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Autore: xunendlich    11/06/2015    0 recensioni
[...]Il suo amore lo sentii davvero quella notte. Era nelle carezze, nei baci, nelle sue spinte. Era sulla mia pelle marchiata dalle sue labbra e sulla sua schiena marchiata dalla mie unghie.
Quella sera, per la prima volta, diventammo una sola persona, un solo cuore.[...]
Genere: Angst, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Personaggi: Harry Styles, Louis Tomlinson, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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A Louis, che amo con tutta me stessa.
E ad
Harry, che considero l’unica persona
capace di amarlo nel modo in cui merita.
 
 
 

Era accaduto per sbaglio, per gioco. Era accaduto e neanche ce n’eravamo accorti. Era accaduto senza volerlo, inconsciamente. Eravamo amici, amici per la pelle; quel tipo di amici pronti a fare qualunque cosa l’uno per l’altro. Eravamo pronti a rinunciare o ad affrontare il mondo per l’altro. 
Eravamo io e lui. Ma poi tutto è cambiato, tutto è stato messo sotto sopra ed è stato allora che: ci siamo innamorati.
Eravamo appena ragazzini quando capimmo che quell’ amicizia  non poteva essere definita tale se ad ogni tocco vi erano guance arrossate o battiti accelerati. Se ad ogni sussurro c'erano brividi su per la spina dorsale e pelle d'oca. Se ad ogni occhiata c'erano farfalle assassine pronte a fare a brandelli i nostri sentimenti e a moltiplicarli. Non era amicizia quella. Non quando c'era tutta quell'elettricità nell'aria, quando c'erano costantemente idee insoddisfatte, pulsioni represse.
All’inizio ci comportavamo nello stesso modo in cui ci comportavamo con gli altri, eravamo abituati a soffocare certe sensazioni, a nascondere tutto, ma poi le cose, come accade tutte le volte, vengono fuori con la forza e tutto cambia.

Andammo a vivere insieme: io, lui e la nostra casa. Non avevamo mai pensato a due stanze e due letti separati, noi avevamo la nostra stanza e il nostro grande letto. Avevamo sempre dormito insieme, quello sarebbe dovuto essere già un segnale, ma eravamo troppo piccoli, troppo ingenui e spaventati per poter definirci. Tutte le sere ci ritrovavamo tra quelle lenzuola, con una tazza di tea nella mano, con poco zucchero e tanto limone nella sua e quantità di dolcificante nella mia; parlavamo per ore, anche se non avevamo fatto altro per tutto il giorno. C'era sempre qualcosa da dire, qualcosa che avevamo dimenticato, qualcosa che avevamo visto o immaginato.
E poi ci addormentavamo abbracciati, con le gambe incastrate, i respiri uniti e le pelli a contatto. Mi svegliavo, tutti i giorni, col suo respiro sul collo o sulla bocca. O aprivo gli occhi ritrovandolo ad osservarmi in religioso silenzio, con un sorriso sulle labbra sottili.
Troppe erano state le volte in cui avevo sognato di perdermi su quelle. Troppe volte avevo desiderato di annegare in quelle pozze celesti, che al solo guardarle mi mettevano i brividi.
La cosa era evoluta durante una delle tante sere d’estate, durante un gioco.
Eravamo alla casa in campagna di mio padre, nel grande giardino. Avevamo cenato sotto le stelle e avevamo fatto il bagno in piscina. Erano più o meno le due e nessuno aveva voglia di dormire, come al solito.

-Allora pappamolli, adesso ci sediamo e giochiamo a questo gioco della bottiglia, perché mi annoio e voglio spassarmela un po’ – esordì Liam, in un tono che non gli apparteneva affatto e per cui tutti lo fissammo divertiti
-Oh andiamo – gli disse il ragazzo  dagli occhi color caramello – siamo abbastanza grandi per questi giochi...-protestò risoluto Zayn, imbronciato per quelle proposte assurde.
-Zitto Zayn – lo ammonì Liam – è per passare il tempo, avanzate qualche idea migliore se ne avete- protestò allora il castano, indispettito dal continuo lamentarsi del moro.

