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Autore: ZiamIsBrave    11/06/2015    4 recensioni
Liam/Zayn | 10k parole | TW: bullismo
La vita di un bambino può essere difficile, e questo Liam lo sapeva bene. Costretto ad alternare visite mediche e continui trasferimenti, era convinto che non sarebbe mai riuscito a farsi un amico. O almeno, questo era quello che credeva prima di incontrare Zayn.
Genere: Angst, Introspettivo, Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, Liam Payne, Un po' tutti, Zayn Malik
Note: AU | Avvertimenti: Tematiche delicate, Violenza
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DISCLAIMER:
Con questo mio scritto, pubblicato senza alcuno scopo di lucro, non intendo dare rappresentazione necessariamente veritiera di carattere, personalità, scelte o preferenze sessuali e non delle persone presenti o nominate all'interno della storia, nè offenderle in alcun modo



dedicata a Babbie, senza la quale questa storia non sarebbe mai esistita
 


Never Let Me Go

 


“Come mai sei qui da solo?”
Il bambino dalla pelle chiara sussultò. Si portò le mani al viso, cercando di asciugarsi con le maniche della maglietta le lacrime che gli avevano rigato le guance e che non sembravano accennare a smettere.
“Perché piangi? Tutti gli altri di là stanno ridendo...”
Tirando su col naso, solo allora alzò la testa. Due occhi nocciola lo scrutavano con aria curiosa.
“N-non sto piangendo...” sbottò, distogliendo nuovamente lo sguardo. “C'è vento, e... mi è entrato qualcosa nell'occhio, tutto qui!”
“Non hai un amico?”
Il bambino si morse il labbro inferiore. Fece una smorfia che pareva quasi di dolore, lasciando che le sue braccia si avvolgessero intorno al proprio corpo.
“Io...”
“Ecco! Posso essere io tuo amico!”
Portò di nuovo gli occhi increduli sul viso del bambino dai capelli neri, che lo guardava ora con un largo sorriso. Gli stava tendendo la mano. Per qualche istante lo squadrò con sospetto, come se temesse che da un momento all'altro potesse scappare via ridendo, ammettendo di averlo solo preso in giro. Ma poi la sua pallida mano si mosse tremante su quella dell'altro, di colorito più scuro, che subito la afferrò con una risatina soddisfatta.
“Come ti chiami?”
“Io... sono Liam...” rispose piano.
“Che bel nome!” fece l'altro bambino, sedendosi di fianco a lui.

“Io sono Zayn!”

 

~


Liam Payne non aveva mai goduto di buona salute. Essendo nato in anticipo di ben tre settimane, sin da quando era piccolo aveva sempre dovuto vivere facendo avanti e indietro tra casa e ospedale, per svolgere test su test. Il suo problema più grave era il fatto che uno dei suoi reni fosse danneggiato e non funzionasse bene, causandogli anche molto dolore.
Sebbene il primo dottore che l'aveva visitato avesse definito i suoi disturbi come cronici, senza possibilità di completa guarigione, i suoi genitori non si erano mai dati per vinti. Per questo, in maniera abbastanza regolare, la famiglia Payne si trasferiva, muovendosi in un'altra città, magari una rinomata per la bravura dei suoi medici, o la modernità delle strutture ospedaliere. Tutto per cercare di trovare una cura per Liam.
I suoi genitori non se ne rendevano conto. Loro pensavano di agire per il bene di loro figlio, ma con il tempo la situazione era diventata per lui peggiore di quanto potessero sospettare, e per ragioni ben diverse da quelle che erano convinti avrebbero rovinato la sua vita.
Liam era sempre stato un bambino allegro e socievole. Gli piaceva giocare, correre, per quanto glielo permettevano le sue condizioni, e quando la madre lo portava al parco quando era molto piccolo, passava tutto il tempo con gli altri bambini senza nessun problema, divertendosi un mondo.
Le cose, purtroppo, erano cambiate con gli anni. Ogni volta che il bambino passava abbastanza tempo in un luogo e riusciva a farsi degli amici là, subito era di nuovo ora di trasferirsi. A causa di tutto il tempo che passava chiuso all'ospedale, instaurare un rapporto era abbastanza difficile, e l'apprensione dei genitori, seppure comprensibile, rendeva ogni suo sforzo vano.
Le uniche presenze costanti nella sua vita a parte i genitori, le sue sorelle maggiori Nicola e Ruth, alle quali cercava di affidarsi per l'amicizia di cui aveva disperatamente bisogno, preferivano starsene per conto loro, tra ragazze, e per giunta non mancavano mai di lanciare occhiate velenose al loro fratellino ogni qual volta anche loro si ritrovavano costrette ad abbandonare le amicizie costruite faticosamente in una nuova città.
Ed alla fine, a quattro anni, Liam si era chiuso in se stesso. Ormai non provava nemmeno più a fare amicizia. Quando veniva portato all'asilo, o al parco, ormai passava la giornata seduto da una parte, da solo, semplicemente guardando in direzione degli altri bambini che giocavano, o mantenendo lo sguardo fisso davanti a sé come se non gli importasse nemmeno di quello.
Inoltra, il suo comportamento portava gli altri bambini a prenderlo in antipatia, a fargli dispetti, a prenderlo in giro o anche dargli soprannomi cattivi.
E questo lo faceva soffrire. Lo faceva soffrire tanto.
Fu nel bel mezzo di questa situazione, quando aveva cinque anni, che Liam incontrò Zayn per la prima volta.
Liam e la sua famiglia si erano appena trasferiti in una nuova città, chiamata Bradford. Ormai Liam non chiedeva più ai genitori di uscire. Tanto per lui era uguale rimanere a casa o andare fuori. Tuttavia, fargli prendere regolarmente aria fresca era sempre stata tra le raccomandazioni dei dottori, e dunque anche in questa nuova città capitava spesso che uscissero a fare delle passeggiate.
Il parco era un po' meglio dell'asilo. Lì, almeno, c'erano bambini di diverse età, e non riuniti nei gruppetti come capitava all'interno dell'atmosfera scolastica. Ma non importava, Liam aveva già smesso di provare ad avvicinarsi.
Notava gli sguardi degli altri bambini, non così diversi dopotutto da quelli che gli venivano riservati all'asilo. Lo guardavano storto, o ridacchiavano per via del suo sguardo spento che li rifuggiva. Magari pensavano già a qualche scherzo crudele a cui sottoporlo, a qualche nomignolo con cui chiamarlo.
Era un giorno d'estate, forse un po' più fresco del solito.
C'erano molti bambini a giocare nel parco. Li riusciva a vedere dalla sua posizione, rannicchiato contro un albero, mentre sua madre stava seduta poco lontano su una panchina. Era concentrato principalmente su un gruppo che era arrivato più o meno contemporaneamente a lui. Sembravano simpatici, ma non poteva saperlo. Non era sicuro di cosa stessero facendo. Correvano in giro, ridendo - forse giocavano ad acchiapparello? Ma non era rilevante per Liam. L'unica cosa importante era che avrebbe voluto giocare con loro, non poteva.
Di solito non aveva questa reazione, si limitava a rimanersene da solo per tutto il tempo a guardare, ma stavolta le lacrime avevano iniziato a scendere senza che lui se ne accorgesse. Si era messo a piangere in silenzio, portando le ginocchia al petto e nascondendo il viso contro di esse, non volendo che nemmeno la madre lo vedesse così. Non sarebbe stata in grado di consolarlo.
Solo dopo un minuto o due, finalmente era giunta alle sue orecchie quella voce, quell'accento particolare che gli avrebbe cambiato la vita e l'avrebbe accompagnato per tanto, tanto tempo.

 

~


Dal momento in cui Zayn entrò nella sua vita, non sembrò più volerne uscire.
A partire da quella giornata al parco, che avevano finito a passare parlando e passeggiando insieme fino a che non fu ora di tornare a casa, Zayn era sempre rimasto attaccato a Liam.
All'inizio fu solo al parco, dove era l'unico con cui parlava o giocava, ma conseguentemente ad un acuirsi delle cattive condizioni di salute di Liam che lo costrinse a doversi ricoverare di nuovo, iniziò a mostrarsi frequentemente anche all'ospedale, venendolo a trovare più spesso dei suoi genitori, a volte persino fuori dagli orari di visita.

“Non dovresti essere qui...” disse Liam con aria preoccupata, lanciando uno sguardo alla porta.
“Beh, volevo vederti!” Zayn ridacchiò, sedendosi sul bordo del letto d'ospedale. “Sta' tranquillo, mamma mi aspetta fuori! … Anche se non sa che l'orario di visita è già finito...” aggiunse in un sussurro, per poi ridacchiare di nuovo.
Liam si morse un labbro, ansioso. “Ma sarai nei guai... E se l'infermiera-...?”
Zayn portò un dito sulle labbra di Liam, zittendolo e sorridendogli allegramente.
“Non preoccuparti! Come stai oggi?”

