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Autore: mikimac    11/06/2015    2 recensioni
Sherlock si è lanciato dal tetto del Bart's, fingendo il proprio suicidio,
Prima di partire per la sua missione e distruggere l'organizzazione di Moriarty, Sherlock confessa a Mycroft di amare John e gli fa promettere di prendersi cura di lui, fino al suo ritorno.
Mycroft prende la propria promessa così sul serio, che si innamora lui stesso di John.
Genere: Angst, Drammatico, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Slash | Personaggi: John Watson, Mycroft Holmes, Sherlock Holmes
Note: Missing Moments, What if? | Avvertimenti: Triangolo
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A Study in Red

Bentornati!

Grazie a chi sta leggendo questo racconto.

Grazie a lululove2 e ad AkaNagashima che hanno lasciato un commento allo scorso capitolo.

Grazie a tutti quelli che si sono segnati la storia.

Buona lettura! J

 

 

A Study in Red

 

 

Erano entrati nella stanza da letto di Mycroft tenendosi per mano e si erano tolti i vestiti reciprocamente.

Era stato uno spogliarsi lento, quasi un timido scoprirsi ed ammirarsi.

Si erano guardati a lungo negli occhi, prima che Mycroft baciasse di nuovo John.

Subito dopo l’inizio del bacio, le mani avevano cominciato a scorrere sui corpi.

Mycroft poteva sentire il corpo di John tremare leggermente sotto il suo tocco.

Spinse gentilmente John verso il letto, facendolo sdraiare.

John era ad occhi chiusi.

La mente continuava a riportarlo al Bart’s, alla notte prima che Sherlock si suicidasse.

Era con Sherlock che stava facendo l’amore, non con Mycroft.

È sbagliato! – gli urlava una parte di lui – Non ami Mycroft! Lo stai solo usando per non sentirti solo!”

Spalancò gli occhi:

“Fermati. – bisbigliò, allontanando Mycroft da sé – Mi dispiace. Mi dispiace.”

Mycroft si spostò di fianco a John, che si portò le mani al viso.

“Mi dispiace. – continuava a dire – Non avrei dovuto permettere che accadesse. Mi dispiace.”

John si mise a sedere, sempre con le mani sul volto.

Mycroft si sedette accanto a lui.

Stava per allungare una mano per consolare John, ma si rese che una parola od un gesto sbagliati avrebbero mandato in pezzi il dottore.

“Maledetto idiota che non sei altro, Mycroft! – si disse Holmes – Non basta quello che gli ha fatto Sherlock! Ora ti ci metti anche tu a ferirlo e a confonderlo!”

John si voltò verso Mycroft. Non lo aveva mai visto tanto vulnerabile.

“Mi dispiace. – disse ancora – Io … non volevo ferirti … è stato un periodo così difficile …”

“John è tutto a posto.” Mycroft gli sorrise rassicurante.

“No, non va bene. – ribatté John con stizza – Non è tutto a posto. C’è una cosa che non sai.”

“So che sei etero. – lo interruppe Mycroft – Non avrei dovuto obbligarti a …”

“Non mi hai obbligato. – interloquì John – E non si tratta di quello. Ho già fatto l’amore con un uomo. Una volta … una sola volta.”

John distolse lo sguardo da Mycroft.

Sentiva le lacrime pungere gli occhi, ma non voleva piangere.

Non aveva mai pianto per Sherlock.

Non avrebbe cominciato quella notte.

In quella stanza.

Davanti a Mycroft.

Mycroft si sentì morire dentro.

Sapeva perfettamente cosa stesse per raccontargli John ed avrebbe voluto interromperlo, dirgli che sapeva già tutto e che non era necessario che riaprisse quella ferita, se mai si fosse chiusa.

Se gli avesse detto questo, però, avrebbe dovuto rivelargli che Sherlock fosse vivo e che stesse distruggendo l’organizzazione di Moriarty, per proteggerlo, per poter tornare da lui e vivere insieme.

Per sempre.

Mycroft non poteva farlo.

Si disse che doveva proteggere Sherlock, tenere segreto che fosse vivo perché solo così avrebbe potuto agire nell’ombra, correndo meno rischi.

Se John sapesse che Sherlock è ancora vivo, lo aspetterebbe e non accetterebbe di essere amato da nessun altro. – sussurrò una vocina nel profondo di Mycroft – Te incluso. Devi rinunciare a John. Non lo meriti. John ama Sherlock.”

