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Autore: Forbidden_Snowflake    11/06/2015    0 recensioni
“…E non riesco a respirare ogni volta che te ne vai, non doveva durare per sempre questa pioggia estiva?”
Dopo tanti anni ancora non ho dimenticato le sue parole e non posso fare a meno di pensare che quella canzone l’abbia scritta per me.
Genere: Angst, Introspettivo, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Slash, Crack Pairing | Personaggi: Muse, Placebo | Coppie: Brian.M/Matthew.B
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Since I was born I started to decay

Mi svegliai presto la mattina successiva; io, Dominic e Chris avevamo dormito in soggiorno e i primi raggi di sole che filtravano tra le tende ci impedivano di continuare a dormire.
Ci spostammo nella cucina comune e iniziammo a prepararci la colazione nonostante Dan stesse ancora dormendo.
Viveva in un piccolo appartamento dove si era trasferito da pochi mesi per studiare alla Goldsmiths University. Divideva l’affitto con altri due ragazzi che però, fortunatamente, sarebbero tornati soltanto il lunedì successivo; non riuscivo ad immaginare come sarebbe stato dividersi quelle due stanzette in sei.
“Dan, caro, la colazione è pronta! Vuoi che te la porti in camera, tesoro? Daaaan!”
“ Cazzo Dominic, smettila di urlare”
“Si è svegliata la bella addormentata?”
“Non prendermi tanto per il culo che ti lascio dormire per strada domani”
“Dai, stavo scherzando … Poi te l’abbiamo preparata davvero la colazione …”
“Allora sei perdonato …”
“Cosa facciamo oggi?”
“Vi posso portare un po’ in giro per Londra, magari il pomeriggio prendiamo le chitarre e andiamo al parco, come volete …”
Non so perché non avevo raccontato a loro del mio incontro, forse sentivo di aver conosciuto una persona speciale e non volevo condividere questa piccola fortuna con nessun altro.
“Ragazzi, io non posso venire questo pomeriggio …”
“Hai un appuntamento con la ragazza di ieri eh, Matt?”
“Ehm sì, in realtà sì …”
“E ci abbandoni?”
“Scusate …”
“Cerca di concludere qualcosa almeno”
“Mi presteresti una chitarra?”
“Ah, il fascino del musicista, va bene, prendi l’acustica vecchia, tanto non credo capirà la differenza”
“Grazie mille Dan!”
Dan non era un granché come guida e rinunciammo presto al nostro piano di visitare la città, in fondo eravamo tutti troppo stanchi, e finimmo per trascorrere gran parte della mattinata in un caffè vicino a St. James Park.
Non ci vedevamo da soltanto due mesi ma nonostante ciò avevamo così tante cose di cui parlare, il concorso vinto a Teignmouth e quello a cui dovevamo partecipare tra pochi giorni a Torquay, per la prima volta con il nuovo nome; loro invece avevano attirato l’attenzione di qualche etichetta indipendente e speravano di poter incidere il primo album. Jake aveva trovato una ragazza qui a Londra ma a Dan non sembrava andare troppo a genio, diceva che non sarebbe durata molto, erano troppo diversi.
Tornammo da Dan per pranzo, sempre se si poteva considerare tale. Dan non si era preoccupato di fare la spesa in previsione del nostro arrivo e dovemmo dividerci qualche scatoletta di tonno e del pane vecchio di un paio di giorni. Non era cambiato per niente, l’organizzazione non era mai stata il suo forte.
Dopo pranzo si addormentarono tutti sul divano e io ne approfittai per controllare sulla cartina come potevo raggiungere l’indirizzo che il ragazzo mi aveva lasciato.
Mi resi conto che si trattava di una laterale della stessa via in cui ci trovavamo, sarebbero bastati una decina di minuti a piedi per raggiungerlo; così mi unii agli altri e andai a riposarmi.
“Oh merda!”
“Matt, cos’hai?”
“Merda, merda, che ora è?”
“Sono le quattro. Ah sì, a che ora devi andare?”
“ Ok, è ancora presto, meno male … Adesso vado … Dov’è la chitarra?”
“È in camera mia, vicino al letto. Però almeno cambiati la maglia, cazzo Matt, puzzi …”
Non credo sarebbe stato un problema per quel tizio dato che nemmeno lui sembrava tenerci troppo alla pulizia.
Cercai di rendermi presentabile, mi misi la chitarra in spalla e uscii di casa mentre gli altri mi spiavano dalla finestra, forse per cercare di vedere la mia “ragazza”.
