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Autore: BdbzB    12/06/2015    4 recensioni
Eccomi con una nuova traduzione. Questa volta è una raccolta di one-shots, quindi non sono collegate le une con le altre. In queste storie vedremo Oliver e Felicity alle prese con diverse situazioni.
Dal secondo capitolo:
"[...]Rannicchiandosi contro di lui permise alla sua mente si spegnersi. [...] Tutto ciò che riusciva a vedere era l’immagine sfocata della barbetta di un giorno di Oliver, e il bordo del colletto della sua camicia.
Sentiva delle voci ora, non solo quella di Oliver. Lentamente si rese conto che la musica nel club era stata spenta, e lo spazio intorno a loro era più luminoso.
'Perché non la porti nel tuo ufficio, capo? Aspetto io la polizia' sentì dire da Roy con attenzione, come se avesse paura di spaventarla solo con la sua voce.
La testa di Oliver si posò sulla sua. 'Ti porto sopra. Sei al sicuro.'"
Genere: Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Felicity Smoak, John Diggle, Oliver Queen, Thea Queen
Note: Raccolta, Traduzione | Avvertimenti: nessuno
Capitoli:
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Eccomi tornata con una nuova one-shot! Prima di lasciarvi al capitolo vorrei ringraziare tutti coloro che hanno recensito finora la storia, quelli che l'hanno messa nelle seguite/ricordate/preferite e quelli che, invece, sono lettori silenziosi. Sono davvero contenta che questa raccolta vi stia piacendo.
Ora vi lascio alla storia.
Ciaooo :**
 
 
TROPES

PARTE 1
Felicity fece passare la key card magnetica nella fessura e aspettò che si illuminasse la luce verde, prima di spingere la porta. Si girò per vedere la surreale visione di Oliver Queen che portava le sue valige in una stanza d’hotel.
 
Oliver si guardò intorno lentamente, facendo capolino nel bagno al buio. “E’ questa?”
 
Per cercare di rimanere nel raggio del radar, Felicity era stata costretta a prenotare una camera a suo nome usando la sua carta di credito. Anche se Oliver le avesse ridato i soldi, lei non si sarebbe potuta permettere una suite sull’attico con stanze da letto a non finire e soggiorno infossato.
 
Così erano in una che lei si era potuta permettere. Ciò significa che erano in una normale stanza d’albergo.
 
Questa stanza aveva una vista libera sugli appartamenti in costruzione dall’altra parte della strada, che è il motivo per cui aveva chiesto espressamente la tariffa più economica, e una finestra che affacciasse sul parcheggio.
 
“Mi dispiace, signor miliardario. Dovrà stare nei bassifondi come il resto delle persone” disse semplicemente, scivolando avanti a lui verso il bagno.
 
“Dove posso mettere le tue borse?” lo sentì chiederle attraverso la porta.
 
“Mi va bene su qualsiasi dei due letti” gli rispose.
 
“Letto” replicò lui.
 
“Cosa?” chiese in confusione, uscendo dal bagno. Appena girò l’angolo si rese conto di quale fosse il problema.
 
“No. Io ho prenotato una camera con due letti. Due. Non uno” Felicity sentì le guance andarle in fiamme per l’orrore, sperando che Oliver non pensasse che l’avesse fatto apposta.
 
Lui non sembrava così irritato come lei. Lasciò le loro borse sull’unico letto della stanza e fece un cenno verso il telefono. “Chiama la reception. Sono sicuro che ci possono spostare”.
 
Aprì la borsa contenente l’arco e la faretra e si allontanò da lei. “Mandami un messaggio con il nuovo numero di camera. Vado a esplorare il tetto e poi raggiungo la piazzola del luogo” e in un attimo se ne andò.
 
Felicity era rimasta immobile lì, prima di scuotersi letteralmente dai suoi pensieri e chiamare la reception.
 
 
Ci aveva provato. Lui non poteva dire che non l’avesse fatto.
 
In reception si erano scusati abbondantemente, ma c’era una convention nell’hotel e non c’erano altre stanze disponibili da quella parte dell’edificio. Ironicamente avrebbero voluto spostarli in una suite con due stanze per scusarsi dell’errore, ma quella affacciava sulla piscina ed era più in alto di cinque piani.
 
Con un sospiro e la richiesta di farle sapere immediatamente se si liberasse una camera con due letti in quella stessa parte dell’edificio, attaccò.
 
