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Autore: FatherAndersonLover    12/06/2015    0 recensioni
[Tanz Der Vampire]
Ho pensato che il mondo necessitasse di maggiore introspezione riguardo la sfera emotiva del conte Von Krolock, e dato che le opere di cui fa parte tendono a non dare spazio al suo trascorso sentimentale ho deciso di farlo io(suona parecchio disperata come cosa) e di rendere giustizia al vampiro su un piano che vada oltre la patina comica che lo riveste.
Genere: Fluff, Introspettivo, Song-fic | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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"Sei tutto il mio mondo."

Avesse dovuto tenere il conto di tutte le volte in cui aveva avuto l'impressione di tremare - soltanto un'impressione, poiché da secoli ormai anche il gelo più intenso non gli causava che uno stoico cipiglio di sufficienza - nel richiamare alla memoria quelle parole, avrebbe avuto da contare per almeno un migliaio degli anni che aveva davanti, senza neppure avvicinarsi al numero effettivo. E se ogni altra cosa col tempo era andata perduta, se luoghi e suoni e incontri fra i più disparati si erano nelle decadi mescolati in una nebbia opaca dalla quale sarebbe stato pressoché impossibile rievocarli uno ad uno, tutto ciò che era - o era stato - legato a lei era miracolosamente rimasto intatto, uno specchio d'acqua limpida nel mezzo di una torrida palude: i fili d'erba chiari che avevano sfiorato i suoi piedi nudi sulle colline in primavera, il colore innaturale che le sue labbra avevano rubato all'aurora, il velo invidioso che celava l'oro pallido dei suoi capelli al funerale dell'anziana madre, l'arco perfetto che il suo corpo da Silfide creava nel trattenere l'ampia gonna se una folata di vento malandrino tentava di scoprire le cosce color madreperla...tutto, tutto si palesava in un istante di fronte agli occhi stanchi del conte.
E quanto si sentiva stupido, quanto si sentiva cieco nel realizzare che per un soffio aveva rischiato di non cogliere il candido gelsomino, abbagliato dalla volgare appariscenza di centinaia di rose: lei non era il Sole onnipresente né la nobile Luna, lei era una stellina lontana e immersa nell'oscurità del suo cielo, timida e svampita e sempre in cerca di un pretesto per occultarsi nella luce più viva di qualche compagna. Lei vestiva in modo semplice, con la vezzosa grazia di una bambina, e come una bambina trascinava i passi a capo chino, perduta forse nell'intreccio dell'ultimo libro che aveva letto; lei non era capace - e neppure lo sarebbe diventata in futuro - di tingere di un favolistico nero quelle sue ciglia color narciso, né di stringere un qualsiasi corsetto in modo da creare l'illusione che il velluto chiaro dell'abito celasse qualcosa di più sostanzioso rispetto a quelle che erano le due pallide, delicate colombelle placidamente accoccolate sul suo gracile petto; lei fuggiva le chiacchiere e i pubblici convenevoli, schiudeva le labbra solo per cantare, solo con arie e ninnananne faceva conoscere i toni limpidi e argentini della sua voce musicale.
Lei...lei che aveva passato i primi mesi a evitare lo sguardo dello sconosciuto dalle tinte tetre che poi l'avrebbe sposata, lei che era rimasta seduta in un angolo a sospirare con gli occhi bassi mentre lo stesso sconosciuto guidava la sorella - a sua volta un fiore, e già una donna - in un valzer traboccante di patetica ambiguità, lei, Brenda, aveva conservato le proprie iridi ametista per le partite a scacchi in giardino, per le letture che spesso domandava - no, pretendeva - solo dal conte e dalla sua voce profonda, per i deliziosamente impietosi "Questo non mi pare il momento né il luogo adatto, Herr Krolock!" quando il suo sfacciato ospite le faceva scivolare con noncuranza un braccio attorno alla vita sottile - c'era il fuoco, in fin dei conti, sotto quel tulle leggero. Aveva conservato quei languidi frammenti di paradiso per annegarli nelle lacrime quando la tubercolosi le aveva strappato il sangue del suo sangue, per tenerli chiusi e delicatamente premuti contro la spalla di quello che da allora sarebbe stato il suo Johannes, per rivolgerglieli in preda a un'amabile confusione quando lui l'aveva avuta per la prima volta - lei, oh, lei lo possedeva già da tempo, ormai - e per farseli invadere da un tremulo luccichio mentre con il consueto passo incerto, una fanciulla nell'abito da sposa della madre, vinceva i gradini che portavano all'altare. 
"Sei tutto il mio mondo - aveva sussurrato ridendo sulle labbra di quello che finalmente era suo marito - finché morte non ci separi!", e fin quando la morte non li aveva separati, con Dio come testimone, erano stati l'uno il mondo dell'altra.
Avevano condiviso, fra le stanze e i corridoi che il secolare vampiro misurava ora a passi lenti e con gli occhi bassi, tutto ciò che dell'amore c'è da condividere, consumato tutto quanto c'è da consumare, conosciuto le più segrete gioie e recondite paure di ciascuno, e non avevano mai smesso di innamorarsi, neppure quando la luce di lei era venuta in conflitto con le ombre di lui, neppure quando per abbracciare completamente lui lei aveva perso se stessa, neppure quando alla fine era stata lei a incontrare il Golgota al quale lui era sempre scampato: lei che per la prima volta quel povero diavolo avrebbe voluto preservare nella sua innocenza estranea al cremisi del sangue, lei che gli era stata portata via con una crudeltà che nonostante tutto non aveva mai conosciuto, che era così lontana dal concetto puro di quell'angelo biondo, lei aveva portato con sé nelle fiamme qualsiasi desiderio di cui quel cuore immobile fosse capace.
Eppure - il conte ne era più convinto che mai ora che si trovava ad appena un passo da quel minuscolo giaciglio in legno bianco - un frammento, un soffio di lei era rimasto a farsi amare, ancorato al suolo da quanto di più puro si potesse provare per un altro essere vivente: i sottilissimi e quasi incorporei fili opalini graziosamente sparsi sul cuscino di seta, il diafano pugnetto premuto contro le labbra rosate, le lunghe ciglia chiare a far ombra alle guanciotte di pesca e una serenità che va preservata dipinta in volto, lo specchio ancora infante della sua bella sposa si lasciava languidamente accarezzare dalla mano che lo avrebbe sempre tenuto al sicuro, che non avrebbe mai lasciato la sua, che non avrebbe compiuto due volte lo stesso errore.
«Sei tutto il mio mondo - aveva mormorato con un tono commosso che quasi non era il suo, che quasi apparteneva alla sua Brenda, prima di chinarsi a baciare la fronte del bambino - ...fino alla morte.»
  
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