Serie TV > Il Trono di Spade/Game of Thrones
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Autore: Ashura_exarch    11/06/2015    1 recensioni
[crossover con Pokémon più orientato verso il mondo martiniano]
Westeros, 386esimo anno dopo la Conquista di Aegon. Al Tridente è stato Rhaegar a vincere e non Robert, e ancora oggi il suo discendente Jaehaerys III è al potere. Ma la morte improvvisa del Primo Cavaliere, il rinnovamento di antichi rancori derivati dalla precedente ribellione, un torneo degenerato e una minaccia sovrannaturale rischiano di annientare per sempre i Sette Regni. Come ulteriore elemento di destabilizzazione vi sono i pokemon, bestie ricercate a Westeros e comuni ad Essos. Ce la faranno i Sette Regni a sopravvivere?
Genere: Drammatico, Fantasy, Guerra | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Nuovo personaggio
Note: AU, Cross-over | Avvertimenti: Contenuti forti, Violenza
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Miana

Si svegliò di soprassalto, avvertendo un terribile presentimento. Si ritrovò distesa in mezzo alla sabbia, la superficie rovente che le scottava la delicata pelle olivastra. Sempre da sdraiata si tastò le braccia, l'unica parte che la veste lasciava scoperte, e scoprì che anche solo toccarle le faceva male. Nonostante potesse non sembrare Miana era sempre stata piuttosto delicata alla luce del sole, per questo preferiva di gran lunga le sale oscure della Città Ombra sotto Lancia del Sole.
Provò ad alzarsi, ancora un po' stordita. Le sue mani affondarono nella sabbia soffice del deserto, ma la donna riuscì ugualmente a trovare una presa salda e la forza necessaria per tirarsi su. Si trovava dietro una duna, ma a giudicare dalle scottature doveva essere lì da un bel po', almeno dalla mattina visto che il sole doveva essersi spostato. Si guardò attorno, a desta e a sinistra, davanti e dietro, ma il risultato era sempre lo stesso: un mare desolato di onde sabbiose. Era questo il deserto di Dorne.
Si schermò la faccia con una mano, cercando di proteggere gli occhi dai raggi solari. Sempre osservando l'orizzonte, distrattamente stavolta, si impose di stare calma. Provò a fare mente locale: come mai si trovava lì? Com'era possibile che dalla sua casa della Città Ombra si fosse improvvisamente ritrovata lì nel bel mezzo del nulla?
Quando comprese ricadde mollemente a terra. Atterrò con un rumore non del tutto sgradevole sulla soffice sabbia, abbandonandosi sulla superficie irregolare. Non era arrabbiata però. Lasciò anzi che la sua bocca si piegasse in un sorriso, e poi prese a ridere di gusto. Rimase lì a sghignazzare per un bel po' di tempo, divertita da quello che le era successo. Non poteva non essere andata che in quel modo, non c'erano dubbi.
Ricordava ancora il discorso che aveva fatto tempo prima a Dainis, sua protetta nonché sua cugina di secondo grado. Dainis Martell era diventata sua apprendista quattro anni prima, quando era scappata da suo padre Bryce, lord dei Giardini dell'Acqua. Le aveva offerto rifugio e aveva indirizzato suo padre da qualche altra parte, anche se era stata difficilmente creduta in quanto già nota come signora dei sussurri per lord Derrick, anche lui cugino solo di terzo grado. Era stata poi anche l'artefice della riconciliazione tra Dainis e suo padre, ma la ragazza era comunque voluta rimanere con lei.
Tredici anni separavano Dainis da Miana Martell, la prima era a malapena una donna mentre la seconda aveva appena superato la soglia dei trenta, divenendo una femmina fatta. Gli amanti della Serpe Oscura, così come era nota Miana nei bassifondi, erano tanti, ma con nessuno era riuscita a generare un'erede per il suo impero di spie. Nessuno poteva nulla a Dorne senza che Miana lo venisse a sapere, ma per tenere in piedi il suo "regno" Miana necessitava di un successore. E chi meglio di Dainis, sua apprendista prediletta nonché appartenente anche lei alla famiglia regnante di Dorne?
Solo che ancora la ragazza era piena di difetti. Non era più troppo giovane, ma aveva ancora bisogno di tempo per maturare. Era impulsiva, emotiva, e non dimenticava mai nulla. Certo, quest'ultimo fattore poteva rivelarsi un vantaggio, ma stavolta per Miana non lo era stato.
L'aveva presa da parte alcuni giorni prima e le aveva fatto un bel discorso sul cosa vuol dire essere una signora dei sussurri.
- Ricordi - le aveva detto - Tutte le volte che abbiamo studiato assieme le storie dei più grandi signori dei sussurri del passato? Mysaria la Larva per Daemon Targaryen, Varys l'Eunuco per il Re Folle e Viserys l'Ambizioso per Rhaegar il Saggio? Tutti loro hanno impartito delle lezioni, ovvero come fare e come non fare la spia. Tu non sei ancora pronta per succedermi, prendi esempio da tutti loro.
Le aveva allora raccontato come lei stessa aveva sorpreso un giorno la sua maestra, organizzando un finto complotto ai suoi danni e mettendola con le spalle al muro. Ricordava ancora come ella aveva tremato inizialmente alla vista dei pugnali. Poi si era guardata attorno, e aveva esaminato uno per uno coloro che l'avevano assalita. Infine aveva posato lo sguardo su un malvivente piccolo, e gli aveva detto semplicemente "rivelati". Miana si era così tolta il cappuccio, rivelando la lunga chioma di capelli corvini e la faccia piccola ma graziosa. La sua maestra aveva allora sorriso. "Sei pronta" le aveva detto infine. Si era ritirata poco dopo dal ruolo di maestra dei sussurri di Dorne, lasciando a lei il suo posto. Lord Derrick all'epoca aveva ancora dodici anni ed era da poco il signore del paese, Miana solo quattro più di lui, ma si era dimostrata una dei suoi più preziosi consiglieri.