“Ho fatto l’amore con Sherlock. – continuò John, parlando con voce stanca, come se stesse guardando, per l’ennesima volta, la stessa lontana e dolorosa scena – La notte prima che si buttasse dal tetto del Bart’s. Gli ho detto che lo amavo. E lui si è ucciso.”

Mycroft sobbalzò. Si rese conto che nella mente di John le due azioni erano consequenziali: lui aveva fatto l’amore con Sherlock e per questo suo fratello si era ucciso.

Per la prima volta, intuì quanto dovesse essere profondo e lacerante il dolore di John.

“Non è stata colpa tua!” disse con voce strozzata.

“Non avrei dovuto innamorarmi di lui. – mormorò John – Io distruggo tutto quello che tocco.”

“Non è vero. – Mycroft afferrò John per le spalle – Non è assolutamente colpa tua. Credimi. Sherlock era mio fratello. Io so che non è stata colpa tua e tu devi credermi.”

Mycroft avrebbe dato tutto per poter dire la verità a John, per non vederlo soffrire così tanto.

“Stare con te mi fa sentire bene. – sospirò John – Era da tanto tempo che non mi sentivo così in pace e vivo. Quando Sherlock si è ucciso, si è portato via una parte di me. In questo ultimo anno, mi sono lasciato vivere, trasportare dalla vita quotidiana, senza in realtà parteciparvi. Respirare, mangiare, dormire erano solo un’abitudine, una routine a cui mi sono abituato per espiare la mia colpa.”

“Quale sarebbe la tua colpa?” chiese Mycroft senza fiato.

“Ho lasciato che Sherlock si uccidesse. – sussurrò John – Non sono riuscito a salvare la persona più importante della mia vita. Non sono riuscito ad impedirgli di autodistruggersi, malgrado gli avessi detto di amarlo. Che razza di persona sono, se non riesco a proteggere chi amo?”

Mycroft fissò gli occhi azzurri di John, quell’azzurro così profondo, così colmo di dolore.

“Sei una persona meravigliosa, John. – rispose in tono deciso – E non sei responsabile delle scelte degli altri. Non è giusto che tu ti punisca perché Sherlock ha deciso di saltare dal tetto del Bart’s. Nessuno è mai riuscito ad impedire a mio fratello di fare quello che voleva.”

John si chiese cosa avrebbe pensato Sherlock se avesse saputo che stava pensando di fare l’amore con il suo arcinemico.

John sorrise.

Sherlock ne sarebbe stato sconvolto e scandalizzato.

John poteva vederne chiaramente l’espressione allibita e disgustata.

Sherlock, però, era morto.

John si era reso conto che con Mycroft aveva trovato un proprio equilibrio ed una serenità che non provava da molto tempo.

Era giunto il momento di andare avanti.

Sherlock non avrebbe approvato la persona, ma avrebbe capito il perché.

John avvicinò il viso a quello di Mycroft e lo baciò, dolcemente e brevemente, sulle labbra.

Si ritrasse e rimase in attesa. Mycroft non disse nulla.

“Vuoi ancora fare l’amore con me, anche se sono stato con Sherlock?” chiese John titubante.

Sei un bastardo. – disse la voce nel profondo di Mycroft – Stai approfittando del suo dolore. Digli la verità!”

“Non è colpa di nessuno se mi sono innamorato di te. – rispose Mycroft – Sherlock non è qui. Noi sì.”

“Dovrai avere tanta pazienza con me. – John gli fece un sorriso timido – Non so bene cosa provo per tutto questo e non voglio ferirti. Voglio fare l’amore con te, Mycroft, ma ho paura di farlo per il motivo sbagliato. Non voglio che tu ti senta usato per superare un brutto momento.”

“Non ti preoccupare per me. – ribatté Mycroft – Io non mi sentirò usato. Voglio solo che tu sia convinto di quello che stai facendo. Nessuno ha la sfera di cristallo per sapere cosa accadrà in futuro. Ti posso assicurare, però, che non ti farò una colpa di nulla.”

