5.
Verità a
galla
Emily
si svegliò di soprassalto. Al piano di sotto qualcuno stava
trafficando con gli
arnesi da cucina e a giudicare dalle voci che arrivavano dalla porta
socchiusa,
era tutta la sua famiglia temporanea.
“Ron,
attento al forno!”.
“Hugo, smettila di aizzare i cucchiai contro di me!”
“Ma
papi, ho fame, non vesisto!”
Si
chiese perché tutta quell’agitazione per una
semplice colazione domenicale.
Controllò il calendarietto appoggiato nel comodino accanto
al letto per vedere
se aveva dimenticato qualche data speciale. Nel mese di maggio
c’erano due date
segnate da Rose: il due, squadrato in nero, e il ventisette, cerchiato
con
tanti colori sovrapposti. Dentro quell’arcobaleno di
pastelli, in piccolo,
lesse B-DAY.
Era
il compleanno di Rose. Doveva esserle sfuggito quando avevano
organizzato lo
scambio. O forse non le importava granché. Finse di non aver
sentito nulla e
scese verso la cucina in punta di piedi. Arrivata di fronte alla porta
della
cucina, si fermò. Hermione stava finendo di cucinare le
frittelle; Ron invece
sistemava in un piatto, ancora fumanti, i biscotti alla cannella che
piacevano
tanto a entrambe le bambine (anche se lui non lo sapeva); Hugo
completava il
quadretto con un mazzolino di fiori appena sradicati.
Emily
sorrise intenerita davanti a quella scena così dolce e piena
d’amore; tutti i
membri di quella famiglia si erano dati d’impegno per
preparare una perfetta
colazione di compleanno, e la festeggiata si trovava in un altro Stato.
Non
pensò che Rose fosse un’ingrata: lei voleva bene
alla sua famiglia, lo aveva
capito dal modo in cui gliel’aveva descritta. Non capiva
però tutto questo
desiderio di allontanarsi da qualcosa di così bello e
profondo.
Hermione
finì di spadellare le frittelle e si voltò,
vedendo così Emily nascosta dietro
la porta socchiusa.
“Rose!”
esclamò la donna. Ron e Hugo seguirono lo sguardo di
Hermione e videro la
bambina entrare in cucina con un sorriso a trentadue denti.
“Auguvi Vose!”
strillò Hugo correndole
addosso e stritolandola in un abbraccio. Emily ricambiò la
stretta fino a
sollevarlo in aria, ruotando su se stessa. Ron si avvicinò
di soppiatto ai due
bambini, poi li prese entrambi in braccio.
“Auguri
principessa!” disse Ron, schioccandole un bacio sulla
guancia. Anche Hermione
si avvicinò, baciandole l’altra guancia.
“Buon
compleanno, Rose!” disse Hermione “Vai veloce a
vestirti, così possiamo fare
colazione tutti insieme”.
“E
farle fare le scale?” esclamò Ron mettendo
giù Hugo “Non sia mai che la mia
principessa si sforzi in tale maniera!”
Hermione
alzò il sopracciglio sinistro e sbuffò,
prendendolo in giro.
“Sbuffa,
mentre io vado a vestire la mia piccola Altezza Reale” disse
fintamente
indignato, continuando lo scherzo.
Emily
rideva così tanto del battibecco tra i coniugi Weasley che
quasi non sentì
quello che disse Ron. Per sua fortuna riuscì a percepire la
parola ‘vestire’ e
intuire il pericolo.
“Non
c’è bisogno papà” disse
velocemente Emily “Ormai ho otto anni, posso vestirmi
da sola”.
“E
allora?” chiese Ron “Sai vestirti da sola da quando
avevi tre anni, non per
questo ho smesso di aiutarti”.
Emily
entrò nel panico. Cominciò a balbettare senza
sapere che dire. Per sua fortuna,
Hermione intervenne nella discussione.
“Forse
quello che vuole dire Rose, è che troppo grande per vestirsi
di fronte al
padre, e che vuole un po’ di privacy” disse
Hermione. Ron tornò a essere più
serio che mai, lasciando a terra Emily.
“Ha
ragione la mamma?” chiese quasi in sussurro Ron. Emily, pur
sapendo che questo
avrebbe ferito profondamente quell’uomo tanto buono e solare,
annuì e si
diresse immediatamente nella camera di Rose.
Ron
si sedette mogio sulla sedia più vicino a lui. Uno sbuffo
più violento di
quello di prima accompagnò il suo gesto.
