.
“Uhm, mi faccia pensare.”
 
Elsa però trovava il tutto molto eccitante. Loro due, sole. In una stiva. Su una macchina di lusso.
 
Si spostò sul sedile esattamente dietro alla ragazza e avvicinò il capo al suo orecchio.
 
“Su una stella.”
 
Anna sentì un brivido correre lungo la schiena e si girò verso di lei confusa fino a far toccare i loro nasi. Il respiro di lei contro il suo viso era quasi affannoso. Il freddo di prima venne completamente dimenticato. Le sue iridi erano tinte di uno strano colore scuro. Sembravano quasi preda di un desiderio, un impulso, un bisogno. Bramavano qualcosa o meglio qualcuno. E quel qualcuno era esattamente davanti a lei.
 
Elsa la prese per le braccia in un impeto di bramosia  e la trascinò dentro la vettura. In un batter di ciglio si ritrovarono sul sedile posteriore.
 
 Vicine.
 
Così vicine.
 
Ma non ancora abbastanza.
 
Si guardarono, si studiarono a vicenda. Come a chiedersi a che punto fossero disposte ad arrivare. Anna cercò la mano di Elsa e gliela strinse forte, quasi come alla ricerca di una conferma. In risposta, Elsa alzò le loro mani congiunte e le portò a mezz’aria, lasciando che le loro dita si intrecciassero.
 
I loro occhi erano ancora fissi l’una sull’altra, il contatto visivo rimase ininterrotto e le loro labbra iniziarono ad inaridirsi, desiderosi di altri baci.
 
C’era solo Anna per Elsa. E c’era solo Elsa per Anna. Non avrebbero guardato altro, perché non c’era altro di cui avevano bisogno.
 
Lasciarono parlare gli altri sensi e le loro emozioni, come se potessero sentire, annusare, tastare l’immensità del loro legame basandosi solo sull’aria che le circondava. Erano l’essenza stessa del loro amore.
 
“Vivimi, Anna. Come una prima volta e al contempo l’ultima. Piano, veloce. Come il primo giorno, come dopo una vita intera. Senza controllo. Vivimi, Anna. Perché hai fatto di me una persona nuova, pronta a far parte di un mondo interamente nostro. Hai preso me. Ho scelto te. Voglio fare l’amore con te.”
 
A queste parole Anna sentì un bisogno immenso di baciare l'altra ragazza. Che fosse per il tono di voce con cui lo disse, per la voglia di unirsi a lei dopo quelle parole o per il fatto che Elsa si morse le labbra dolcemente, facendo scattare lo sguardo della biondo fragola verso il basso per ammirare quel gesto, non lo sapeva ma nulla era lì a trattenerla.
 
E lo fece.
 
La baciò trasmettendo tutta la sua passione in quel contatto, lasciando che parlassero i sentimenti, lasciando che Elsa capisse che anche per lei valeva la stessa cosa e che accettava. Accettava di fare l'amore con lei e di continuare a farlo per tutta la sua vita, fino alla fine.
 
Si baciarono lentamente, quasi come per memorizzare quel momento, come per sancire l’inizio di qualcosa di nuovo. Volevano ricordarsi ogni gesto, ogni momento, ogni brivido. Si abbandonarono a quel sentimento puro e allo stesso tempo così peccaminoso mentre la lingua di Elsa si faceva spazio dentro la bocca di Anna e la mano di quest'ultima si adagiava contro il petto della biondo platino, a contatto con il suo cuore accelerato.
 
Si staccarono solo per riprendere fiato qualche secondo prima che Anna iniziasse a baciare il collo di Elsa, lasciando viaggiare le mani lungo il suo corpo. Per Elsa trattenere i gemiti fu impossibile. Il tocco di Anna era dolce, sensuale, audace, non le lasciava scampo.
 
I vestiti iniziarono ben presto ad essere di troppo.
 
“Fidati di me.” Le disse la biondo platino, sussurrando nel suo orecchio.
“Sono tua.”
 
Non tardò a rispondere.
 
Ed era tutto ciò di cui aveva bisogno.
 
Elsa afferrò il colletto della camicia di Anna per avvicinarla a sé, per poi lasciar scendere le mani che andarono a slacciare i bottoni. Uno dopo l'altro, fino a sfilarle l'indumento dalle spalle. Le sue mani poi raggiunsero il petto di lei e andarono ad accarezzarle delicatamente i seni, poi l'addome, con estenuante lentezza, fino ad arrivare al bottone dei pantaloni, che slacciò senza pensarci due volte.
 
I capi andarono ad ammucchiarsi sul tappetino dell'auto, già dimenticati, mentre Anna rimase completamente esposta agli occhi di Elsa. Si era trovata a fantasticare di continuo sul suo corpo negli ultimi giorni ed ora eccolo lì, senza nulla addosso, pronto per lei.
 
