Miana
Si
svegliò di soprassalto,
avvertendo un terribile presentimento. Si ritrovò distesa in
mezzo alla sabbia,
la superficie rovente che le scottava la delicata pelle olivastra.
Sempre da
sdraiata si tastò le braccia, l'unica parte che la veste
lasciava scoperte, e
scoprì che anche solo toccarle le faceva male. Nonostante
potesse non sembrare
Miana era sempre stata piuttosto delicata alla luce del sole, per
questo
preferiva di gran lunga le sale oscure della Città Ombra
sotto Lancia del Sole.
Provò ad alzarsi, ancora un po'
stordita. Le sue mani affondarono nella sabbia soffice del deserto, ma
la donna
riuscì ugualmente a trovare una presa salda e la forza
necessaria per tirarsi
su. Si trovava dietro una duna, ma a giudicare dalle scottature doveva
essere
lì da un bel po', almeno dalla mattina visto che il sole
doveva essersi
spostato. Si guardò attorno, a desta e a sinistra, davanti e
dietro, ma il
risultato era sempre lo stesso: un mare desolato di onde sabbiose. Era
questo
il deserto di Dorne.
Si schermò la faccia con una
mano, cercando di proteggere gli occhi dai raggi solari. Sempre
osservando
l'orizzonte, distrattamente stavolta, si impose di stare calma.
Provò a fare
mente locale: come mai si trovava lì? Com'era possibile che
dalla sua casa
della Città Ombra si fosse improvvisamente ritrovata
lì nel bel mezzo del
nulla?
Quando comprese ricadde
mollemente a terra. Atterrò con un rumore non del tutto
sgradevole sulla
soffice sabbia, abbandonandosi sulla superficie irregolare. Non era
arrabbiata
però. Lasciò anzi che la sua bocca si piegasse in
un sorriso, e poi prese a
ridere di gusto. Rimase lì a sghignazzare per un bel po' di
tempo, divertita da
quello che le era successo. Non poteva non essere andata che in quel
modo, non
c'erano dubbi.
Ricordava ancora il discorso che
aveva fatto tempo prima a Dainis, sua protetta nonché sua
cugina di secondo
grado. Dainis Martell era diventata sua apprendista quattro anni prima,
quando
era scappata da suo padre Bryce, lord dei Giardini dell'Acqua. Le aveva
offerto
rifugio e aveva indirizzato suo padre da qualche altra parte, anche se
era
stata difficilmente creduta in quanto già nota come signora
dei sussurri per
lord Derrick, anche lui cugino solo di terzo grado. Era stata poi anche
l'artefice della riconciliazione tra Dainis e suo padre, ma la ragazza
era
comunque voluta rimanere con lei.
Tredici anni separavano Dainis da
Miana Martell, la prima era a malapena una donna mentre la seconda
aveva appena
superato la soglia dei trenta, divenendo una femmina fatta. Gli amanti
della
Serpe Oscura, così come era nota Miana nei bassifondi, erano
tanti, ma con
nessuno era riuscita a generare un'erede per il suo impero di spie.
Nessuno
poteva nulla a Dorne senza che Miana lo venisse a sapere, ma per tenere
in
piedi il suo "regno" Miana necessitava di un successore. E chi meglio
di Dainis, sua apprendista prediletta nonché appartenente
anche lei alla
famiglia regnante di Dorne?
Solo che ancora la ragazza era
piena di difetti. Non era più troppo giovane, ma aveva
ancora bisogno di tempo
per maturare. Era impulsiva, emotiva, e non dimenticava mai nulla.
Certo,
quest'ultimo fattore poteva rivelarsi un vantaggio, ma stavolta per
Miana non
lo era stato.
L'aveva presa da parte alcuni
giorni prima e le aveva fatto un bel discorso sul cosa vuol dire essere
una
signora dei sussurri.
- Ricordi - le aveva detto -
Tutte le volte che abbiamo studiato assieme le storie dei
più grandi signori
dei sussurri del passato? Mysaria la Larva per Daemon Targaryen, Varys
l'Eunuco
per il Re Folle e Viserys l'Ambizioso per Rhaegar il Saggio? Tutti loro
hanno
impartito delle lezioni, ovvero come fare e come non fare la spia. Tu
non sei
ancora pronta per succedermi, prendi esempio da tutti loro.
Le aveva allora raccontato come
lei stessa aveva sorpreso un giorno la sua maestra, organizzando un
finto
complotto ai suoi danni e mettendola con le spalle al muro. Ricordava
ancora
come ella aveva tremato inizialmente alla vista dei pugnali. Poi si era
guardata attorno, e aveva esaminato uno per uno coloro che l'avevano
assalita.
Infine aveva posato lo sguardo su un malvivente piccolo, e gli aveva
detto
semplicemente "rivelati". Miana si era così tolta il
cappuccio,
rivelando la lunga chioma di capelli corvini e la faccia piccola ma
graziosa.
La sua maestra aveva allora sorriso. "Sei pronta" le aveva detto
infine. Si era ritirata poco dopo dal ruolo di maestra dei sussurri di
Dorne,
lasciando a lei il suo posto. Lord Derrick all'epoca aveva ancora
dodici anni
ed era da poco il signore del paese, Miana solo quattro più
di lui, ma si era
dimostrata una dei suoi più preziosi consiglieri.
Da allora erano passati altri
quattordici anni, e anche lei si era presa un'allieva. Aveva sempre
prospettato
di fare una fine simile a quella della propria maestra, ma non pensava
che quel
momento sarebbe arrivato così presto, soprattutto da parte
di un allieva con
così poca esperienza. Miana era stata al servizio della
maestra da quando di
anni ne aveva sette, e ne erano passati altri nove prima della sua
rivincita.