Mi rendevo conto che mi stavo comportando da incosciente però ero troppo curioso, per qualche assurdo motivo ero certo che un giorno quel ragazzo sarebbe diventato un grande artista e mi sentivo già orgoglioso di avere avuto la fortuna di conoscerlo; forse perché un po’ mi ricordava qualcuno di famoso, e non l’avrei immaginato a fare nient’altro nella vita se non il musicista.
Stavo un po’ esagerando con le fantasie, però mi divertivano e giustificavano l’interesse che provavo nei suoi confronti.
In meno di dieci minuti mi ritrovai davanti ad un vecchio palazzo che corrispondeva all’indirizzo scritto sul foglio sgualcito.
Suonai e il portone si aprì ma nessuno rispose.
Doveva trovarsi al quinto piano e sembrava non esserci l’ascensore. Salii le scale e quando ero ancora al piano inferiore dall’alto sentii la sua voce.
“Hey, sei venuto davvero! Non sapevo se sperarci!”
Stava fumando una sigaretta ed era vestito con un’orribile camicia viola lucida, dei pantaloni neri attillati e i suoi occhi erano contornati da uno spesso strato di matita nera, evidentemente si truccava così ogni giorno.
“Sì, eccomi!”
Lo raggiunsi, rischiando di inciampare su un grosso gatto appisolato su uno scalino.
“Cerca di non ammazzare Archie se non vuoi dover affrontare la signora Thompson, quella donna mi spaventa”
 “Ho rischiato che lui ammazzasse me piuttosto! Comunque, ciao ehm … Non ci siamo mai presentati in realtà, come ti chiami?”
“Brian, e tu?”
“Matt”
“Ciao Matt, benvenuto nella mia umile dimora”
Quindi mi aveva invitato proprio a casa sua.
“Scusa il disordine, Matt, siediti pure sul divano se riesci, vado a prendere la chitarra”
In effetti non fu un’impresa semplice trovare posto tra spartiti e fogli pieni di note che presupponevo dovessero essere testi di canzoni che stava componendo.
Se non fosse stato per questo, in realtà il resto del piccolo appartamento era decisamente ordinato, non me lo sarei aspettato da uno come lui.
Le pareti erano tappezzate di poster, principalmente di David Bowie, e di fotografie che credo avesse scattato lui stesso. Non tutte erano di Londra, credo avesse vissuto in altre città prima, inoltre il suo accento non sembrava del posto, non ero sicuro nemmeno che fosse inglese.
Brian tornò con una Fender Jaguar e un piccolo amplificatore sempre della Fender, un‘armonica e diversi fogli.
“Eccomi, chissà cosa avrai pensato di me, un tizio che non conosci e subito ti invita a casa sua, mi sorprendo che tu sia venuto … Comunque a parte il fatto che avevo bevuto un po’ quella sera, mi è piaciuto quello che mi hai cantato, scrivi dei bei testi, sei tu a scriverli almeno?”
“Sì, da poco però …”
“Sai sto pensando di mettere su una band, ho appena ritrovato un ragazzo della mia scuola dopo anni e stiamo scrivendo qualcosa insieme”
 “Sei di qui tu?”
“No, sono nato in Belgio, ho studiato in Lussemburgo ma mio padre si è spostato spesso per lavoro e ho sempre dovuto seguirlo finché non mi sono trasferito qui per studiare recitazione alla Goldsmiths, ”
La stessa università che frequentava Dan.
“Tu di dove sei? Dicevi che non saresti rimasto qua per molto …”
“Teignmouth, nel Devon”
“Sì, ho presente, anche se non ci sono mai stato … Beh, iniziamo! Ti va se suoniamo qualcosa di altri prima? Non so The Smiths?”
La sua voce era nasale, quasi gracchiante, un po’ sgraziata, ma nonostante tutto, bellissima.
La mia era ancora acerba all’epoca ma era comunque più pulita, molto diversa dalla sua, e insieme creavano uno strano effetto.
“Hey, mi piace la tua voce ragazzo! Niente male davvero!”