Erano sempre stati così, come un cane e un gatto. Erano lì a beccarsi di continuo e poi a scambiarsi effusioni il minuto dopo.

-Io non bacio nessuno – sbottò Niall, inorridito al solo pensiero di dover baciare uno di loro.

Noi due ridemmo semplicemente di fronte a quella scena. Eravamo così buffi allora, e forse lo siamo sempre stati poi. 

-Lou, tu sei il più grande, quindi inizi tu – canzonò Liam, deciso a portare avanti la sua idea, anche di fronte alla riluttanza di tutti.
-Va bene, dammi qua – gli strappò la bottiglia, rigorosamente coca-cola, a discapito delle mie abitudini da salutista, e la fece girare.
Forse fu un caso, ma essa puntò me, come nei migliori dei cliché. Mi sentii intimorito. Ero solo un ragazzino di sedici anni con in testa un cespuglio e troppa insicurezza, ma lui mi sorrise in quel modo speciale e la paura fu spazzata via.
-Oh oh bene – rise Zayn, adesso incuriosito dalla situazione, Zayn che ci aveva sempre visto troppo lungo– che scegli?-
-Toccata di capelli – mormorò, Louis, sembrava quasi imbarazzato da quella situazione, anche se sapevamo entrambi che non lo era, perché lui non era facile da intimidire.
-Louis! – quasi urlò Zayn – sei il più vecchio qui, non annoiarci. Io vi ordino di chiudervi nel capanno degli attrezzi e di restarci almeno quindici minuti – ordinò con tono che non ammetteva repliche.
-Zaynie, ma lì è buio e tutto sporco e... – provai ad intenerirlo, con il tono che ti costringeva sempre a fare tutto.
-Niente discussioni – intervenne Liam – forza ragazzi, non fate i bambini, è solo un gioco- asserì.
Louis tirò un sospiro con tanto di occhi al cielo e si alzò con quello sguardo sempre più tenero una volta puntato su di me.
-Forza cespuglietto – mi apostrofò in quel modo tendenzialmente offensivo, ma che era anche terribilmente affettuoso una volta che lo avevano pronunciato le tue labbra.
-Hey – tentai di difendermi, per niente offeso.
E ci ritrovammo chiusi lì dentro. Avrei passato quindici minuti con il mio Louis. Sarebbero stati i quindici minuti più lunghi, imbarazzanti e agonizzanti della mia stupida esistenza, pensai; o forse i quindici minuti che avrei ricordato per sempre.
-Allora, direi di aspettare qui e raccontarci qualche barzelletta, che dici? – propose, perché lui la percepiva l'aura nervosa che mi circondava e sapeva sempre come muoversi.
-Beh non so – ero imbarazzato ed impaurito – io odio questo posto, è troppo buio e puzza di muffa e di sicuro ci sono i ragni- mi lamentai, distratto, assente.
-Harry! Non fare la femminuccia – rise, divertito dalla mia stupida fobia per gli spazi piccoli e bui.
Era davvero buio, non vedevo neanche il mio naso ed i suoi occhi, che erano due fari celesti, nascosti da quel buio fitto, quando non avevo bisogno che di essi. Mi sentivo emotivamente instabile. Mi veniva da piangere. Odiavo il buio. Odiavo non vederlo.
Ma lo sentivo.
Lo sentivo soprattutto quando -Pensavo – disse in un sussurro.
Lo sentii avvicinare, mettersi di fronte a me, lasciando interrotta quella frase.
Restai in silenzio, con i pensieri a mille e il cuore in gola, come tutte le volte.
Sentii il suo respiro farsi sempre più vicino. Si stava avvicinando al mio orecchio.
Mi sentivo morire. Continuavo a chiedermi: cosa vuoi fare? Perché sei così dannatamente vicino a me?
-Pensavo che questo essere nero sulla tua spalla, ti dona davvero un sacco – esordì ridendo, spezzando quel piccolo alone di magia intorno a noi, con il sarcasmo.
Urlai allora, lo spinsi via e – Razza di idiota, levamelo di dosso, ora! – gridai tutto d’un fiato.
-Hey hey – rise ancora più forte – scherzavo piccolo- mormorò allora, sempre più divertito.
Gli tirai un pugno sulla spalla e per un attimo vacillò emettendo un gemito di dolore.
-Ma sei impazzito – quasi gridò ora con le risate scivolate via– stavo scherzando!- aggiunse imbronciato.
E -Fottiti louis, non è divertente! – dissi letteralmente nero dalla rabbia.
Fu allora che si avvicinò di nuovo a me. Mi prese per i polsi e mi abbracciò – Oh piccolo, sei così dolce quando ti comporti come una ragazzina – sussurrò piano, in una presa in giro che non era tale.
E il mio respirò si mozzò. A quell’appellativo ripetuto ancora, in toni ben diversi, smisi di respirare.
-Ti voglio bene harry – sussurrò e poi accade: mi prese il mento con due dita e posò un piccolo bacio sulle mie labbra.
Fu leggero, innocente. Percepii appena le sue labbra sottili, che contro le mie si perdevano.
Socchiusi gli occhi e gli posai una mano sulla guancia per poter ricambiare meglio.
Passati i quindici minuti gli altri tre ci permisero di uscire. A nessuno raccontammo del bacio. E nessuno mai ci chiese cos’avessimo fatto in quel tempo. Neanche noi.