Rassegnata, mandò un messaggio a Oliver con il numero della stessa camera, dopodiché cominciò a lavorare montando l’attrezzatura per la sorveglianza.
 
Quando Oliver ritornò in camera si stava facendo buio e lei era seduta sulle ginocchia, cercando di installare una particolarmente difficile fotocamera a lungo raggio al suo computer, così che avrebbero potuto tenersi aggiornati su cosa accadeva.
 
“Felicity…” Oliver chiamò, non vedendola all’inizio.
 
“Qui” rispose lei, poggiando una mano sul bordo del letto prima di continuare quello che stava facendo.
 
“Perché siamo ancora in questa stanza?” Felicity sentì il letto tremare quando lui vi poggiò la borsa e si sedette pesantemente.
 
“C’è una convention o qualcosa del genere e l’unica stanza che avevano disponibile era dall’altra parte dell’hotel, il che avrebbe vanificato il nostro obbiettivo di essere qui, quindi ho detto in reception di metterci su una lista nel caso una camera si liberasse da questo lato, ma non ho intenzione di stare con le mani in mano e…quindi è questo il modo in cui dovrebbe andare!” disse tutto d’un fiato, non fermandosi neanche una volta a guardarlo mentre stava lavorando.
 
“Credo di aver capito solo la metà di quello che hai detto, ma il succo è che questa è la nostra stanza” c’era un cenno di divertimento nella sua voce, ma anche qualcos’altro.
 
Riuscendo finalmente a far collegare il tutto come voleva, Felicity emise un gridolino vittorioso e strisciò fuori da sotto il tavolo.
 
Poggiò i gomiti sul letto e guardò verso Oliver. “Sì, questo è il succo”.
 
Aveva immaginato questa conversazione nella sua mente per tutto il tempo in cui lui era stato fuori.
 
“Senti, siamo entrambi adulti. Questo è un letto matrimoniale. Non c’è assolutamente alcuna ragione per non condividerlo” disse frettolosamente e si rimise in piedi, lisciandosi la maglietta. Incrociò le braccia sotto il seno mentre aspettava una sua risposta.
 
Oliver le diede un’occhiata imperscrutabile e rise. “Ti sei esercitata per dirlo, vero?”
 
Le sue guance si imporporarono e lei si spostò da dietro il letto per mettere un po’ di distanza tra loro. “Io…come…voglio dire…come lo sapevi?” gli disse, ammettendo.
 
“Non hai balbettato. E questa è proprio una situazione da modalità ‘Felicity Smoak balbettante’” il suo sorriso era genuino.
 
Felicity spalancò la bocca e la chiuse prima che potesse balbettare una risposta. “Oh, quindi pensi di essere un esperto sui miei balbettii, vero?”
 
“Credo che sia abbastanza giusto dire che lo sono” le rispose lui, e le sue guance si infiammarono ancora di più, così girò la testa per non guardarlo. “Lo trovo tenero” continuò lui.
 
Felicity rialzò la testa verso di lui e incontrò i suoi occhi. Aveva sentito bene?
 
“Bè, non devi preoccuparti, voglio dire, siamo adulti. E possiamo usare anche una barriera di cuscini se vuoi. Non sto dicendo che ne abbiamo bisogno e non intendo saltarti addosso nel bel mezzo della notte…oddio, l’ho davvero detto ad alta voce?” Perché non riusciva a imparare? Perché continuava a fare sempre figure?
 
Oliver si avvicinò a lei lentamente e si sporse leggermente in modo che la potesse guardare negli occhi. “Felicity, andrà bene. Non credo di essere in pericolo. Come hai detto, siamo adulti. Possiamo condividere un letto.”
 
Felicity prese un respiro profondo e annuì verso di lui, il desiderio di aprirsi un’enorme fossa sotto di lei e sotterrarsi piano piano stava sparendo.
 
Il resto della serata passò in relativa tranquillità. Le fotocamere e i computer erano collegati, quindi se ci fosse stato qualsiasi movimento nell’appartamento l’avrebbero sentito. L’uomo a cui stavano dietro sarebbe arrivato quella sera o forse la successiva, l’Intel non era stato chiaro su questo. Felicity aveva organizzato i programmi in modo che non fossero legati alla tecnologia.
 
Oliver ordinò il servizio in camera e pagò in contanti. Mangiarono in silenzio mentre Felicity analizzò altro oltre il file che aveva accumulato sul loro obbiettivo.
 