Le lunghe giornate all'ospedale che in passato Liam aveva detestato, durante le quali non aveva avuto mai nulla da fare se non attendere passivamente che i dottori finissero di fare ciò che dovevano in modo da poter alla fine tornare a casa, incominciarono a colorarsi grazie alla presenza di Zayn.
I dottori e le infermiere che assistevano il bambino non avevano idea di essere i primi ad averlo mai visto sorridere all'interno di un ospedale.
Spesso, Zayn arrivava di primo pomeriggio e se ne andava la sera, nascondendosi dietro alla porta quando entrava qualcuno, e magari facendo facce buffe a Liam per farlo ridere. Ma quando erano da soli parlavano tutto il tempo. Fino ad allora, Liam non aveva mai nemmeno immaginato che potessero esistere così tante cose di cui parlare senza stancarsi o annoiarsi.
Apprese che Zayn aveva due sorelle: una più grande, Doniya, e una che avrebbe a breve compiuto un anno, Waliyha, e che erano uno dei suoi argomenti di conversazione preferiti. Aveva sempre un grande sorriso stampato in viso quando parlava della sorellina che pian piano imparava a fare qualcosa di nuovo, spesso vantandosi di essere stato lui ad insegnargliela. Si lamentava dei rimproveri che spesso riceveva invece da Doniya, ma Liam capiva benissimo che c'era tenerezza nelle sue lamentele, e che voleva un gran bene anche a lei.
Zayn gli parlò anche della sua passione per il disegno. A quanto pareva, se la madre non gliel'avesse espressamente proibito, avrebbe già ricoperto i noiosi muri bianchi della sua stanza con ogni genere di colore. A volte gli portava alcune delle sue opere, generalmente realizzate con matite o pastelli colorati su semplici fogli bianchi. Liam non sapeva molto di disegno, ma li trovava bellissimi.
Ogni tanto si sentiva un po' in imbarazzo. Il suo nuovo amico aveva così tante cose da raccontargli, mentre le uniche cose di cui sembrava saper parlare lui, specialmente all'inizio, erano i suoi problemi di salute, il fatto che la sua famiglia si spostasse di continuo per colpa sua, e le sue brutte esperienze con i compagni d'asilo e gli altri bambini in generale fino a quel momento.

“Lasciali perdere quegli scemi...” Zayn scosse il capo, aggrottando le sopracciglia e facendo spallucce. “Non capiscono niente!”
“Però...” Liam tirò su col naso. “Io cerco di ignorarli, ma sono loro che...” Fece una breve pausa. “E poi... mi piacerebbe tanto essere comunque loro amico...”
“Peggio per loro!” concluse Zayn. “Faremo in modo che ti basti io!” affermò, ridendo.

Dovette passare tutta la fine di Luglio e parte di Agosto in ospedale, e Zayn mancò di venirlo a trovare solo in situazioni particolari, come il primo compleanno della sua sorellina, il 23 luglio.
A Liam dispiaceva che il suo amico si perdesse il bel tempo fuori per stare chiuso con lui in una stanza come quella che puzzava di medicinali, e si preoccupava che i genitori dell'altro non approvassero, ma a quanto diceva Zayn, erano contenti che si fosse trovato un amico. Fu sorpreso di scoprire che l'altro bambino non era sempre così socievole con tutti, e che aveva solo una manciata di amici non troppo intimi.
I genitori di Liam non sapevano di Zayn, lui non gliene parlava. Era una reazione infantile, di cui probabilmente si sarebbe pentito in futuro e già se ne rendeva conto, ma dentro di sé non riusciva più a vedere i suoi genitori come figure positive. Ai suoi occhi, erano i principali artefici della sua situazione, e per questo non voleva condividere con loro probabilmente l'unica cosa positiva che gli fosse mai capitata.
Dopo che Liam fu dimesso dall'ospedale, i dottori consigliarono ai suoi genitori di farlo uscire meno di casa, il che gli suonava piuttosto grave, visto che le indicazioni dei medici fino a quel momento erano state l'esatto contrario.
Non pensava che nella sua vita avrebbe mai desiderato di tornare in ospedale, ma quella fu la sua reazione al sentire la notizia. Almeno in ospedale Zayn gli faceva compagnia, mentre ora non sarebbe potuto nemmeno andare al parco tanto spesso per vederlo. Non osava nemmeno chiedere ai suoi genitori se il suo amico, di cui non sapevano niente, potesse venire a trovarlo.
Ma quando un giorno trovò Zayn ad aspettarlo in camera sua, sorridente, dopo un'arrampicata su per il muro eterno che lo aveva portato a sgattaiolare all'interno dalla finestra, la sua presenza nella vita di Liam non fece che intensificarsi.
Fu così che il giorno del suo sesto compleanno, il 29 agosto, festeggiato come sempre a casa semplicemente coi genitori e le sorelle, Liam ebbe per la prima volta anche un amico con sé, che lo aspettava in camera sua dopo pranzo. Aveva appositamente fatto finta di volere un'altra fetta di torta da mangiare in camera, in modo da poterla offrire a Zayn, che era sicuro avrebbe trovato là.

“Buon compleanno, Liam” disse Zayn con un sorriso un po' imbarazzato e le mani dietro la schiena. “Uhm... Scusa, non ho potuto prenderti nulla di particolare, ma ti ho fatto questo...”
A Liam parve di scorgere un rossore sulle guance di Zayn quando il suo amico gli porse il disegno che stava tenendo nascosto. Non ci volle più di qualche secondo, una volta preso il foglio in mano, per capire che si trattava di loro due.
“So che non è un granché, ma-...”
Per la prima volta, fu Liam ad interrompere Zayn, gettandogli le braccia intorno per abbracciarlo forte.
“No, è bellissimo... Grazie...”

 

~


La notizia, seppure fosse un qualcosa che Liam si sarebbe dovuto aspettare, arrivò comunque come un fulmine a ciel sereno.
Si sentiva bene. La scuola era appena iniziata, e aveva scoperto di essere capitato nella stessa classe di Zayn. Ora lo poteva vedere davvero tutte le mattine, ed era sicuro di aver sorriso di più in quel breve periodo, che in tutti gli ultimi anni messi insieme. Con l'aiuto del suo amico, stava anche iniziando a tentare di aprirsi con altri bambini.
Ma quando, appena una settimana dopo l'inizio della scuola, si sentì così male da dover essere portato di nuovo all'ospedale, i suoi genitori non persero tempo prima di annunciargli che ancora una volta si sarebbero trasferiti. Quando era stato ricoverato, avevano detto che se ne sarebbe potuto andare la sera, ma vedendolo costantemente sul punto di svenire ogni volta che provavano ad alzarlo, decisero che sarebbe stato meglio fargli passare la notte là.
Era già tardi, probabilmente dopo le undici. La luce gli era stata spenta solo pochi minuti prima, perché i controlli si erano protratti più a lungo del solito. Liam, però, non riusciva a dormire: continuava a sudare freddo ed il suo respiro, sebbene calmatosi rispetto a prima, era ancora veloce e corto.
Naturalmente né i suoi genitori né i medici avevano collegato l'improvviso ulteriore peggioramento della sua condizione alla notizia che gli avevano riferito. Dopotutto si erano già trasferiti così tante volte, perché avrebbe dovuto essere uno shock per il bambino solamente questa volta? D'altronde, non sapevano di Zayn, di come tutto sembrava starsi aggiustando.
Liam chiuse gli occhi, una mano sulla fronte, mentre cercava in tutti i modi di rilassarsi. Voleva dormire. Almeno così non avrebbe pensato.
Invece, quella voce raggiunse le sue orecchie, facendogli subito aprire gli occhi.
“Liam?”
Il bambino girò la testa sul cuscino per guardare Zayn che, con sguardo preoccupato, era lì in piedi accanto al letto. Con un poco di sforzo, si mise a sedere, tenendosi la mano sulla fronte.
“Zayn... è tardi, che cosa ci fai qui...?” gli chiese debolmente. La voce tremava un po', e gli occhi erano arrossati.
“Perché stai così male?” fece Zayn di rimando, non rispondendo alla domanda ma avvicinandosi di più al letto e poggiando entrambe le mani sopra quella libera di Liam, che stava usando per sostenersi.
Liam abbassò lo sguardo e la mano, fissando il lenzuolo che gli copriva le gambe. “Ecco...” mormorò, per poi stringere forte il lenzuolo, mordendosi forte il labbro. “I miei genitori mi... mi hanno detto che presto noi... c-ci trasferiremo...”
Era la prima volta da quando gli era stato comunicato, che aveva detto quelle parole a voce alta. Sentirle pronunciare dalla propria voce spezzata le rese ancora più reali. Prima ancora che ebbe finito di dirle, le lacrime erano già apparse nei suoi occhi, e sentiva il cuore nel petto battere forte come un martello.
“M-ma io non voglio... Non voglio, non voglio, non voglio, non voglio, non voglio...!” Ormai il bambino aveva iniziato a piangere, stringendo la mano di Zayn come se allentando la presa il suo amico potesse scomparire sotto i suoi occhi. “Io non voglio... C-che cosa posso fare...?”
Liam rialzò lo sguardo per fissarlo su Zayn, come se il suo amico potesse realmente trovare una soluzione, un modo per rimettere a posto tutto, per farlo restare là con lui, l'unico luogo in cui sentiva di poter essere felice. Ma Zayn non aveva addosso il suo solito sorriso sicuro. Teneva lo sguardo basso, nascondendo la tristezza nei suoi occhi, e a Liam sembrò che il suo labbro inferiore stesse tremando leggermente.
“Zayn... Non voglio...”
“Non piangere” disse infine Zayn, stringendo la sua mano di rimando, mentre sollevava lo sguardo per incontrare i suoi occhi, un sorriso sul volto. “Non preoccuparti, io... troverò una soluzione! Quindi non piangere... Sorridi!”
Pur essendo un bambino, Liam sapeva che probabilmente le parole di Zayn non erano altro che un modo di consolarlo. Dopotutto, cosa potevano fare due bambini di sei anni per evitare una decisione degli adulti, già presa e stabilita?
“Riusciremo a stare insieme...” insistette Zayn con un sussurro, chiudendo gli occhi e poggiando la fronte contro quella di Liam, il cui pianto stava pian piano calmandosi.
E nonostante tutto, Liam volle crederci.