“Andiamo
Ron, non puoi mettere il broncio perché tua figlia non ti
vuole in camera con
lei” esclamò Hermione con una punta di
esasperazione nella voce. Doveva
combattere quasi quotidianamente contro
l’iperprotettività di suo marito nei
confronti della figlia.
“Tu
non capisci Hermione” disse disperato Ron “Sai cosa
significa questo?”
“Che
forse Rose si vergogna a spogliarsi di fronte a qualcuno?”.
“Non
qualcuno, me!” sentenziò Ron, come se questo
bastasse a spiegare tutto il
melodramma che stava architettando. Dagli sguardi di Hermione e Hugo,
che
ascoltava la conversazione mangiucchiando biscotti (come già
detto da Rose,
loro due non si rendono mai conto di parlare a voce troppo alta, e
troppo
vicino ai figli), il discorso non era così chiaro.
“Mi
vede come maschio, non come padre!” disse amareggiato.
“Come uno del sesso
opposto”
“Che
vuol dire ‘sesso’?” domandò
ingenuamente Hugo.
Ron
si voltò velocemente verso Hermione e aprì bocca
ma lei fu più veloce.
“Parlaci
tu!” esclamò Hermione, uscendo di corsa dalla
cucina e lasciando Ron da solo
con un Hugo decisamente incuriosito.
***
“Buon
compleanno Rose!”
Emily
era appena uscita dal camino della Tana, e tutti i Weasley e i Potter
erano lì
davanti ad aspettarla per farle gli auguri tutti insieme.
“Bene,
abbiamo fatto gli auguri, ora possiamo tornare casa” disse
George Weasley
dirigendosi verso la porta.
“Meglio,
più torta per me!” esclamò Ron ancora
dentro il camino.
Emily
rise di gusto allo scambio di battute dei due, così come
tutti gli altri. Era
come se quel posto facesse diventare tutti più allegri e
spensierati. Anche lo
“zio” Harry, che finora aveva visto sempre stanco e
depresso, adesso sfoggiava
un sorriso a trentadue denti, nonostante fosse palese la spossatezza
che ancora
provava, segnata soprattutto da pesanti occhiaie e un colorito per
niente sano.
“Grazie
a tutti” strillò Emily, galvanizzata da tanta
allegria racchiusa in una sola
stanza. Tutti a turno vollero darle un bacio o un abbraccio; la signora
Weasley
ne diede in abbondanza di entrambi.
“Basta
nonna, non respiro!” disse ridendo Emily. La
“nonna” la poggiò a terra, dandole
un ultimo bacio.
“Ragazzi,
perché non andate a giocare in giardino mentre i grandi
sistemano per il
pranzo?”
La
proposta fu accolta da più di dieci urletti infantili, che
si precipitarono in
giardino. Emily stava finalmente per ammirare il giardino della Tana,
quando
all’ultimo secondo qualcosa le tirò il braccio.
“Ehi
Rose, aspetta, ti devo dire una cosa”
E
così si ritrovò trascinata su per le scale da
Albus Potter, il miglior amico di
Rose. Ma non il suo.
Era
molto dolce e amichevole ma non la entusiasmava stare con lui. La
copertura,
però, sarebbe saltata, se non l’avesse
accontentato.
Si
fermarono di fronte a una porta con su scritto
‘GINNY’ e Albus le fece segno di
entrare. Chiuse la porta e spiò dal buco della serratura se
per caso qualcuno
stesse origliando.
“Bene,
siamo soli, James non ci ha visto” disse Albus.
“Che
problema c’è se lo viene a sapere?”
chiese Emily al bambino che, nonostante
tutto, non aveva problemi con James.
“Se
venisse a sapere questo, mi prenderebbe in giro”
spiegò Al “Anzi, penso che
anche mamma e papà si arrabbierebbero”.
Emily
vide che stava tremando leggermente, mentre si torturava le mani e
tirava la
sua camicia.
“Che
cosa è successo?” chiese Emily, sinceramente
preoccupata.
“Prima
devi giurare” disse Al, sporgendo il braccio verso di lei.
Emily gli strinse
forte la mano e gridò: “Lo giuro!”
Albus
non disse nulla, né mollò la presa.
“Beh?”
esclamò Albus “E il resto?”
“Il
resto di cosa?” domandò confusa Emily.
“Il
resto della stretta segreta!”