Ecco perché si era sentita strana
dopo che lei, Dainis e Clarton avevano bevuto quel vino. Clarton era
l'amante
di Dainis, un grosso uomo del volgo proveniente dalla Città
Ombra. Aveva un suo
fascino, Miana l'aveva dovuto ammettere, ma su di lei non aveva mai
fatto
effetto. Invece Dainis ne era profondamente attratta. Se l'avesse
scoperto suo
padre di certo non ne sarebbe stato contento.
Insomma, lei e la cugina stavano
chiacchierando quando Clarton era arrivato portando una bottiglia di
vino.
"Distillato da mio cugino di Vaith" aveva detto "Fatto e spedito
direttamente a me". Così aveva riempito tre calici e avevano
preso a bere.
Miana aveva riso parecchio, doveva essersi ubriacata. Poi erano stati
tutti
colti da una stanchezza avvolgente, e si erano abbandonati dove si
trovavano.
L'ultima cosa che la donna ricordava era di aver visto Dainis che
ancora beveva
e Clarton già bello che andato disteso sul tavolo. Poi
più nulla.
Astuto, non c'era nulla da dire
in proposito. Dainis aveva corrotto quel buon vino con un potente
narcotico, e
per non destare sospetti anche lei e l'amante l'avevano bevuto.
Probabilmente
Clarton era anche all'oscuro del piano della Martell, o se non lo era
aveva
recitato davvero bene la sua parte. Poi qualche uomo ai suoi ordini
doveva aver
prelevato Miana e l'aveva portata lì.
Ricordava essere sera al momento
della bevuta, per cui ora che era pomeriggio... Miana
calcolò che doveva essere
lì da mezza giornata se aveva fortuna, oppure due giorni al
massimo, non di
più. Al sole di Dorne comunque bastava anche una sola ora
per scottare anche la
pelle più coriacea, per cui il tempo lì perdeva
di significato.
La donna si guardò nuovamente
attorno. Aveva un gran caldo, ma aveva imparato a non togliersi mai i
vestiti
di fronte ad alte temperature. Avrebbe esposto la pelle per nulla.
Tutt'attorno
a lei l'aria tremolava per l'afa, il debole vento che trasportava
fastidiosi
granelli di sabbia. Non c'era il benché minimo punto di
riferimento da prendere
per orientarsi, dalla sua posizione non si vedeva assolutamente nulla.
Almeno Dainis le aveva lasciato
una borsa con delle provviste, la Martell se n'era accorta solo in quel
momento. C'era un po' d'acqua in una borraccia, poi varie strisce di
carne
essiccata e qualche manciata di frutta secca come noci e noccioline, e
anche
qualche tipo di frutta amara adatta agli ambienti caldi, come datteri e
prugne.
C'era poi anche quella che doveva essere stata una pera, oramai marcia
per
l'esposizione al sole. Miana la gettò via, e la
guardò mente rotolava giù dalla
duna creando delle piccole folate di sabbia.
Scelse una direzione a caso e
cominciò ad avanzare lentamente verso chissà
dove. Il cibo lo aveva e per un
po' non sarebbe stato un problema. La vera questione era: dove andare
per
essere trovata? Non aveva la minima idea di dove fosse, poteva essere
vicinissima ad una fortezza come anche nel bel mezzo del deserto.
Scartò subito
l'ultima ipotesi, se era vero che non poteva essere lì da
più di un paio di
giorni non doveva essere lontana da Lancia del Sole. Anche i narcotici
più
potenti avevano una durata limitata che di solito non superava la
giornata
piena, per cui anche andando a cavallo o in groppa ad un veloce pokemon
non
poteva essere stata portata molto lontana da casa. Sperò con
tutto il cuore di
stare andando nella giusta direzione.
Il sole presto abbandonò lo
zenit, e cominciò lentamente a tramontare dietro le immense
dune. Arrivò la
prima notte, e Miana non poté fare altro che fermarsi dove
si trovava per
mangiare qualcosa. Non aveva toccato nessuna delle provviste per tutto
il giorno
per resistere alla tentazione di mangiare tutto in una volta sola, e
nonostante
avesse una fame da lupi razionò tutto al meglio. Doveva
essere avara con sé
stessa se voleva sopravvivere.
Bevve pochi sorsi ridotti
d'acqua, la quale nel frattempo era diventata tiepida. Faceva schifo ma
cercò
di mandarla giù ugualmente. Sgranocchiò una delle
strisce di carne e mangiò
qualche dattero e un paio di noci. Si scavò un piccolo
riparo in mezzo alla
sabbia e vi si coricò. Si tolse poi la mantellina di seta e
ricoprì con quella
l'ingresso della buca per proteggersi da eventuali predatori. In
verità la seta
l'avrebbe protetta ben poco, ma essendo gialla come anche la sabbia
forse
avrebbe tenuto nascosto il punto in cui stava Miana. Pregò
di essere ancora
viva la mattina dopo, poi si addormentò.
L'aspetto peggiore era che
l'acqua a sua disposizione era drammaticamente poca rispetto al resto
delle sue
scorte. Pur impiegando tutta la sua buona volontà per non
sprecarla
razionandola, aveva per forza di cose dovuto assumerla regolarmente per
non
disidratarsi. Dopo cinque giorni - incluso quello in cui si era
svegliata -
aveva bevuto l'ultima goccia d'acqua, e da allora la borraccia non era
stata
più toccata. Aveva l'altro cibo, certo, e i datteri e le
prugne erano
abbastanza acquosi, ma nulla avrebbe potuto sostituire adeguatamente il
prezioso liquido.