Anna si lasciò travolgere dal contatto di Elsa mentre la ragazza la stuzzicava ma, non volendo essere da meno, tornò a baciarla. Si adagiarono contro il sedile in cuoio, Elsa sotto di Anna, mentre i primi baci iniziarono a trasformarsi in qualcosa di più.
 
Portò la mano destra sul ginocchio flesso di Elsa risalendo con altrettanta lentezza lungo la sua coscia tonica. Stava per ricambiare il favore e liberare anche la sua donna da quello strato fastidioso di tessuto che le separava, perciò inizio ad alzarle il vestito a sua volta.
 
Prima che potesse andare oltre però, Elsa si alzò di scatto e capovolse le loro posizioni, sedendosi a cavalcioni sui fianchi di Anna.
 
Il movimento sorprese la ragazza ma trovò la nuova posizione molto più comoda per completare ciò che stava facendo. Per quanto possibile cercò di mettersi a sedere e cominciò a baciare il collo di Elsa mentre con le mani le tirò su il vestito; si separò dalla pelle della bionda solo per sfilare definitivamente l'indumento, lasciandola finalmente libera.
 
Era una fortuna che la ragazza non avesse nessun corpetto addosso e Anna ne approfittò come meglio credette. Le sfiorò il seno con le dita, assaporando la sensazione di quella pelle morbida che rabbrividiva di piacere sotto il suo tocco. Alle mani sostituì poi le labbra, con le quali baciò lo spazio tra i seni, fino a dove poteva spingersi, solo per il gusto di sentire quei piccoli gemiti della donna sopra di lei.
 
Poteva sentire il calore del corpo di Elsa che radiava fuori di lei. Sapeva che anche lei poteva sentire il suo. E questo non fece che aumentare la loro eccitazione.
 
Elsa lasciò aderire i loro corpi l'uno all'altro per la prima volta e ciò scatenò una scarica di adrenalina e eccitazione mai sentita in vita loro. La pelle di Anna era candida come la seta.
 
Andò poi a cercare le sue labbra e scambiò un altro lungo bacio in cui le loro lingue furono le protagoniste mentre danzavano l'una con l'altra.
 
I loro seni combaciavano alla perfezione, così come le loro labbra e le loro mani che viaggiavano senza sosta.
 
Anna ad un certo punto mugolò di piacere, sopraffatta da quelle sensazioni, e quello fu forse il suono più bello che Elsa avesse mai sentito.
 
Voleva risentirlo a tutti i costi.
 
Lasciò la mano correre in basso, superando lo stomaco, l'addome piatto, raggiungendo finalmente l'interno coscia. Nello stesso momento, Anna pose la sua mano nel suo petto, stringendo forte il seno di Elsa tra le sue dita.
 
Entrambe si lasciarono sfuggire gemiti di piacere.
 
Il respiro di Anna divenne man mano sempre più affannoso mentre si lasciava sciogliere dal tocco sempre più incalzante della sua amata. Cercava di ricambiare ma si sentiva come paralizzata, immersa nel piacere più puro.
 
Quella ragazza, la sua ragazza, la stava facendo esplodere.
 
I suoi mugolii divennero man mano più intensi. Elsa invece non aveva ancora tolto gli occhi dal volto della ragazza.
 
Trovava Anna così dannatamente sexy. Gli occhi chiusi, la bocca che arraspava aria, i capelli che avevano iniziato ad appiccicarsi sul viso a causa del sudore. La sue guance erano arrossante e sentì la ragazza sotto di lei tremare leggermente, come se l'eccitazione la stesse travolgendo ma non fosse ancora abbastanza.
 
Anna voleva di più.
 
Decise di accontentarla. Si abbassò di nuovo verso il suo petto e andò questa volta a stringerle i capezzoli con i denti. La reazione fu immediata e provocò una nuova ondata di piacere. Sentì Anna aggrapparsi ai suoi capelli e ansimare più forte.
 
Quel suono era musica per le sue orecchie.
 
"Non. Fermarti." Sentì dire dalla ragazza.
 
Buon per lei, perchè non ne aveva nessuna intenzione. Anzi. Quelle due parole, dette con quella sua voce che sembrava quasi un gracidio, tra un mugolio e l'altro, non fece altro che accaldare ancora di più la ragazza.
 
Sentì nuovamente il corpo di Anna contorcersi sotto di lei mentre il piacere aumentava e aumentava, senza sosta.
Le emozioni erano così forti che Anna ormai era fuori controllo, persa in quel tocco passionale, mentre Elsa non le dava scampo, mordendola e stuzzicandola continuamente, viaggiando lungo le lentiggini del corpo di Anna, fino a farle perdere la testa.
 