Continuò a pensare che le cose fossero un po’ strane tra di loro, ma poi lui fece o disse qualcosa perfettamente normale, così lei pensò che forse si stava solo immaginando tutto. Non era molto diverso dallo stare insieme nel covo tutta la notte, si disse.
 
Intorno alle undici, Oliver decise di andare a fare una veloce perlustrazione. Lei sapeva che era molto più probabile che stesse diventando nervoso a stare fermo in un posto per così tanto tempo, ma non gli disse nulla.
 
Appena la porta si chiuse dietro di lui, lei rilasciò il respiro che non si era accorta di aver trattenuto. Forse lui non era stato al limite per tutta la serata, ma lei sì.
 
Come avrebbe potuto dormire nello stesso letto di Oliver fingendo di non aver mai avuto questa fantasia quasi dal primo giorno in cui lo vide?
 
Si lasciò andare in un sospiro esasperato e si stese sul letto.
 
Aveva una grande cotta per lui. In realtà era qualcosa di più di quello, lui le piaceva. Un sacco. Oh, al diavolo! Lei amava quell’uomo. Era totalmente innamorata di lui. Non guardava un altro ragazzo da mesi.
 
E non c’era una dannata cosa che potesse fare per toglierselo dalla testa.
 
Dopo Tommy, qualsiasi cosa ci fosse stata tra Laurel e Oliver era crollato. Diavolo, Oliver era crollato. Ci erano voluti mesi per Felicity per farlo riprendere, prima che tornasse a essere l’uomo che era prima del terremoto nel Glades. Ma qualsiasi cosa avesse pensato potesse esserci tra di loro, o anche solo l’idea che potesse essere possibile, si era effettivamente annullata. Oliver non si era interessato a nulla se non agli affari da quando era ritornato.
 
Sembrava il vecchio Oliver e si comportava come il vecchio Oliver, tranne quando si trattava di lei.
 
All’inizio non se n’era accorta, ma lui non la toccava più. Non che prima la toccasse chissà quanto, però c’era l’occasionale mano sulla spalla o una carezza sul braccio dopo essere tornati da una particolarmente difficile missione. Ma da quando aveva ripreso a indossare il cappuccio dopo il Glades…nulla.
 
Così lei cominciò ad agire come lui. A meno che non dovesse cucirgli qualche ferita nemmeno lei lo toccava e anche in quei casi si assicurava di indossare i guanti. Non aveva mai realizzato quanto le piacesse farlo, fino a quando non poté più.
 
Con un ringhio di frustrazione si costrinse a scendere dal letto e ad aprire la valigia. Quando l’aveva preparata sapeva che lei e Oliver avrebbero condiviso la stanza e già quel pensiero era stato abbastanza. Ma adesso…
 
Aveva riflettuto a lungo e intensamente su cosa portare per la notte. Non poteva essere troppo esagerato, ma nemmeno voleva sembrare troppo sciatta. Solitamente indossava una vecchia maglietta e dei pantaloni da yoga ma così semplice non sarebbe andata bene.
 
Alla fine aveva optato per una camicia da notte con le spalline, che erano quasi due centimetri larghe. Le arrivava alle ginocchia, quindi era più lunga dei vestiti da cocktail in cui lui l’aveva vista altre volte.
 
Mentre si dirigeva in bagno a lavare i denti e cambiarsi si chiese se fosse stata la decisione più saggia. Forse una maglietta larga sarebbe stata la scelta migliore.
 
Il letto incombeva davanti a lei. Si chiese distrattamente se Oliver preferisse un lato del letto. Si chiese anche se i loro lati preferiti fossero compatibili. Controllò ancora una volta i collegamenti al computer e poi guardò il letto con circospezione. Sarebbe potuta rimanere sveglia ad aspettarlo prima di decidere un lato del letto, oppure avrebbe potuto semplicemente stendersi e sperare di addormentarsi. O almeno fingere di esserlo.
 
Giunse alla conclusione che l’ultima delle due opzioni fosse la migliore.
 
Per essere una catena di hotel di medio livello, il letto era sorprendentemente morbido e c’erano più che abbastanza cuscini per creare una barriera, se lei avesse davvero voluto. Scelse il cuscino migliore tra tutti e ne mise un altro sul pavimento sul suo lato.
 