Suo padre, quando ancora Miana
abitava a corte, le aveva fatto studiare geografia col maestro di cui
non si
ricordava nemmeno il nome. Dalle cartine aveva visto che Dorne,
comparato a
terre come l'Altopiano e il Nord, era davvero un paese piccolo. Ma quel
deserto, nonostante le apparenze, sembrava non finire più. O
le proporzioni di
quella mappa erano davvero sbagliate oppure Miana aveva completamente
perduto
il senso dell'orientamento. La seconda ipotesi era anche la
più probabile.
La donna continuò a marciare per
giorni nella sua direzione, se voleva avere qualche speranza di
sopravvivere
l'unica opzione disponibile era quella di perseverare. Se fosse
riuscita a
resistere ai morsi della fame, ai dannosi raggi del sole e ai piedi
brucianti e
pieni di dolore, forse sarebbe uscita viva da quell'avventura.
Presto però, nonostante le
pesanti restrizioni autoimposte, il cibo cominciò a
scarseggiare. Le noccioline
furono le prime a terminare, seguite dalle noci e dalle prugne. Miana
riuscì a
far durare le striscioline di carne per qualche giornata ancora, ma
alla fine
anche quelle terminarono. Riuscì quasi per miracolo a
razionare i datteri in
maniera tale da farseli durare per un po'. Ma per quanto esattamente
era un
dilemma. Quanto le mancava la Città Ombra, con le sue case
fresche e oscure, e
la sua coppa coi limoni canditi, sempre pronti per essere gustati...
Quando finalmente avvistò un
fiume aveva quasi del tutto finito il cibo. La sua prima reazione fu
quella di
lasciarsi cadere sulla duna su cui si trovava. Le forze l'avevano
completamente
abbandonata, e così rotolò sulla sabbia fin quasi
a finire in mezzo all'acqua,
venne fermata poco prima da una roccia sporgente.
Non era un fiume quanto più un
torrente, ma per Miana non fece differenza. Vi affondò la
faccia e cominciò ad
ingurgitare acqua a grandi sorsi. Quasi si strozzò, ma non
le importava. Se ci
fosse stato qualcuno alle sue spalle in quel momento avrebbe avuto
gioco facile
a prenderla per il collo, spingerla giù e annegarla.
Quando finalmente riemerse aprì
la borsa, tirò fuori la borraccia, la aperse e la immerse
all'interno delle
acque che scorrevano. Erano piuttosto limpide, leggermente miste alla
sabbia ma
meglio di nulla. Miana ebbe a quel punto un idea. Per evitare di
ingurgitare
anche i granelli tagliò un pezzetto della sua veste e lo
appose sul tappo, di
modo che quando avesse avuto voglia di bere la sabbia sarebbe stata
fermata
dalla seta mentre l'acqua vi sarebbe passata attraverso.
Rimase ferma lì a rifocillarsi
per un po', e dopo aver riempito e buttato giù due borracce
d'acqua
consecutivamente riprese la marcia. Adesso che aveva a disposizione una
scorta
d'acqua permanente il cibo era diventato l'ultimo dei suoi problemi.
Decise di
lasciar perdere i datteri per il momento, avrebbe rimandato il momento
di
mangiarli il più a lungo possibile.
Cominciò così a seguire il letto
del fiume verso valle. Se aveva calcolato bene le distanze, il corso
d'acqua
che stava scendendo doveva essere un affluente del Flagello, del Vaith
oppure
del Sangue Verde, se non addirittura uno dei tre. Se avesse avuto
fortuna prima
o poi sarebbe dovuta arrivare alla civiltà entro pochi
giorni.
Dopo una o due giornate di
cammino incontrò una strada. Più che una strada
sembrava essere un sentiero secco
appena visibile tra la sabbia dorata, che eppure mostrava i
caratteristici
segni che lasciavano le carriole durante il loro percorso. Forse
nessuno ci
camminava da anni, ma la donna si sentì più
motivata. Si stava avvicinando alle
terre abitate, se non ci era già avrebbe dovuto entrare nei
domini degli
Allyrion oppure dei Vaith da un momento all'altro.
Era tarda mattinata quando scoprì
il sentiero e prese a seguirlo, e si fermò solo dopo che il
sole era scomparso
dietro le dune all'orizzonte. La luce del giorno non era ancora
però totalmente
scomparsa, così Miana decise di riempire la borraccia
un'ultima volta. Si
allontanò dalla strada e si diresse verso il fiume. Il corso
d'acqua distava
meno di una mezza dozzina di piedi dal sentiero e Miana vi si diresse
sicura,
entrando senza quasi farci caso in un piccolo avvallamento.
Immediatamente il terreno sotto i
suoi piedi cedette. Si sentì cadere in avanti e le
mancò il respiro. La sabbia
tutt'attorno parve innalzarsi all'improvviso, o magari era solo lei che
cadeva.
Durò tutto una manciata di secondi, forse nemmeno quelli, e
il deserto si
richiuse velocemente sulla sua parte inferiore del corpo, che andava
dal seno
in giù. Il braccio destro rimase sotto, incastrato sotto
troppa e pesante
sabbia per muoversi.
Miana nel procedimento cozzò la
mandibola contro il duro terreno sotto di lei, e rimase intontita per
alcuni
istanti senza capire cos'era successo. Guardò impotente la
borsa con i suoi
alimenti, acqua e datteri, volare e atterrare pesantemente a non molta
distanza
da lei. Si aprì e la borraccia ne venne sbalzata fuori,
rovesciando per terra
la poca acqua che ancora era all'interno la quale venne subito
assorbita. I
datteri invece restarono all'interno della borsa.
