Bentornati!
Grazie a chi sta leggendo questo
racconto.
Grazie a lululove2 e ad AkaNagashima
che hanno lasciato un commento allo scorso capitolo.
Grazie a tutti quelli che si sono
segnati la storia.
Buona lettura! J
A Study in Red
Erano entrati nella stanza da
letto di Mycroft tenendosi per mano e si erano tolti i vestiti reciprocamente.
Era stato uno spogliarsi lento,
quasi un timido scoprirsi ed ammirarsi.
Si erano guardati a lungo negli
occhi, prima che Mycroft baciasse di nuovo John.
Subito dopo l’inizio del bacio,
le mani avevano cominciato a scorrere sui corpi.
Mycroft poteva sentire il corpo
di John tremare leggermente sotto il suo tocco.
Spinse gentilmente John verso il
letto, facendolo sdraiare.
John era ad occhi chiusi.
La mente continuava a riportarlo
al Bart’s, alla notte prima che Sherlock si suicidasse.
Era con Sherlock che stava
facendo l’amore, non con Mycroft.
“È sbagliato! – gli urlava una parte di lui – Non ami Mycroft! Lo stai solo usando per non sentirti solo!”
Spalancò gli occhi:
“Fermati. – bisbigliò,
allontanando Mycroft da sé – Mi dispiace. Mi dispiace.”
Mycroft si spostò di fianco a
John, che si portò le mani al viso.
“Mi dispiace. – continuava a dire
– Non avrei dovuto permettere che accadesse. Mi dispiace.”
John si mise a sedere, sempre con
le mani sul volto.
Mycroft si sedette accanto a lui.
Stava per allungare una mano per
consolare John, ma si rese che una parola od un gesto sbagliati avrebbero
mandato in pezzi il dottore.
“Maledetto idiota che non sei altro, Mycroft! – si disse Holmes – Non basta quello che gli ha fatto Sherlock!
Ora ti ci metti anche tu a ferirlo e a confonderlo!”
John si voltò verso Mycroft. Non
lo aveva mai visto tanto vulnerabile.
“Mi dispiace. – disse ancora – Io
… non volevo ferirti … è stato un periodo così difficile …”
“John è tutto a posto.” Mycroft
gli sorrise rassicurante.
“No, non va bene. – ribatté John
con stizza – Non è tutto a posto. C’è una cosa che non sai.”
“So che sei etero. – lo
interruppe Mycroft – Non avrei dovuto obbligarti a …”
“Non mi hai obbligato. –
interloquì John – E non si tratta di quello. Ho già fatto l’amore con un uomo.
Una volta … una sola volta.”
John distolse lo sguardo da
Mycroft.
Sentiva le lacrime pungere gli
occhi, ma non voleva piangere.
Non aveva mai pianto per Sherlock.
Non avrebbe cominciato quella
notte.
In quella stanza.
Davanti a Mycroft.
Mycroft si sentì morire dentro.
Sapeva perfettamente cosa stesse
per raccontargli John ed avrebbe voluto interromperlo, dirgli che sapeva già
tutto e che non era necessario che riaprisse quella ferita, se mai si fosse chiusa.
Se gli avesse detto questo, però,
avrebbe dovuto rivelargli che Sherlock fosse vivo e che stesse distruggendo
l’organizzazione di Moriarty, per proteggerlo, per poter tornare da lui e
vivere insieme.
Per sempre.
Mycroft non poteva farlo.
Si disse che doveva proteggere
Sherlock, tenere segreto che fosse vivo perché solo così avrebbe potuto agire
nell’ombra, correndo meno rischi.
“Se John sapesse che Sherlock è ancora vivo, lo aspetterebbe e non accetterebbe
di essere amato da nessun altro. – sussurrò una vocina nel profondo di
Mycroft – Te incluso. Devi rinunciare a
John. Non lo meriti. John ama
Sherlock.”
“Ho fatto l’amore con Sherlock. –
continuò John, parlando con voce stanca, come se stesse guardando, per
l’ennesima volta, la stessa lontana e dolorosa scena – La notte prima che si
buttasse dal tetto del Bart’s. Gli ho detto che lo amavo. E lui si è ucciso.”
Mycroft sobbalzò. Si rese conto
che nella mente di John le due azioni erano consequenziali: lui aveva fatto
l’amore con Sherlock e per questo suo fratello si era ucciso.