Con le luci spente e senza gli occhiali, tutto ciò che riusciva a vedere erano le luci tenui del computer e varie piccole luci della fotocamera. Si chiese se avesse dovuto alzarsi per accendere una luce per Oliver, ma si ricordò che lui aveva la vista di un gatto, quindi così sarebbe andato bene.
 
Si era aspettata di non prendere subito sonno, tanto il suo cervello era iperattivo, ma a quanto pare il suo impazzire internamente per cinque ore per dover dividere il letto con Oliver Queen era stato piuttosto stancante, così si addormentò in pochi minuti.
 
 
Un acuto rumore ripetitivo la svegliò dal suo sonno. Sbatté gli occhi offuscati e guardò l’orologio che segnava le 2:43 di mattina. Le venne un colpo di panico pensando che Oliver non fosse ancora tornato, fin quando non sentì un peso sul suo stomaco.
 
Pensando di essere ancora addormentata e di star sognando, Felicity si girò leggermente, trovandosi Oliver dietro di lei con un braccio posato sulla sua vita.
 
Il rumore continuava, e solo perché si preoccupava che lo potesse svegliare scivolò da sotto il suo braccio e, in silenzio, si diresse verso il suo computer. Con due tocchi sulla tastiera fermò l’allarme e trascorse alcuni minuti rivedendo l’ultimo pezzo della pellicola. Non c’erano movimenti nell’appartamento, ma c’era un uccello che aveva deciso di posarsi sul ripiano che era a stento visibile dalla sua posizione. Con un pesante sospiro, fece alcuni aggiustamenti e riprese a registrare. Fatto ciò, adesso doveva avere a che fare con la realtà che era stesa a soli pochi metri da lei.
 
Girandosi lentamente lo osservò per un bel po’ di tempo. Non sembrava si fosse mosso e la cosa era strana visto che avrebbe giurato che lui fosse uno dal sonno leggero. Era steso quasi del tutto sulla pancia con la testa girata verso il suo lato del letto, il braccio ancora steso.
 
Con un udibile sussulto si rese conto che era venuto a letto senza maglietta. Per caso stava cercando di ucciderla?
 
I suoi occhi vagarono dallo spazio vuoto nel letto dove stava dormendo prima alla sedia nell’altra parte della stanza che sembrava alquanto scomoda. Avrebbe dovuto provare a dormire lì?
 
No. Sarebbe sembrato anche peggio così l’indomani mattina se lui si fosse svegliato prima di lei, trovandola sulla sedia. Forse, una volta tornata a letto, lui si sarebbe girato dall’altro lato e non avrebbe mai nemmeno saputo che fosse accaduto tutto questo.
 
Felicity si decise e, con il cuore che le batteva talmente forte nel petto che le sembrò strano non fosse esploso, spostò le coperte e si stese nuovamente nel letto.
 
All’inizio di mise talmente lontano da lui che le sue dita a stento la toccavano. Era rigida come una tavola, e cercò di fare un patetico tentativo di controllare il suo respiro quando, improvvisamente, lui si girò.
 
Felicity spalancò gli occhi e non osò muoversi. Oliver sospirò pesantemente e mormorò qualcosa prima di allungarsi.
 
Soffocò l’urletto di sorpresa quando il suo braccio le cinse di nuovo la vita, ma questa volta la spinse verso di lui. La portò contro di lui con tanta facilità che sembrava lei pesasse non più di uno dei cuscini. Oliver strinse la coperta in modo che li coprisse e fece un altro rumore, che sembrava più un sospiro di appagamento, prima di ritornare immobile.
 
Un milione di pensieri viaggiarono nella mente di Felicity. Quello più acuto urlava ‘Goditelo! Non avrai mai un’altra occasione come questa!’. E nonostante allo stesso tempo avrebbe voluto sotterrarsi e morire di vergogna, c’era una qualche verità. Così decise di ascoltarla. Mise da parte le sue paure e i suoi nervi e la possibilità che sarebbe stato orribile l’indomani mattina e decise semplicemente di farlo accadere.
 
Sorprendentemente, appena accettò questa strada il suo respiro e il suo battito tornarono normali. Si rimise di nuovo su un fianco attentamente, ancora con il viso lontano da lui e cercò semplicemente di godersi quel momento, invece di permettere alle farfalle nel suo stomaco di svolazzare fuori controllo. Si addormentò pensando di fare questo a villa Queen e di come sarebbe se potesse addormentarsi così tutte le sere.
 