Quando finalmente si fu ripresa
restò immobile per alcuni istanti. Realizzò in un
attimo che forse era finita
nelle sabbie mobili. Non erano rare nel deserto di Dorne, e non pochi
viaggiatori scomparivano mettendovi per sbaglio un piede dentro. Doveva
muoversi il meno possibile se voleva sopravvivere. Provò
ugualmente ad
allungare il braccio libero per tentare di trovare un appiglio al fine
di
issarsi cautamente fuori. Tutto inutile, dovunque serrasse le mani la
sabbia
fine le scivolava via tra le dita facendole il solletico.
Però... c'era qualcosa di strano
in tutta quella faccenda. Miana non sentiva il bagnato sotto i propri
piedi, e
sapeva che le sabbie mobili si formavano sopra le falde acquifere
sotterranee a
causa delle penetrazioni umide. Si formava così una bolla
d'aria mista a acqua
e sabbia, una poltiglia immonda che non lasciava più andare
chi ne restava
invischiato. E alla donna sembrava che fosse unicamente della sabbia
compatta
ad intrappolarla.
Provò a muoversi, e scoprì che
non stava andando sotto. Se fossero state veramente sabbie mobili
sarebbe stata
trascinata lentamente e inesorabilmente in giù, verso
un'atroce morte per
annegamento. Invece no, lei continuò a rimanere incastrata
sotto tonnellate di
sabbia, ferma esattamente dov'era prima. Cominciò a dubitare
d'essere
effettivamente finita preda delle sabbie mobili.
Così, senza più il timore di
affondare, cominciò a dimenarsi per uscire. Almeno ci
provò, visto che sotto il
terreno sentì la sabbia opporre una fiera resistenza ai suoi
movimenti, una
resistenza troppo forte per i suoi arti che tornarono preso nella
stessa
posizione di partenza. Tentò allora di allungare il braccio
e assieme ad esso
tutto il proprio corpo, protendendosi verso la borsa per cercare di
afferrarla.
Forse le sarebbe stata d'aiuto. Ma qualcun'altro ci arrivò
prima di lei.
Quando la sua mano fu a meno di
cinque pollici di distanza dal manico, accanto alla borsa si
formò dapprima una
piccola collinetta sabbiosa, dalla quale emerse una testa. Era piccola,
ovale e
soprattutto aveva due grosse fauci irte di denti aguzzi. Non sembrava
però
minacciosa, anzi, le zigrinature potevano ricordare vagamente un
sorriso. Due
occhi neri posti ai lati erano attraversati da pupille bianche a forma
di
croce.
Preso la creatura emerse
completamente, e alla testa s'aggiunse un corpo davvero piccolo se
posto a
confronto col capo. Era tozzo e avvolto da un carapace che poteva
ricordare
quello di una tartaruga. Dai quattro buchi agli angoli partivano
altrettante
zampe che terminavano senza nulla di particolare, semplicemente
finivano senza
dita, zoccolo o altre diavolerie.
Miana guardò confusa l'intera
scena. L'essere rimase fermo a guardarla per qualche istante.
Nonostante i suoi
occhi non si fossero mai mossi, la donna era sicura che stessero
squadrando
proprio lei, e non potendo fare altro ricambiò lo sguardo.
Poi capì. Delle
sabbie mobili che sabbie mobili non sono, un Trapinch che spunta
all'improvviso
dalla sabbia...
A conferma dei suoi sospetti il
pokemon cominciò ad annusare l'aria, poi si
orientò verso la borsa. In un
attimo ci infilò la testa e cominciò a mangiare
tutto ciò che c'era dentro.
Nonostante i datteri fossero abbastanza morbidi il caldo aveva fatto
solidificare la loro superficie, facendoli scrocchiare ad ogni morso.
Così la
donna avvertì dolorosamente ogni briciola di cibo scivolare
via per sempre
nella gola del pokemon.
Dapprima Miana rimase impietrita
sul posto. Era caduta in una trappola senza nemmeno accorgersene, e non
era
certo un vanto per un capo delle spie. Sapeva che delle bestie come i
Trapinch
erano piuttosto comuni nell'interno del deserto e che erano animali
abbastanza
intelligenti, ma che addirittura organizzassero trappole per poi
derubare chi
vi cadeva dentro, questa le era nuova.
- Fermo! - gridò,
Non seppe lei nemmeno perché lo
fece, forse sperando vanamente che il piccolo delinquente si fermasse.
Per
tutta risposta il Trapinch mise per un attimo la testa fuori dalla
borsa mentre
stava ancora masticando con le sue grandi mascelle. Poi socchiuse gli
occhi ed
emise un sibilo che Miana trovò terribilmente simile ad una
risata, tornando
subito dopo a mangiare. "Sfotte pure, quel piccolo bastardo...".
La donna, superata la sorpresa
iniziale, decise che non si sarebbe fatta gabbare da un pokemon.
Cominciò
nuovamente a dimenarsi per tentare di uscire. Fece quanta
più pressione
possibile col braccio incastrato, e quando vide la sabbia che v'era
sopra
sollevarsi cominciò a sperare per il meglio.
Quando l'arto emerse dalla sabbia
cercò di liberare anche il resto del corpo. Fu difficile
trovare un appiglio
saldo col quale issarsi fuori, ed effettivamente non ne
trovò nessuno. Però
riuscì a strisciare fuori dalla sabbia appiattendosi
completamente contro il
terreno, i granelli roventi che strusciavano contro la sua pelle,
infiltrandosi
nelle vesti.
Nel frattempo il pokemon aveva
capito le sue intenzioni, e così senza neppure aver finito
di mangiare aveva
afferrato il manico della borsa con la bocca e aveva cominciato a
correre lungo
il fiume, trascinando l'oggetto e sollevando in continuazione una
nuvola di
polvere e sabbia trasportata del vento.