Emily
spalancò gli occhi terrorizzata. Rose non le aveva parlato
di nessuna stretta
segreta. Sapeva del forte legame con Albus ma non pensava che fossero
tanto
uniti dal non rivelarle questo. Entrò nel pallone e Albus se
ne rese conto.
“Io…”
cercò di spiegare Emily “Non me la
ricordo…”.
“È
impossibile, l’hai inventata tu, me l’hai insegnata
e nessuno oltre a noi
due…”.
Si
fermò, come se si fosse appena accorto che il cielo era di
colore verde, e non
azzurro com’era sempre stato. Fissò Emily
intensamente, sempre con la stessa
espressione scioccata.
“Tu
non sei Rose!” esclamò infine Albus,
indietreggiando e indicandola sconvolto.
“Che
dici, è ridicolo!” balbettò Rose
cercando di scherzarci su, ma si rese conto da
sola che il suo tono di voce non era credibile.
“Davvero?”
le domandò scettico Al “E cosa è
successo lo scorso Natale a noi due?”
Emily
era sempre nervosa.
“Abbiamo…”
iniziò a dire, ma Al la fermò subito.
“Non
abbiamo fatto nulla, perché ho avuto il vaiolo di
drago!” le disse alzando la
camicia e mostrando la pelle butterata vicino all’ombelico
“Per fortuna mi è
rimasto solo questo e qualche scintilla quando starnutisco, ma
è stato comunque
bruttissimo e Rose non lo dimenticherebbe mai!”
Emily
si rassegnò all’evidenza dei fatti.
Tirò un grosso respiro e decise di
confessare tutto.
“Hai
ragione, non sono Rose” e fece vedere ad Albus la sua voglia
“Mi chiamo Emily
Dragan e vengo dalla Romania”.
Albus
spalancò la bocca sorpreso.
“Aspetta,
non stai usando una magia, sei davvero uguale a Rose!”
Emily
annuì e continuò a parlare: “Io e Rose
abbiamo solo questa voglia come differenza.
Appena mi ha visto ha pensato di scambiarci, perché io
volevo venire qua in
Inghilterra e lei voleva vedere i draghi da suo zio”.
L’umore
di Al sembrava essere completamente cambiato: dallo shock per
quell’estranea,
era passato alla meraviglia per la storia straordinaria.
“Wow!”
esclamò infine Albus, dopo qualche minuto passato ad
assimilare la notizia “Rose
è un genio”.
Emily
annuì concorde.
“Tra
due settimane circa tornerà con i miei genitori per
trasferirsi, e allora ci
scambieremo di nuovo!”.
“Aspetta
che lo sappiano gli altri…” disse elettrizzato
Albus, che uscì dalla porta
prima che Emily potesse fermarlo. Lei lo inseguì fino al
soggiorno, dove riuscì
a placcarlo. Gli mise una mano sopra la bocca per impedirgli di parlare
e
bisbigliò: “Non lo deve sapere nessuno, altrimenti
io e Rose saremo punite!”
Albus
mormorò qualcosa che somigliava vagamente a un ‘va
bene’ ed Emily lo lasciò
andare, permettendogli così di respirare meglio.
“La
prossima volta lavati le mani prima di tapparmi la bocca!”
gracchiò Albus “Mi è
entrata della cenere del camino!”
“Scusa”
disse colpevole Rose “Andiamo in cucina a prendere un
bicchiere d’acqua”. E si
avviarono verso la maniglia della porta per aprirla, ma la voce della
signora
Weasley gli fece cambiare idea.
“Non
è meglio se silenziamo la stanza?” chiese lei
preoccupata “Nel caso i bambini…”.
“Mamma,
non senti tutto il baccano che fanno?” le disse George
indicando la finestra
aperta dietro di lui “Non sentiranno nulla, e
finché non li chiamiamo, non
entreranno in casa neanche se gli tagliassero un braccio!”
Emily
e Albus avvicinarono le proprie orecchie alla porta, curiosi di sentire
il
resto della storia. Per sbaglio la scostarono di un paio di centimetri,
ma
nessuno dentro la cucina se ne accorse, così presero a
sbirciare e origliare
senza problemi.
“Che
cosa dicevi su Charlie, Harry?”