Certo che non gli farai una colpa, carogna! – sbottò la voce nel profondo di Mycroft – Sarà lui ad odiarti quando scoprirà tutto. Perché lo scoprirà, lo sai, vero? Sherlock tornerà e John preferirà lui a te. John ama Sherlock! Fermati, finché sei in tempo. Ti fai trasportare dai sentimenti proprio tu, Signor-I-Sentimenti-Non-Sono-Un-Vantaggio?”

“So cosa sto facendo. – lo rassicurò John – Voglio essere assolutamente sincero con te. Quando ti guardo, ci sono volte in cui vedo Sherlock. È questo che mi fa paura. Sto bene con te, sono sereno come non lo ero da tanto tempo. E mi sembra di poter ricominciare a vivere. Tu sai cosa io abbia passato, non ho bisogno di darti spiegazioni. So di potermi fidare di te. È di me che non mi fido del tutto. Ho paura di usarti come sostituto, capisci? E non sarebbe giusto nei tuoi confronti.”

“Siamo due adulti che iniziano una relazione. – gli disse Mycroft – Potrebbe andare bene. Potrebbe andare male. Questo lo sapremo solo se proveremo. L’unica cosa che penso che sarebbe ingiusta per entrambi, sarebbe avere il rimpianto di avere rinunciato a tutto per paura di farlo per il motivo sbagliato. Io ti amo. Per me è difficile ammetterlo, ma è così. Tu senti qualcosa per me?”

John fissò Mycroft negli occhi per qualche secondo.

Con la mente tornò all’immagine di Mycroft che accarezzava i bambini dell’orfanotrofio ed alla tenerezza che aveva provato in quel momento.

Sorrise:

“Ho paura a definirlo amore, ma decisamente mi piaci.”

John smise di parlare e si avvicinò ancora al viso di Mycroft, che gli bisbigliò in un orecchio:

“Mi prenderò sempre cura di te, John. Io ci sarò sempre. Ti risponderò ogni volta che chiamerai.”

John appoggiò le proprie a labbra a quelle di Mycroft.

Il loro bacio, stavolta, fu più profondo ed intenso.

Le carezze si fecero sempre più audaci.

Quando Mycroft prese John, lo fece con delicatezza e tenerezza, come se stesse maneggiando un oggetto fragile.

 

 

Mycroft stava dormendo.

John era stato svegliato da un incubo.

Impiegò qualche minuto per capire dove si trovasse e che le braccia di Mycroft lo stessero abbracciando.

John sentiva un’angoscia profonda.

Non ricordava l’incubo, ma il senso di perdita che ancora gli attanagliava il cuore lo faceva stare male.

Si alzò dal letto, cercando di non svegliare Mycroft.

“Dove stai andando?”

John sobbalzò. Si voltò verso Mycroft, sorridendo:

“Non volevo svegliarti. Andrei a casa.”

Mycroft aprì gli occhi e si appoggiò su un gomito:

“Perché vuoi andare a casa?”

“Domattina … anzi no stamattina … sono di servizio al pronto soccorso.”

“Lavori troppo. – sentenziò Mycroft – Comunque, cosa c’entra il lavoro con il fatto che vai a casa?”

“Devo fare una doccia … cambiarmi …”

“Solo questo?” domandò Mycroft osservando il volto di John.

Watson sospirò:

“Mi sembra strano passare tutta la notte qui.”

Mycroft sorrise:

“Faccio alzare il mio autista, così ti porta a casa.”

“Non è necessario. – protestò John – Posso chiamare un taxi.”

Mycroft si era alzato ed aveva già infilato la vestaglia:

“A quest’ora non mi fido di nessuno. Voglio che arrivi a casa sano e salvo.”

“Va bene. – si arrese John – Non credo di avere molte possibilità di spuntarla con te, vero?”

“Assolutamente nessuna! – sentenziò Mycroft con un sorriso malizioso – Ricordatelo bene, per il futuro.”

John scosse la testa:

“In che guaio mi sono andato a cacciare. – disse in tono scherzoso – Mi sono scelto un tiranno.”

Si scambiarono uno sguardo complice e si misero a ridere.

A Mycroft piaceva la risata di John.

Dolce, intima e luminosa.

Come lui.

“Tu cosa farai?” chiese John.

“Nulla di che. – rispose Mycroft – È domenica ed anche le cospirazioni internazionali riposano. Penso che passerò la giornata a mandare messaggi al mio dottore preferito.”