A fatica Miana si rialzò e si
mise all'inseguimento. Dovette faticare parecchio anche solo per
guadagnare
qualche piede, e quel dannato piccoletto correva veloce nonostante
quelle
zampette minute che si ritrovava. Le dibatteva talmente forte che i
loro
movimenti risultavano quasi invisibile, ma la donna cercò di
mantenere il passo
e correre più veloce dell'avversario.
Lentamente e faticosamente,
riuscì pian piano ad avvicinarsi al ladro. Nei fatti erano
solamente pochi
piedi a separarli, ma Miana faticò ad acciuffarlo per via
della stanchezza che
l'esperienza dei giorni precedenti le aveva fatto accumulare. Si
sentiva
sfinita, ed era già un miracolo della Madre se riusciva a
mettere un piede
davanti all'altro. Le girava la testa per colpa del sole alto, ma tenne
duro e
continuò a correre.
La distanza cominciò infine ad
accorciarsi. Anche il pokemon se ne accorse, ed agitò di
più le zampe per
allontanarsi. Ma oramai Miana ce la stava mettendo tutta, e presto o
tardi
l'avrebbe raggiunto. Ecco, mancavano pochi pollici. Il Trapinch era
proprio
sotto di lei. Allungò una mano per afferrare la borsa, che
continuava a
strascinarsi pesantemente sulla sabbia. Sette pollici, cinque, tre,
due, ce
l'aveva quasi fatta...
Sprofondò in un istante, e si
sentì immergere fino alla vita. Riuscì a tirare
indietro la faccia prima di
farla finire dentro al fango, e sentì le sue gambe bagnarsi.
Le sue braccia
rimasero sollevate, ancora allungate verso il Trapinch fuggitivo.
Dapprima fu
confusa, ma poi realizzò. Stavolta c'era finita per davvero
nelle sabbie
mobili.
Cercò di non farsi prendere dal
panico, e in parte ce la fece. Solo in parte, perché la
sensazione di stare
affondando verso la morte non era certo facile da ignorare. Se poi si
aggiungeva il fatto che bastava anche un movimento minimo per
sprofondare,
Miana doveva stare completamente immobile, cosa peraltro impossibile se
voleva
uscire. Provò per un attimo a destreggiarsi tra la melma,
tentando di arrivare
ad una sponda che sembrava solida, ma il solo muoversi le fece arrivare
il
livello della superficie appena sotto le ascelle. Rimase allora
immobile
definitivamente.
Cercò di riflettere. Le sabbie
mobili non erano mai molto profonde e raramente portavano alla morte di
chi vi
finiva dentro. Il pericolo mortale era però quello di
restare intrappolati
nell'argilla senza via d'uscita, esposti a qualsiasi cosa fosse
capitava. Si
poteva morire di fame, sete, sbranati dalle bestie, divorati dagli
insetti, per
il caldo, per il freddo - visto che nel deserto di notte la temperatura
calava
drasticamente - e in decine di altri modi ancora. Ma quella pozza
sembrava
abbastanza scavata da inghiottire anche un cavallo intero.
Si guardò febbrilmente attorno
alla ricerca di un appiglio. Non c'era nulla da afferrare che sembrasse
anche
lontanamente solido, così cercò di avvicinarsi
ancora alla riva. L'acqua le
salì a mezza spalla, le braccia cominciarono a farsi
pesanti. La tentazione di
lasciarle andare all'abbraccio letale della sabbia era allettante, fin
troppo.
Si fermò di nuovo, e contemplò
ciò che l'attorniava. Era finita in una piccola riva fangosa
nella quale
passava un'ansa del fiume, il quale si era ingrossato notevolmente.
Forse non
era poi così lontana dalla civiltà. La trappola
naturale in cui era finita -
Miana la distingueva dalla terra asciutta per via del colore
più
"acquoso" - sembrava estendersi su buona parte di essa. Era lunga per
vari piedi, forse più di una decina, ma larga non molto
più di tre o quattro.
Si voltò quindi verso la riva
solida che le sembrava più vicina, e si ritrovò
davanti la faccia curiosa del
Trapinch. Non vedendola più inseguirlo si doveva essere
fermato e tornato
indietro per vedere il fato della sua inseguitrice. Sembrava sempre
sorridere,
e vederlo con quel leggero ghigno non fece altro che irritare la
già frustrata
Miana.
- Sei contento? Adesso per colpa
tua morirò.
Il pokemon emise di nuovo quello
sgradevole sibilo che era la sua risata.
- Ti diverti? Piccolo bastardo
maledetto, aspetta che venga fuori e poi vedrai.
Miana allungò una mano verso la
superficie più vicina, sulla quale si trovava proprio il
piccolo pokemon. La
sua mano riuscì a toccare terra proprio a pochi pollici da
lui, ma il Trapinch
non si spostò. Guardò invece incuriosito la mano,
poi nuovamente Miana.
- Cosa vuoi? Spostati, devo
venire fuori di qui.
Nessuna reazione, continuò
semplicemente a guardarla con quella sua aria apparentemente ingenua e
innocente.
"Maledizione, questo non si
sposta.". - Guarda che ti tiro una manata se...
Non fece in tempo a terminare la
frase perché il pokemon le aveva appena serrato la mano
nelle sue fauci. Era
stato talmente fulmineo che Miana emise un grido spaventato, e
provò a
divincolarsi. La presa però era troppo salda, nonostante non
la avvertisse
particolarmente stretta. Poi il Trapinch cominciò a tirare.