Per la prima volta, intuì quanto
dovesse essere profondo e lacerante il dolore di John.
“Non è stata colpa tua!” disse
con voce strozzata.
“Non avrei dovuto innamorarmi di
lui. – mormorò John – Io distruggo tutto quello che tocco.”
“Non è vero. – Mycroft afferrò
John per le spalle – Non è assolutamente colpa tua. Credimi. Sherlock era mio
fratello. Io so che non è stata colpa tua e tu devi credermi.”
Mycroft avrebbe dato tutto per
poter dire la verità a John, per non vederlo soffrire così tanto.
“Stare con te mi fa sentire bene.
– sospirò John – Era da tanto tempo che non mi sentivo così in pace e vivo.
Quando Sherlock si è ucciso, si è portato via una parte di me. In questo ultimo
anno, mi sono lasciato vivere, trasportare dalla vita quotidiana, senza in
realtà parteciparvi. Respirare, mangiare, dormire erano solo un’abitudine, una
routine a cui mi sono abituato per espiare la mia colpa.”
“Quale sarebbe la tua colpa?”
chiese Mycroft senza fiato.
“Ho lasciato che Sherlock si
uccidesse. – sussurrò John – Non sono riuscito a salvare la persona più
importante della mia vita. Non sono riuscito ad impedirgli di autodistruggersi,
malgrado gli avessi detto di amarlo. Che razza di persona sono, se non riesco a
proteggere chi amo?”
Mycroft fissò gli occhi azzurri
di John, quell’azzurro così profondo, così colmo di dolore.
“Sei una persona meravigliosa,
John. – rispose in tono deciso – E non sei responsabile delle scelte degli
altri. Non è giusto che tu ti punisca perché Sherlock ha deciso di saltare dal
tetto del Bart’s. Nessuno è mai riuscito ad impedire a mio fratello di fare
quello che voleva.”
John si chiese cosa avrebbe
pensato Sherlock se avesse saputo che stava pensando di fare l’amore con il suo
arcinemico.
John sorrise.
Sherlock ne sarebbe stato
sconvolto e scandalizzato.
John poteva vederne chiaramente
l’espressione allibita e disgustata.
Sherlock, però, era morto.
John si era reso conto che con
Mycroft aveva trovato un proprio equilibrio ed una serenità che non provava da
molto tempo.
Era giunto il momento di andare
avanti.
Sherlock non avrebbe approvato la
persona, ma avrebbe capito il perché.
John avvicinò il viso a quello di
Mycroft e lo baciò, dolcemente e brevemente, sulle labbra.
Si ritrasse e rimase in attesa.
Mycroft non disse nulla.
“Vuoi ancora fare l’amore con me,
anche se sono stato con Sherlock?” chiese John titubante.
“Sei un bastardo. – disse la voce nel profondo di Mycroft – Stai approfittando del suo dolore. Digli la
verità!”
“Non è colpa di nessuno se mi
sono innamorato di te. – rispose Mycroft – Sherlock non è qui. Noi sì.”
“Dovrai avere tanta pazienza con
me. – John gli fece un sorriso timido – Non so bene cosa provo per tutto questo
e non voglio ferirti. Voglio fare l’amore con te, Mycroft, ma ho paura di farlo
per il motivo sbagliato. Non voglio che tu ti senta usato per superare un
brutto momento.”
“Non ti preoccupare per me. –
ribatté Mycroft – Io non mi sentirò usato. Voglio solo che tu sia convinto di
quello che stai facendo. Nessuno ha la sfera di cristallo per sapere cosa
accadrà in futuro. Ti posso assicurare, però, che non ti farò una colpa di
nulla.”
“Certo che non gli farai una colpa, carogna! – sbottò la voce nel
profondo di Mycroft – Sarà lui ad odiarti
quando scoprirà tutto. Perché lo scoprirà, lo sai, vero? Sherlock tornerà e
John preferirà lui a te. John ama Sherlock! Fermati, finché sei in tempo. Ti
fai trasportare dai sentimenti proprio tu,
Signor-I-Sentimenti-Non-Sono-Un-Vantaggio?”