Da allora erano passati altri quattordici anni, e anche lei si era presa un'allieva. Aveva sempre prospettato di fare una fine simile a quella della propria maestra, ma non pensava che quel momento sarebbe arrivato così presto, soprattutto da parte di un allieva con così poca esperienza. Miana era stata al servizio della maestra da quando di anni ne aveva sette, e ne erano passati altri nove prima della sua rivincita.
Ecco perché si era sentita strana dopo che lei, Dainis e Clarton avevano bevuto quel vino. Clarton era l'amante di Dainis, un grosso uomo del volgo proveniente dalla Città Ombra. Aveva un suo fascino, Miana l'aveva dovuto ammettere, ma su di lei non aveva mai fatto effetto. Invece Dainis ne era profondamente attratta. Se l'avesse scoperto suo padre di certo non ne sarebbe stato contento.
Insomma, lei e la cugina stavano chiacchierando quando Clarton era arrivato portando una bottiglia di vino. "Distillato da mio cugino di Vaith" aveva detto "Fatto e spedito direttamente a me". Così aveva riempito tre calici e avevano preso a bere. Miana aveva riso parecchio, doveva essersi ubriacata. Poi erano stati tutti colti da una stanchezza avvolgente, e si erano abbandonati dove si trovavano. L'ultima cosa che la donna ricordava era di aver visto Dainis che ancora beveva e Clarton già bello che andato disteso sul tavolo. Poi più nulla.
Astuto, non c'era nulla da dire in proposito. Dainis aveva corrotto quel buon vino con un potente narcotico, e per non destare sospetti anche lei e l'amante l'avevano bevuto. Probabilmente Clarton era anche all'oscuro del piano della Martell, o se non lo era aveva recitato davvero bene la sua parte. Poi qualche uomo ai suoi ordini doveva aver prelevato Miana e l'aveva portata lì.
Ricordava essere sera al momento della bevuta, per cui ora che era pomeriggio... Miana calcolò che doveva essere lì da mezza giornata se aveva fortuna, oppure due giorni al massimo, non di più. Al sole di Dorne comunque bastava anche una sola ora per scottare anche la pelle più coriacea, per cui il tempo lì perdeva di significato.
La donna si guardò nuovamente attorno. Aveva un gran caldo, ma aveva imparato a non togliersi mai i vestiti di fronte ad alte temperature. Avrebbe esposto la pelle per nulla. Tutt'attorno a lei l'aria tremolava per l'afa, il debole vento che trasportava fastidiosi granelli di sabbia. Non c'era il benché minimo punto di riferimento da prendere per orientarsi, dalla sua posizione non si vedeva assolutamente nulla.
Almeno Dainis le aveva lasciato una borsa con delle provviste, la Martell se n'era accorta solo in quel momento. C'era un po' d'acqua in una borraccia, poi varie strisce di carne essiccata e qualche manciata di frutta secca come noci e noccioline, e anche qualche tipo di frutta amara adatta agli ambienti caldi, come datteri e prugne. C'era poi anche quella che doveva essere stata una pera, oramai marcia per l'esposizione al sole. Miana la gettò via, e la guardò mente rotolava giù dalla duna creando delle piccole folate di sabbia.
Scelse una direzione a caso e cominciò ad avanzare lentamente verso chissà dove. Il cibo lo aveva e per un po' non sarebbe stato un problema. La vera questione era: dove andare per essere trovata? Non aveva la minima idea di dove fosse, poteva essere vicinissima ad una fortezza come anche nel bel mezzo del deserto. Scartò subito l'ultima ipotesi, se era vero che non poteva essere lì da più di un paio di giorni non doveva essere lontana da Lancia del Sole. Anche i narcotici più potenti avevano una durata limitata che di solito non superava la giornata piena, per cui anche andando a cavallo o in groppa ad un veloce pokemon non poteva essere stata portata molto lontana da casa. Sperò con tutto il cuore di stare andando nella giusta direzione.
Il sole presto abbandonò lo zenit, e cominciò lentamente a tramontare dietro le immense dune. Arrivò la prima notte, e Miana non poté fare altro che fermarsi dove si trovava per mangiare qualcosa. Non aveva toccato nessuna delle provviste per tutto il giorno per resistere alla tentazione di mangiare tutto in una volta sola, e nonostante avesse una fame da lupi razionò tutto al meglio. Doveva essere avara con sé stessa se voleva sopravvivere.
Bevve pochi sorsi ridotti d'acqua, la quale nel frattempo era diventata tiepida. Faceva schifo ma cercò di mandarla giù ugualmente. Sgranocchiò una delle strisce di carne e mangiò qualche dattero e un paio di noci. Si scavò un piccolo riparo in mezzo alla sabbia e vi si coricò. Si tolse poi la mantellina di seta e ricoprì con quella l'ingresso della buca per proteggersi da eventuali predatori. In verità la seta l'avrebbe protetta ben poco, ma essendo gialla come anche la sabbia forse avrebbe tenuto nascosto il punto in cui stava Miana. Pregò di essere ancora viva la mattina dopo, poi si addormentò.

Proseguì alla stessa maniera per vari giorni. Ne contò quattro, poi si stancò e smise di farlo, aveva cose più importanti a cui pensare. Come ad esempio il fatto di non sapere se la direzione che aveva preso era quella giusta. Per quanto ne sapeva poteva anche starsi allontanando da Lancia del Sole per inoltrarsi sempre più in profondità nel deserto. Ma per l'appunto non ne era a conoscenza, per cui poteva solamente andare avanti e sperare per il meglio.