John stava finendo di vestirsi:

“Stai scherzando, vero? – chiese sorpreso – Questa è roba da sedicenni!”

Mycroft sollevò le spalle:

“Siamo innamorati, quindi siamo dei sedicenni, per definizione.”

John lo fissava allibito.

“E ti conviene rispondermi sempre, dottore. – concluse Mycroft in tono di finta minaccia – Perché, se non lo farai, ti manderò una squadra speciale per controllare cosa tu stia facendo di più importante che pensare a me.”

 

 

Arrivato a casa, John era riuscito a riprendere sonno ed aveva dormito alcune ore prima che suonasse la sveglia.

Stava facendo la doccia, quando sentì suonare il cellulare.

Finì di lavarsi ed andò a leggere i due messaggi che aveva ricevuto:

 

[7.00] Cosa stai facendo? MH

[7.03] Se non rispondi subito, ti mando la squadra speciale. MH

 

John sorrise:

 

[7.05] Stavo facendo la doccia. JW

[7.06] Nudo? MH

[7.08] No. Faccio la doccia vestito per lavare anche gli abiti e risparmiare acqua ed energia elettrica. JW

[7.12] Sei un bravo cittadino, ma avrei preferito che mi avessi risposto che facessi la doccia nudo. Mi sarei offerto di venirti a lavare la schiena. MH

[7.13] Ed anche altre parti. MH

[7.14] Hai mai fatto sesso sotto la doccia? MH

[7.15] Non ti facevo così passionale. JW (cancellato)

[7.16] Non pensavo che avessi certe fantasie. JW (cancellato)

[7.18] Devo andare a lavorare. Mi stai facendo far tardi. JW

[7.23] Il tuo turno di servizio inizia alle 8. Impieghi 10 minuti a piedi per arrivare in ospedale, fermandoti anche a prendere un the da asporto nel bar all’angolo della tua via. Di solito arrivi con mezz’ora di anticipo. Se anche per un giorno arrivi con qualche minuto di ritardo, non succede nulla. MH

 

John fissò l’ultimo messaggio tra l’arrabbiato ed il divertito:

 

[7.25] Sai troppe cose di quello che faccio. Smettila di farmi sorvegliare. JW

 

Mycroft lesse il messaggio di John aggrottando la fronte, perché il dottore sembrava irritato:

 

[7.27] Lo faccio solo perché ti amo. MH (cancellato)

[7.28] Mi prendo cura di te. MH (cancellato)

[7.31] Penso alla tua sicurezza, visto che tu sei così incosciente da metterti in situazioni pericolose senza pensarci troppo. MH (cancellato)

[7.33] Le vecchie abitudini sono dure a morire. MH

[7.37] Sto uscendo. JW

[7.39] Ti manderò un messaggio allo scoccare di ogni ora. Ti lascio 5 minuti per rispondermi, prima di mandare l’esercito. MH

[7.41] Ti risponderò. Giusto perché non vorrei che mandassi veramente l’esercito. JW

 

[8.00] Hai preso servizio. MH

[8.05] Sto medicando un bambino. JW

 

[9.00] L’infermiera bionda è molto carina. Devo esserne geloso? MH

[9.01] Quale infermiera bionda? JW (cancellato)

[9.02] È la mia amante segreta. JW (cancellato)

[9.06] C’è stato un grosso incidente e stanno arrivando molti feriti. Ti mando un messaggio quando posso. JW

 

[13.30] È stata una mattina difficile. Non mi abituerò mai alla morte. JW

 

[15.00] Va tutto bene? Devo mandare l’esercito? JW

 

 [17.00] Non voglio sembrare appiccicoso, ma avevi detto che avresti mandato un messaggio all’ora. JW (cancellato)

 

[18.25] Ti prego. Non essere morto. JW (cancellato)

 

 

John era tornato a casa. Era seduto sul divano, con il cellulare in mano.

Non sapeva cosa pensare.

Erano ore che Mycroft non rispondeva ai suoi messaggi.

Valutò se telefonargli, ma decise di non farlo.

Non erano ragazzini.

Se non aveva risposto, doveva esserci un motivo serio.

Era un uomo impegnato.

Mycroft era il governo inglese.

“Dio fa che non sia morto. Ti prego. Prendi me, ma smetti di portarmi via tutti quelli che mi stanno intorno.”