“So cosa sto facendo. – lo
rassicurò John – Voglio essere assolutamente sincero con te. Quando ti guardo,
ci sono volte in cui vedo Sherlock. È questo che mi fa paura. Sto bene con te,
sono sereno come non lo ero da tanto tempo. E mi sembra di poter ricominciare a
vivere. Tu sai cosa io abbia passato, non ho bisogno di darti spiegazioni. So
di potermi fidare di te. È di me che non mi fido del tutto. Ho paura di usarti
come sostituto, capisci? E non sarebbe giusto nei tuoi confronti.”
“Siamo due adulti che iniziano
una relazione. – gli disse Mycroft – Potrebbe andare bene. Potrebbe andare
male. Questo lo sapremo solo se proveremo. L’unica cosa che penso che sarebbe
ingiusta per entrambi, sarebbe avere il rimpianto di avere rinunciato a tutto
per paura di farlo per il motivo sbagliato. Io ti amo. Per me è difficile
ammetterlo, ma è così. Tu senti qualcosa per me?”
John fissò Mycroft negli occhi
per qualche secondo.
Con la mente tornò all’immagine
di Mycroft che accarezzava i bambini dell’orfanotrofio ed alla tenerezza che
aveva provato in quel momento.
Sorrise:
“Ho paura a definirlo amore, ma
decisamente mi piaci.”
John smise di parlare e si
avvicinò ancora al viso di Mycroft, che gli bisbigliò in un orecchio:
“Mi prenderò sempre cura di te,
John. Io ci sarò sempre. Ti risponderò ogni volta che chiamerai.”
John appoggiò le proprie a labbra
a quelle di Mycroft.
Il loro bacio, stavolta, fu più
profondo ed intenso.
Le carezze si fecero sempre più
audaci.
Quando Mycroft prese John, lo
fece con delicatezza e tenerezza, come se stesse maneggiando un oggetto
fragile.
Mycroft stava dormendo.
John era stato svegliato da un
incubo.
Impiegò qualche minuto per capire
dove si trovasse e che le braccia di Mycroft lo stessero abbracciando.
John sentiva un’angoscia
profonda.
Non ricordava l’incubo, ma il
senso di perdita che ancora gli attanagliava il cuore lo faceva stare male.
Si alzò dal letto, cercando di
non svegliare Mycroft.
“Dove stai andando?”
John sobbalzò. Si voltò verso
Mycroft, sorridendo:
“Non volevo svegliarti. Andrei a
casa.”
Mycroft aprì gli occhi e si
appoggiò su un gomito:
“Perché vuoi andare a casa?”
“Domattina … anzi no stamattina …
sono di servizio al pronto soccorso.”
“Lavori troppo. – sentenziò
Mycroft – Comunque, cosa c’entra il lavoro con il fatto che vai a casa?”
“Devo fare una doccia … cambiarmi
…”
“Solo questo?” domandò Mycroft
osservando il volto di John.
Watson sospirò:
“Mi sembra strano passare tutta
la notte qui.”
Mycroft sorrise:
“Faccio alzare il mio autista,
così ti porta a casa.”
“Non è necessario. – protestò
John – Posso chiamare un taxi.”
Mycroft si era alzato ed aveva
già infilato la vestaglia:
“A quest’ora non mi fido di
nessuno. Voglio che arrivi a casa sano e salvo.”
“Va bene. – si arrese John – Non
credo di avere molte possibilità di spuntarla con te, vero?”
“Assolutamente nessuna! –
sentenziò Mycroft con un sorriso malizioso – Ricordatelo bene, per il futuro.”
John scosse la testa:
“In che guaio mi sono andato a
cacciare. – disse in tono scherzoso – Mi sono scelto un tiranno.”
Si scambiarono uno sguardo
complice e si misero a ridere.
A Mycroft piaceva la risata di
John.
Dolce, intima e luminosa.
Come lui.
“Tu cosa farai?” chiese John.
“Nulla di che. – rispose Mycroft
– È domenica ed anche le cospirazioni internazionali riposano. Penso che
passerò la giornata a mandare messaggi al mio dottore preferito.”
John stava finendo di vestirsi:
“Stai scherzando, vero? – chiese
sorpreso – Questa è roba da sedicenni!”
Mycroft sollevò le spalle:
“Siamo innamorati, quindi siamo
dei sedicenni, per definizione.”
John lo fissava allibito.