L'aspetto peggiore era che l'acqua a sua disposizione era drammaticamente poca rispetto al resto delle sue scorte. Pur impiegando tutta la sua buona volontà per non sprecarla razionandola, aveva per forza di cose dovuto assumerla regolarmente per non disidratarsi. Dopo cinque giorni - incluso quello in cui si era svegliata - aveva bevuto l'ultima goccia d'acqua, e da allora la borraccia non era stata più toccata. Aveva l'altro cibo, certo, e i datteri e le prugne erano abbastanza acquosi, ma nulla avrebbe potuto sostituire adeguatamente il prezioso liquido.
Suo padre, quando ancora Miana abitava a corte, le aveva fatto studiare geografia col maestro di cui non si ricordava nemmeno il nome. Dalle cartine aveva visto che Dorne, comparato a terre come l'Altopiano e il Nord, era davvero un paese piccolo. Ma quel deserto, nonostante le apparenze, sembrava non finire più. O le proporzioni di quella mappa erano davvero sbagliate oppure Miana aveva completamente perduto il senso dell'orientamento. La seconda ipotesi era anche la più probabile.
La donna continuò a marciare per giorni nella sua direzione, se voleva avere qualche speranza di sopravvivere l'unica opzione disponibile era quella di perseverare. Se fosse riuscita a resistere ai morsi della fame, ai dannosi raggi del sole e ai piedi brucianti e pieni di dolore, forse sarebbe uscita viva da quell'avventura.
Presto però, nonostante le pesanti restrizioni autoimposte, il cibo cominciò a scarseggiare. Le noccioline furono le prime a terminare, seguite dalle noci e dalle prugne. Miana riuscì a far durare le striscioline di carne per qualche giornata ancora, ma alla fine anche quelle terminarono. Riuscì quasi per miracolo a razionare i datteri in maniera tale da farseli durare per un po'. Ma per quanto esattamente era un dilemma. Quanto le mancava la Città Ombra, con le sue case fresche e oscure, e la sua coppa coi limoni canditi, sempre pronti per essere gustati...
Quando finalmente avvistò un fiume aveva quasi del tutto finito il cibo. La sua prima reazione fu quella di lasciarsi cadere sulla duna su cui si trovava. Le forze l'avevano completamente abbandonata, e così rotolò sulla sabbia fin quasi a finire in mezzo all'acqua, venne fermata poco prima da una roccia sporgente.
Non era un fiume quanto più un torrente, ma per Miana non fece differenza. Vi affondò la faccia e cominciò ad ingurgitare acqua a grandi sorsi. Quasi si strozzò, ma non le importava. Se ci fosse stato qualcuno alle sue spalle in quel momento avrebbe avuto gioco facile a prenderla per il collo, spingerla giù e annegarla.
Quando finalmente riemerse aprì la borsa, tirò fuori la borraccia, la aperse e la immerse all'interno delle acque che scorrevano. Erano piuttosto limpide, leggermente miste alla sabbia ma meglio di nulla. Miana ebbe a quel punto un idea. Per evitare di ingurgitare anche i granelli tagliò un pezzetto della sua veste e lo appose sul tappo, di modo che quando avesse avuto voglia di bere la sabbia sarebbe stata fermata dalla seta mentre l'acqua vi sarebbe passata attraverso.
Rimase ferma lì a rifocillarsi per un po', e dopo aver riempito e buttato giù due borracce d'acqua consecutivamente riprese la marcia. Adesso che aveva a disposizione una scorta d'acqua permanente il cibo era diventato l'ultimo dei suoi problemi. Decise di lasciar perdere i datteri per il momento, avrebbe rimandato il momento di mangiarli il più a lungo possibile.
Cominciò così a seguire il letto del fiume verso valle. Se aveva calcolato bene le distanze, il corso d'acqua che stava scendendo doveva essere un affluente del Flagello, del Vaith oppure del Sangue Verde, se non addirittura uno dei tre. Se avesse avuto fortuna prima o poi sarebbe dovuta arrivare alla civiltà entro pochi giorni.
Dopo una o due giornate di cammino incontrò una strada. Più che una strada sembrava essere un sentiero secco appena visibile tra la sabbia dorata, che eppure mostrava i caratteristici segni che lasciavano le carriole durante il loro percorso. Forse nessuno ci camminava da anni, ma la donna si sentì più motivata. Si stava avvicinando alle terre abitate, se non ci era già avrebbe dovuto entrare nei domini degli Allyrion oppure dei Vaith da un momento all'altro.
Era tarda mattinata quando scoprì il sentiero e prese a seguirlo, e si fermò solo dopo che il sole era scomparso dietro le dune all'orizzonte. La luce del giorno non era ancora però totalmente scomparsa, così Miana decise di riempire la borraccia un'ultima volta. Si allontanò dalla strada e si diresse verso il fiume. Il corso d'acqua distava meno di una mezza dozzina di piedi dal sentiero e Miana vi si diresse sicura, entrando senza quasi farci caso in un piccolo avvallamento.
Immediatamente il terreno sotto i suoi piedi cedette. Si sentì cadere in avanti e le mancò il respiro. La sabbia tutt'attorno parve innalzarsi all'improvviso, o magari era solo lei che cadeva. Durò tutto una manciata di secondi, forse nemmeno quelli, e il deserto si richiuse velocemente sulla sua parte inferiore del corpo, che andava dal seno in giù. Il braccio destro rimase sotto, incastrato sotto troppa e pesante sabbia per muoversi.
Miana nel procedimento cozzò la mandibola contro il duro terreno sotto di lei, e rimase intontita per alcuni istanti senza capire cos'era successo. Guardò impotente la borsa con i suoi alimenti, acqua e datteri, volare e atterrare pesantemente a non molta distanza da lei. Si aprì e la borraccia ne venne sbalzata fuori, rovesciando per terra la poca acqua che ancora era all'interno la quale venne subito assorbita. I datteri invece restarono all'interno della borsa.