 

~


Liam non aveva mai sofferto durante i viaggi in auto, ma mentre sedeva nel sedile di dietro accanto alle sue sorelle e vedeva Bradford allontanarsi sempre più, si sentiva come se stesse per vomitare. Le sue sorelle chiacchieravano tra di loro, ignorandolo come al solito, e i suoi genitori discutevano sulla strada da percorrere, ma lui pensava solamente a Zayn, al fatto che non l'avrebbe sicuramente più rivisto, al fatto che quelle parole non erano state altro che un momentaneo modo di calmarlo, al fatto che forse Zayn non sarebbe stato influenzato dalla loro separazione tanto quanto lo era lui.
La nuova città non era male. Ma non c'era Zayn. E la nuova casa non sembrava male. Ma non c'era Zayn. Questi furono i primi pensieri che passarono nella testa di Liam una volta che furono scesi dalla macchina.
Ma nel momento in cui chiuse la porta della sua nuova stanza dietro di sé e alzò lo sguardo triste, non poté fare a meno di trasalire, e quasi gli venne da piangere quando vide Zayn, già lì fermo in mezzo alla stanza, che lo guardava con il suo solito sorriso.
Gli si lanciò subito addosso, stringendolo forte e ridendo, mentre nascondeva il suo volto e le lacrime di gioia che già gli scendevano sulle guance nell'incavo del collo dell'amico.
Si sentiva così felice. Zayn non aveva mentito, non erano state frasi di circostanza.
Erano davvero riusciti a stare insieme.

“Mi piace questa nuova casa” commentò Zayn, seduto sul letto di Liam mentre si guardava intorno, muovendo le gambe.
“Già. È più carina dell'altra!” rispose lui, sorridendo ed annuendo mentre iniziava a disporre ordinatamente le proprie cose nell'armadio.
Zayn lo guardò.
“Allora speriamo di non doverci più trasferire!”

Se Liam aveva iniziato ad essere felice da quando aveva incontrato Zayn, ora che aveva verificato che non avrebbe più perso il suo unico amico lo era ancora di più. Persino i suoi genitori iniziarono ad accorgersi di come loro figlio sorridesse e fosse allegro e di buon umore molto più spesso rispetto al passato. Pensarono fosse merito dell'aria che si respirava in questa nuova città. Forse gli faceva bene alla salute?
In più, anche il dottore che lo prese in cura notò che le condizioni del bambino non fossero gravi quanto precedentemente descritte dalla sua cartella. Certo, dava comunque il merito alle proprie cure, ma Liam era sicuro che in buona fosse Zayn a influenzare anche le sue condizioni fisiche, grazie alla felicità che gli faceva provare.
Chiaramente spesso aveva ricadute, e doveva sempre e comunque continuare con le medicine, anche in grandi quantità e più volte al giorno, ma l'umore di Liam non ne risentiva più di tanto, non quando aveva sempre Zayn al suo fianco, a consolarlo, a giocare con lui, a chiacchierarci, a tirarlo su e fargli forza quando il mal di testa o di pancia era forte, o si sentiva così stanco da non riuscire quasi nemmeno ad alzarsi in piedi.

“Dovresti dormire un po', sai?”
“Ma no, sei venuto a trovarmi...” La voce di Liam era stanca, mentre guardava Zayn, seduto sul bordo del letto d'ospedale, con gli occhi socchiusi.
Quello ridacchiò, per poi sporgersi e dargli un bacino sulla fronte. Gli prese la mano e la strinse, riscaldandola.
“Sarò ancora qui quando ti sveglierai!”

E non era una bugia: lui c'era sempre.
Ormai, Liam non era più disturbato dal pensiero di non avere nessun altro con cui parlare a parte Zayn. Zayn lo comprendeva, riusciva sempre a capire il suo umore prima che gliene parlasse, ed era sempre in grado di farlo stare bene, con ogni minima cosa che facesse o gli dicesse.
Un giorno, dopo che fu passato un po' di tempo, Liam decise che era giunto il momento di presentare Zayn ai suoi genitori.
Ciò che provava nei loro confronti, quella sorta di “odio” che un bambino può riversare su qualcuno soltanto per sentirsi meglio, per trovare qualcuno a cui dare la colpa di una situazione spiacevole, grazie al suo amico si era affievolito, e ora si sentiva abbastanza sicuro di sé per aprirsi a loro.
Fu durante un pranzo che per la prima volta il bambino si mise a parlare senza che gli fosse stata prima rivolta una domanda. E fu la prima volta che i suoi genitori e le sue sorelle sentirono parlare del suo migliore amico, Zayn.
Raccontò loro tutto di lui, tralasciando le parti che avrebbero potuto metterli nei guai, come le visite all'ospedale, o il fatto che lo venisse a trovare tutti i giorni a casa a loro insaputa. Sua madre e suo padre si mostrarono sorpresi, specialmente quando Liam disse loro che il suo amico si era trasferito appositamente da Bradford solo per stare insieme a lui. E, per la gioia di Liam, furono loro stessi a suggerire la possibilità di invitarlo a pranzo un giorno, per conoscerlo ufficialmente.
Quando Liam glielo comunicò, tutto contento, fu sorpreso di vedere il suo amico titubante. Certo, forse era stato influenzato dall'immagine un po' sfalsata che Liam gli aveva presentato dei propri genitori, ma Zayn non sembrava il tipo da farsi intimidire così. Si era aspettato un sorriso e un “Non vedo l'ora!”, invece il suo migliore amico annuì semplicemente, per poi cambiare discorso.
Decise coi suoi genitori che Zayn sarebbe stato invitato a pranzo il giorno dopo. A scuola, Liam non riusciva a stare fermo e calmo, con un sorriso che non accennava a sparire. Si girava tutto il tempo verso Zayn, eccitato all'idea che, una volta presentato il suo migliore amico ai suoi genitori e alle sue sorelle, tutto sarebbe migliorato ancora di più.
Quasi corse fuori dalla scuola, trascinandosi dietro l'altro bambino, quando la giornata scolastica fu finita. Individuò subito la macchina della madre, Nicola seduta davanti, e Ruth dietro.
“Mamma! Nicola, Ruth!” fece Liam allegramente, dopo aver aperto lo sportello dell'automobile. “Vi presento Zayn!”
Tre paia di occhi si girarono verso di lui mentre si sedeva al centro del sedile posteriore e Zayn gli si sedeva accanto con la stessa aria insicura e titubante che aveva avuto per tutta la mattinata.
Tutti rimasero in silenzio per qualche secondo. Liam notò gli sguardi delle sue sorelle e di sua madre che si muovevano tra lui e Zayn, e pian piano il suo sorriso scomparve.
“Uhm... Zayn, saluta...” fece poi, sforzando un sorrisino e lanciando un'occhiata al suo amico.
Quello si morse il labbro inferiore e ricambiò lo sguardo, prima di dire un “Ciao” fioco.
Le sopracciglia di sua madre si corrugarono, e lei lo osservò per ancora qualche secondo con uno sguardo che Liam non riuscì a decifrare.