“E ti conviene rispondermi
sempre, dottore. – concluse Mycroft in tono di finta minaccia – Perché, se non
lo farai, ti manderò una squadra speciale per controllare cosa tu stia facendo
di più importante che pensare a me.”
Arrivato a casa, John era riuscito
a riprendere sonno ed aveva dormito alcune ore prima che suonasse la sveglia.
Stava facendo la doccia, quando
sentì suonare il cellulare.
Finì di lavarsi ed andò a leggere
i due messaggi che aveva ricevuto:
[7.00] Cosa stai facendo? MH
[7.03] Se non rispondi subito, ti
mando la squadra speciale. MH
John sorrise:
[7.05] Stavo facendo la doccia.
JW
[7.06] Nudo? MH
[7.08] No. Faccio la doccia
vestito per lavare anche gli abiti e risparmiare acqua ed energia elettrica. JW
[7.12] Sei un bravo cittadino, ma
avrei preferito che mi avessi risposto che facessi la doccia nudo. Mi sarei
offerto di venirti a lavare la schiena. MH
[7.13] Ed anche altre parti. MH
[7.14] Hai mai fatto sesso sotto
la doccia? MH
[7.15] Non ti facevo così
passionale. JW (cancellato)
[7.16] Non pensavo che avessi
certe fantasie. JW (cancellato)
[7.18] Devo andare a lavorare. Mi
stai facendo far tardi. JW
[7.23] Il tuo turno di servizio
inizia alle 8. Impieghi 10 minuti a piedi per arrivare in ospedale, fermandoti
anche a prendere un the da asporto nel bar all’angolo della tua via. Di solito
arrivi con mezz’ora di anticipo. Se anche per un giorno arrivi con qualche
minuto di ritardo, non succede nulla. MH
John fissò l’ultimo messaggio tra
l’arrabbiato ed il divertito:
[7.25] Sai troppe cose di quello
che faccio. Smettila di farmi sorvegliare. JW
Mycroft lesse il messaggio di
John aggrottando la fronte, perché il dottore sembrava irritato:
[7.27] Lo faccio solo perché ti
amo. MH (cancellato)
[7.28] Mi prendo cura di te. MH
(cancellato)
[7.31] Penso alla tua sicurezza,
visto che tu sei così incosciente da metterti in situazioni pericolose senza
pensarci troppo. MH (cancellato)
[7.33] Le vecchie abitudini sono
dure a morire. MH
[7.37] Sto uscendo. JW
[7.39] Ti manderò un messaggio
allo scoccare di ogni ora. Ti lascio 5 minuti per rispondermi, prima di mandare
l’esercito. MH
[7.41] Ti risponderò. Giusto
perché non vorrei che mandassi veramente l’esercito. JW
[8.00] Hai preso servizio. MH
[8.05] Sto medicando un bambino.
JW
[9.00] L’infermiera bionda è
molto carina. Devo esserne geloso? MH
[9.01] Quale infermiera bionda?
JW (cancellato)
[9.02] È la mia amante segreta.
JW (cancellato)
[9.06] C’è stato un grosso
incidente e stanno arrivando molti feriti. Ti mando un messaggio quando posso.
JW
[13.30] È stata una mattina
difficile. Non mi abituerò mai alla morte. JW
[15.00] Va tutto bene? Devo
mandare l’esercito? JW
[17.00] Non voglio sembrare appiccicoso, ma
avevi detto che avresti mandato un messaggio all’ora. JW (cancellato)
[18.25] Ti prego. Non essere
morto. JW (cancellato)
John era tornato a casa. Era
seduto sul divano, con il cellulare in mano.
Non sapeva cosa pensare.
Erano ore che Mycroft non
rispondeva ai suoi messaggi.
Valutò se telefonargli, ma decise
di non farlo.
Non erano ragazzini.
Se non aveva risposto, doveva
esserci un motivo serio.
Era un uomo impegnato.
Mycroft era il governo inglese.
“Dio fa che non sia morto. Ti prego. Prendi me, ma smetti di portarmi
via tutti quelli che mi stanno intorno.”
Era quasi mezzanotte, quando John
sentì bussare furiosamente alla porta.
Andò ad aprire e si trovò davanti
Mycroft:
“Mi dispiace. – gli disse
addolorato – C’è stato un problema e non sono stato raggiungibile tutto il
giorno. Non ho potuto avvisarti …”
John lo abbracciò.