Quando finalmente si fu ripresa restò immobile per alcuni istanti. Realizzò in un attimo che forse era finita nelle sabbie mobili. Non erano rare nel deserto di Dorne, e non pochi viaggiatori scomparivano mettendovi per sbaglio un piede dentro. Doveva muoversi il meno possibile se voleva sopravvivere. Provò ugualmente ad allungare il braccio libero per tentare di trovare un appiglio al fine di issarsi cautamente fuori. Tutto inutile, dovunque serrasse le mani la sabbia fine le scivolava via tra le dita facendole il solletico.
Però... c'era qualcosa di strano in tutta quella faccenda. Miana non sentiva il bagnato sotto i propri piedi, e sapeva che le sabbie mobili si formavano sopra le falde acquifere sotterranee a causa delle penetrazioni umide. Si formava così una bolla d'aria mista a acqua e sabbia, una poltiglia immonda che non lasciava più andare chi ne restava invischiato. E alla donna sembrava che fosse unicamente della sabbia compatta ad intrappolarla.
Provò a muoversi, e scoprì che non stava andando sotto. Se fossero state veramente sabbie mobili sarebbe stata trascinata lentamente e inesorabilmente in giù, verso un'atroce morte per annegamento. Invece no, lei continuò a rimanere incastrata sotto tonnellate di sabbia, ferma esattamente dov'era prima. Cominciò a dubitare d'essere effettivamente finita preda delle sabbie mobili.
Così, senza più il timore di affondare, cominciò a dimenarsi per uscire. Almeno ci provò, visto che sotto il terreno sentì la sabbia opporre una fiera resistenza ai suoi movimenti, una resistenza troppo forte per i suoi arti che tornarono preso nella stessa posizione di partenza. Tentò allora di allungare il braccio e assieme ad esso tutto il proprio corpo, protendendosi verso la borsa per cercare di afferrarla. Forse le sarebbe stata d'aiuto. Ma qualcun'altro ci arrivò prima di lei.
Quando la sua mano fu a meno di cinque pollici di distanza dal manico, accanto alla borsa si formò dapprima una piccola collinetta sabbiosa, dalla quale emerse una testa. Era piccola, ovale e soprattutto aveva due grosse fauci irte di denti aguzzi. Non sembrava però minacciosa, anzi, le zigrinature potevano ricordare vagamente un sorriso. Due occhi neri posti ai lati erano attraversati da pupille bianche a forma di croce.
Preso la creatura emerse completamente, e alla testa s'aggiunse un corpo davvero piccolo se posto a confronto col capo. Era tozzo e avvolto da un carapace che poteva ricordare quello di una tartaruga. Dai quattro buchi agli angoli partivano altrettante zampe che terminavano senza nulla di particolare, semplicemente finivano senza dita, zoccolo o altre diavolerie.
Miana guardò confusa l'intera scena. L'essere rimase fermo a guardarla per qualche istante. Nonostante i suoi occhi non si fossero mai mossi, la donna era sicura che stessero squadrando proprio lei, e non potendo fare altro ricambiò lo sguardo. Poi capì. Delle sabbie mobili che sabbie mobili non sono, un Trapinch che spunta all'improvviso dalla sabbia...
A conferma dei suoi sospetti il pokemon cominciò ad annusare l'aria, poi si orientò verso la borsa. In un attimo ci infilò la testa e cominciò a mangiare tutto ciò che c'era dentro. Nonostante i datteri fossero abbastanza morbidi il caldo aveva fatto solidificare la loro superficie, facendoli scrocchiare ad ogni morso. Così la donna avvertì dolorosamente ogni briciola di cibo scivolare via per sempre nella gola del pokemon.
Dapprima Miana rimase impietrita sul posto. Era caduta in una trappola senza nemmeno accorgersene, e non era certo un vanto per un capo delle spie. Sapeva che delle bestie come i Trapinch erano piuttosto comuni nell'interno del deserto e che erano animali abbastanza intelligenti, ma che addirittura organizzassero trappole per poi derubare chi vi cadeva dentro, questa le era nuova.
- Fermo! - gridò,
Non seppe lei nemmeno perché lo fece, forse sperando vanamente che il piccolo delinquente si fermasse. Per tutta risposta il Trapinch mise per un attimo la testa fuori dalla borsa mentre stava ancora masticando con le sue grandi mascelle. Poi socchiuse gli occhi ed emise un sibilo che Miana trovò terribilmente simile ad una risata, tornando subito dopo a mangiare. "Sfotte pure, quel piccolo bastardo...".
La donna, superata la sorpresa iniziale, decise che non si sarebbe fatta gabbare da un pokemon. Cominciò nuovamente a dimenarsi per tentare di uscire. Fece quanta più pressione possibile col braccio incastrato, e quando vide la sabbia che v'era sopra sollevarsi cominciò a sperare per il meglio.
Quando l'arto emerse dalla sabbia cercò di liberare anche il resto del corpo. Fu difficile trovare un appiglio saldo col quale issarsi fuori, ed effettivamente non ne trovò nessuno. Però riuscì a strisciare fuori dalla sabbia appiattendosi completamente contro il terreno, i granelli roventi che strusciavano contro la sua pelle, infiltrandosi nelle vesti.
Nel frattempo il pokemon aveva capito le sue intenzioni, e così senza neppure aver finito di mangiare aveva afferrato il manico della borsa con la bocca e aveva cominciato a correre lungo il fiume, trascinando l'oggetto e sollevando in continuazione una nuvola di polvere e sabbia trasportata del vento.
A fatica Miana si rialzò e si mise all'inseguimento. Dovette faticare parecchio anche solo per guadagnare qualche piede, e quel dannato piccoletto correva veloce nonostante quelle zampette minute che si ritrovava. Le dibatteva talmente forte che i loro movimenti risultavano quasi invisibile, ma la donna cercò di mantenere il passo e correre più veloce dell'avversario.