 

~


Dire che Liam fosse rimasto deluso dalla reazione di sua madre e delle sue sorelle al conoscere Zayn sarebbe stato un eufemismo. Lei si era limitata ad abbozzare un sorriso ed annuire, per poi girarsi nuovamente verso la strada e far partire il motore. Nicola aveva fatto spallucce, mentre Ruth aveva ridacchiato e durante tutto il tragitto non aveva fatto altro che muoversi sul sedile, spingendo Liam verso la parte dove si trovava Zayn, dicendo che le stava rimanendo troppo appiccicato e stava usando troppo spazio inutilmente.
Il suo amico aveva l'aria mortificata, ma non sembrava sorpreso quanto Liam. Forse aveva già rimuginato sull'eventualità di non piacere alla sua famiglia? Il viaggio in macchina, che il bambino aveva sperato potesse essere allegro e piano di domande, fu silenzioso come al solito.
La situazione non migliorò una volta che furono arrivati a casa. La reazione di suo padre quando gli fu presentato Zayn fu simile a quella della madre, ma aveva un'espressione simile a quella che usava quando lo sgridava. Sua madre, però, lo trascinò via verso la cucina con un sorrisetto nervoso prima che potesse dire qualunque cosa, suggerendo ai bambini di mettersi a giocare o qualcosa del genere.
Liam aveva sperato che magari le sue sorelle volessero giocare con lui e Zayn, ma come al solito se ne rimasero tra loro, andando a chiacchierare nella loro stanza e lasciando i due bambini soli in salone.
“Li odio...” borbottò Liam, incrociando le braccia sul petto mentre si metteva seduto sul divano.
Zayn si sedette vicino a lui, mantenendo lo sguardo basso e non dicendo nulla.
“Sono stati maleducati, no? Non ti hanno nemmeno salutato per bene!”
Lui fece un movimento vago con la testa, stringendosi nelle spalle, mentre giocherellava distrattamente con l'orlo della maglietta che indossava.
Liam stava per aprire la bocca per parlare di nuovo, ma prima di poterlo fare sentì la voce di suo padre rimbombare dalla cucina, facendo sussultare sia lui che il suo amico. Presto, la voce di sua madre si unì ad essa. Non capiva bene cosa stessero dicendo, sentiva solo parole sconnesse a cui non riusciva a dare un senso, ma era chiaro che stessero litigando. A causa sua? A causa di Zayn? Perché?
Si fermò un attimo a pensare a cosa potesse aver fatto di così grave da portare i suoi genitori a litigare in quel modo. Che Zayn non gli fosse piaciuto a tal punto? Però... sembrava un motivo tanto sciocco per urlare così.
Prima che se ne accorgesse, alcune lacrime avevano già iniziato a rigargli le guance. Subito, Zayn lo abbracciò dalla sua posizione al suo fianco, ma ancora non disse niente. E Liam continuò a piangere silenziosamente, confortato solo dal calore che il suo amico era in grado di trasmettergli. Sentiva come se tutto ciò che era riuscito a costruire dentro di sé stesse ricominciando nuovamente a crollare, e non poteva sopportarlo.
Dopo circa una decina di minuti, la madre di Liam si avvicinò, chiamando cordialmente entrambi i bambini a pranzo, per poi affacciarsi sulle scale per chiamare anche Ruth e Nicola. Anche se non commentò a riguardo, era impossibile che non si fosse accorta che suo figlio aveva pianto.
Il pranzo fu tanto silenzioso quanto il viaggio in macchina. A parte qualche risatina e chiacchiericcio tra le sorelle di Liam, nessuno fece conversazione. Le uniche parole dette da suo padre furono alcune intimazioni a mangiare, dato che a malapena Liam toccava il cibo. Da quando era salito in macchina, gli si era chiuso lo stomaco e aveva perso ogni tipo di appetito. Si limitava a punzecchiare la carne con la forchetta, mentre Zayn non aveva nemmeno preso in mano le posate. Sedeva semplicemente là, ancora con lo sguardo basso, senza osare dire nulla.
Liam non riusciva davvero a capire. Perché era andata così? Era stato così contento all'idea che finalmente avrebbe fatto conoscere alla sua famiglia il suo unico e migliore amico. I suoi genitori avrebbero dovuto essere entusiasti, avrebbero dovuto ringraziare Zayn per il supporto e l'aiuto che aveva dato a Liam fino a quel momento, per il fatto che era grazie a lui se ora aveva qualcuno con cui parlare, con cui sorridere, e le sue condizioni di salute erano migliorate. Si era davvero convinto che le cose potessero andare in quel modo, specialmente dopo quanto i suoi genitori avevano detto il giorno prima. Si era convinto che Zayn potesse entrare nelle loro simpatie, che gli avrebbero fatto tante domande, che gli avrebbero parlato, chiesto della sua famiglia, e che lo potessero invitare a venire tante altre volte a casa.
Dovette sforzarsi, tirando su col naso e mordendosi il labbro svariate volte, per riuscire a non rimettersi a piangere all'improvviso mentre questi pensieri gli riempivano la testa, facendolo quasi sentire male come molte delle volte in cui era stato necessario portarlo all'ospedale.
Quando il pranzo fu finito e sua madre iniziò a sparecchiare, Liam si alzò e trascinò Zayn via con sé, verso la porta di casa.
“Forse... è meglio se vai” mormorò.
Zayn annuì. “Vuoi che venga in camera tua, dopo?” chiese, con tono un po' insicuro.
Liam annuì di rimando, dandogli un debole sorriso. Il suo amico ricambiò prima di sparire fuori di casa.
Il suono della porta che si chiudeva attirò sua madre, che si avvicinò all'ingresso.
“Oh. Uhm, Zayn... è andato via?” chiese, con un palpabile senso di disagio che Liam non riusciva a capire e che fece mutare molta della sua tristezza in rabbia.
“Sì” rispose solamente, stringendo i pugni ed avviandosi verso le scale, senza dare un'occhiata di più a sua madre.
Mentre saliva i gradini verso la propria stanza, sentì il rumore dei passi di suo padre che la raggiungeva vicino alla porta. Si girò brevemente per vederlo che le avvolgeva un braccio intorno alle spalle.
“Gli ho preso l'appuntamento per domani mattina” lo sentì dire.

 

~


“Va bene se viene anche Zayn?”
La madre di Liam prese un leggero respiro, le mani sul volante, prima di fare un cenno con il capo.
“Sì. Va bene” rispose, e il bambino annuì, lanciando un sorriso a Zayn, già seduto vicino a lui sul sedile posteriore.
Non aveva neanche dovuto chiedere al suo amico di accompagnarlo. Zayn si era semplicemente presentato lì senza dire una parola ed era salito in macchina. Visto che non sembrava dell'umore per chiacchierare, Liam non ci aveva neanche provato. D'altronde, neanche lui lo era. Così, mentre l'automobile si muoveva lungo le vie della città, i due si limitarono a tenersi per mano.
Liam aveva passato il resto del giorno prima chiuso nella sua stanza. Il suo amico si era presentato prima di quanto si aspettasse, e gli aveva fatto compagnia, sempre taciturno, come quel giorno. Stando insieme a lui, la rabbia si era di nuovo trasformata in tristezza e delusione, ma non aveva pianto.
Magari i suoi genitori quel giorno erano di cattivo umore, e anche le sue sorelle. Magari si erano comportati male e ora se n'erano accorti, e in futuro avrebbero trattato bene Zayn. Si era addormentato con queste speranze in testa, ma si era svegliato in uno stato ancora peggiore. Non si trattava di un malessere legato alle sue condizioni fisiche, ma quella sensazione dentro di sé fin troppo familiare che aveva smesso di provare da quando Zayn era comparso per aiutarlo.
Ora, con il suo amico lì vicino che lo teneva per mano, si sentiva un po' meglio.
Non era sicuro di dove stessero andando ora. Aveva sentito il padre parlare di un dottore, però Liam non si sentiva male, o almeno non più del “solito” che veniva considerato “bene” per lui. Poteva solo concludere che si trattasse di una visita di controllo, ma la strada che stavano percorrendo non era la solita che portava all'ospedale che conosceva.
Quando chiese spiegazioni, la madre gli rispose che stavano andando da un nuovo dottore, uno che lavorava in privato, e dunque il suo studio non era in ospedale. Ma perché fare una visita di controllo da un nuovo dottore che non l'aveva nemmeno mai visto prima d'allora?
Una volta arrivati, furono messi tutti e tre ad aspettare in una piccola stanza piena di sedie. L'attesa sembrava dover essere lunga, quindi alcune volte Liam tentò di iniziare una conversazione con Zayn, ma fu sorpreso di scoprire che ogni volta che ci provava, la madre lo interrompeva immediatamente e con tono fermo. Ed ogni volta, Zayn le lanciava un'occhiata aspra senza commentare, notò Liam.
Alla fine, una ragazza venne fuori da una porta, chiamando il nome di Liam. L'interpellato stava per balzare in piedi, ma sua madre gli fece cenno di restare seduto, alzandosi e muovendosi in direzione della porta, mentre la ragazza appena apparsa gli spiegò che prima il dottore aveva bisogno di parlare da solo con sua madre. Lei gli lanciò un ultimo sguardo preoccupato, prima che la ragazza chiudesse di nuovo la porta, lasciando Liam e il suo amico da soli.
“Che cosa ci faccio qui?” chiese, dopo un minuto di silenzio rotto soltanto dagli indistinti suoni della conversazione che a quanto pareva sua madre stava avendo con il dottore.
“Non lo so...”
“Sì che lo sai!” sbottò Liam, aggrottando le sopracciglia e guardando verso Zayn. “Lo capisco dalla tua faccia!”
Zayn alzò lo sguardo, rimasto abbassato fino ad allora. Poi sorrise ed allungò il braccio verso di lui. Liam gli prese la mano, stringendola piano.
“Sai che ti voglio tanto bene, vero?”
Liam annuì. “Ed io ne voglio altrettanto a te”.
“Tutto ciò che voglio è renderti felice” continuò poi Zayn, scandendo le parole e continuando a sorridergli con gentilezza. “E non ho intenzione di abbandonarti fino ad allora”.
Il bambino non capì perché Zayn stesse parlando di questo e in quel modo proprio ora, ma non fece in tempo a chiederglielo, dato che la stessa ragazza di prima lo chiamò per entrare finalmente nella stanza proprio in quel momento.
Zayn deglutì, ma non fece scomparire il sorriso ed annuì verso il suo migliore amico, che fece lo stesso e si alzò in piedi, camminando poi verso la porta.