Harry
era seduto in modo tale che i due bambini non lo potessero vedere, ma
sentirono
che stava prendendo della carta; molta, molta carta: “Mi
è arrivata una sua
lettera quasi una settimana fa… se solo la
trovassi…”
Dai
suoni che riuscì a sentire, Emily pensò che
avesse fatto uscire centinaia di
fogli, e si chiese da dove diamine li avesse presi. Dopo un
po’, Harry esclamò:
“Accio lettera Charlie!”
Una
folata, ed Emily vide una lettera volare in aria. Il signor Weasley la
acchiappò
in aria e l’aprì.
“Dice
che sta bene, che non ci sono grossi problemi nella riserva e che sta
dando
tutto l’aiuto possibile agli Auror e ai civili”
riassunse Harry per loro.
“Non
ci sono segni di miglioramento?” chiese Angelina, la moglie
di George.
Harry
scosse la testa.
“La
situazione sta solo peggiorando” disse sconsolato
“Gli attacchi sono arrivati
fino in Transilvania, quasi al confine con
l’Ucraina”.
“E
speriamo rimangano lì” esclamò Percy,
poco distante da Harry e anche lui con
delle pesanti occhiaie “L’ultima cosa di cui
abbiamo bisogno e che in Ucraina
arrivi una guerra magica, oltre che quella Babbana in corso”
“Non
sapevo di questi attacchi in Transilvania” chiese Hermione,
preoccupata “Quando
ci sono stati?”
“Due
giorni fa un gruppo di giganti ha raso al suolo un’intera
città, senza lasciare
sopravvissuti”.
Ogni
parola di quella frase era pesante come un piccolo monte, e Harry
sentiva ogni
singolo grammo sulle sue spalle, ogni volta che doveva ripeterle; ma
era parte
del suo lavoro farlo.
“Gli
Auror hanno fatto il possibile, ma di Dragomirești* è rimasta solo
polvere”.
Emily si ghiacciò sul posto.
È
la mia città.
In
polvere.
Nessun
sopravvissuto.
Anche in cucina ci fu una reazione di angoscia a
quelle parole. Hermione impallidì e si portò le
mani sulla bocca.
“Oh, no!” esclamò a occhi spalancati
“I Dragan…”.
Tutti fissarono confusi Hermione, Albus compreso, che
aveva dimenticato di aver appena sentito quel cognome.
“Di che parli?” le domandò Harry.
“Una famiglia ha chiesto la cittadinanza qui… la
madre
era del Galles, non c’erano problemi”
cercò di spiegare Hermione, ma era
visibilmente provata nel farlo “Ma mi avevano detto di
rispedirli a casa, che
doveva passare un mese… e ora non ci sono
più”.
Ron la abbracciò da dietro, cercando di darle conforto
in qualche modo. Hermione si appoggiò alle sue braccia,
tremante, e continuò: “Avevano
una bambina dell’età di
Rose…”.
All’improvviso, fu come se Albus avesse appena capito
qualcosa di estremamente importante. Si voltò verso Emily, e
le vide il volto
ricoperto di grossi lacrimoni.
“Emily…” sussurrò Albus.
Emily continuò a piangere silenziosamente, senza dare
segno di aver sentito Albus. Tremava dalla punta delle dita fino alle
piccole
labbra, da cui cadevano a strapiombo goccioline di pianto e un
po’ di muco, che
cercava di fermare tirando su col naso. Tirò forte, cercando
di far smettere
questo pianto, ma più ci provava e più le parole
di Harry le risuonavano nel
cervello.
Due
giorni fa un gruppo di giganti
ha raso al suolo un’intera città, senza lasciare
sopravvissuti.
Di Dragomirești è rimasta solo
polvere.
E continuò a piangere, cercando invano
di fermarsi,
finché non ebbe un singulto. Dalla piccola fessura della
porta vide George
accorgersi della loro presenza.
“Rose, Al!” esclamò andando ad aprire la
porta. Anche
Ron si avvicinò e quando vide sua figlia in lacrime, si
precipitò a sollevarla
da terra e ad abbracciarla forte. Anche Ginny corse verso Albus, che
era
comunque pallido e spaventato. Ron si sedette su una sedia, poggiando
Emily su
un suo ginocchio. Hermione si avvicinò subito alla bambina,
asciugandole subito
le lacrime.
“Rose, calmati” le disse dolcemente “Va
tutto bene”
Ma la bambina non accennava a fermare il suo pianto;
anzi, stava aumentando.
“Che cosa avete sentito?” chiese ad Albus Harry,
una
volta avvicinatosi a lui e a Ginny.
