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Autore: Alexia96    11/06/2015    1 recensioni
Mentre un nuovo Male getta la sua oscura ombra sopra l'Europa, una straordinaria amicizia nasce fra due bambine. Due bambine simili, molto simili...
Dal primo capitolo:
“Cos’è quello?” disse Rose indicando una macchiolina sulla pelle.
“Mamma dice che è una voglia” spiegò Emily “Secondo mio papà assomiglia alla fiamma di un drago, mi chiama ‘Piccola Draghessa’, anche se mamma di che quella parola non esiste. Tu non ce l’hai?”
“No, non ho voglie” rispose Rose, allargando il colletto della T-shirt per mostrare la spalla sinistra.
Dal secondo capitolo:
“Ok, quindi ora dobbiamo spiare l’ufficio di tua mamma e aspettare che i miei genitori escono” disse Emily “Poi io entro nell’ufficio, mentre tu vai dai loro, esatto?”
“Giusto!” disse Rose. “e poi tra un mese tu devi fare in modo di essere qui al Ministero, così da poterci scambiare di nuovo”.
Era un piano geniale. E sebbene non fosse tutta farina del suo sacco, Rose non riusciva a non compiacersi della sua capacità di escogitare nuovi modi per disubbidire ai genitori.
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Albus Severus Potter, Hugo Weasley, Nuovo personaggio, Rose Weasley | Coppie: Ron/Hermione
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Dopo la II guerra magica/Pace, Nuova generazione
Capitoli:
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5. Verità a galla

 