All'inizio le sembrò che le
volesse strappare la mano per mangiarsela. "Eh no cazzo! Non ho vissuto
tutti questi anni per farmi mangiare da un pokemon qualsiasi". Ma poi
si
accorse di star venendo trascinata interamente fuori dalla pozza
dov'era.
Infine capì, il piccoletto la stava aiutando ad uscire.
Vedendolo chiudere gli
occhi e impuntarsi sulle zampe per avere maggiore forza, anche lei
quando sentì
le braccia al sicuro sulla terraferma cominciò a strisciare
in avanti. Fu un
lavoro lungo e sporco, ma alla fine ne venne fuori.
Si rialzò e con le mani tentò di
ripulirsi un po' del fango che le incrostava i vestiti. Inutile, quella
poltiglia immonda gli si appiccicava alle mani e non ne voleva sapere
di
andarsene. Decise che si sarebbe lavata tutta, vestiti compresi, in un
tratto
del fiume più avanti.
Si voltò a guardare il suo
"salvatore". Il pokemon la guardava dal basso in alto, osservandola
curioso. Aveva la testa inclinata, come se stesse aspettando qualcosa.
La donna
rivolse tutta la propria aggressività contro il Trapinch.
- Vuoi che ti ringrazi anche?
Dopo che hai mangiato quel poco cibo che mi rimaneva dovrei solamente
maledirti
e spedirti nei Sette Inferi!
Si girò e prese ad avanzare a
grandi falcate verso il fiume. Non si accorse che il pokemon aveva
cominciato a
seguirla.
Si accampò in riva al fiume
quando arrivò la sera. Per la prima volta da quando era nel
deserto trovò una
pianta, almeno ciò che aveva dovuto un tempo esserla. Un
albero morto e secco,
cavo e spezzato. Finalmente avrebbe potuto accendere un fuoco, erano
troppe le
notti in cui aveva patito il freddo.
Scavò una piccola buca nella
sabbia e cominciò a spezzare, un po' con le mani e un po'
con alcuni calci ben
assestati, il cadavere del vegetale. Sistemò la legna nella
buca e, con un paio
di pietre che aveva raccolto e conservato durante il cammino,
riuscì a creare
la scintilla dalla quale si originò il falò. Si
accoccolò di fronte alle
fiamme, assaporando il calore e sentendo il sudore gelarsi man mano che
la
temperatura diminuiva. Era contenta, forse qualcuno avrebbe avvistato
il fumo e
sarebbe venuto a salvarla.
Sentiva però uno strano
pizzicorino sul collo, come se qualcuno la stesse osservando.
"Dannazione" pensò "Dev'essere ancora quel Trapinch". Si
girò e constatò che effettivamente il pokemon non
se n'era andato, e la stava
guardando dai limiti della luce proiettata dalle fiamme. Aveva sempre
la testa
inclinata, come se stesse aspettando qualcosa.
Quello fu troppo per Miana. Le
aveva rubato e mangiato il poco cibo che le rimaneva, l'aveva
intrappolata in
una buca e poi infine fatta finire nelle sabbie mobili. Poco importava
che poi
l'avesse aiutata ad uscirne fuori, l'aveva tediata in continuazione da
quando
si era salvata. Adesso ne avrebbe pagato le conseguenze.
Afferrò uno dei rami che
alimentavano il fuoco, prendendolo per l'estremità non in
fiamme. Lo prese a
mo' di torcia, si alzò e si allontanò dal fuoco,
diretta contro il pokemon. Adesso
gli avrebbe fatto vedere cosa significava dare fastidio alla signora
dei
sussurri di Dorne. Nella vita era così, potevi aiutare
qualcuno e quello in
cambio ti ammazzava, ma a questo Miana non ripensò
minimamente.
- Allora, te ne vuoi andare?! -
urlò, agitando il bastone che aveva in mano.
Il Trapinch non si mosse, anzi,
al massimo inclinò ancora di più la sua testa.
Quel suo sorrisetto le dava sui
nervi.
- Ti concedo tre secondi per
toglierti di mezzo, oppure ti infilzo. Uno...
Nessuna reazione da parte del
pokemon.
- Due...
Ancora niente.
- Tre.
Non si mosse.
- L'hai voluto tu.
Miana menò un fendente col
bastone, le fiamme che si dimenavano sulla punta. Trapinch
riuscì a schivare il
colpo, anche se di poco, e con le sue zampette corse velocemente fra le
gambe
di Miana. La donna provò allora nuovamente a colpirlo, ma
anche stavolta andò a
vuoto.
- Vuoi giocare? Sono stanca, non
ho voglia di fare storie.
Abbatté il bastone a terra,
facendo spezzare la parte carbonizzata e lasciando solo un moncone
incandescente.
- Adesso si fa sul serio.
Trapinch stavolta scappò subito
senza nemmeno aspettare la mossa della donna. Si diresse dalla parte
opposta,
verso il fiume, e Miana lo inseguì, le fiamme del ramo che
si protendevano
fameliche nell'aria. Il pokemon superò il falò e
si diresse verso il fiume, poi
quando fu arrivato in prossimità della corrente si
fermò.
"E' in trappola". Ci si
era cacciato da solo, forse spinto dalla paura nei confronti delle
fiamme.
L'acqua era però un nemico ben più temibile del
fuoco per lui, questo Miana
l'aveva imparato leggendo gli appunti dei maestri della Cittadella. Lo
doveva
riconoscere, i maestri avevano fatto un lavoro egregio secoli prima,
classificando
tutte quelle strane creature in base alle caratteristiche in diciotto
tipi
diversi per distinguerli più facilmente, ognuno con i suoi
pregi e difetti.