Lentamente e faticosamente, riuscì pian piano ad avvicinarsi al ladro. Nei fatti erano solamente pochi piedi a separarli, ma Miana faticò ad acciuffarlo per via della stanchezza che l'esperienza dei giorni precedenti le aveva fatto accumulare. Si sentiva sfinita, ed era già un miracolo della Madre se riusciva a mettere un piede davanti all'altro. Le girava la testa per colpa del sole alto, ma tenne duro e continuò a correre.
La distanza cominciò infine ad accorciarsi. Anche il pokemon se ne accorse, ed agitò di più le zampe per allontanarsi. Ma oramai Miana ce la stava mettendo tutta, e presto o tardi l'avrebbe raggiunto. Ecco, mancavano pochi pollici. Il Trapinch era proprio sotto di lei. Allungò una mano per afferrare la borsa, che continuava a strascinarsi pesantemente sulla sabbia. Sette pollici, cinque, tre, due, ce l'aveva quasi fatta...
Sprofondò in un istante, e si sentì immergere fino alla vita. Riuscì a tirare indietro la faccia prima di farla finire dentro al fango, e sentì le sue gambe bagnarsi. Le sue braccia rimasero sollevate, ancora allungate verso il Trapinch fuggitivo. Dapprima fu confusa, ma poi realizzò. Stavolta c'era finita per davvero nelle sabbie mobili.
Cercò di non farsi prendere dal panico, e in parte ce la fece. Solo in parte, perché la sensazione di stare affondando verso la morte non era certo facile da ignorare. Se poi si aggiungeva il fatto che bastava anche un movimento minimo per sprofondare, Miana doveva stare completamente immobile, cosa peraltro impossibile se voleva uscire. Provò per un attimo a destreggiarsi tra la melma, tentando di arrivare ad una sponda che sembrava solida, ma il solo muoversi le fece arrivare il livello della superficie appena sotto le ascelle. Rimase allora immobile definitivamente.
Cercò di riflettere. Le sabbie mobili non erano mai molto profonde e raramente portavano alla morte di chi vi finiva dentro. Il pericolo mortale era però quello di restare intrappolati nell'argilla senza via d'uscita, esposti a qualsiasi cosa fosse capitava. Si poteva morire di fame, sete, sbranati dalle bestie, divorati dagli insetti, per il caldo, per il freddo - visto che nel deserto di notte la temperatura calava drasticamente - e in decine di altri modi ancora. Ma quella pozza sembrava abbastanza scavata da inghiottire anche un cavallo intero.
Si guardò febbrilmente attorno alla ricerca di un appiglio. Non c'era nulla da afferrare che sembrasse anche lontanamente solido, così cercò di avvicinarsi ancora alla riva. L'acqua le salì a mezza spalla, le braccia cominciarono a farsi pesanti. La tentazione di lasciarle andare all'abbraccio letale della sabbia era allettante, fin troppo.
Si fermò di nuovo, e contemplò ciò che l'attorniava. Era finita in una piccola riva fangosa nella quale passava un'ansa del fiume, il quale si era ingrossato notevolmente. Forse non era poi così lontana dalla civiltà. La trappola naturale in cui era finita - Miana la distingueva dalla terra asciutta per via del colore più "acquoso" - sembrava estendersi su buona parte di essa. Era lunga per vari piedi, forse più di una decina, ma larga non molto più di tre o quattro.
Si voltò quindi verso la riva solida che le sembrava più vicina, e si ritrovò davanti la faccia curiosa del Trapinch. Non vedendola più inseguirlo si doveva essere fermato e tornato indietro per vedere il fato della sua inseguitrice. Sembrava sempre sorridere, e vederlo con quel leggero ghigno non fece altro che irritare la già frustrata Miana.
- Sei contento? Adesso per colpa tua morirò.
Il pokemon emise di nuovo quello sgradevole sibilo che era la sua risata.
- Ti diverti? Piccolo bastardo maledetto, aspetta che venga fuori e poi vedrai.
Miana allungò una mano verso la superficie più vicina, sulla quale si trovava proprio il piccolo pokemon. La sua mano riuscì a toccare terra proprio a pochi pollici da lui, ma il Trapinch non si spostò. Guardò invece incuriosito la mano, poi nuovamente Miana.
- Cosa vuoi? Spostati, devo venire fuori di qui.
Nessuna reazione, continuò semplicemente a guardarla con quella sua aria apparentemente ingenua e innocente.
"Maledizione, questo non si sposta.". - Guarda che ti tiro una manata se...
Non fece in tempo a terminare la frase perché il pokemon le aveva appena serrato la mano nelle sue fauci. Era stato talmente fulmineo che Miana emise un grido spaventato, e provò a divincolarsi. La presa però era troppo salda, nonostante non la avvertisse particolarmente stretta. Poi il Trapinch cominciò a tirare.
All'inizio le sembrò che le volesse strappare la mano per mangiarsela. "Eh no cazzo! Non ho vissuto tutti questi anni per farmi mangiare da un pokemon qualsiasi". Ma poi si accorse di star venendo trascinata interamente fuori dalla pozza dov'era. Infine capì, il piccoletto la stava aiutando ad uscire. Vedendolo chiudere gli occhi e impuntarsi sulle zampe per avere maggiore forza, anche lei quando sentì le braccia al sicuro sulla terraferma cominciò a strisciare in avanti. Fu un lavoro lungo e sporco, ma alla fine ne venne fuori.
Si rialzò e con le mani tentò di ripulirsi un po' del fango che le incrostava i vestiti. Inutile, quella poltiglia immonda gli si appiccicava alle mani e non ne voleva sapere di andarsene. Decise che si sarebbe lavata tutta, vestiti compresi, in un tratto del fiume più avanti.
Si voltò a guardare il suo "salvatore". Il pokemon la guardava dal basso in alto, osservandola curioso. Aveva la testa inclinata, come se stesse aspettando qualcosa. La donna rivolse tutta la propria aggressività contro il Trapinch.