Emily si svegliò di soprassalto. Al piano di sotto qualcuno stava trafficando con gli arnesi da cucina e a giudicare dalle voci che arrivavano dalla porta socchiusa, era tutta la sua famiglia temporanea.
“Ron, attento al forno!”.
“Hugo, smettila di aizzare i cucchiai contro di me!”
“Ma papi, ho fame, non vesisto!”
Si chiese perché tutta quell’agitazione per una semplice colazione domenicale. Controllò il calendarietto appoggiato nel comodino accanto al letto per vedere se aveva dimenticato qualche data speciale. Nel mese di maggio c’erano due date segnate da Rose: il due, squadrato in nero, e il ventisette, cerchiato con tanti colori sovrapposti. Dentro quell’arcobaleno di pastelli, in piccolo, lesse B-DAY.
Era il compleanno di Rose. Doveva esserle sfuggito quando avevano organizzato lo scambio. O forse non le importava granché. Finse di non aver sentito nulla e scese verso la cucina in punta di piedi. Arrivata di fronte alla porta della cucina, si fermò. Hermione stava finendo di cucinare le frittelle; Ron invece sistemava in un piatto, ancora fumanti, i biscotti alla cannella che piacevano tanto a entrambe le bambine (anche se lui non lo sapeva); Hugo completava il quadretto con un mazzolino di fiori appena sradicati.
Emily sorrise intenerita davanti a quella scena così dolce e piena d’amore; tutti i membri di quella famiglia si erano dati d’impegno per preparare una perfetta colazione di compleanno, e la festeggiata si trovava in un altro Stato. Non pensò che Rose fosse un’ingrata: lei voleva bene alla sua famiglia, lo aveva capito dal modo in cui gliel’aveva descritta. Non capiva però tutto questo desiderio di allontanarsi da qualcosa di così bello e profondo.
Hermione finì di spadellare le frittelle e si voltò, vedendo così Emily nascosta dietro la porta socchiusa.
“Rose!” esclamò la donna. Ron e Hugo seguirono lo sguardo di Hermione e videro la bambina entrare in cucina con un sorriso a trentadue denti.
Auguvi Vose!” strillò Hugo correndole addosso e stritolandola in un abbraccio. Emily ricambiò la stretta fino a sollevarlo in aria, ruotando su se stessa. Ron si avvicinò di soppiatto ai due bambini, poi li prese entrambi in braccio.
“Auguri principessa!” disse Ron, schioccandole un bacio sulla guancia. Anche Hermione si avvicinò, baciandole l’altra guancia.
“Buon compleanno, Rose!” disse Hermione “Vai veloce a vestirti, così possiamo fare colazione tutti insieme”.
“E farle fare le scale?” esclamò Ron mettendo giù Hugo “Non sia mai che la mia principessa si sforzi in tale maniera!”
Hermione alzò il sopracciglio sinistro e sbuffò, prendendolo in giro.
“Sbuffa, mentre io vado a vestire la mia piccola Altezza Reale” disse fintamente indignato, continuando lo scherzo.
Emily rideva così tanto del battibecco tra i coniugi Weasley che quasi non sentì quello che disse Ron. Per sua fortuna riuscì a percepire la parola ‘vestire’ e intuire il pericolo.
“Non c’è bisogno papà” disse velocemente Emily “Ormai ho otto anni, posso vestirmi da sola”.
“E allora?” chiese Ron “Sai vestirti da sola da quando avevi tre anni, non per questo ho smesso di aiutarti”.
Emily entrò nel panico. Cominciò a balbettare senza sapere che dire. Per sua fortuna, Hermione intervenne nella discussione.
“Forse quello che vuole dire Rose, è che troppo grande per vestirsi di fronte al padre, e che vuole un po’ di privacy” disse Hermione. Ron tornò a essere più serio che mai, lasciando a terra Emily.
“Ha ragione la mamma?” chiese quasi in sussurro Ron. Emily, pur sapendo che questo avrebbe ferito profondamente quell’uomo tanto buono e solare, annuì e si diresse immediatamente nella camera di Rose.
Ron si sedette mogio sulla sedia più vicino a lui. Uno sbuffo più violento di quello di prima accompagnò il suo gesto.
“Andiamo Ron, non puoi mettere il broncio perché tua figlia non ti vuole in camera con lei” esclamò Hermione con una punta di esasperazione nella voce. Doveva combattere quasi quotidianamente contro l’iperprotettività di suo marito nei confronti della figlia.
“Tu non capisci Hermione” disse disperato Ron “Sai cosa significa questo?”
“Che forse Rose si vergogna a spogliarsi di fronte a qualcuno?”.
“Non qualcuno, me!” sentenziò Ron, come se questo bastasse a spiegare tutto il melodramma che stava architettando. Dagli sguardi di Hermione e Hugo, che ascoltava la conversazione mangiucchiando biscotti (come già detto da Rose, loro due non si rendono mai conto di parlare a voce troppo alta, e troppo vicino ai figli), il discorso non era così chiaro.
“Mi vede come maschio, non come padre!” disse amareggiato. “Come uno del sesso opposto”
“Che vuol dire ‘sesso’?” domandò ingenuamente Hugo.
Ron si voltò velocemente verso Hermione e aprì bocca ma lei fu più veloce.
“Parlaci tu!” esclamò Hermione, uscendo di corsa dalla cucina e lasciando Ron da solo con un Hugo decisamente incuriosito. 

 

 

 

***

 

 

 