Miana si era documentata per imparare di più sulla fauna di
Dorne, e si
ricordava che i Trapinch si facevano più deboli se messi in
contatto con
l'acqua.
Il pokemon non si girò, si guardò
attorno come per valutare le sue vie di fuga, ma non ce n'erano. A
destra, a
sinistra e davanti vi era l'impetuoso corso d'acqua, e buttarvisi era
fuori
discussione, sarebbe probabilmente annegato. Poteva tornare indietro,
ma in
quel caso ci sarebbe stata Miana con la sua "mazza". Si era messo con
le spalle al muro.
Solo a quel punto si voltò,
quando oramai la donna gli era a meno di tre piedi di distanza. La
guardò con
occhi supplichevoli, ma Miana aveva già ben chiaro cosa
fare. Gli assestò un
colpo al fianco, e lo fece violentemente ribaltare sulla schiena,
esponendo il
sotto del carapace all'aria. Il pokemon la guardò, confuso.
Lei gli puntò il
moncone incandescente alla gola.
Avrebbe potuto ucciderlo, sarebbe
stato così facile. Ma per qualche ragione non lo fece.
Rifletté per alcuni
istanti, combattuta tra l'idea di trafiggerlo e mangiarselo oppure
risparmiarlo. D'altro canto non avrebbe avuto niente con cui rompere il
carapace, quindi...
- Bah.
Ritirò il bastone.
- Alzati e vattene. Ti risparmio
solo perché prima mi hai salvato la vita. Ma se ti fai
vedere di nuovo non sarò
più così generosa.
Il pokemon si rialzò lentamente,
e la guardò. Rimase nuovamente lì a fissarla, e
la donna si irritò di nuovo.
Stava per dirgli di andarsene, ma il pokemon, quasi come l'avesse letta
nel
pensiero, cominciò a camminare sulle proprie zampe. Si
allontanò dal raggio di
luce del fuoco e la guardò un'ultima volta con la sua
espressione misteriosa.
Miana ricambiò lo sguardo, truce. Il Trapinch rimase per
alcuni secondi a
guardarla, poi si voltò e scomparve nella notte.
Sentiva il rumore del suo nemico. Era vicino, dietro di lui.
Dannatamente vicino, e strisciava troppo velocemente. Forse non ce
l'avrebbe
nemmeno fatta ad arrivare in salvo, oppure quella l'avrebbe ammazzato
ugualmente, l'aveva già avvertito prima. Ma tanto valeva
tentare.
Una luce! Eccolo, il fuoco! Il bagliore apparve come una scintilla
nella notte, lo notò con la coda dell'occhio destro.
Immediatamente cercò di
cambiare direzione, ma doveva stare attento all'inseguitore. Fece un
bel giro
ampio, giusto per star sicuro che non si accorgesse del cambio di
direzione.
Sperava con tutto il cuore che l'avrebbe aiutato e che si fosse
dimenticata
della promessa omicida di poco prima.
Aveva fatto un terribile sbaglio a non andarsene subito, di notte nel
deserto i predatori come quello andavano a caccia, e lui non era mai
stato in
grado di affrontarli. Ma aveva a tutti i costi voluto restare vicino
alla
donna, non sapeva nemmeno lui bene perché, maledisse
sé stesso per la sua
testardaggine. Ma paradossalmente colei che l'aveva minacciato di morte
poche ore
prima avrebbe anche potuto salvarlo.
Il bagliore si avvicinava lentamente. Maledizione, pensò, le
mie zampe
non mi fanno correre abbastanza. Un sibilo, e sentì qualcosa
mordere l'aria
appena dietro di lui. Dannazione, urlò una voce nella sua
testa, ce la devo
fare!
Finalmente, dopo una corsa che parve infinita, superò
l'ultima fatidica
duna e si ritrovò a poche decine di piedi dal
falò. La donna era lì che
dormiva, ignara di quello che le stava accadendo poco distante.
Eccola!,
esultò, Ancora pochi passi, la sveglio e-
D'un tratto gli mancò il respiro. Provò a
muoversi, ma si ritrovò
bloccato in una stretta che non gli lasciava tregua. D'istinto aveva
chiuso gli
occhi, ma vide distintamente il contorno delle spire che l'avevano
infine
avvolto. Provò a respirare, ma una di esse gli serrava la
gola, e di
conseguenza emise un rantolo strozzato. Quando aprì gli
occhi vide una bocca
spalancata, ornata da due denti simili ad artigli affilati.
Poi lo udì, e si rizzò in piedi
più veloce che poté. Era un suono squillante,
come un tintinnare di
campanellini, e proveniva non molto distante da lei. "Un serpente a
sonagli! Allora non avevo tutti i torti!". Il fuoco si era spento, ma
alcune braci ardevano ancora sotto la cenere. Afferrò il
fido bastone con la
punta incandescente, e guardò in tutte le direzioni per
capire dove fosse il
serpente.
Lo individuò facilmente. Era
sulla cima della duna sopra di lei, aveva appena catturato una preda e
agitava
eccitato la coda con il sonaglio in segno di vittoria. La stava
stritolando
lentamente, e si stava preparando a dare il colpo di grazia alla povera
bestiola, lo intuiva dalla bocca aperta e dai denti avvelenati bene in
mostra.
"Mi sono spaventata per
niente" si disse cercando di calmarsi "Adesso lo ammazzerà,
lo
mangerà e se ne andrà. Non dovrebbe nemmeno
badarci a me dopotutto.". Fece
per disinteressarsi di tutta quella storia, quando gli venne la
curiosità di
sapere cos'aveva catturato. Almeno avrebbe potuto calcolare
grossolanamente
quanto gli ci sarebbe voluto per digerirlo e di conseguenza quanto
tempo aveva
lei per andarsene al fine di evitare guai.