 

~


Anche una volta che la visita fu finita, Liam continuò ad essere confuso. Non aveva idea del perché fosse stato portato da quel dottore. Stentava pure a credere che lo fosse davvero: la stanza in cui l'avevano fatto entrare sembrava un normale salotto. Non aveva per nulla l'aspetto di un vero dottore.
Come se non bastasse, la cosa più strana di quella “visita” era che quell'uomo non l'aveva sottoposto a nemmeno uno degli esami a cui ormai nel corso degli anni si era abituato. Gli aveva solamente continuato a chiedere di Zayn: come si erano incontrati, dove, cosa facevano di solito, di cosa parlavano, ogni quanto si vedevano... Ogni cosa, fin nei minimi dettagli. Inizialmente fu restio ad aprirsi, ma quel signore era piuttosto bravo a metterlo a suo agio. Così, il bambino finì per raccontargli tutto quello che già aveva detto ai suoi genitori, mentre lui non faceva altro che scribacchiare sul suo blocco note, annuire, e fare altre domande.
Rimase un'intera ora lì dentro, e lo sorprese che, dopo tutto quel tempo passato a parlare solo e solamente di Zayn, il dottore gli avesse dato un altro appuntamento per la settimana dopo, sempre per parlare di lui.
Non riusciva a capire. Cos'altro c'era da dire? E soprattutto, perché gli interessava?
Dopo una delle tante domande, gli aveva anche detto che il suo amico si trovava proprio là fuori dalla stanza, e che se voleva sapere qualcosa di più da lui poteva semplicemente invitarlo dentro, ma il dottore aveva detto che per ora andava bene così. Gli era persino venuto il dubbio che quel signore in realtà fosse un poliziotto in incognito e che Zayn fosse ricercato, un'ipotesi che il dottore aveva negato con una risata.
Liam aveva pensato che quella strana situazione si sarebbe conclusa nel giro di poco tempo, invece i loro incontri settimanali andavano avanti, e l'argomento di conversazione era sempre e solo Zayn. Quasi non riusciva a credere che ci fossero sempre così tante domande diverse da fargli a riguardo. Spesso gli veniva chiesto semplicemente di raccontargli tutto ciò che aveva fatto col suo amico il giorno prima, ma altre volte si trattava di domande più complicate, che riguardavano le emozioni, il modo in cui si sentiva quando Zayn era con lui e quando non lo era.
Non era vero invece il contrario: Zayn non gli chiedeva mai di quegli incontri. Anzi, se Liam accennava a volerne parlare, il suo amico assumeva un'aria infastidita e smetteva di parlargli, quando non se ne andava direttamente di punto in bianco. Quindi, Liam aveva smesso di aprire l'argomento, perché stare senza Zayn, o vederlo arrabbiato con lui, lo faceva stare male.
Passarono circa tre mesi in quel modo. Fu alla fine di uno dei loro appuntamenti, che il dottore finalmente mise giù penna e taccuino, togliendosi gli occhiali e sospirando piano.
“Liam, il tuo caso è molto chiaro” disse, con aria seria ma gentile.
“Il mio... caso?” Liam fu preso alla sprovvista da quelle parole. Non aveva idea di cosa intendesse. Lanciò uno sguardo a Zayn, ma quello stava osservando l'uomo con sguardo duro.
Quel giorno, in maniera eccezionale, il dottore aveva chiesto a Liam di far entrare Zayn nella stanza. C'era voluto un po' di tempo, ma alla fine il suo amico si era unito a loro, chiaramente di malavoglia. Gli erano pure state poste alcune domande, alle quali o non rispondeva, o rispondeva a monosillabi, risposte che poi Liam doveva ripetere, dato che pareva che Zayn parlasse sempre a voce troppo bassa per farsi sentire chiaramente dall'uomo.
Il dottore annuì, continuando a guardare il bambino negli occhi. “In questi mesi mi hai raccontato tutto di questo tua amico... Zayn...” iniziò. “E io ho ascoltato ogni singola parola di quello che mi hai detto. Devi sapere che inizialmente avevo detto ai tuoi genitori che non c'era nulla di cui preoccuparsi, perché molti bambini della tua età hanno problemi del genere, ma normalmente vanno via da soli col tempo”.
Liam sbatté le palpebre, confuso. “Problemi? Io... I dottori...”
Lui rise leggermente e scosse il capo. “No, Liam, non parlo dei tuoi reni, o delle tue condizioni di salute in generale. O meglio... in un certo senso”. Liam scosse il capo, non capendo, ma l'uomo continuò a parlare. “Vedi, il tuo non è un problema come può essere una ferita o un organo danneggiato. È qualcosa che non si può toccare con mano... È nella tua mente”.
Se il dottore pensava che quelle parole avessero reso le cose più chiare per il bambino, si sbagliava. Liam iniziò a torturarsi le mani e a lanciare occhiate verso Zayn, come silenziosamente chiedendogli di avvicinarsi, di stargli accanto in quel momento in cui non stava capendo nulla di nulla. Ma il suo amico non si mosse.
“Ora...” Il dottore si alzò dalla sua poltrona, mentre puliva attentamente gli occhiali con un piccolo panno. “Quello che sto per dirti adesso è la verità, ed è ciò su cui lavoreremo per i prossimi mesi. D'accordo?”
Liam annuì semplicemente, e notò con la coda dell'occhio che stavolta Zayn si era alzato in piedi e aveva stretto i pugni, mordendosi forte il labbro inferiore.
“Vedi, Liam...” L'uomo gli si avvicinò, accucciandosi davanti a lui per guardarlo dritto negli occhi. “Zayn...” Fece una pausa, prendendo un breve respiro. “... non esiste”.
Non appena quelle parole uscirono dalle labbra del dottore e raggiunsero le orecchie del bambino, un altro suono si sovrappose ad esse. Liam si girò di scatto, sussultando, per poi alzarsi immediatamente in piedi e correre verso Zayn, che si trovava ora in ginocchio con le mani premute sulle orecchie e gli occhi chiusi. E urlava, urlava, urlava.

 

~


Dopo quello che era successo, Liam non ne volle più sapere di tornare. I genitori provarono a convincerlo, a riportarlo anche con le maniere forti, ma il bambino era irremovibile. L'unica volta che riuscirono a farlo rientrare nello studio, si era messo a urlare e piangere tanto forte che avevano dovuto portarlo subito via.
Alla fine, dopo non pochi ulteriori tentativi, si arresero. Liam li sentì mormorare qualcosa sul fatto che con il tempo sarebbe migliorato, che avrebbe cambiato idea e si sarebbe fatto aiutare. Ma lui non aveva bisogno di aiuto, e di certo non di un “aiuto” del genere.
Come aveva potuto quell'uomo dire una cosa simile? Una cosa così crudele ed insensata! E, come se non bastasse, dirla proprio lì, davanti al diretto interessato, a Zayn.
Zayn, il suo migliore amico, il suo unico amico, l'unica persona che non poteva sopportare di vedere soffrire. E per colpa sua, che aveva assecondato la pazzia di quel “dottore”, Zayn aveva sofferto.

“Mi dispiace... Mi dispiace così tanto...”
“Va tutto bene ora, davvero, Liam...”
“Mi dispiace, è tutta colpa mia...”
“No, non lo è. Lo giuro. Anzi, è merito tuo se ora sto bene!”

