3. Grahitṛ
[Virgo no Shaka]
L’acarya ripete silenzio.
Perché
la voce è pericolosa, fuori dal mantra. Mentre lo juzu si sgrana nella mano e la
voce (una litania) è potere.
Ma al potere (brutto) della voce non ci crede.
E il silenzio non gli piace.
Perché
è curioso e vuole parlare. Anche se
nella stupa
l’acarya
ripete silenzio. E allora impara: un’altra voce (per sapere). Le mani si muovono; e le parole (le
mani) raccontano.
L’acarya ripete: silenzio; ma le sue mani (silenziose) chiedono e danzano. E dicono ohm e
insegnano e pensano, le mani (pericolose)
che parlano.
E scoprono di saper dire anche: khan.
Nota al titolo:
In sanscrito, grahitṛ è una
parola religiosa, derivata dalla cristallizzazione del participio e significa colui che comprende.
Il sanscrito è la più antica lingua dell’India; appartenente
al ceppo definito indo-europeo, e secondo vari filologi è la lingua da cui
deriverebbero i vari idiomi indiani moderni e le stesse lingue europee, fra cui
il greco e il nostro italiano.
De verbis
Terza drabble: l’equilibrio, se vogliamo. Anche se, in
origine, lo scopo della drabble era proprio di
rendere l’idea dello spezzato.
E in parte credo di esserci riuscita. Anche se, in verità,
penso che Shaka sia troppo sfaccettato per esser racchiuso in cento parole. Questo è davvero uno spaccato, concentrato su un particolare
ben preciso: la gestualità.
Di nuovo, c’è un riferimento “iconografico”, più
precisamente questo, cui va sommata una mia modesta riflessione sulle puntate
di Hades relative al
cavaliere. Mani. Mani, mani e mani riprese in varie pose e angolazioni.
Mani in continuo movimento. Shaka non parla; Shaka è gesto che si
esprime.
Sono i mundra, le posture che nella dottrina buddhista
corrispondono a un discorso intero. E mi sono chiesta: perché un asceta (se
vogliamo chiamarlo così) si concentra sul gesto?
Ecco: sono partita da qui.
Volevo dare un senso più specifico al ricorrere di Shaka alle mani. Certo, la sua fede;
certo, le armi. Ma anche il solo modo che ha di
parlare, di comunicare durante
l’infanzia trascorsa nel silenzio del tempio (il silenzio di Buddha).
Il mio Shaka è curioso. Principalmente perché è un
bambino; e come ogni bambino, davanti ad un divieto,
cerca la scappatoia.
E io gliel’ho data nelle mani, la
fuga. Adattandomi anche alla simbologia indiana che carica la voce di retaggi
magici e sottintende al gesto un potere mistico ed evocativo. La danza stessa
(e le mani di Shaka danzano) è formata di gesti che parlano.
Non testo; solo gesti. Altrimenti sarebbe come avere due canzoni in sincrono.
Mani, silenzi e parole da una parte;
e dall’altra la comprensione. Il mio Shaka
comprende. Ma non intendo il sapere
che lo porta ad essere il cavaliere più vicino agli
dei, l’illuminato. Credo che piuttosto sia la
comprensione di non essere vincolati, di poter aggirare un ostacolo in
qualche modo. Ecco il motivo per cui ho scelto il titolo sopra specificato.
Fin da bambino, Shaka dimostra di comprendere che non c’è una sola faccia
del reale. Puoi vedere senza gli occhi; puoi parlare senza
usare la voce.
Ritengo proprio che una delle grandezze di questo
personaggio sia la profondità ingenua e disarmante che lo caratterizza. Quasi
un bambino troppo cresciuto, ma che resta un bambino. E si stupisce e spaventa
di saper raffigurare nelle mani l’inizio
della vita (ohm) e di poter dare realmente
la morte, con le mani (khan).