“Buon compleanno Rose!”
Emily era appena uscita dal camino della Tana, e tutti i Weasley e i Potter erano lì davanti ad aspettarla per farle gli auguri tutti insieme.
“Bene, abbiamo fatto gli auguri, ora possiamo tornare casa” disse George Weasley dirigendosi verso la porta.
“Meglio, più torta per me!” esclamò Ron ancora dentro il camino.
Emily rise di gusto allo scambio di battute dei due, così come tutti gli altri. Era come se quel posto facesse diventare tutti più allegri e spensierati. Anche lo “zio” Harry, che finora aveva visto sempre stanco e depresso, adesso sfoggiava un sorriso a trentadue denti, nonostante fosse palese la spossatezza che ancora provava, segnata soprattutto da pesanti occhiaie e un colorito per niente sano.
“Grazie a tutti” strillò Emily, galvanizzata da tanta allegria racchiusa in una sola stanza. Tutti a turno vollero darle un bacio o un abbraccio; la signora Weasley ne diede in abbondanza di entrambi.
“Basta nonna, non respiro!” disse ridendo Emily. La “nonna” la poggiò a terra, dandole un ultimo bacio.
“Ragazzi, perché non andate a giocare in giardino mentre i grandi sistemano per il pranzo?”
La proposta fu accolta da più di dieci urletti infantili, che si precipitarono in giardino. Emily stava finalmente per ammirare il giardino della Tana, quando all’ultimo secondo qualcosa le tirò il braccio.
“Ehi Rose, aspetta, ti devo dire una cosa”
E così si ritrovò trascinata su per le scale da Albus Potter, il miglior amico di Rose. Ma non il suo.
Era molto dolce e amichevole ma non la entusiasmava stare con lui. La copertura, però, sarebbe saltata, se non l’avesse accontentato.
Si fermarono di fronte a una porta con su scritto ‘GINNY’ e Albus le fece segno di entrare. Chiuse la porta e spiò dal buco della serratura se per caso qualcuno stesse origliando.
“Bene, siamo soli, James non ci ha visto” disse Albus.
“Che problema c’è se lo viene a sapere?” chiese Emily al bambino che, nonostante tutto, non aveva problemi con James.
“Se venisse a sapere questo, mi prenderebbe in giro” spiegò Al “Anzi, penso che anche mamma e papà si arrabbierebbero”.
Emily vide che stava tremando leggermente, mentre si torturava le mani e tirava la sua camicia.
“Che cosa è successo?” chiese Emily, sinceramente preoccupata.
“Prima devi giurare” disse Al, sporgendo il braccio verso di lei. Emily gli strinse forte la mano e gridò: “Lo giuro!”
Albus non disse nulla, né mollò la presa.
“Beh?” esclamò Albus “E il resto?”
“Il resto di cosa?” domandò confusa Emily.
“Il resto della stretta segreta!”
Emily spalancò gli occhi terrorizzata. Rose non le aveva parlato di nessuna stretta segreta. Sapeva del forte legame con Albus ma non pensava che fossero tanto uniti dal non rivelarle questo. Entrò nel pallone e Albus se ne rese conto.
“Io…” cercò di spiegare Emily “Non me la ricordo…”.
“È impossibile, l’hai inventata tu, me l’hai insegnata e nessuno oltre a noi due…”.
Si fermò, come se si fosse appena accorto che il cielo era di colore verde, e non azzurro com’era sempre stato. Fissò Emily intensamente, sempre con la stessa espressione scioccata.
“Tu non sei Rose!” esclamò infine Albus, indietreggiando e indicandola sconvolto.
“Che dici, è ridicolo!” balbettò Rose cercando di scherzarci su, ma si rese conto da sola che il suo tono di voce non era credibile.
“Davvero?” le domandò scettico Al “E cosa è successo lo scorso Natale a noi due?”
Emily era sempre nervosa.
“Abbiamo…” iniziò a dire, ma Al la fermò subito.
“Non abbiamo fatto nulla, perché ho avuto il vaiolo di drago!” le disse alzando la camicia e mostrando la pelle butterata vicino all’ombelico “Per fortuna mi è rimasto solo questo e qualche scintilla quando starnutisco, ma è stato comunque bruttissimo e Rose non lo dimenticherebbe mai!”
Emily si rassegnò all’evidenza dei fatti. Tirò un grosso respiro e decise di confessare tutto.