Lo fece con una forza tale, che
Mycroft faceva quasi fatica a respirare, ma non protestò.
Aveva notato quanto John fosse
pallido.
Non riusciva ad immaginare cosa
avesse pensato per il fatto che non gli avesse mai risposto.
Lo sentì sussurrare:
“Grazie per essere vivo.”
Rimasero così, sulla porta.
Mycroft non osava parlare.
John lo teneva stretto a sé.
“Ti amo, Mycroft. Resta con me
stanotte. – disse finalmente John – Non te ne andare.”
“Non andrò da nessuna parte.”
Mycroft entrò. Si sedettero sul
divano, abbracciati.
John si addormentò fra le braccia
di Mycroft.
Quella notte non ebbe incubi.
Da sei mesi John e Mycroft
uscivano insieme e si vedevano regolarmente, come una coppia.
John si era abituato al fatto di
avere una relazione stabile con un uomo.
Ognuno dei due, continuava a
vivere a casa propria, anche se avevano portato a casa dell’altro qualche
cambio, per quelle notti che decidevano di trascorrere insieme.
Era l’anniversario dei loro primi
sei mesi insieme e Mycroft aveva deciso di portare John fuori a cena.
Poco prima del dolce, gli
consegnò un piccolo pacchetto regalo.
John lo studiò a lungo,
rigirandoselo fra le mani.
“Giuro che, se lo apri, non
esplode.” disse Mycroft, sorridendo.
“Non stavo pensando a quello. –
ribatté John con un certo imbarazzo – Non ti ho preso nulla.”
Mycroft spostò una mano come se
stesse cacciando una mosca:
“Non ti preoccupare. Apri il mio
pacchetto.”
John scartò il regalo e si trovò
davanti una chiave.
Alzò uno sguardo interrogativo su
Mycroft:
“Penso che sarebbe ora che tu ti
trasferissi definitivamente da me.” spiegò Mycroft.
John lo fissava sbigottito:
“Non ho parole. – mormorò – Non
so cosa dire.”
Mycroft si fece più vicino:
“Dì solo sì.” sussurrò.
John posò la scatolina sul
tavolo:
“Non ti offendere, ma ho bisogno
di pensarci. – disse John – Sarebbe un passo enorme, capisci?”
Mycroft si allontanò e sorrise:
“So che ti ho colto di sorpresa.
Prenditi tutto il tempo che ti serve per decidere. Non ti metterò mai fretta, John,
né ti obbligherò mai a fare qualcosa che tu non voglia. Però, pensaci.”
Trascorsero un paio di settimane
senza che John desse una risposta né Mycroft ne pretendesse una.
[20.51] Sei in casa? JW
[20.52] Sì, certo. Vuoi venire
qui? MH
[20.53] Sei solo? JW
[20.54] Sono solo. Puoi venire
tranquillamente. MH
[20.55] Sono già qui fuori.
Volevo provare la chiave. JW
Mycroft sentì il cuore accelerare
i battiti.
[20.56] Provala. MH
Pochi secondi dopo, Mycroft sentì
il rumore di una chiave che girava nella serratura d’ingresso, seguito da
quello di passi esitanti.
Si alzò dalla poltrona, guardando
verso la porta del salotto.
“La chiave funziona bene.” disse
John con un certo imbarazzo.
Aveva una valigia. La appoggiò a
terra e si diresse verso Mycroft:
“Ho portato qualche altro
vestito. – continuò – Ho pensato che potrei trasferirmi da te, ma tenere ancora
l’appartamento.”
“Vuoi tenerti una via di fuga.”
gli sorrise Mycroft.
“No. – ribatté John – Tu viaggi
per lavoro ed io non so se mi sentirei a mio agio a vivere qui, quando non ci
sei. Ho bisogno di tempo per abituarmi a questo, capisci?”
Mycroft colmò la distanza fra
loro e lo baciò sulle labbra:
“L’unica cosa che conta è che tu
sia nella mia vita. – rispose – Dove vivrai, ha un’importanza relativa.”
Trascorsero circa altri sei mesi.
John si era trasferito a vivere
da Mycroft, ma tornava nel suo appartamento quando faceva il turno di notte o
quando Mycroft andava all’estero per qualche missione.