Da quella distanza però non lo
vedeva bene, così decise di avvicinarsi. Giusto un po'
più vicino, e per
precauzione si portò dietro il bastone, non avrebbe mai
potuto sapere se il
serpente l'avrebbe attaccata oppure no. Quando fu più o meno
ad una ventina di
piedi di distanza aguzzò la vista e finalmente potette
distinguere i lineamenti
del povero animale destinato a morire.
Quasi le prese un colpo quando lo
riconobbe. "Quel piccolo idiota!". Miana era sconcertata. "Non
mi dire che non se n'era ancora andato! Cazzo, nemmeno Dai è
mai stata così
ostinata!". Probabilmente il Trapinch non era mai andato molto lontano
dopo che l'aveva quasi ucciso col bastone, e adesso ne stava pagando le
conseguenze.
"Non lo sapeva che di notte questo posto brulica di serpenti a
sonagli?!?".
Aveva cominciato a camminare
ancora prima di rendersene conto. Si avvicinò di soppiatto
al serpente, decisa
a coglierlo alle spalle. Aumentò il passo quando vide il
rettile cominciare a
mordere il pokemon. L'animale era troppo concentrato a stringere e
mordere la
propria preda per badare a lei, così non la vide mentre
alzava il piede. Poi,
cercando di mettervi tutta la propria forza, lo pestò sulla
coda a sonagli.
Sentì qualcosa spezzarsi sotto il
proprio sandalo. Sentì immediatamente il serpente allentare
la presa sul
pokemon, e la donna non perse tempo. Ignorando i sibili di dolore,
menò il ramo
come fosse stato una mazza, prendendo il serpente in piena testa.
Continuò a
colpirlo anche quando si accasciò a terra, e
continuò finché il cranio del
rettile non si fu ridotto ad una poltiglia verdognola.
Quando fu sicura di averlo
ucciso, passò a controllare il Trapinch. Si era accasciato a
terra, ma sembrava
più impaurito che ferito. C'erano vari graffi sul carapace,
segni lasciati dai
morsi del serpente. Quell'animale non doveva essere stato molto furbo,
se
l'avesse voluto uccidere avrebbe dovuto morderlo sul collo.
Allungò una mano verso il
pokemon, ma quello si mostrò reticente.
- Vieni qui, razza d'idiota. Non
ti faccio nulla.
Anche se di malavoglia il
Trapinch si lasciò prendere il braccio. La donna lo
esaminò, e vide che almeno
una volta il serpente aveva fatto centro. C'erano due buchi nella sua
pelle
arancione, poco al di sotto dell'entrata del carapace, su una delle
zampe
anteriori. Dopodiché rimise a terra il pokemon.
- Ce la fai a camminare? - gli
chiese.
Il pokemon la guardò
interrogativo, e provò a muovere un passo. Appena
provò ad appoggiare la zampa
a terra si ritrasse, le fauci contorte in una smorfia di dolore.
"Piccolo
stupido. Adesso mi toccherà portarlo in braccio.".
Quando arrivò alla porta
principale alcuni si erano già accorti di lei, e un
balestriere aveva già
caricato la propria arma.
- Via di qui - disse,
puntandogliela addosso - Non vogliamo mendicanti.
- Non sono una mendicante! - gli
gridò lei.
- E chi sareste voi, di grazia? -
le chiese un armigero da una finestrella poco al di sopra della sua
posizione.
- Miana Martell, al servizio di
lord Derrick Martell. E se non vi muovete a farmi entrare ne pagherete
le
conseguenze!
A sentire quel nome i soldati si
riscossero. La sua fama era nota in tutta Dorne e anche al di fuori,
era
risaputo che Miana Martell manteneva le promesse fatte, sempre. La
grata di
ferro venne alzata e Miana entrò dentro Grazia degli Dei.
Mentre avanzava nella
piazza, le vesti ormai lacere che le pendevano malamente, le si fece
incontro
un uomo grasso dalla pelle abbronzata. Portava una leggera armatura
sopra la
pelle madida di sudore, e boccheggiava.
- Mi dispiace, milady, per il
trattamento che avete subito - disse - Ma di questi tempi è
bene non fidarsi di
nessuno.
- Chi siete voi? - chiese la
donna in modo sgarbato.
- Ser Tobbott Allyrion, se vi
compiace.
Ser Tobbott era il fratello ed
erede di lady Allyrion, Miana l'aveva visto un paio di volte a qualche
festa
indetta da suo cugino il lord a Lancia del Sole. Ma in quel momento non
gli
importava minimamente chi fosse.
- Mi serve un maestro, una
coperta e dell'acqua calda.
- Certamente. Mandate subito a
chiamare il maestro! - urlò ad alcune guardie - Volete che
vi visiti in una
stanza del fortino oppure vi va bene nelle mura?
- Non è per me, razza d'idiota.
- Che ostinato che sei - disse la
donna a voce alta - Perché non sei già morto? A
quest'ora avresti dovuto
esserlo da un pezzo. Sei più forte di quel che sembri, eh?
Lo guardò per un po'.
- Oberyn - disse infine - E' un
bel nome, non ti pare? Vedrai che ti piacerà. Se sei davvero
così forte,
resisti finché non arriva il maestro. Allora potrei anche
pensare che sei degno
di restare con me.
Note
dell'autore
Settimo
capitolo gente. Ormai avevo perso le speranze di farli così
in fretta, ma questo mi è venuto un po' più corto
del normale e così è andata bene. Può
sembrare non c'entrare niente con la trama, ma piano piano tutti i
pezzi del puzzle si incastreranno.