Non ci furono più allarmi durante tutta la notte. Un leggero solletico alla sua gamba destra la portò lentamente nel dormiveglia. Girando la sua testa nel cuscino aprì leggermente gli occhi per trovarsi davanti uno dei tatuaggi di Oliver.
 
Se non era il cuscino quello su cui si era girata, doveva essere per forza il braccio di Oliver. Si immobilizzò quanto più possibile, ora improvvisamente e terribilmente sveglia. Oliver aveva un respiro pacato, e lei ne era immensamente grata.
 
Che lei si fosse girata verso di lui durante la notte o che lui l’avesse spinta più vicino era impossibile da dire, ma entrambe le sue braccia erano strette intorno a lei, una mano aperta all’altezza delle costole, l’altra che le stringeva i fianchi. Era questa mano che le causava così tanti problemi.
 
La sua vicinanza era disorientante per lei. Era stata così vicina a lui solo quando lui era stato vicino alla morte, e anche in quei momenti aveva pensieri che l’avevano fatta arrossire dopo. Ora in un letto, con l’uomo su cui non poteva smettere di fantasticare…era nei guai.
 
Le sue dita tracciavano scie sulla sua pelle che la facevano rabbrividire completamente, oltre a procurarle un’ondata di caldo dritto al suo centro.
 
Sta dormendo, continuava a ripetersi. Non era consapevole di quello che stava facendo. Probabilmente stava sognando di qualche supermodella o attrice con cui era stato. O forse Laurel. Sì, sicuramente Laurel. Continuava a dire a se stessa che non era possibile che lui sapesse quello che stava facendo, nella speranza che avrebbe diminuito la delusione quando lui si fosse svegliato e reso conto con chi stava davvero.
 
Prese un profondo e lento respiro prima di cominciare a muoversi; non poteva continuare a stare stesa in quel letto e perdere in quel modo la sua sanità mentale.
 
Appena si mosse un po’ Oliver fece lo stesso. Si stese ancora meglio sulla schiena, portandosi Felicity con sé. Il suo peso era abbastanza da tenerla in trappola tra il suo petto e il suo braccio. Ora era costretta a tenere una mano sul suo petto.
 
La mano che prima stava sul suo fianco, ora aveva spinto la gamba di lei sopra la sua. Il suo cuore aumentò i battiti mentre una sensazione di puro piacere la attraversò completamente.
 
Non poteva farlo, doveva assolutamente uscire da quel letto.
 
Decise di farlo velocemente. Uscire dal letto il più veloce possibile, e sperare che potesse trovare un po’ di sollievo nel bagno, prima che lui si svegliasse e si accorgesse quello che era successo.
 
Era un buon piano.
 
Appena si diede il via nella sua testa, la mano di Oliver divenne più audace, spostando la mano su e giù per tutta la lunghezza della sua gamba. Lei non si era nemmeno accorta che la sua camicia da notte si era ormai alzata sopra i suoi fianchi.
 
Felicity si preparò per il movimento successivo, ma nel momento in cui stava per spostarsi Oliver sospirò profondamente e nascose il viso nei suoi capelli. “…’Licity…” mormorò e lei si bloccò.
 
Il cuore cominciò a battere ancora più forte. Girò il viso, in modo che potesse vedere il suo. Lui sembrava calmo e in pace e lei poteva contare su una mano le volte in cui l’aveva visto così. Senza rendersene conto, alzò una mano e la portò sul suo viso, accarezzandogli la linea della mascella.
 
Gli occhi seguirono le dita mentre passavano sulla barba di un giorno. Tracciarono il suo orecchio, giunsero sulla tempia e attraversarono la linea dei suoi occhi. Mentre stava per spostarle sullo zigomo si bloccò.
 
Senza che lei se ne accorgesse, lui si era svegliato e ora aveva lo sguardo puntato nei suoi occhi. Occhi azzurri che erano chiari, e attenti, e ben consapevoli di cosa stesse accadendo la stavano guardando. Non c’era sorpresa nei suoi occhi, né rabbia.
 
Tutto il nervosismo e l’insicurezza che aveva provato prima scomparvero e dopo la più lunga della pause in cui nessuno dei due disse una parola, lei riprese a muovere la mano, con leggera esitazione.
 
Anche Oliver riprese a muovere la mano sulla sua gamba. Tracciò una lunga e lenta scia dal suo ginocchio al fianco, dove si prese il suo tempo per giungere al bordo delle sue mutandine.
 