Dopo quella sera le cose non cambiarono, almeno non di molto. Qualcosa era cambiato dentro di noi, tra di noi. Era giunta la consapevolezza, quella piccola cosa con cui non volevamo venire a patti. Eravamo sempre insieme, anche quando ero da mia madre che lo adorava, diceva sempre che la sua allegria era contagiosa e che una personalità come la sua era stata fatta per riempire le nostre vite.
Tornare nella nostra casa era sempre un piacere; un buco di casa con quattro stanze: una cucina, un soggiorno, un bagno e una camera da letto; eppure era nostra e questo bastava a renderla speciale.
L’avevamo scelta perché era piccola, accogliente e perché costava poco. Quelle quattro mura erano ignare del fatto che avrebbero visto crescere un amore, il nostro.
Quando prendemmo casa io avevo sedici anni e lui diciannove. Io ero un ragazzino con troppe guance e troppi capelli. Lui era un ragazzo, con uno strano taglio di capelli, a scodella quasi, ma aveva il sorriso più bello che avessi mai visto.
Vivere con lui era stata la decisione più bella che avessi mai potuto prendere.
C’era armonia tra noi. Litigavamo per cose futili, ma poi facevamo subito pace, perché ero io quello troppo suscettibile, eppure era sempre lui quello che, in torto o ragione, si faceva perdonare.
Ci siamo innamorati poco alla volta, come quando ci si addormenta: prima piano piano e poi profondamente*
All'esterno eravamo sempre gli stessi, ma quando tornavamo a casa recuperavamo tutti i baci perduti e gli abbracci mancati.

Io tornavo da scuola, lui tornava da lavoro e non c'era nient’altro che baci e lunghe chiacchierate. Ci raccontavamo come avevamo trascorso la mattinata, poi solo baci e carezze.
Ci amavamo senza parole dolci e attenzioni fisiche, solo gridandocelo con gli occhi.
Non avevamo mai fatto l'amore.
Non era mai capitato, o meglio: c’eravamo fermati quando c’eravamo avvicinati troppo al confine.