E fu così che le cose ritornarono com'erano prima, con la sola differenza che ormai ogni intenzione che Liam avesse mai avuto di riaggiustare le cose coi suoi genitori era scomparsa, e per lui solo Zayn contava.
Il bambino non voleva più passare nemmeno un istante senza di lui. E, così come aveva desiderato, Zayn non si staccò più da lui, nemmeno per un istante.
Zayn era lì quando Liam si svegliava.
Era lì quando andava a scuola.
Quando mangiava.
Quando tornava a casa.
Quando andava all'ospedale.
Quando si addormentava.
Ovunque fosse, qualunque cosa facesse, il suo amico era sempre lì. A parlargli, a supportarlo, a ridere e giocare con lui, a renderlo felice. E tutto ciò era perfetto per Liam. Non avrebbe mai voluto cambiare nulla.

“Liam è così strano!”
“Quando gli ho chiesto una cosa ieri, è scappato via come uno scemo, ahahah!”
“Non parla mai con nessuno...”
“Oh, ma sì che lo fa! Col suo amico immaginario! Ahahah!”

Il miglioramento graduale delle sue condizioni di salute nel corso degli anni, portò Liam a smettere di essere una semplice presenza occasionale in classe, come era stato fino a poco tempo prima. Per via delle sue frequenti assenze dovute ai ricoveri all'ospedale, veniva sì visto in maniera strana dai suoi compagni, nel suo non voler avvicinare nessuno, ma almeno lo lasciavano in pace, e si sarebbe comunque trasferito in un'altra città di lì a poco. Ritrovarsi però con un compagno che si presentava in classe ogni giorno, ma che non parlava con nessuno che non fosse il suo migliore amico e se ne rimaneva sempre in disparte, evidentemente non andava a genio ai suoi coetanei.
Quando era piccolo, aveva pensato di avere ormai imparato ad ignorare le voci degli altri bambini, le loro parole e le loro prese in giro. Ma non aveva fatto i conti col fatto che crescendo anche gli altri imparavano, affilando le loro lingue, le loro parole, e i loro sguardi di scherno.
Zayn cercava di aiutarlo, parlando sopra di loro, e continuando a ripetergli che loro non erano importanti, non erano nessuno, non doveva dare loro il potere di fargli niente.
Ed era vero: per Liam loro non erano nessuno, perché non erano Zayn. Non erano importanti per lui, non aveva bisogno di loro nella sua vita.

“Però fa un po' pena... Guarda che faccia!”
“Ma dai, è solo un pazzoide!”
“Ehi, Liam, che sta facendo ora Zayn? Eh? Perché non ti aiuta? O gli piace solamente guardare? Ahahah!”
“Ti conviene smetterla con questa storia, scherzo della natura!”

Ma, purtroppo, non contava quanto poco importanti queste persone fossero per Liam, quanto nella sua mente cercasse di convincersi che quei ragazzi che lo facevano soffrire non esistessero. Perché il dolore che sentiva quando veniva spinto contro un muro era reale senza dubbio, non era inesistente. Il vuoto d'aria all'interno dei polmoni quando un pugno chiuso gli affondava nella pancia era reale. Così come lo era la consapevolezza di essere a terra e avere almeno una costola incrinata, il labbro spaccato, e un occhio nero.
Aveva quattordici anni quando rientrò a casa in quelle condizioni. Sua madre quasi svenne nel vederlo entrare dalla porta, coi vestiti che aveva addosso rovinati, ed una mano premuta sul petto, nella zona dove si erano più concentrati i calci di quei ragazzi, alcuni suoi compagni di classe, altri no.
Il suo corpo era ricoperto di lividi, che sicuramente lo avrebbero accompagnato molto a lungo. Nicola e Ruth lo aiutarono, così come sua madre, dopo essersi ripresa. Gli tolsero la camicia e gli iniziarono a disinfettare le ferite. Era strano, non pensava di essersi mai sentito tanto vicino a loro come in quel momento.
Gli sembrò che suo padre fosse sull'orlo del pianto, mentre prendeva il telefono e componeva velocemente un numero. Anche senza sentire una parola, era convinto di sapere già a chi fosse rivolta la chiamata.
E proprio in quel momento, sentì all'improvviso più pesante uno sguardo che era rimasto tutto il tempo posato su di lui. Lo ricambiò, con l'occhio gonfio. I suoi occhi incontrarono quelli di Zayn, che lo guardava, standosene lì fermo in piedi, senza fare niente. O meglio, senza poter fare niente. Come poche ore prima, nel cortile della scuola. E come sempre, d'altronde.
Stava lì, impotente, come in attesa. E Liam sapeva di cosa.
Tuttavia, stavolta non l'avrebbe fatto. Non avrebbe aperto bocca per dire a suo padre che non sarebbe tornato dal dottore.

 

~


Né Ruth né Nicola sembrarono dare la colpa a Liam per questo trasferimento, e il ragazzino ne fu felice e grato. Forse erano maturate, o forse era cambiato qualcosa in lui, ma fu durante quel viaggio in macchina che si accorse per la prima volta di voler bene alle sue sorelle. Certo, recuperare in breve tempo un rapporto trascurato per tutti quegli anni non sarebbe stato un compito facile, ma ora Liam era determinato.
Le sedute – così le chiamavano ora, un termine che da piccolo non avrebbe compreso – iniziarono la settimana stessa che lui e la sua famiglia si furono trasferiti nella loro nuova città.
Forse fu per il fatto che ormai Liam era grande abbastanza per capire sul serio i discorsi del dottore, che stavolta era una dottoressa, ma il ragazzo riuscì ad ascoltare per intero, senza scomporsi neanche per un attimo, tutto ciò che questa ebbe da dire durante il loro primo incontro.
Anche Zayn era dentro la stanza durante la seduta. Se ne stava seduto su un'altra sedia, con le braccia conserte, non spostando lo sguardo neanche per un istante da Liam. Ogni tanto lo notava, con la coda dell'occhio, mordersi il labbro o tremare leggermente, a seconda di quello che la dottoressa diceva, ma l'attenzione di Liam rimase comunque su di lei per tutto il tempo.
Una volta che fu finita l'ora a loro disposizione, Liam sorrise e strinse la mano della dottoressa, confermando l'incontro della settimana successiva, per poi alzarsi ed uscire dallo studio.
“Perché lo stai facendo?” gli chiese Zayn.
Liam strinse i pugni, mordendosi leggermente il labbro e facendo una smorfia di frustrazione. Dopodiché, senza dare una risposta, si avviò verso l'uscita.
Fu la prima volta che Liam ignorò Zayn.
Ricominciò a parlargli solo una volta che furono a casa. Zayn provò a chiedere spiegazioni riguardo il suo comportamento di prima, ma Liam semplicemente evitò la domanda, iniziando invece a parlare di come avesse in programma di iniziare a fare un po' di attività fisica, per mettere un po' di muscoli sul suo corpo per nulla allenato.
Poteva leggere la confusione negli occhi dell'altro, mentre parlava, ma fece in modo di ignorarla, continuando anche se il suo amico non dava segno di interesse, anche se sembrava sempre sul punto di aprire la bocca per interromperlo.
Non ci vollero più di un paio di altre sedute, perché Liam smettesse del tutto di considerare Zayn quando si trovava fuori dalla propria stanza.
Sotto gli occhi del suo amico, in piedi accanto a lui in classe, si ritrovò per la prima volta ad ignorarlo per parlare con un suo compagno. Non era stato un grande dialogo: gli aveva semplicemente chiesto se avesse una gomma. Eppure, dentro di sé, anche con solo quelle semplici parole rivolte a qualcuno che non fosse né un suo familiare, né Zayn, né uno dei suoi dottori, e alle quali venne dato come risposta nient'altro che un “sì” poco interessato, sentì un tipo di calore mai provato prima di allora.
Solo poche altre sedute, e i momenti in cui il ragazzo dava qualunque tipo di attenzione al suo amico erano diventati una rarità.
Succedeva, di tanto in tanto, che Liam sorridesse e si girasse verso Zayn, iniziando a parlare, ridere e scherzare con lui. In quei momenti, un enorme sorriso compariva sul volto dell'altro. Ma erano comunque casi eccezionali, specie se contrapposti al loro rapporto di solamente qualche mese prima.
Ora i sorrisi caldi e autentici di Liam non erano più riservati a Zayn.
L'atmosfera in casa era cambiata enormemente. Seppure ancora restio a comunicare coi suoi compagni a scuola, ora Liam non si faceva problemi ad aprirsi e parlare di tutto ciò che gli passava per la testa quando era invece a casa coi suoi genitori e le sue sorelle.
“Farai meglio ad iniziare ad informarti su gossip, cinema e vestiti, fratellino” gli disse una volta Ruth, mentre parlavano a tavola del fatto che Nicola sarebbe andata all'università l'anno dopo, facendolo ridere di cuore.
In momenti come quello, quasi non riusciva a crederci. Era passato così poco tempo, e la sua vita era cambiata così tanto. In meglio? Non aveva nemmeno bisogno di porsi la domanda, per sapere la risposta. E per la prima volta, era davvero felice, e senza bisogno della presenza di Zayn.
O meglio, della presenza “attiva” di Zayn.
Zayn era sempre lì. Lo osservava, a volte sorrideva, a volte si corrucciava, a volte sembrava essere sul punto di dire qualcosa, per poi trattenersi.
In qualche modo, probabilmente, anche senza parlargli, la sua sola presenza lo tranquillizzava. Dopo tutti quegli anni con lui al suo fianco, non riusciva ad immaginarsi senza. Era un limite che si era posto sin dall'inizio.
Tuttavia, molte cose erano cambiate in poco tempo, e questa fu una di esse. Così, Liam iniziò a lasciare l'amico a casa ogni qual volta dovesse andare ad una seduta con la sua dottoressa.
Era uno di quei giorni. All'apparenza non c'era nulla di diverso rispetto agli altri. Liam era andato a scuola, aveva seguito con interesse le lezioni, scambiato qualche chiacchiera con il ragazzo seduto vicino a lui a Inglese, aveva pranzato e nel primo pomeriggio era andato a vedere la dottoressa. Aveva salutato con un sorriso i suoi genitori, una volta rientrato a casa, e aveva salito le scale a passo svelto.
Quando però aprì la porta della propria stanza e vide Zayn sorridergli raggiante, chiaramente intenzionato a interagire, il suo volto si incupì.
“Ehi, Liam! Beh, allora, oggi mi puoi parlare?” chiese il suo amico, ridendo. “O la dottoressa so-tutto-io ti ha detto di no?”
Liam prese un respiro, chiudendo gli occhi. Dopodiché, aprendo le labbra in un mezzo sorriso, guardò Zayn dritto negli occhi.
“Finiamola... okay?”