- Vuoi che ti ringrazi anche? Dopo che hai mangiato quel poco cibo che mi rimaneva dovrei solamente maledirti e spedirti nei Sette Inferi!
Si girò e prese ad avanzare a grandi falcate verso il fiume. Non si accorse che il pokemon aveva cominciato a seguirla.

Il Trapinch le stette appresso mentre si spogliava e si lavava nel fiume, e non si allontanò nemmeno quando mise ad asciugare le proprie vesti. Quando riprese a camminare il pokemon continuò a seguirla, e Miana cominciò ad irritarsi. Quando trovò un sasso glielo tirò. Lo colpì sul carapace, ma o non gli aveva fatto molto male oppure al Trapinch non importava, continuò imperterrito a starle dietro.
Si accampò in riva al fiume quando arrivò la sera. Per la prima volta da quando era nel deserto trovò una pianta, almeno ciò che aveva dovuto un tempo esserla. Un albero morto e secco, cavo e spezzato. Finalmente avrebbe potuto accendere un fuoco, erano troppe le notti in cui aveva patito il freddo.
Scavò una piccola buca nella sabbia e cominciò a spezzare, un po' con le mani e un po' con alcuni calci ben assestati, il cadavere del vegetale. Sistemò la legna nella buca e, con un paio di pietre che aveva raccolto e conservato durante il cammino, riuscì a creare la scintilla dalla quale si originò il falò. Si accoccolò di fronte alle fiamme, assaporando il calore e sentendo il sudore gelarsi man mano che la temperatura diminuiva. Era contenta, forse qualcuno avrebbe avvistato il fumo e sarebbe venuto a salvarla.
Sentiva però uno strano pizzicorino sul collo, come se qualcuno la stesse osservando. "Dannazione" pensò "Dev'essere ancora quel Trapinch". Si girò e constatò che effettivamente il pokemon non se n'era andato, e la stava guardando dai limiti della luce proiettata dalle fiamme. Aveva sempre la testa inclinata, come se stesse aspettando qualcosa.
Quello fu troppo per Miana. Le aveva rubato e mangiato il poco cibo che le rimaneva, l'aveva intrappolata in una buca e poi infine fatta finire nelle sabbie mobili. Poco importava che poi l'avesse aiutata ad uscirne fuori, l'aveva tediata in continuazione da quando si era salvata. Adesso ne avrebbe pagato le conseguenze.
Afferrò uno dei rami che alimentavano il fuoco, prendendolo per l'estremità non in fiamme. Lo prese a mo' di torcia, si alzò e si allontanò dal fuoco, diretta contro il pokemon. Adesso gli avrebbe fatto vedere cosa significava dare fastidio alla signora dei sussurri di Dorne. Nella vita era così, potevi aiutare qualcuno e quello in cambio ti ammazzava, ma a questo Miana non ripensò minimamente.
- Allora, te ne vuoi andare?! - urlò, agitando il bastone che aveva in mano.
Il Trapinch non si mosse, anzi, al massimo inclinò ancora di più la sua testa. Quel suo sorrisetto le dava sui nervi.
- Ti concedo tre secondi per toglierti di mezzo, oppure ti infilzo. Uno...
Nessuna reazione da parte del pokemon.
- Due...
Ancora niente.
- Tre.
Non si mosse.
- L'hai voluto tu.
Miana menò un fendente col bastone, le fiamme che si dimenavano sulla punta. Trapinch riuscì a schivare il colpo, anche se di poco, e con le sue zampette corse velocemente fra le gambe di Miana. La donna provò allora nuovamente a colpirlo, ma anche stavolta andò a vuoto.
- Vuoi giocare? Sono stanca, non ho voglia di fare storie.
Abbatté il bastone a terra, facendo spezzare la parte carbonizzata e lasciando solo un moncone incandescente.
- Adesso si fa sul serio.
Trapinch stavolta scappò subito senza nemmeno aspettare la mossa della donna. Si diresse dalla parte opposta, verso il fiume, e Miana lo inseguì, le fiamme del ramo che si protendevano fameliche nell'aria. Il pokemon superò il falò e si diresse verso il fiume, poi quando fu arrivato in prossimità della corrente si fermò.
"E' in trappola". Ci si era cacciato da solo, forse spinto dalla paura nei confronti delle fiamme. L'acqua era però un nemico ben più temibile del fuoco per lui, questo Miana l'aveva imparato leggendo gli appunti dei maestri della Cittadella. Lo doveva riconoscere, i maestri avevano fatto un lavoro egregio secoli prima, classificando tutte quelle strane creature in base alle caratteristiche in diciotto tipi diversi per distinguerli più facilmente, ognuno con i suoi pregi e difetti. Miana si era documentata per imparare di più sulla fauna di Dorne, e si ricordava che i Trapinch si facevano più deboli se messi in contatto con l'acqua.
Il pokemon non si girò, si guardò attorno come per valutare le sue vie di fuga, ma non ce n'erano. A destra, a sinistra e davanti vi era l'impetuoso corso d'acqua, e buttarvisi era fuori discussione, sarebbe probabilmente annegato. Poteva tornare indietro, ma in quel caso ci sarebbe stata Miana con la sua "mazza". Si era messo con le spalle al muro.
Solo a quel punto si voltò, quando oramai la donna gli era a meno di tre piedi di distanza. La guardò con occhi supplichevoli, ma Miana aveva già ben chiaro cosa fare. Gli assestò un colpo al fianco, e lo fece violentemente ribaltare sulla schiena, esponendo il sotto del carapace all'aria. Il pokemon la guardò, confuso. Lei gli puntò il moncone incandescente alla gola.
Avrebbe potuto ucciderlo, sarebbe stato così facile. Ma per qualche ragione non lo fece. Rifletté per alcuni istanti, combattuta tra l'idea di trafiggerlo e mangiarselo oppure risparmiarlo. D'altro canto non avrebbe avuto niente con cui rompere il carapace, quindi...