Una sera, dopo cena, John e
Mycroft erano seduti in salotto a leggere il giornale.
John ripiegò il giornale e lo
appoggiò al tavolino:
“Ho bisogno di parlarti.”
Il tono di John era molto serio e
Mycroft si preoccupò.
Erano alcuni giorni che John si
comportava in modo strano.
Nell’ultima settimana aveva
dormito più spesso nel suo appartamento che a casa di Mycroft.
E Holmes sapeva che non era stato
per motivi di servizio.
Quando gli aveva chiesto
spiegazioni, John era stato molto evasivo.
Mycroft era sicuro che John
volesse dirgli che non lo amava più e che voleva lasciarlo.
Forse si era persino innamorato
di qualcun altro.
O di una donna.
Mycroft non voleva sentirselo
dire:
“È una cosa molto lunga? – chiese
– Devo tornare in ufficio.”
John sembrò valutare la
situazione:
“È una cosa complicata, più che
lunga. – rispose – Ne parliamo domani, va bene?”
Mycroft assentì e se ne andò in
ufficio.
Seduto alla scrivania, in attesa
che Anthea arrivasse a fargli rapporto, Holmes iniziò a pensare.
“È stupido rimandare il discorso. – disse la voce nel profondo di
Mycroft – Se John ti vuole lasciare, il
dolore per la sua perdita non sarà minore se lo rimandi di qualche giorno.
Inoltre, Sherlock sta per tornare. Ha terminato la sua missione e la squadra di
recupero partita oggi lo riporterà a casa al massimo in un paio di settimane.
Allora ti troverai ad affrontare le menzogne che hai raccontato alle due
persone più importanti della tua vita. In questi due anni, a Sherlock hai
sempre detto che ti stavi prendendo cura di John, evitando accuratamente di
dirgli che ti sei innamorato di lui. Mentire per cellulare, però, è molto
facile. E John? Come reagirà John quando scoprirà tutto? Quando capirà cosa gli
abbiate fatto tu e Sherlock? Soprattutto tu.”
Però Mycroft non riusciva a
trovare il coraggio di affrontare John.
Questa vigliaccheria emotiva lo
faceva arrabbiare perché non l’aveva mai provata prima.
Era anche vero, però, che era la
prima volta che si innamorava così profondamente.
“I sentimenti non sono un vantaggio. – sussurrò la voce del profondo
– Però, esistono e nessuno ne è immune.
Tu pensavi di riuscire ad controllarli, ma, alla fine, i sentimenti ti hanno
trovato e ti hanno dimostrato che sei debole e vulnerabile come tutti gli
altri. La cosa peggiore, in tutto ciò, è che a pagare il prezzo più alto per i
tuoi errori sarà anche l’unica persona completamente innocente, in questa
storia. John avrà il cuore fatto a pezzi. E nessuno potrà evitarlo.”
Avrebbe preferito mille volte di
più un attacco terroristico o lo scoppio della terza guerra mondiale, piuttosto
che perdere John o vederlo soffrire.
Soprattutto per colpa sua.
Trascorse una settimana e Mycroft
rientrò una notte, trovando John ancora sveglio, che lo stava aspettando:
“Non ho sentito dire che stia
scoppiando la terza guerra mondiale.” Lo accolse arrabbiato.
Mycroft si spogliò e si infilò a
letto:
“Non tutto quello che succede nel
mondo arriva ai giornalisti.” ribatté in tono secco.
“È un caso che questo problema
mondiale sia iniziato la sera in cui ti ho detto che avevo bisogno di
parlarti?” puntualizzò John con lo stesso tono.
Mycroft rispose con un grugnito:
“Ora sono stanco. Possiamo
rinviare a domani?”
“E domani che scusa troverai?”
sbottò John, scendendo dal letto.
“Dove stai andando?” chiese
Mycroft in tono aggressivo.
“Dove vuoi che vada? – ribatté
John con voce esasperata – Vado a casa mia!”
“Ah, ecco perché hai tenuto
l’appartamento. – lo accusò Mycroft – Puoi portarci la tua amante senza
problemi.”
John si bloccò e si girò verso
Mycroft guardandolo sorpreso:
“Davvero? Mi fai sorvegliare e
pensi che io abbia un’amante?”