 

~


Il sorriso di Zayn rimase sulle sue labbra ancora per qualche secondo, prima di scomparire quando Liam insistette nel fissarlo, senza dare segno di star scherzando.
“Uhm... Finirla...?” fece allora Zayn, aggrottando le sopracciglia e portandosi una mano dietro la testa, assumendo un'aria confusa. “Finire che cosa?”
Liam sospirò, scuotendo il capo. Senza dire nulla, andò a sedersi sul bordo del letto con gli occhi puntati verso il pavimento.
“È ora di finirla, Zayn...” ripeté il ragazzo dopo qualche secondo di silenzio, riportando lo sguardo, un misto tra l'affettuoso e l'addolorato, sull'amico che l'aveva accompagnato per tutto quel tempo.
Zayn prese un lungo respiro, e Liam si accorse che l'altro stava tremando.
“N-no...” fece quello, scuotendo il capo. “No, no, no... Liam, i-io sono qui! Sono reale!”
Zayn si avvicinò a lui, fremendo, mettendoglisi in ginocchio davanti ed acchiappandogli la mano. La strinse forte, come per provargli che non stava mentendo, che davvero era lì, reale, davanti ai suoi occhi. Liam, tuttavia, non si scompose. Abbassò lo sguardo sulle mani di Zayn, e senza difficoltà fece sgusciare la propria mano via dalla sua presa, facendo sgranare gli occhi del suo amico, che ora lo guardava supplicante.
“Liam...!”
Zayn si rimise in piedi. Gli afferrò le spalle, cercando di scuoterle, ma non si mossero. Gli prese la mano per portarsela al petto o al viso, ma quella rimase poggiata sul letto, inerte.
Il respiro di Liam iniziò a farsi pesante, mentre i suoi occhi si riempivano di lacrime che non voleva far scendere, nel vedere il ragazzo che per anni era stato il suo unico amico cercare in ogni modo, disperatamente, di auto-affermarsi, di dimostrare di non essere il prodotto della mente di un bambino troppo solo.
“Per tutto questo tempo... io ho saputo che tu non eri reale, Zayn” riprese a parlare Liam. “Dentro di me, l'ho sempre saputo. Ora tu sembri convinto di esserlo, ma...” Rise amaramente, scuotendo appena il capo. “... anche tu lo sai e l'hai sempre saputo, no? Dopotutto, io ti ho creato. Tu sei me...”
Liam deglutì. Anche se ormai aveva questa consapevolezza, il dire queste parole, non più solamente sentirle dire dalla dottoressa, lo faceva star male.
“Quando il dottore me l'aveva rivelato per la prima volta, avevo iniziato a negarlo con tutte le mie forze. Non volevo che fosse la verità, e mi sono attaccato ancora di più a te...” Si morse piano il labbro. “Ma ora-...”
“Ho capito”.
Come era stato suo solito nel corso degli anni, Zayn lo interruppe, lasciando Liam leggermente sorpreso. Non si era aspettato che il suo amico, quel frammento della sua immaginazione, avrebbe parlato anche nelle condizioni mentali in cui si trovava ora.
Sotto i suoi occhi, Zayn si rialzò in piedi. Stava sorridendo adesso.
“Va tutto bene, Liam. Non c'è bisogno che tu dica altro” disse piano. Il sorriso che gli stava rivolgendo non era quello di sempre: era affranto, ma al contempo sereno. Liam non l'aveva mai visto con un'espressione così raggiante. Intuì che stesse riflettendo la felicità che aveva imparato a conoscere sul serio soltanto negli ultimi mesi.
Zayn sospirò, incrociando le braccia sul petto e scuotendo il capo.
“Avrei dovuto capirlo prima... sono stato uno stupido, vero?” Rise piano, schernendosi. “Io sono nato per renderti felice, giusto? E allora come ho potuto continuare ad andare avanti... attirandoti a me, sottraendoti da tutto ciò che avevi intorno, contribuendo così attivamente alla tua tristezza?” Abbassò lo sguardo, di nuovo scuotendo il capo mentre la sua espressione mutava in una di profonda tristezza. “Avevi bisogno di un amico, ed io ero lì. Ma non è così che sarebbe dovuta andare. L'ho capito quando hai iniziato a parlare con Nicola e Ruth, o coi tuoi compagni di scuola. Mi sono accorto che nessun sorriso che io ti abbia mai donato è stato mai autentico quanto quelli che hai avuto stampati in faccia ultimamente”.
Liam sorrise appena, ma strinse i pugni, cercando di trattenere le lacrime. Non poteva cedere ora. Non era ciò che Zayn avrebbe voluto.
“Ho scelto... Anzi, abbiamo scelto la strada più facile. Felicità a breve termine che ti ha precluso quella a lungo termine e che ti ha creato più problemi di quanti ne ha risolti... E non ho intenzione di farlo più a lungo di così”. Si portò una mano sul petto, chiudendo gli occhi. “Sono un muro per te: un muro che hai iniziato a scalare, grazie a quella dottoressa. Ho pensato così tante cose brutte di lei, ma alla fine ti ha aiutato più di quanto io abbia mai fatto, eliminando un mattone dopo l'altro. E ora che sei così vicino a vedere ciò che si trova dietro, spetta a me eliminarlo dalle fondamenta e renderti libero di vivere la vita. La vita vera”.
Le lacrime ormai scendevano senza controllo lungo le guance di Liam. Singhiozzava, si passava le mani sugli occhi cercando di asciugarseli, ma non si mosse per andare ad abbracciare Zayn, né disse una sola parola.
Zayn non sembrava comunque alla ricerca di alcun tipo di conforto da parte di Liam. Sembrava in pace. Liam lo seguì con lo sguardo mentre si muoveva verso la sua scrivania e apriva un cassetto: era il cassetto in cui teneva tutti i disegni che Zayn gli avesse mai fatto. Vide i disegni attraverso i suoi occhi, dal primo, di quel suo compleanno, all'ultimo.
“Che strano...” fece Zayn, sorridendo. “Non sono migliorato per nulla negli anni... Anzi, sembra che il mio primo disegno sia il più bello di tutti. Gli altri sono solo scarabocchi, non trovi?” Rise.
Poggiò i fogli sulla scrivania, tenendo in mano solo quel foglio raffigurante loro due da piccoli. Tornò di fronte a lui e glielo poggiò sul grembo, mentre due dita dell'altra mano si muovevano per accompagnare gentilmente le palpebre di Liam che si chiudevano.
E quando il ragazzo riaprì gli occhi, non vide altro che la sua stanza. Vuota, com'era stata sin dall'inizio.