“Hai ragione, non sono Rose” e fece vedere ad Albus la sua voglia “Mi chiamo Emily Dragan e vengo dalla Romania”.
Albus spalancò la bocca sorpreso.
“Aspetta, non stai usando una magia, sei davvero uguale a Rose!”
Emily annuì e continuò a parlare: “Io e Rose abbiamo solo questa voglia come differenza. Appena mi ha visto ha pensato di scambiarci, perché io volevo venire qua in Inghilterra e lei voleva vedere i draghi da suo zio”.
L’umore di Al sembrava essere completamente cambiato: dallo shock per quell’estranea, era passato alla meraviglia per la storia straordinaria.
“Wow!” esclamò infine Albus, dopo qualche minuto passato ad assimilare la notizia “Rose è un genio”.
Emily annuì concorde.
“Tra due settimane circa tornerà con i miei genitori per trasferirsi, e allora ci scambieremo di nuovo!”.
“Aspetta che lo sappiano gli altri…” disse elettrizzato Albus, che uscì dalla porta prima che Emily potesse fermarlo. Lei lo inseguì fino al soggiorno, dove riuscì a placcarlo. Gli mise una mano sopra la bocca per impedirgli di parlare e bisbigliò: “Non lo deve sapere nessuno, altrimenti io e Rose saremo punite!”
Albus mormorò qualcosa che somigliava vagamente a un ‘va bene’ ed Emily lo lasciò andare, permettendogli così di respirare meglio.
“La prossima volta lavati le mani prima di tapparmi la bocca!” gracchiò Albus “Mi è entrata della cenere del camino!”
“Scusa” disse colpevole Rose “Andiamo in cucina a prendere un bicchiere d’acqua”. E si avviarono verso la maniglia della porta per aprirla, ma la voce della signora Weasley gli fece cambiare idea.
“Non è meglio se silenziamo la stanza?” chiese lei preoccupata “Nel caso i bambini…”.
“Mamma, non senti tutto il baccano che fanno?” le disse George indicando la finestra aperta dietro di lui “Non sentiranno nulla, e finché non li chiamiamo, non entreranno in casa neanche se gli tagliassero un braccio!”
Emily e Albus avvicinarono le proprie orecchie alla porta, curiosi di sentire il resto della storia. Per sbaglio la scostarono di un paio di centimetri, ma nessuno dentro la cucina se ne accorse, così presero a sbirciare e origliare senza problemi.
“Che cosa dicevi su Charlie, Harry?”
Harry era seduto in modo tale che i due bambini non lo potessero vedere, ma sentirono che stava prendendo della carta; molta, molta carta: “Mi è arrivata una sua lettera quasi una settimana fa… se solo la trovassi…”
Dai suoni che riuscì a sentire, Emily pensò che avesse fatto uscire centinaia di fogli, e si chiese da dove diamine li avesse presi. Dopo un po’, Harry esclamò: “Accio lettera Charlie!”
Una folata, ed Emily vide una lettera volare in aria. Il signor Weasley la acchiappò in aria e l’aprì.
“Dice che sta bene, che non ci sono grossi problemi nella riserva e che sta dando tutto l’aiuto possibile agli Auror e ai civili” riassunse Harry per loro.
“Non ci sono segni di miglioramento?” chiese Angelina, la moglie di George.
Harry scosse la testa.
“La situazione sta solo peggiorando” disse sconsolato “Gli attacchi sono arrivati fino in Transilvania, quasi al confine con l’Ucraina”.
“E speriamo rimangano lì” esclamò Percy, poco distante da Harry e anche lui con delle pesanti occhiaie “L’ultima cosa di cui abbiamo bisogno e che in Ucraina arrivi una guerra magica, oltre che quella Babbana in corso”
“Non sapevo di questi attacchi in Transilvania” chiese Hermione, preoccupata “Quando ci sono stati?”
“Due giorni fa un gruppo di giganti ha raso al suolo un’intera città, senza lasciare sopravvissuti”.
Ogni parola di quella frase era pesante come un piccolo monte, e Harry sentiva ogni singolo grammo sulle sue spalle, ogni volta che doveva ripeterle; ma era parte del suo lavoro farlo.
“Gli Auror hanno fatto il possibile, ma di
Dragomirești* è rimasta solo polvere”.
Emily si ghiacciò sul posto.