 

 

Era quasi mezzanotte, quando John sentì bussare furiosamente alla porta.

Andò ad aprire e si trovò davanti Mycroft:

“Mi dispiace. – gli disse addolorato – C’è stato un problema e non sono stato raggiungibile tutto il giorno. Non ho potuto avvisarti …”

John lo abbracciò.

Lo fece con una forza tale, che Mycroft faceva quasi fatica a respirare, ma non protestò.

Aveva notato quanto John fosse pallido.

Non riusciva ad immaginare cosa avesse pensato per il fatto che non gli avesse mai risposto.

Lo sentì sussurrare:

“Grazie per essere vivo.”

Rimasero così, sulla porta.

Mycroft non osava parlare.

John lo teneva stretto a sé.

“Ti amo, Mycroft. Resta con me stanotte. – disse finalmente John – Non te ne andare.”

“Non andrò da nessuna parte.”

Mycroft entrò. Si sedettero sul divano, abbracciati.

John si addormentò fra le braccia di Mycroft.

Quella notte non ebbe incubi.

 

 

Da sei mesi John e Mycroft uscivano insieme e si vedevano regolarmente, come una coppia.

John si era abituato al fatto di avere una relazione stabile con un uomo.

Ognuno dei due, continuava a vivere a casa propria, anche se avevano portato a casa dell’altro qualche cambio, per quelle notti che decidevano di trascorrere insieme.

Era l’anniversario dei loro primi sei mesi insieme e Mycroft aveva deciso di portare John fuori a cena.

Poco prima del dolce, gli consegnò un piccolo pacchetto regalo.

John lo studiò a lungo, rigirandoselo fra le mani.

“Giuro che, se lo apri, non esplode.” disse Mycroft, sorridendo.

“Non stavo pensando a quello. – ribatté John con un certo imbarazzo – Non ti ho preso nulla.”

Mycroft spostò una mano come se stesse cacciando una mosca:

“Non ti preoccupare. Apri il mio pacchetto.”

John scartò il regalo e si trovò davanti una chiave.

Alzò uno sguardo interrogativo su Mycroft:

“Penso che sarebbe ora che tu ti trasferissi definitivamente da me.” spiegò Mycroft.

John lo fissava sbigottito:

“Non ho parole. – mormorò – Non so cosa dire.”

Mycroft si fece più vicino:

“Dì solo sì.” sussurrò.

John posò la scatolina sul tavolo:

“Non ti offendere, ma ho bisogno di pensarci. – disse John – Sarebbe un passo enorme, capisci?”

Mycroft si allontanò e sorrise:

“So che ti ho colto di sorpresa. Prenditi tutto il tempo che ti serve per decidere. Non ti metterò mai fretta, John, né ti obbligherò mai a fare qualcosa che tu non voglia. Però, pensaci.”

 

 

Trascorsero un paio di settimane senza che John desse una risposta né Mycroft ne pretendesse una.

 

[20.51] Sei in casa? JW

[20.52] Sì, certo. Vuoi venire qui? MH

[20.53] Sei solo? JW

[20.54] Sono solo. Puoi venire tranquillamente. MH

[20.55] Sono già qui fuori. Volevo provare la chiave. JW

 

Mycroft sentì il cuore accelerare i battiti.

 

[20.56] Provala. MH

 

Pochi secondi dopo, Mycroft sentì il rumore di una chiave che girava nella serratura d’ingresso, seguito da quello di passi esitanti.

Si alzò dalla poltrona, guardando verso la porta del salotto.

“La chiave funziona bene.” disse John con un certo imbarazzo.

Aveva una valigia. La appoggiò a terra e si diresse verso Mycroft:

“Ho portato qualche altro vestito. – continuò – Ho pensato che potrei trasferirmi da te, ma tenere ancora l’appartamento.”

“Vuoi tenerti una via di fuga.” gli sorrise Mycroft.

“No. – ribatté John – Tu viaggi per lavoro ed io non so se mi sentirei a mio agio a vivere qui, quando non ci sei. Ho bisogno di tempo per abituarmi a questo, capisci?”

Mycroft colmò la distanza fra loro e lo baciò sulle labbra:

“L’unica cosa che conta è che tu sia nella mia vita. – rispose – Dove vivrai, ha un’importanza relativa.”