 

~


“Ehi, Liam, li hai fatti i compiti per oggi?”
Liam inarcò un sopracciglio, alzando lo sguardo.
“... Tu no?”
Niall si esibì in un largo sorriso, congiungendo le mani ed inclinando la testa di lato leggermente, mentre lo guardava con quegli occhi blu fintamente innocenti ai quali era impossibile dire di no. “Per favore?”
Il ragazzo sospirò e alzò gli occhi al cielo, prima di tirare fuori il quaderno dalla borsa e porgerglielo. “Cerca almeno di cambiare qualche frase...”
“Sì! Grazie, Li, sei il migliore!”
Il biondino acchiappò il quaderno dalle sue mani e subito si mise seduto al proprio banco per copiare i compiti di Inglese.
“Non dovresti lasciarglielo fare ogni volta, altrimenti continuerà per sempre ad essere un pesaculo che passa le giornate a mangiare schifezze e giocare ai videogiochi” commentò una voce familiare.
Liam si girò verso la porta dell'aula, appoggiato alla quale stava Louis, che squadrava con aria di sufficienza Niall, che nemmeno alzò lo sguardo da ciò che stava facendo, per alzare il dito medio contro l'altro ragazzo e rispondere: “Sempre meglio dell'universitario che passa metà del tempo nella sua vecchia scuola superiore!”
Buona parte delle persone che si trovavano in classe risero, compresi Liam e Louis.
“Questa dev'essere la quarta o quinta volta in tutto il semestre che mi trovo qua, e sempre per buoni motivi legati al mio corso di studi” rispose il più grande, muovendo qualche passo all'interno dell'aula. Ridacchiò. “Capisco però che dev'essere la tua cotta per me a parlare, giusto?”
Stavolta Niall lo ignorò totalmente, probabilmente per via della lancetta dell'orologio che si avvicinava pericolosamente all'orario di inizio delle lezioni.
“È bello vederti, Louis” disse Liam, alzandosi con un sorriso e andando ad abbracciare il suo amico. “Ed Harry dov'è?”
Louis sembrò essere preso alla sprovvista. “Cosa? Perché me lo chiedi? Come dovrei saperlo, scusa? È più probabile che lo sappia tu, andate nella stessa scuola, no?”
Nonostante l'incombenza dell'arrivo del professore, Niall si prese un momento per scambiarsi un sorriso complice con Liam, che ridacchiò semplicemente mentre Louis continuava a dire di non sapere niente di più sul loro amico di quanto ne potessero sapere loro, insistendo ben più di quanto poteva già considerarsi sospetto.
“Va bene, va bene” fece Liam, annuendo divertito. Lanciò un'occhiata all'orologio sul muro. “Ti conviene andare, se non vuoi essere trattenuto a chiacchierare con la professoressa per un'ora come la scorsa volta”.
“Dio me ne scampi! Ci vediamo, ragazzi!” disse quindi Louis, ghignando e mandando un saluto generale alla classe, seguito da dei cenni d'assenso verso Liam e Niall.
Quando ancora frequentava quella scuola, Louis era molto popolare. Non c'era da stupirsi se ancora venisse salutato per i corridoi da chiunque incontrasse.
Non passarono più di un paio di minuti prima che la professoressa facesse il suo ingresso in aula e il quaderno di Liam ritornasse magicamente sul suo banco.
“Tutti seduti, facciamo l'appello” disse la donna, una volta posizionatasi alla cattedra. “Però prima... vieni pure avanti”.
Liam la vide fare un cenno verso la porta. Dalla sua posizione non aveva notato una figura che era rimasta chiaramente ferma lì in attesa da quando la professoressa aveva fatto il suo ingresso. Doveva trattarsi di un nuovo studente trasferito, pensò Liam mentre tirava fuori dal suo zaino il libro di Letteratura Inglese.
Il foglio che scivolò per errore fuori dallo zaino insieme al libro lo costrinse ad abbassare lo sguardo verso il pavimento. “Ops...” mormorò tra sé, mentre sentiva i passi del nuovo compagno che entrava e si posizionava vicino alla lavagna.
Si sporse verso la gamba del banco di Niall, vicino alla quale era caduto il foglio. Se lo portava sempre dietro. Sapeva che era stupido, e che probabilmente non avrebbe dovuto, ma quel disegno lo faceva sentire bene. D'altronde, non aveva più avuto nessun problema, e le sedute dalla dottoressa ormai avvenivano solo una volta ogni sei mesi, giusto per un controllo veloce ed una chiacchierata con quella donna che ormai era quasi diventata semplicemente una sua amica e consulente.
“Uhm... Ciao a tutti. Mi chiamo Zayn Malik, vengo da Bradford... Mi piace disegnare, le mie materie preferite sono Inglese, Arte, e Arte Drammatica. Spero che faremo amicizia”.
Liam sbatté le palpebre un paio di volte, come cercando di riscuotersi da un sogno ad occhi aperti. Le sue dita si erano appena chiuse su uno degli angoli del foglio quando quella voce si era insinuata nelle sue orecchie.
Riportò il disegno a sé ed attese ancora qualche secondo, col cuore che d'improvviso aveva iniziato a battere all'impazzata, prima di alzare lo sguardo sul ragazzo che aveva appena parlato.
Occhi nocciola, capelli neri, pelle scura, e quella voce. Quell'accento che, solo ora se ne rese conto, era andato scomparendo con gli anni nel suo amico, come conseguenza dei suoi ricordi che diventavano meno e meno chiari col passare del tempo e che gli avevano impedito di costruire nella sua mente un'immagine completamente esatta e fedele a se stessa.
Era una voce diversa, ormai, cresciuta. Ma una voce reale, che riempiva la stanza, e in direzione della quale ognuno dei suoi compagni di classe si era girato. Strinse un po' di più il foglio tra le sue mani.
“Vai pure a sederti, ora. C'è un posto libero dietro Payne, là” disse la professoressa, gesticolando nella sua direzione.
Quando Zayn si mosse verso di lui, la certezza che tutto ciò non stesse succedendo nella sua mente si concretizzò, ma il battito del suo cuore non accennò a rallentare. Il ragazzo gli passò accanto senza guardarlo. Si trovava chiaramente a disagio, sotto gli occhi di tutti, e probabilmente voleva sbrigarsi e sedersi al suo posto, così che la lezione potesse iniziare.
Liam non sapeva che fare, come comportarsi. E in fondo, come poteva essere sicuro di non starsi costruendo tutto nella sua mente? Dopotutto, erano passati più di dieci anni. Zayn non era un nome tanto comune, e non era impossibile che a Bradford ce ne fosse stato più di uno della sua età.
“Ehm, scusa...”
Di nuovo quella voce interruppe i suoi pensieri e lo fece trasalire per un istante. Si voltò piano, quasi con circospezione, per vedere un'espressione confusa, le sopracciglia corrugate, sul volto di Zayn, che però non stava osservando lui: osservava il disegno che non si era reso conto di star tenendo ancora saldamente in mano.
“Quel disegno... Come-...?”
Stavolta ad interrompersi fu la sua frase, quando di sfuggita il ragazzo scostò lo sguardo dal foglio al volto di Liam. Restò a fissarlo, con le labbra dischiuse e il volto ancora contratto, come se stesse sforzandosi di far lavorare il cervello.
Liam non disse nulla, ricambiando lo sguardo. Non sapeva se la professoressa li stesse guardando o richiamando, se Niall o qualche altro suo compagno avessero notato la situazione, e non gli importava. Quegli occhi gli erano mancati. Gli erano mancati per ben dodici anni.
Alla fine, il volto di Zayn si distese. Lanciò un altro sguardo al disegno, e senza chiedere il permesso glielo prese dalle mani per osservarlo meglio. “Questo non te l'ho firmato” disse, prendendo una matita e poggiando il foglio sul proprio banco.
Solo pochi gesti veloci della sua mano, ed il nome del ragazzo seduto dietro di lui era apparso sull'angolo inferiore destro del foglio.
“Te l'avevo detto...” disse quindi, rialzando lo sguardo su Liam e porgendogli indietro il disegno. “... che saremmo riusciti a stare insieme, no?”

~
 



Note dell'autore:
Salve a tutti e tutte. Prima di tutto, grazie per aver letto fin qui. Spero che la storia vi sia piaciuta! Nelle note dell'autore della flashfic che ho postato un po' di tempo fa, avevo scritto che avevo in progettazione una long Ziam, e invece eccomi con questa one-shot.
Sono molto affezionato a questa storia. In realtà la scrissi un anno e mezzo fa, per Babbie. I personaggi, quando la scrissi, non erano Zayn e Liam, ma degli OC (il mio e uno dei suoi) di una sua giocata di ruolo alla quale ho avuto la fortuna di partecipare. Naturalmente non ho solo preso la storia e cambiato i nomi. Quando ho iniziato, mi sono accorto che dovevo cambiare molte cose per adattarla per Zayn e Liam, altrimenti non sarebbero stati loro, ma semplicemente dei nomi in una storia che non gli apparteneva. E così si può dire che questa sia un'altra storia rispetto all'originale.
Vorrei ringraziare Babbie per avermi supportato e aiutato con ogni cosa, compresi titolo e banner, e per aver letto per prima la fanfiction. E ovviamente per essere la mia compagna di OTP per sempre!
P.S.: nello scrivere la parte finale, mi è venuta la mezza idea di poter scrivere un seguito, o come one-shot, o come long a capitoli. Se vi va, fatemi sapere cosa ne pensate, grazie!

   
 
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