- Bah.
Ritirò il bastone.
- Alzati e vattene. Ti risparmio solo perché prima mi hai salvato la vita. Ma se ti fai vedere di nuovo non sarò più così generosa.
Il pokemon si rialzò lentamente, e la guardò. Rimase nuovamente lì a fissarla, e la donna si irritò di nuovo. Stava per dirgli di andarsene, ma il pokemon, quasi come l'avesse letta nel pensiero, cominciò a camminare sulle proprie zampe. Si allontanò dal raggio di luce del fuoco e la guardò un'ultima volta con la sua espressione misteriosa. Miana ricambiò lo sguardo, truce. Il Trapinch rimase per alcuni secondi a guardarla, poi si voltò e scomparve nella notte.

Stava correndo al massimo che gli permettevano le proprie zampe, ma non c'era nulla da fare, l'avversario era troppo veloce. Arrancò sulla sabbia a più non posso per cercare di sfuggirgli, diretto in una direzione non ben definita. Eppure... Forse c'era una direzione che l'avrebbe salvato... Certo, doveva sperare per il meglio...
Sentiva il rumore del suo nemico. Era vicino, dietro di lui. Dannatamente vicino, e strisciava troppo velocemente. Forse non ce l'avrebbe nemmeno fatta ad arrivare in salvo, oppure quella l'avrebbe ammazzato ugualmente, l'aveva già avvertito prima. Ma tanto valeva tentare.
Una luce! Eccolo, il fuoco! Il bagliore apparve come una scintilla nella notte, lo notò con la coda dell'occhio destro. Immediatamente cercò di cambiare direzione, ma doveva stare attento all'inseguitore. Fece un bel giro ampio, giusto per star sicuro che non si accorgesse del cambio di direzione. Sperava con tutto il cuore che l'avrebbe aiutato e che si fosse dimenticata della promessa omicida di poco prima.
Aveva fatto un terribile sbaglio a non andarsene subito, di notte nel deserto i predatori come quello andavano a caccia, e lui non era mai stato in grado di affrontarli. Ma aveva a tutti i costi voluto restare vicino alla donna, non sapeva nemmeno lui bene perché, maledisse sé stesso per la sua testardaggine. Ma paradossalmente colei che l'aveva minacciato di morte poche ore prima avrebbe anche potuto salvarlo.
Il bagliore si avvicinava lentamente. Maledizione, pensò, le mie zampe non mi fanno correre abbastanza. Un sibilo, e sentì qualcosa mordere l'aria appena dietro di lui. Dannazione, urlò una voce nella sua testa, ce la devo fare!
Finalmente, dopo una corsa che parve infinita, superò l'ultima fatidica duna e si ritrovò a poche decine di piedi dal falò. La donna era lì che dormiva, ignara di quello che le stava accadendo poco distante. Eccola!, esultò, Ancora pochi passi, la sveglio e-
D'un tratto gli mancò il respiro. Provò a muoversi, ma si ritrovò bloccato in una stretta che non gli lasciava tregua. D'istinto aveva chiuso gli occhi, ma vide distintamente il contorno delle spire che l'avevano infine avvolto. Provò a respirare, ma una di esse gli serrava la gola, e di conseguenza emise un rantolo strozzato. Quando aprì gli occhi vide una bocca spalancata, ornata da due denti simili ad artigli affilati.

Quando Miana si svegliò aveva una mano serrata sulla gola. "Un sogno" pensò, tranquillizzandosi "Era solo un sogno.". Rilasciò l'arto, il quale ricadde mollemente accanto a lei. "Merda, perché mi faccio condizionare? Adesso sogno pure di essere ammazzata dai serpenti. Bah.". Però... c'era qualcosa che non le tornava. Le sensazioni di quel sogno erano state troppo chiare, troppo nitide per essere solo il frutto della sua fantasia. C'era qualcosa di molto strano in tutta quella faccenda.
Poi lo udì, e si rizzò in piedi più veloce che poté. Era un suono squillante, come un tintinnare di campanellini, e proveniva non molto distante da lei. "Un serpente a sonagli! Allora non avevo tutti i torti!". Il fuoco si era spento, ma alcune braci ardevano ancora sotto la cenere. Afferrò il fido bastone con la punta incandescente, e guardò in tutte le direzioni per capire dove fosse il serpente.
Lo individuò facilmente. Era sulla cima della duna sopra di lei, aveva appena catturato una preda e agitava eccitato la coda con il sonaglio in segno di vittoria. La stava stritolando lentamente, e si stava preparando a dare il colpo di grazia alla povera bestiola, lo intuiva dalla bocca aperta e dai denti avvelenati bene in mostra.
"Mi sono spaventata per niente" si disse cercando di calmarsi "Adesso lo ammazzerà, lo mangerà e se ne andrà. Non dovrebbe nemmeno badarci a me dopotutto.". Fece per disinteressarsi di tutta quella storia, quando gli venne la curiosità di sapere cos'aveva catturato. Almeno avrebbe potuto calcolare grossolanamente quanto gli ci sarebbe voluto per digerirlo e di conseguenza quanto tempo aveva lei per andarsene al fine di evitare guai.
Da quella distanza però non lo vedeva bene, così decise di avvicinarsi. Giusto un po' più vicino, e per precauzione si portò dietro il bastone, non avrebbe mai potuto sapere se il serpente l'avrebbe attaccata oppure no. Quando fu più o meno ad una ventina di piedi di distanza aguzzò la vista e finalmente potette distinguere i lineamenti del povero animale destinato a morire.
Quasi le prese un colpo quando lo riconobbe. "Quel piccolo idiota!". Miana era sconcertata. "Non mi dire che non se n'era ancora andato! Cazzo, nemmeno Dai è mai stata così ostinata!". Probabilmente il Trapinch non era mai andato molto lontano dopo che l'aveva quasi ucciso col bastone, e adesso ne stava pagando le conseguenze. "Non lo sapeva che di notte questo posto brulica di serpenti a sonagli?!?".