 

 

Trascorsero circa altri sei mesi.

John si era trasferito a vivere da Mycroft, ma tornava nel suo appartamento quando faceva il turno di notte o quando Mycroft andava all’estero per qualche missione.

Una sera, dopo cena, John e Mycroft erano seduti in salotto a leggere il giornale.

John ripiegò il giornale e lo appoggiò al tavolino:

“Ho bisogno di parlarti.”

Il tono di John era molto serio e Mycroft si preoccupò.

Erano alcuni giorni che John si comportava in modo strano.

Nell’ultima settimana aveva dormito più spesso nel suo appartamento che a casa di Mycroft.

E Holmes sapeva che non era stato per motivi di servizio.

Quando gli aveva chiesto spiegazioni, John era stato molto evasivo.

Mycroft era sicuro che John volesse dirgli che non lo amava più e che voleva lasciarlo.

Forse si era persino innamorato di qualcun altro.

O di una donna.

Mycroft non voleva sentirselo dire:

“È una cosa molto lunga? – chiese – Devo tornare in ufficio.”

John sembrò valutare la situazione:

“È una cosa complicata, più che lunga. – rispose – Ne parliamo domani, va bene?”

Mycroft assentì e se ne andò in ufficio.

Seduto alla scrivania, in attesa che Anthea arrivasse a fargli rapporto, Holmes iniziò a pensare.

È stupido rimandare il discorso. – disse la voce nel profondo di Mycroft – Se John ti vuole lasciare, il dolore per la sua perdita non sarà minore se lo rimandi di qualche giorno. Inoltre, Sherlock sta per tornare. Ha terminato la sua missione e la squadra di recupero partita oggi lo riporterà a casa al massimo in un paio di settimane. Allora ti troverai ad affrontare le menzogne che hai raccontato alle due persone più importanti della tua vita. In questi due anni, a Sherlock hai sempre detto che ti stavi prendendo cura di John, evitando accuratamente di dirgli che ti sei innamorato di lui. Mentire per cellulare, però, è molto facile. E John? Come reagirà John quando scoprirà tutto? Quando capirà cosa gli abbiate fatto tu e Sherlock? Soprattutto tu.

Però Mycroft non riusciva a trovare il coraggio di affrontare John.

Questa vigliaccheria emotiva lo faceva arrabbiare perché non l’aveva mai provata prima.

Era anche vero, però, che era la prima volta che si innamorava così profondamente.

I sentimenti non sono un vantaggio. – sussurrò la voce del profondo – Però, esistono e nessuno ne è immune. Tu pensavi di riuscire ad controllarli, ma, alla fine, i sentimenti ti hanno trovato e ti hanno dimostrato che sei debole e vulnerabile come tutti gli altri. La cosa peggiore, in tutto ciò, è che a pagare il prezzo più alto per i tuoi errori sarà anche l’unica persona completamente innocente, in questa storia. John avrà il cuore fatto a pezzi. E nessuno potrà evitarlo.”

Avrebbe preferito mille volte di più un attacco terroristico o lo scoppio della terza guerra mondiale, piuttosto che perdere John o vederlo soffrire.

Soprattutto per colpa sua.

 

 

Trascorse una settimana e Mycroft rientrò una notte, trovando John ancora sveglio, che lo stava aspettando:

“Non ho sentito dire che stia scoppiando la terza guerra mondiale.” Lo accolse arrabbiato.

Mycroft si spogliò e si infilò a letto:

“Non tutto quello che succede nel mondo arriva ai giornalisti.” ribatté in tono secco.

“È un caso che questo problema mondiale sia iniziato la sera in cui ti ho detto che avevo bisogno di parlarti?” puntualizzò John con lo stesso tono.

Mycroft rispose con un grugnito:

“Ora sono stanco. Possiamo rinviare a domani?”

“E domani che scusa troverai?” sbottò John, scendendo dal letto.

“Dove stai andando?” chiese Mycroft in tono aggressivo.

“Dove vuoi che vada? – ribatté John con voce esasperata – Vado a casa mia!”

“Ah, ecco perché hai tenuto l’appartamento. – lo accusò Mycroft – Puoi portarci la tua amante senza problemi.”

John si bloccò e si girò verso Mycroft guardandolo sorpreso:

“Davvero? Mi fai sorvegliare e pensi che io abbia un’amante?”