“Sai di essere sorvegliato,
quindi puoi eludere la sorveglianza. – rispose Mycroft – Non sarebbe la prima
volta.”
“Sei geloso?” domandò John con un
sorriso divertito sulle labbra.
“Non essere ridicolo!” sibilò
Mycroft incrociando le braccia sul petto, offeso.
John si sedette sul bordo del
letto:
“Tu lo sai che ti amo, vero
Mycroft?” chiese dolcemente.
Mycroft sbuffò.
John si allungò sul letto e lo
baciò sulle labbra.
Mycroft rispose al bacio.
Quando si separarono, John mormorò:
“Sai che sei tenero, quando fai
il geloso?”
Mycroft fece finta di essere
arrabbiato:
“Non insultarmi.” Ringhiò.
Si vedeva chiaramente, però, che
gli occhi stavano ridendo:
“Non vuoi lasciarmi, allora?”
domandò con una certa apprensione nella voce.
“Non so da dove ti sia venuta
questa idea. – sospirò John, scuotendo la testa – Non ho alcuna intenzione di
lasciarti. Tu mi rendi felice.”
“Credi che non sappia di tutte
quelle infermiere che ti mangiano con gli occhi? – chiese Mycroft tra il serio
ed il faceto – Non ci vuole molto a giungere alla conclusione che siano più
belle di me.”
“Su questo non ci sono dubbi. –
rispose John – Come donne sono decisamente più belle di te.”
Mycroft fissò John negli occhi:
“Mi stai prendendo in giro?”
domandò in tono minaccioso.
“Sì.” rispose John con un sorriso
malizioso.
Si allungò e ricominciò a baciare
Mycroft.
John decise che avrebbe parlato
con Mycroft il giorno dopo e si lasciò amare con tenerezza e passione.
La mattina dopo, John e Mycroft non
sentirono la sveglia:
“Arriverò in ritardo in
ospedale.” brontolò John, bevendo velocemente una tazza di the.
“Non dovevamo parlare?” chiese
Mycroft.
“Sì. – rispose John, dandogli un
bacio veloce sulla bocca – Stasera. Ora devo andare.”
“Anche io ho bisogno di
parlarti.” Disse Mycroft con uno strano tono.
John lo guardò perplesso:
“Vuoi che chiami in ospedale per
dire che farò tardi?”
“No. Stasera andrà bene. –
rispose Mycroft – È una cosa lunga ed avremo bisogno di calma e tempo.”
“Devo essere preoccupato?” chiese
John aggrottando la fronte.
“Stai facendo tardi.” Gli sorrise
Mycroft.
John stava per ribattere, quando
il campanello si mise a suonare insistentemente.
“Apro io mentre vado. A stasera.”
disse John correndo verso la porta.
Quando spalancò l’uscio, si
bloccò sull’ingresso a bocca aperta.
Davanti a lui c’era un uomo alto,
moro, molto magro, chiuso in un cappotto lungo e nero, con il collo alzato.
I capelli, neri, ricci e troppo
lunghi, erano disordinatamente ordinati.
Gli occhi azzurri color del
ghiaccio gli sorrisero felici.
La mani, dalle dita lunghe ed
affusolate, gli presero il volto.
Labbra sottili e fredde, bramose
di baciarlo, si appoggiarono alle sue, togliendogli il fiato.
La lingua si infilò veloce dentro
la sua bocca, esplorandone e riconoscendone ogni angolo.
Quando Mycroft uscì dalla sala da
pranzo, vide la porta di casa spalancata.
Il vano della porta incorniciava
John e Sherlock che si stavano baciando.
Nota dell’autrice
Red.
Rosso.
Rosso come la passione.
Rosso come l’amore.
Il titolo allude al nascere ed al
crescere del rapporto fra John e Mycroft.
Volevo specificare, anche se
probabilmente non ce ne è bisogno, che la parte in corsivo di Mycroft vuole
solo far capire che gli scrupoli li ha anche il Signor Ghiaccio-Governo
Inglese.
Lui capisce perfettamente che si
sta infilando in un guaio enorme, ma si lascia trascinare dai sentimenti, come
un normale essere umano.
Spero che la storia vi stia
piacendo, però avverto che nel prossimo capitolo l’angst la farà da padrone.
Lettore avvisato …
Aspetto i vostri commenti!!
A lunedì J