Aveva cominciato a camminare ancora prima di rendersene conto. Si avvicinò di soppiatto al serpente, decisa a coglierlo alle spalle. Aumentò il passo quando vide il rettile cominciare a mordere il pokemon. L'animale era troppo concentrato a stringere e mordere la propria preda per badare a lei, così non la vide mentre alzava il piede. Poi, cercando di mettervi tutta la propria forza, lo pestò sulla coda a sonagli.
Sentì qualcosa spezzarsi sotto il proprio sandalo. Sentì immediatamente il serpente allentare la presa sul pokemon, e la donna non perse tempo. Ignorando i sibili di dolore, menò il ramo come fosse stato una mazza, prendendo il serpente in piena testa. Continuò a colpirlo anche quando si accasciò a terra, e continuò finché il cranio del rettile non si fu ridotto ad una poltiglia verdognola.
Quando fu sicura di averlo ucciso, passò a controllare il Trapinch. Si era accasciato a terra, ma sembrava più impaurito che ferito. C'erano vari graffi sul carapace, segni lasciati dai morsi del serpente. Quell'animale non doveva essere stato molto furbo, se l'avesse voluto uccidere avrebbe dovuto morderlo sul collo.
Allungò una mano verso il pokemon, ma quello si mostrò reticente.
- Vieni qui, razza d'idiota. Non ti faccio nulla.
Anche se di malavoglia il Trapinch si lasciò prendere il braccio. La donna lo esaminò, e vide che almeno una volta il serpente aveva fatto centro. C'erano due buchi nella sua pelle arancione, poco al di sotto dell'entrata del carapace, su una delle zampe anteriori. Dopodiché rimise a terra il pokemon.
- Ce la fai a camminare? - gli chiese.
Il pokemon la guardò interrogativo, e provò a muovere un passo. Appena provò ad appoggiare la zampa a terra si ritrasse, le fauci contorte in una smorfia di dolore. "Piccolo stupido. Adesso mi toccherà portarlo in braccio.".

Camminò senza sosta per due giorni, fermandosi giusto il tempo per abbeverarsi e per controllare le condizioni del pokemon. Continuò a marciare seguendo il corso del fiume, finché infine scorse qualcosa all'orizzonte. Dapprima le sembrò solo un'ennesima duna, ma più si avvicinava e più la duna assomigliava ad una fortezza. "No, è solo un miraggio" si disse "E' dello stesso colore della sabbia, è solo una duna dalla strana forma". Ogni suo dubbio si dissipò però quando vide la "duna dalla strana forma" brulicare di vita. C'erano uomini sui parapetti, sulle torri, alle finestre, ai piedi delle mura, tutti intenti nelle loro mansioni. Sopra un merletto garriva uno stendardo al poco vento che soffiava in quel momento, figurante una mano dorata su sfondo rosso e nero. Quella era Grazia degli Dei, sede di casa Allyrion. Miana cominciò disperatamente a correre.
Quando arrivò alla porta principale alcuni si erano già accorti di lei, e un balestriere aveva già caricato la propria arma.
- Via di qui - disse, puntandogliela addosso - Non vogliamo mendicanti.
- Non sono una mendicante! - gli gridò lei.
- E chi sareste voi, di grazia? - le chiese un armigero da una finestrella poco al di sopra della sua posizione.
- Miana Martell, al servizio di lord Derrick Martell. E se non vi muovete a farmi entrare ne pagherete le conseguenze!
A sentire quel nome i soldati si riscossero. La sua fama era nota in tutta Dorne e anche al di fuori, era risaputo che Miana Martell manteneva le promesse fatte, sempre. La grata di ferro venne alzata e Miana entrò dentro Grazia degli Dei. Mentre avanzava nella piazza, le vesti ormai lacere che le pendevano malamente, le si fece incontro un uomo grasso dalla pelle abbronzata. Portava una leggera armatura sopra la pelle madida di sudore, e boccheggiava.
- Mi dispiace, milady, per il trattamento che avete subito - disse - Ma di questi tempi è bene non fidarsi di nessuno.
- Chi siete voi? - chiese la donna in modo sgarbato.
- Ser Tobbott Allyrion, se vi compiace.
Ser Tobbott era il fratello ed erede di lady Allyrion, Miana l'aveva visto un paio di volte a qualche festa indetta da suo cugino il lord a Lancia del Sole. Ma in quel momento non gli importava minimamente chi fosse.
- Mi serve un maestro, una coperta e dell'acqua calda.
- Certamente. Mandate subito a chiamare il maestro! - urlò ad alcune guardie - Volete che vi visiti in una stanza del fortino oppure vi va bene nelle mura?
- Non è per me, razza d'idiota.

Più tardi, mentre aspettava che il maestro arrivasse, stava stringendo a sé il pokemon. Era avvolto in una coperta lacera, bruciava di febbre, e i suoi occhi socchiusi lacrimavano. Tutta colpa del veleno, indubbiamente.
- Che ostinato che sei - disse la donna a voce alta - Perché non sei già morto? A quest'ora avresti dovuto esserlo da un pezzo. Sei più forte di quel che sembri, eh?
Lo guardò per un po'.
- Oberyn - disse infine - E' un bel nome, non ti pare? Vedrai che ti piacerà. Se sei davvero così forte, resisti finché non arriva il maestro. Allora potrei anche pensare che sei degno di restare con me.

Note dell'autore
Settimo capitolo gente. Ormai avevo perso le speranze di farli così in fretta, ma questo mi è venuto un po' più corto del normale e così è andata bene. Può sembrare non c'entrare niente con la trama, ma piano piano tutti i pezzi del puzzle si incastreranno.

  
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