Ma poi, la sera del mio diciottesimo compleanno era accaduto.
Dopo aver festeggiato con amici e parenti tornammo a casa, mezzi ubriachi e avvinghiati l’uno all’altro.
Avevamo iniziato a baciarci a pochi metri dalla porta della nostra capanna d’amore.
Le mie mani erano tra i suoi capelli e le sue a sorreggermi da sotto il fondoschiena.
Pur essendo più alto di lui, amava tenermi stretto a sé.
Salimmo in casa inciampando nei nostri stessi piedi.

- Haz, finiremo col farci male – disse ridendo – aspetta- aggiunse, prima di afferrare la mia mano e trascinarmi nella nostra camera.
-Lou, rischio di impazzire – sbuffai – ti prego- mormorai, bisognoso di sentirlo addosso, dentro, sulla pelle.
Sbottonò velocemente la mia camicia, era così frettoloso; e mi spinse sul letto. Sfilò il suo maglioncino bordeaux e lo lanciò alle sue spalle, incurante. Gattonò verso di me, languido, beffardo, desideroso.
-Aspettavo questo momento da anni – sussurrò avvicinandosi al mio volto – ho rischiato di impazzire Haz-
Quella confessione fece crescere in me qualcosa che non sapevo spiegare a parole, ma solo a gesti.
Presi il suo volto tra le mani e posai le mie labbra sulle sue, gesto a cui rispose immediatamente lasciandomi libero accesso a quella bocca che ormai conoscevo fin troppo bene. Ci baciammo e strusciammo per un tempo che mi parve infinito. Le nostre erezioni dolevano ogni qual volta si scontravano.
Non smisi di baciarlo neanche quando lo liberai dai jeans neri che gli stavano così bene, ma che lui odiava; come odiava le sue cosce troppo toniche, quel filo di pancetta e le sue braccia troppo molli per cui si costringeva a non mangiare la torta alle feste, a non bere troppe bevande gassate e a rifiutare i cibi fritti.

Odiava tutte le cose che invece di lui avevo sempre amato.
Per tutto il tempo che ci toccammo e ci esplorammo non smise di accarezzarmi i capelli, il volto, la schiena, qualunque parte  del mio corpo potesse essere accarezzata.
Poi mi liberò dei jeans e fu allora che – Ti amo harry – sussurrò dritto sulle mie labbra – ti amo come non ho mai amato, e mai amerò, nessun altro. Ti amo harry e voglio che tu sia l’unico, voglio che tu sia mio per sempre.-
Tremai appena a quelle parole. Una piccola lacrima scese a rigarmi la guancia e lui l’accolse con le sue labbra morbide – Ti amo louis – risposi allora- ti amo fin da quando ero un ragazzino– confessai sorridendo.
E mi baciò ancora, come non aveva mai fatto. Mi baciò così intensamente che la testa prese a girarmi e le orecchie a fischiarmi. Mi stese sul letto con i nostri corpi completamente nudi e a contatto.
Ansimammo insieme quando prese a scontrarsi con me. Gememmo insieme quando entrò prima con un dito e poi con tutto se stesso.
Quella sera facemmo per la prima volta l’amore. Ci amammo intensamente e ce lo dicemmo così tante volte che persi il conto.

Il suo amore lo sentii davvero quella notte. Era nelle carezze, nei baci, nelle sue spinte. Era sulla mia pelle marchiata dalle sue labbra e sulla sua schiena marchiata dalla mie unghie.
Quella sera, per la prima volta, diventammo una sola persona, un solo cuore.



All’inizio nascondevamo il nostro amore come ladri, ci baciavamo di nascosto, perché avevamo paura di essere giudicati**
Ma poi venimmo scoperti dai nostri stessi amici: ci sorpresero a baciarci mentre li aspettavamo nella nostra cucina, intorno al nostro tavolo.
Non erano sorpresi, perché il nostro amore si percepiva nell'aria. E ci chiesero spiegazioni.
Perché un amore come il nostro non poteva essere raccontato, non c'erano abbastanza parole per spiegarlo. Il nostro amore era troppo grande per poter essere compreso da occhi esterni, forse neanche noi lo capivamo fino in fondo.
Era amore, e questo bastava a zittire tutto il resto.