Infine: acarya è uno dei due maestri che seguono la crescita di un
novizio nel buddhismo, mentre il mantra
è una litania religiosa, recitata con lo juzu (termine giapponese per
indicare il rosario a 108 grani proprio del credo buddhista) nella stupa, il luogo
sacro dove si conservano le reliquie del Buddha. Per ultimi: ohm e khan, rispettivamente, inizio
e apertura o vuoto (riducendo
all’essenziale i due termini, che possono corrispondere in una certa
banalizzazione all’ alpha e
all’omega, alla vita e alla morte) sono due formule proprie del mantra. In esse
ho voluta rappresentare la capacità di Shaka di essere in sospeso fra i due mondi.
[Remerciements]
NinfaDellaTerra: lieta che il mio Shura sia stato di tuo gradimento. Concordo con te: Shura è un personaggio estremamente
complesso (non il solo, per fortuna. O sfortuna nera XD), e se ci si aggiunge
quel suo carattere schivo, ben in opposizione all’idea caliente
che si ha degli ispanici…Sì. Direi proprio che c’è abbastanza materiale per fare di Capricorn un
interessante soggetto da lettino di psicoterapia.
Adoro certi aspetti della
chiromanzia, e avendo deciso di avere le mani
come trait d’union
della raccolta, mi è parso che Shura e la cultura
spagnola fosse la più indicata ad un simile
riferimento.
Grazie infinite per i complimenti. Mi imbarazzano tanto^/////////////////////////^
(e non è falsa modestia!)
Miriel67: Merci, ma cherì! Sono contenta che
Shura sia stato di tuo gradimento. Se non si va d’accordo
fra affini (di segno). L’idea della linea della vita (ripensandoci) mi è venuta
un po’ da Saiyuki
(non il Reload), ma cambia di qua, metti un po’ di
Spagna di là…Alla fine quella piccola idea s’è dispersa, e non ho nemmeno messo
in nota il riferimento. Troppo diverso.
Kagura92: Grazie!
Sono davvero contenta che ti sia piaciuta. Anch’io è da poco che sto
rivalutando Shura (e non solo), ma temo che sia l’età
che avanza XD. Crescere con i cavalieri ha vantaggi e svantaggi, eh già! L’idea di inserire lo spagnolo è
stata un po’ un’incognita fino all’ultimo. In sostanza, tendo nelle drabble a far evocare
lo sfondo mediante le parole (esotiche, temo di dover dire); ma per Shura avevo paura di essermi lasciata prendere un po’
troppo la mano. Anche se, alla fine, mi sembrava di sentire una specie di musicalità. Non perché fosse bella la storia, ma perché le parole mi
mettevano davanti delle immagini: così.
Blackvirgo: Una corrida…Oddio! Sai che questo commento mi ha investita? Perché all’inizio
avevo l’intenzione di inserircelo, un riferimento diretto alla corrida, ma poi complice la facilità di scadere nel
retorico e la difficoltà di astrarre in allusione, avevo fatto cadere. E
adesso: tu dici che tutto è una corrida. E sì, mi piace. Mi piace molto!
E adesso…Un tuo vecchio amico XD
Speriamo! Dopo la tua drabble, ho un po’ (tanta) paura che questo Shaka risulti una macchietta (non
che mi aspetti di riuscire a renderlo bene, per carità. Ma
con la tua davanti agli occhi…)
Ti con zero: Merci! Mi onori molto con le tue
parole. Grazie davvero
Dialogando
Riprendo oggi, dopo la pausa
natalizia (forzata).
Con la drabble
promessa sul Cavaliere di Virgo. Una vera impresa, se mi è concesso. La parte più
difficile è stato raccogliere tutto il materiale
relativo alla simbologia della voce e della parola in India, e rispolverare la
mia grammatica sanscrita.
Alla fine, questo è il risultato.
Spero che sia accettabile.
Un’ultima piccola annotazione: so
bene che Khan indica anche una delle
maggiori tecniche difensive di Shaka di Virgo, ma qui intende la capacità del cavaliere di creare
il vuoto (nel movimento delle mani e
nella voce) e quindi di dare la morte con quelle stesse mani che chiedono e si interrogano sulla vita.
Prossimo personaggio: Aquarius no Camus
Alla vostra gentilezza.