Felicity bloccò il respiro nella gola, ma non smise di toccarlo. Quando portò la mano sulla sua nuca e strinse un po’ i capelli alla base, Oliver si fece sfuggire un involontario gemito che le fece scombussolare lo stomaco.
 
L’immediato scurirsi dei suoi occhi le fece capire che lui era influenzato da tutto ciò quanto lo era lei, ma lui non aveva ancora detto nulla.
 
Felicity fece scendere la mano lungo la sua gola, amando la sensazione dei muscoli tesi sotto la mano.
 
“Perché non mi tocchi più?” gli disse col respiro affannoso, incapace di restare ancora in silenzio.
 
Oliver spostò la mano dal suo fianco alla vita e sopra la spalla. Quando il pollice si fece strada sotto la spallina della sua camicia da notte, lei rabbrividì vistosamente e cercò di controllare il battito del suo cuore che sembrava a momenti uscire fuori controllo.
 
Lui la studiò con attenzione, prima di portare una mano ad accarezzarle la guancia. “Perché so che se cominciassi, non sarei più in grado di fermarmi”.
 
Felicity smise di respirare, questo è poco ma sicuro. Forse stava ancora dormendo, perché questa non poteva essere la realtà.
 
“Oliver…” cominciò, ma si interruppe perché lui le portò un dito alle labbra.
 
“Tu mi rendi migliore, Felicity. Ma non sono sicuro che io renda migliore te”. Non c’era altro se non verità nelle sue parole, lui era davvero convinto di quello che diceva.
 
“Allora perché mi stai toccando ora?” doveva saperlo. Aveva bisogno che lui le dicesse cosa avesse causato questo improvviso cambiamento.
 
La mano sulla sua guancia scivolò in modo che le dita carezzassero la base della nuca e il pollice l’orecchio. Oliver la avvicinò ancora di più verso di sé quando le rispose.
 
“Perché sono un uomo egoista” le sussurrò, le labbra a un palmo dalle sue. Poi non lo furono più.
 
Le labbra sulle sue sovrastarono qualsiasi pensiero che stesse vagando nella sua mente. Il bacio era umido e caldo e leggermente disperato. C’erano mesi di tensione sessuale accumulata, ma lei era completamente all’oscuro che anche lui avesse provato lo stesso.
 
Oliver la sovrastò. Tutti  sensi erano intensificati, le mani e i piedi di Felicity intorpiditi, mentre il sangue fluiva dentro di lei, mandandole scariche al cuore per il suo tocco.
 
Immerse le dita nei suoi capelli, la mano che prima era sulle sue costole ora scendeva sotto la camicia da notte, lasciandole scie di elettricità ovunque toccasse.
Felicity si inarcò contro di lui quando il pollice le carezzò una parte del seno, le sue mani delicate che finalmente decisero di muoversi verso le sue spalle.
 
Felicity era incapace di trattenere piccoli lamenti mentre lui le succhiava il labbro inferiore e glielo mordeva leggermente con i denti. Portò una mano sulla parte posteriore delle sua testa per spingerlo ancora di più contro di sé, assicurandosi che lui non smettesse.
 
Oliver rotolò sulla schiena portandola con sé. Felicity emise un sussulto ansimante mentre si spalmava sul suo petto e prese vantaggio della nuova situazione. Allungandosi per raggiungere di nuovo le sue labbra, fece cadere una mano sulle sue spalle e cominciò il suo percorso verso il basso.
 
Percorse ogni cicatrice, ogni ruvida increspatura della pelle marcata dalla violenza, e lasciò che le sue dita scivolassero su di esse quasi con riverenza. Il suo tocco delicato era accompagnato da Oliver, quando smise di baciarle le labbra per dedicarsi alla mascella e poi al collo.
 
Felicity ansimò sonoramente quando lui trovò un punto particolarmente sensibile, e si lasciò sfuggire un gemito quando vi usò i denti, inconsciamente premendo i fianchi contro quelli di lui.
 
Scintille partirono dal suo centro a quel contatto e procedere lentamente divenne improvvisamente impossibile per entrambi.
 
Oliver fece passare un palmo della mano sulla sua schiena nuda, posandosi tra le sue scapole, facendole venire la pelle d’oca ovunque toccasse.
 
In un movimento di cui lei non si accorse, lui le tolse la camicia da notte e la fece ridistendere sulla schiena prima che lei battesse gli occhi. Ora il suo petto era in contatto con quello muscoloso di lui. Felicity aprì le gambe automaticamente per permettergli si sistemarsi tra esse.
 