“Noi…” cominciò a dire Al,
titubante “Hai detto che
non c’erano sopravvissuti, ma neanche uno?”
Harry scosse la testa, mesto. Emily intensificò il suo
pianto, ormai incontrollabile.
“Non piangere, principessa, c’è il tuo
papà” tentò di
consolarla Ron.
Ma non era suo padre, lui, e lei non era la sua
principessa. Entrambi erano morti e ridotti a una manciata di polvere.
“No…” disse Emily tra un singulto e
l’altro.
“Cosa?” chiese Ron confuso.
“Non sono una principessa, sono una draghessa!”
strillò tutt’in un fiato.
Hermione scattò al sentire quelle parole. Si
chinò su
di lei e cominciò a parlare a bassa voce, come se fosse una
conversazione solo
tra loro due.
“Che cosa hai detto di essere?” le
domandò, con la
voce sottile di chi non voleva farsi sentire, o di chi non ha la forza
di
esprimere un concetto troppo orribile.
“Una draghessa” scese dalle gambe di Ron e lo
guardò
in faccia. Doveva farlo. Dovevano saperlo.
“È così che mi chiama il mio
papà” continuò Emily.
“Io non ti ho mai chiamato così” disse
Ron, sempre più
confuso.
Emily aveva tanta voglia di correre, lontano da quella
stanza. Erano brave persone, non lo meritavano…
“Perché tu non sei il mio papà, e io
non sono Rose”
Tutti si guardarono confusi, come se la persona
accanto ne sapesse più di loro, che invece erano
all’oscuro della verità. Solo
Hermione continuava a fissare Emily, inginocchiata a terra per averla
più
vicina.
“C-che vuol dire che non sei Rose?”
Emily fece un respiro profondo e, come poco prima con
Albus, fece vedere la voglia a forma di fiamma sulla spalla.
“Io mi chiamo Emily Dragan” ora non c’era
uno sguardo
che non la perforasse “Io e Rose ci siamo scambiate al
Ministero…” vide
Hermione elaborare, davanti a sé, tutte quelle informazioni,
che combaciavano
alla perfezione, come pezzi di un indovinello nascosto.
Hermione era paralizzata a terra. Tutte le persone
dentro la cucina avevano smesso di fiatare, come se quel semplice gesto
fosse
talmente rumoroso da bloccare il pensiero di Hermione. Alla fine, emise
un
sussurro ancora più fiele degli altri: “Rose era
là?”
Emily annuì.
Fu come una ghigliottina, quel semplice gesto con la
testa. Ron cadde a terra, accanto a sua moglie, mentre Hermione
spalancò la
bocca, terrorizzata, mentre emetteva un urlo silenzioso, che perforava
l’anima,
invece che i timpani. Alla fine si accasciò accanto a Ron, e
fece uscire l’urlo
che il suo volto stava esprimendo senza fiato. E fu un urlo straziante,
carico
di dolore, amarezza e disperazione.
“ROSE! LA MIA BAMBINA!”
Ron la strinse, appoggiando il proprio capo sulla sua
folta chioma. Non per consolarla, ma per nascondere le proprie lacrime,
che
uscivano copiosamente, bagnando i ricci di sua moglie. Piangevano
entrambi e si
stringevano l’un l’altro, come se questo fosse
l’unico modo per sopravvivere. L’aria
non serviva a niente, il quel momento: solo la vicinanza con
l’altro, il
contatto, riusciva a dare loro una parvenza di senso, in una situazione
che
senso non ne aveva neanche un po’.
La loro bambina era morta.
Morta.
Morta.
Nessun altro pensiero riusciva a entrare nelle loro
menti.
Morta.
E davanti a questo strazio, Emily non ce la fece più.
“Mi dispiace…” disse tra le lacrime, e
corse via dalla
stanza.
Da quelle urla.
Da quel dolore.
molte troppe vittime morte per
davvero, e non solo in questa
fanfiction. Morti che restano morti.
P.S.: Se v’interessa saperlo, anche
Dragan è un vero
cognome rumeno.
Detto
questo, cercherò di velocizzarmi, esami permettendo.
(Maledetto
Giovanni Gentile!! Ma se gli esami di maturità sono un
lascito del Fascismo, e
il Fascismo e stato rese illegale, perché esiste ancora!?!?)
Ringrazio
tutto coloro che mi stanno seguendo e che si fanno sentire, e spero che
questo
capitolo vi sia piaciuto!
Alexia96