 “Grazie … Anche tu sei bravo, non ho mai sentito una voce come la tua, tu, diventerai grande …”
“Non credo, sono solo uno sfigato che si atteggia da ribelle romantico ma che in realtà non sa nemmeno cosa vuole dalla vita e sa appena cosa non vuole, ovvero finire in un ufficio e fare la vita di mio padre”
“Brian, mi piacerebbe sentire una tua canzone …”
“Questa non l’ho ancora finita però …”
Non riuscivo a capire di cosa parlasse quella canzone, il testo non era per niente semplice da interpretare, ma potevo percepire dolore, abbandono, amore e tragedia e tutto ciò traspariva nella sua voce, nella chitarra che suonava con rabbia e con un trasporto che non avevo mai visto in nessuno. Era una canzone ripetitiva ma che sembrava tendere a qualcosa di irraggiungibile e non potevi far altro che trattenere il respiro.
“È …  Bella … Molto”
“Grazie Matt, adesso è il tuo turno”
Suonai una canzone che avevamo appena scritto e di cui ero molto fiero.
“Sei bravo sai, però ci sono così tante band che cercano di essere i nuovi Nirvana in questo periodo …  Ascoltami, vuoi che al posto del loro nome ci sia il vostro tra qualche anno su qualche arena con migliaia di persone che sono là soltanto per voi? Siate i Muse, e basta. Prendi tutto quello che ti piace  e mettilo insieme e poi rimescola tutto, mettici del tuo, fai qualcosa che non sia già stato sentito. È un consiglio che do anche a me stesso, ma non sarei qua se fossi in grado di seguirlo davvero”
“Io non so se questo diventerà mai più di una semplice passione”
“Lo è già Matt, o non saresti qui, a casa di un tizio che non conosci, solo per poter suonare con qualcuno che ti possa capire”
“Già, forse hai ragione … Posso chiederti una cosa? Non hai la mia età, vero?”
“Hahaha dimostro sedici anni? So di non essere molto alto ma hey, ho ventun’anni!”
Devo ammettere che la notizia mi stupì parecchio.
“Sono troppo grande per poter essere tuo amico?”
“No no, è solo che, insomma, non me lo aspettavo”
“Non sei il primo a dirmelo … Ad ogni modo, ti va di scrivere una canzone insieme?”
“Adesso?”
“Tra due giorni non sarai più qui, adesso è il momento migliore”
“Facciamolo, allora”
Presi in mano la chitarra e iniziai a strimpellare a basso volume un riff che avevo in testa da qualche giorno. Brian iniziò a suonare l’armonica cercando di starmi dietro.
Improvvisavo e lui mi seguiva, ogni tanto ci fermavamo e scrivevamo quello che avevamo appena creato.
Non avevamo ancora in mente un testo ma Brian ad un certo punto iniziò a cantare una frase che avrei risentito molte volte ancora negli anni successivi e che rispecchiava ciò che così spesso mi ero ritrovato a pensare a sedici anni: “Since I was born I started to decay, now nothing ever ever goes my way”; ogni volta speravo di risentirla accompagnata dalla musica che avevamo scritto insieme ma questo non sarebbe mai più accaduto.
Mi unii a lui con le prime parole che mi venivano in mente; la canzone divenne una conversazione e ad ogni parola ci conoscevamo un po’ meglio.
Mentre stavo cantando Brian si avvicinò a me, appoggiò la mano sulla mia e spostò delicatamente le mie dita sulla tastiera della chitarra.
“Prova questo, dovrebbe suonare meglio” mi disse guardandomi fisso negli occhi.
Ero rimasto immobile per qualche secondo.
“Ehm, sì, è vero, avrei dovuto pensarci”
“Sta venendo bene questa canzone”
“Sì, mi piace, anche se è molto diversa da tutto quello che ho scritto finora”
“Anche da quello che ho scritto io, siamo riusciti nel nostro intento allora”
Mi girai un attimo e guardai l’orologio appeso alla parete.
“Sono già le sette?”
“È volato il tempo!”
“Scusami ma devo andare, è stato un piacere conoscerti!”
“Non abbiamo ancora finito la canzone, hai tempo nei prossimi giorni?”
“Credo di sì …”
“Allora ti scrivo il mio numero, chiamami quando vuoi! È troppo bella per lasciarla incompiuta, Matt!”
Mi accompagnò sul pianerottolo e ci salutammo.
Mentre camminavo verso casa di Dan pensavo a quello che era successo, quel pomeriggio mi aveva cambiato la vita.
Sapevo cosa volevo, sapevo chi volevo diventare.
Con lui mi ero sentito a mio agio come con i miei compagni di band, eppure ci conoscevamo solo da un giorno; era bastata una canzone per diventare amici e conoscerci più di quello che avremmo potuto in mesi e mesi.
Mi ero innamorato.
Amavo la musica più di prima e volevo che diventasse la mia compagna di vita, per sempre.
   
 
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