È la mia città.
In polvere.
Nessun sopravvissuto.

Anche in cucina ci fu una reazione di angoscia a quelle parole. Hermione impallidì e si portò le mani sulla bocca.
“Oh, no!” esclamò a occhi spalancati “I Dragan…”.
Tutti fissarono confusi Hermione, Albus compreso, che aveva dimenticato di aver appena sentito quel cognome.
“Di che parli?” le domandò Harry.
“Una famiglia ha chiesto la cittadinanza qui… la madre era del Galles, non c’erano problemi” cercò di spiegare Hermione, ma era visibilmente provata nel farlo “Ma mi avevano detto di rispedirli a casa, che doveva passare un mese… e ora non ci sono più”.
Ron la abbracciò da dietro, cercando di darle conforto in qualche modo. Hermione si appoggiò alle sue braccia, tremante, e continuò: “Avevano una bambina dell’età di Rose…”.
All’improvviso, fu come se Albus avesse appena capito qualcosa di estremamente importante. Si voltò verso Emily, e le vide il volto ricoperto di grossi lacrimoni.
“Emily…” sussurrò Albus.
Emily continuò a piangere silenziosamente, senza dare segno di aver sentito Albus. Tremava dalla punta delle dita fino alle piccole labbra, da cui cadevano a strapiombo goccioline di pianto e un po’ di muco, che cercava di fermare tirando su col naso. Tirò forte, cercando di far smettere questo pianto, ma più ci provava e più le parole di Harry le risuonavano nel cervello.

Due giorni fa un gruppo di giganti ha raso al suolo un’intera città, senza lasciare sopravvissuti.
Di
Dragomirești è rimasta solo polvere.