“Sai di essere sorvegliato, quindi puoi eludere la sorveglianza. – rispose Mycroft – Non sarebbe la prima volta.”

“Sei geloso?” domandò John con un sorriso divertito sulle labbra.

“Non essere ridicolo!” sibilò Mycroft incrociando le braccia sul petto, offeso.

John si sedette sul bordo del letto:

“Tu lo sai che ti amo, vero Mycroft?” chiese dolcemente.

Mycroft sbuffò.

John si allungò sul letto e lo baciò sulle labbra.

Mycroft rispose al bacio.

Quando si separarono, John mormorò:

“Sai che sei tenero, quando fai il geloso?”

Mycroft fece finta di essere arrabbiato:

“Non insultarmi.” Ringhiò.

Si vedeva chiaramente, però, che gli occhi stavano ridendo:

“Non vuoi lasciarmi, allora?” domandò con una certa apprensione nella voce.

“Non so da dove ti sia venuta questa idea. – sospirò John, scuotendo la testa – Non ho alcuna intenzione di lasciarti. Tu mi rendi felice.”

“Credi che non sappia di tutte quelle infermiere che ti mangiano con gli occhi? – chiese Mycroft tra il serio ed il faceto – Non ci vuole molto a giungere alla conclusione che siano più belle di me.”

“Su questo non ci sono dubbi. – rispose John – Come donne sono decisamente più belle di te.”

Mycroft fissò John negli occhi:

“Mi stai prendendo in giro?” domandò in tono minaccioso.

“Sì.” rispose John con un sorriso malizioso.

Si allungò e ricominciò a baciare Mycroft.

John decise che avrebbe parlato con Mycroft il giorno dopo e si lasciò amare con tenerezza e passione.

 

 

La mattina dopo, John e Mycroft non sentirono la sveglia:

“Arriverò in ritardo in ospedale.” brontolò John, bevendo velocemente una tazza di the.

“Non dovevamo parlare?” chiese Mycroft.

“Sì. – rispose John, dandogli un bacio veloce sulla bocca – Stasera. Ora devo andare.”

“Anche io ho bisogno di parlarti.” Disse Mycroft con uno strano tono.

John lo guardò perplesso:

“Vuoi che chiami in ospedale per dire che farò tardi?”

“No. Stasera andrà bene. – rispose Mycroft – È una cosa lunga ed avremo bisogno di calma e tempo.”

“Devo essere preoccupato?” chiese John aggrottando la fronte.

“Stai facendo tardi.” Gli sorrise Mycroft.

John stava per ribattere, quando il campanello si mise a suonare insistentemente.

“Apro io mentre vado. A stasera.” disse John correndo verso la porta.

Quando spalancò l’uscio, si bloccò sull’ingresso a bocca aperta.

Davanti a lui c’era un uomo alto, moro, molto magro, chiuso in un cappotto lungo e nero, con il collo alzato.

I capelli, neri, ricci e troppo lunghi, erano disordinatamente ordinati.

Gli occhi azzurri color del ghiaccio gli sorrisero felici.

La mani, dalle dita lunghe ed affusolate, gli presero il volto.

Labbra sottili e fredde, bramose di baciarlo, si appoggiarono alle sue, togliendogli il fiato.

La lingua si infilò veloce dentro la sua bocca, esplorandone e riconoscendone ogni angolo.

Quando Mycroft uscì dalla sala da pranzo, vide la porta di casa spalancata.

Il vano della porta incorniciava John e Sherlock che si stavano baciando.

 

 

Nota dell’autrice

 

Red.

Rosso.

Rosso come la passione.

Rosso come l’amore.

Il titolo allude al nascere ed al crescere del rapporto fra John e Mycroft.

 

Volevo specificare, anche se probabilmente non ce ne è bisogno, che la parte in corsivo di Mycroft vuole solo far capire che gli scrupoli li ha anche il Signor Ghiaccio-Governo Inglese.

Lui capisce perfettamente che si sta infilando in un guaio enorme, ma si lascia trascinare dai sentimenti, come un normale essere umano.

 

Spero che la storia vi stia piacendo, però avverto che nel prossimo capitolo l’angst la farà da padrone.

Lettore avvisato …

 

Aspetto i vostri commenti!!

 

A lunedì J

 

   
 
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