Dopo la nostra prima volta ne seguirono altre. Ci furono infinite volte in cui facemmo l’amore. Infinite furono le volte in cui ci perdemmo in noi stessi. Mi perdevo a guardarlo mentre dormiva, mentre mangiava; mi perdevo ogni volta che lui era con me. Sarei potuto restare in silenzio ad osservarlo per ore senza mai annoiarmi e ogni volta sentivo il cuore scoppiarmi in petto.
Era così bello mentre rideva e si copriva la bocca. O quando si imbronciava e gli si formava una ruga sulla fronte.
Era bellissimo quando faceva le sue facce buffe per farmi ridere. Era bellissimo sempre, ed io ero così innamorato di lui che tutto quell’amore quasi mi faceva male e neanche ne conoscevo il motivo.***
Lo amavo in tutte le sue sfaccettature. Amavo ogni singola cosa di lui. Lo amavo con tutto me stesso e lui amava me con tutto se stesso. Non faceva altro che ripetermi quanto erano belli i miei occhi o le mie fossette o i miei ricci indomabili.
Ci amavamo con tutto l'animo, gli organi, lo spirito; ogni cellula e ogni singola fibra del nostro corpo.
 
 
 
Oggi, dopo cinque anni dalla sua scomparsa, tutto quell’amore e quella venerazione verso di lui non sono andati via, li sento ancora addosso. Dopo cinque lunghi anni sento ancora tutte quelle emozioni invadermi e trascinarmi nei ricordi più dolorosi e felici allo stesso tempo.
Nonostante lui mi abbia lasciato, l’amore che provavo per lui esiste ancora e vive dentro di  me.
Ci eravamo giurati amore eterno e così sarà, perché  nessuno potrà riempire quel vuoto che ha lasciato dentro di me.
Amo louis da quando ero un semplice ragazzino di sedici anni, troppo riccio e troppo paffuto.
Lo amerò finchè non esalerò l’ultimo respiro. Lo amerò fin quando anche io non lascerò questo posto.
Anche se, nessuno posto vale la pena di essere vissuto senza di te, Louis Tomlinson.








it's my turn
salve gente, se siete arrivati fin qui è perchè avete letto l'intera storia e ve ne sono molto grata. 
Prima di passare ai ringraziamenti vorrei dire giusto un paio di cose:
- l'idea della storia mi è venuta mentre ascoltavo 'friends' di Ed Sheeran.
- ho scelto Louis come personaggio da fa 'andare via', perchè penso che Harry sarebbe l'unico a tirare avanti, a cercare di sopravvivere anche senza l'altro, perchè penso che Harry onorerebbe non sono Louis ma anche il loro amore; al contrario invece, Louis cadrebbe nell'auto distruzione e cercherebbe di 'dimenticare' in qualunque modo. 
- il primo riferimento (*) è alla frase del libro 'Colpa delle stelle' di John Green, non so se l'avete letto, ma nel caso in cui non l'avete fatto ve lo consiglio.
- il secondo riferimento (**) è al carme V di Catullo ' i mille baci di Lesbia'. E' un carme bellissimo! 
- il terzo riferimento (***) è al carme  LXXXV (85) di Catullo, nonchè il famoro 'odi et amo'. Sono completamente innamorata di questo carme, che si presenta breve ma veramente inteso, anche perchè dietro vi è tutt'una storia.


Detto ciò vorrei ringraziare
 Duchannes ovvero la mia Haz. Lei ha letto e corretto (e perfezionato) questa storia. 
Grazie Haz! Senza te non sarebbe lo stesso, ti voglio bene <3 
Detto ciò, grazie per l'attenzione xx 
   
 
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