E continuò a piangere, cercando invano di fermarsi, finché non ebbe un singulto. Dalla piccola fessura della porta vide George accorgersi della loro presenza.
“Rose, Al!” esclamò andando ad aprire la porta. Anche Ron si avvicinò e quando vide sua figlia in lacrime, si precipitò a sollevarla da terra e ad abbracciarla forte. Anche Ginny corse verso Albus, che era comunque pallido e spaventato. Ron si sedette su una sedia, poggiando Emily su un suo ginocchio. Hermione si avvicinò subito alla bambina, asciugandole subito le lacrime.
“Rose, calmati” le disse dolcemente “Va tutto bene”
Ma la bambina non accennava a fermare il suo pianto; anzi, stava aumentando.
“Che cosa avete sentito?” chiese ad Albus Harry, una volta avvicinatosi a lui e a Ginny.
“Noi…” cominciò a dire Al, titubante “Hai detto che non c’erano sopravvissuti, ma neanche uno?”
Harry scosse la testa, mesto. Emily intensificò il suo pianto, ormai incontrollabile.
“Non piangere, principessa, c’è il tuo papà” tentò di consolarla Ron.
Ma non era suo padre, lui, e lei non era la sua principessa. Entrambi erano morti e ridotti a una manciata di polvere.
“No…” disse Emily tra un singulto e l’altro.
“Cosa?” chiese Ron confuso.
“Non sono una principessa, sono una draghessa!” strillò tutt’in un fiato.
Hermione scattò al sentire quelle parole. Si chinò su di lei e cominciò a parlare a bassa voce, come se fosse una conversazione solo tra loro due.
“Che cosa hai detto di essere?” le domandò, con la voce sottile di chi non voleva farsi sentire, o di chi non ha la forza di esprimere un concetto troppo orribile.
“Una draghessa” scese dalle gambe di Ron e lo guardò in faccia. Doveva farlo. Dovevano saperlo.
“È così che mi chiama il mio papà” continuò Emily.
“Io non ti ho mai chiamato così” disse Ron, sempre più confuso.
Emily aveva tanta voglia di correre, lontano da quella stanza. Erano brave persone, non lo meritavano…
“Perché tu non sei il mio papà, e io non sono Rose”
Tutti si guardarono confusi, come se la persona accanto ne sapesse più di loro, che invece erano all’oscuro della verità. Solo Hermione continuava a fissare Emily, inginocchiata a terra per averla più vicina.
“C-che vuol dire che non sei Rose?”
Emily fece un respiro profondo e, come poco prima con Albus, fece vedere la voglia a forma di fiamma sulla spalla.
“Io mi chiamo Emily Dragan” ora non c’era uno sguardo che non la perforasse “Io e Rose ci siamo scambiate al Ministero…” vide Hermione elaborare, davanti a sé, tutte quelle informazioni, che combaciavano alla perfezione, come pezzi di un indovinello nascosto.
Hermione era paralizzata a terra. Tutte le persone dentro la cucina avevano smesso di fiatare, come se quel semplice gesto fosse talmente rumoroso da bloccare il pensiero di Hermione. Alla fine, emise un sussurro ancora più fiele degli altri: “Rose era là?”
Emily annuì.
Fu come una ghigliottina, quel semplice gesto con la testa. Ron cadde a terra, accanto a sua moglie, mentre Hermione spalancò la bocca, terrorizzata, mentre emetteva un urlo silenzioso, che perforava l’anima, invece che i timpani. Alla fine si accasciò accanto a Ron, e fece uscire l’urlo che il suo volto stava esprimendo senza fiato. E fu un urlo straziante, carico di dolore, amarezza e disperazione.
“ROSE! LA MIA BAMBINA!”
Ron la strinse, appoggiando il proprio capo sulla sua folta chioma. Non per consolarla, ma per nascondere le proprie lacrime, che uscivano copiosamente, bagnando i ricci di sua moglie. Piangevano entrambi e si stringevano l’un l’altro, come se questo fosse l’unico modo per sopravvivere. L’aria non serviva a niente, il quel momento: solo la vicinanza con l’altro, il contatto, riusciva a dare loro una parvenza di senso, in una situazione che senso non ne aveva neanche un po’.
La loro bambina era morta.
Morta.
Morta.
Nessun altro pensiero riusciva a entrare nelle loro menti.
Morta.
E davanti a questo strazio, Emily non ce la fece più.
“Mi dispiace…” disse tra le lacrime, e corse via dalla stanza.
Da quelle urla.
Da quel dolore.    

 

 

 

 

 

 

 

 

 
* Dragomirești è una vera città della Transilvania, vera regione della Romania(vera terra di Dracula? Chi lo sa…). Si trova davvero vicino all’Ucraina e, se ho fatto i conti giusti, Rose compie otto anni il 27 maggio 2014, mentre in Ucraina viene attuata, purtroppo, una vera rivoluzione, che porterà a molte troppe vittime morte per davvero, e non solo in questa fanfiction. Morti che restano morti.

P.S.: Se v’interessa saperlo, anche Dragan è un vero cognome rumeno.

 

 

 

 

 

 Potete dire e fare quello che volete, ma sappiate che sono straziata tanto quanto voi! E non solo per quello che avete appena letto(non picchiatemi!), ma anche per quanto tempo ci ho messo! Sì, perché noi fanwriter non siamo mai felici di ritardare nello scrivere un capitolo!
Detto questo, cercherò di velocizzarmi, esami permettendo.
(Maledetto Giovanni Gentile!! Ma se gli esami di maturità sono un lascito del Fascismo, e il Fascismo e stato rese illegale, perché esiste ancora!?!?)
Ringrazio tutto coloro che mi stanno seguendo e che si fanno sentire, e spero che questo capitolo vi sia piaciuto!

 

Alexia96

 

 

 

 

 

 

  
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