Si trovò a mordersi il labbro inferiore, quasi come per cercare di ritrovare un po' di controllo sul suo corpo, ma Elsa a quanto pare non parve essere della stessa idea. Anna smise ben presto di porle resistenza, perdendo quella sfida con se stessa. Le sue mani si spostarono sulle spalle di lei che ancora era ferma sul suo petto, tenendola forte, quasi per dirle ancora una volta di non fermarsi.
 
"Elsa." la intimò.
 
Quella fu la parola d'ordine. Perchè Elsa diede tutta se stessa nel minuto successivo. Minuto? Forse secondi. Forse ore. Non aveva importanza. Perchè Anna esplose sotto il suo tocco, lasciando che tutto il suo piacere raggiungesse il culmine, lasciando che il nome della sua amata venisse urlato un’ultima volta, persa in quell'incantesimo d'amore.
 
Anna crollò nel sedile, non capendo quando il suo corpo aveva deciso di inarcarsi in quel modo.
 
Elsa la lasciò riprendere fiato, sorridendole. Si sedette sulle sue gambe, rimanendo ad ammirarla da lì.
 
Ancora non poteva credere di essere lì, con lei. Lei. Finalmente e perfettamente sua. Era sicura che non voleva altro che continuare a farle provare piacere in quel modo, ancora e ancora. Ogni giorno della sua vita. Perché non esisteva nulla di così bello.
 
“Siete incredibilmente sensuale quando prendete voi il timone, signorina Arendelle. Gliel’hanno mai detto?”
 
Fu la prima frase che Anna disse dopo aver riacquistato il controllo del suo corpo. Elsa trattenne a stento la risata, davanti il viso compiaciuto della biondo fragola.
 
“Lei parla troppo, signorina Dawson.” Rispose seria, andando a porle un bacio sulla fronte. “Stai bene?”
“Sei bellissima.”
 
La prospettiva da lì era diversa. Le dava una nuova luce e il suo volto sembrava più felice che mai. Elsa era davvero uno spettacolo unico, la più meravigliosa delle creature su cui mai avesse posato occhio.
 
“Grazie.” Portò una mano davanti alla bocca, ridacchiando. “Ma temo che questo non risponda alla mia domanda.”
 
Anna ghignò. Stava scoprendo una Elsa molto più insistente, nonché molto più sensuale.
 
“Sto bene, non preoccuparti principessa.”
 
Si ribaciarono, di nuovo.
 
Lasciarono passare pochi istanti di silenzio, perse ancora una volta su quanto appena successo.  Cercarono di imprimere quel momento non solo nella mente ma nell’anima, dove nemmeno la morte avrebbe potuto strapparglieli.
 
Fu Anna a parlare per prima.
 
“Credo sia arrivato il mio turno.” Disse con tono malizioso.
“Solo se riesci a prendermi.”
 
Non che potesse scappare ma cercò di allontanarsi da Anna. Quest’ultima si rizzò a sedere mentre cercava di tenere ferma la ragazza che tentava giocosamente di non farsi prendere.
 
Anna ne uscì vincitrice e la bloccò, prima di riavvicinarla a lei e abbracciarla forte per tenerla ferma.
 
“Come se ti lasciassi scappare.” Sussurrò.
 
E si baciarono perché Elsa sapeva che l’unico modo di zittire la sua amata era baciarla.
 
Ripresero così a fare l’amore, lasciando che fosse Anna stavolta a far inebriare l’altra ragazza.
 
E restarono lì, a non fare altro, fino a quando i vetri della macchina non si appannarono, fino a quando il sudore non riempi i loro corpi nudi, finchè i loro cuori non iniziarono a battere all’unisono, come un unico essere.
 
Ripresero senza più intenzione di fermarsi, desiderando che quel momento non finisse mai.
 
 
 
N/A: Buongiorno, buonasera, buon pomeriggio a tutti! Finalmente ho il nuovo capitolo pronto e i soliti ringraziamenti devono essere fatti.
 
Ringrazio SaraJLaw che più di tutte mi ha aiutato a realizzare quest’ultima scena con la quale io avevo enorme difficoltà. Mi è stata davvero di grande aiuto e sono così grata di averla intorno. Non faccio altro che stressarle l’anima ma sa che le voglio bene v.v
 
Ringrazio poi Calime per i soliti accorgimenti che mi dà alla storia. Sei un angelo!
 
Ah e oggi è il compleanno di Lia, una delle mie recensitrici  diciamo fisse xD Perciò ti faccio ancora tanti tanti tanti auguroni.
 
Ah, le lettere C e K incise nella macchina non hanno nessun scopo ‘tecnico’. Sono un tributo a Kengha, alla quale avevo promesso che l’avrei citata da qualche parte nella storia xD C è l’iniziale del suo nome, mentre K il  suo nome su efp.
 
Vi ringrazio per la pazienza che mi state dimostrando.
 
Vi voglio bene, un caldo abbraccio,
 
Hendy.
  
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