Le sue forti braccia erano posizionate ai lati del suo corpo, mettendo in evidenza quanto fosse grande rispetto a lei. Felicity rabbrividì quando guardò in alto, gli occhi di Oliver erano ormai neri. Quando la sua mano si posò sul seno, portò la testa indietro. Oliver lo prese come un aperto invito ad assaggiare il suo collo con la lingua e i denti, passando poi per la clavicola, su cui, era sicura, l’indomani avrebbe trovato un succhiotto.
 
A un certo punto, come se qualcuno le avesse gettato addosso dell’acqua gelata, le tornarono alla mente le sue parole. Quando gli aveva chiesto perché la stesse toccando, lui le aveva risposto che era un uomo egoista.
 
Si trattava di lei e lui, oppure era solo un modo per lui per mettere un punto definitivo?
 
Improvvisamente si spinse lontano da lui, cercando di mettere quanta più distanza possibile tra loro. “No, Oliver! Fermati!” disse con tono disperato, scivolando via da sotto di lui e portandosi dall’altro lato del letto quanto più veloce possibile.
 
Felicity afferrò le coperte per coprirsi il petto, cercando di non pensare a come lui l’avesse toccata. Si portò una mano nei capelli e chiuse gli occhi con forza, cercando di riacquistare un po’ di compostezza.
 
“Che ti prende?” un lampo di dolore attraversò il viso di Oliver e lei subito cambiò le sue parole. “Cosa ci prende?” perché doveva affrontare il fatto che anche se lui l’avesse fatto per motivi diversi, lei non lo aveva fermato subito.
 
Oliver aprì la bocca per dire qualcosa, ma lei non glielo permise. “Dio, Oliver. Dovevi saperlo. Dovevi saperlo che provo qualcosa per te. Tu non puoi…giocare così con me. Sono una persona vera. Non faccio finta, non sono superficiale. Questo significa qualcosa per me. E oltre questo, anche il lavoro che facciamo significa qualcosa per me. Non posso tornare indietro ora. Ma se tu non ci sei dentro come me allora…dove ci porterà questo? E come influirà sull’attività da Incappucciato?” le lacrime le rendevano la vista sfocata. “So che non c’entro nulla con il tuo mondo reale, ma c’entro con quell’altro, almeno credevo fosse così…non posso…non posso perderlo. Ma se questo è solo un gioco per te, o se ti stai solo approfittando della situazione…”
 
Felicity alzò titubante lo sguardo verso di lui. Era ancora immobilizzato dove l’aveva lasciato, poggiato per metà sul fianco dopo che lei era sgusciata via dalla sua presa. L’espressione di pietra che aveva sul viso era indecifrabile, tranne per i suoi occhi che sembravano essere passato dalla rabbia, al dolore a qualcosa che lei non riuscì a capire.
 
Oliver fece un lungo respiro e molto deliberatamente si spinse indietro, così da essere poggiato contro la testiera del letto. Quando le rispose, non la guardò.
 
“Qualche ora fa, poco dopo mezzanotte, sono rientrato e tu stavi dormendo. Capelli biondi erano sparsi su tutto il cuscino e…mi hai tolto il fiato. Sembrava così giusto stendermi su questo letto, con te già qui, e non riuscivo a capire perché. E poi…mi sono addormentato, Felicity” fece una pausa, come se si aspettasse una reazione da lei, e quando non arrivò girò il viso verso di lei. L’emozione dipinta sul suo viso la face sussultare.
 
“Non dormo mai. Ogni volta mi alleno duramente perché solo in questo modo riesco a prendere un po’ di sonno. Mi alleno talmente tanto che sono sfinito, a volte perdo anche i sensi. Se non lo facessi non riuscirei a dormire, almeno non quanto dovrei. Da quando sono tornato…è così che va avanti. E la scorsa notte…non pensavo sarebbe andato diversamente. Pensavo che sarei rimasto sveglio tutta la notte, ma…ho dormito. Ho davvero dormito”.
 
Il viso di Felicity si imporporò per tutto quello che le aveva detto, con orrore ripensò a quello che gli aveva detto senza prima sapere la sua parte dei fatti.
 
“Mi sono svegliato intorno alle cinque e ti ho trovato tra le mie braccia. Ero…in pace. Ho pensato che ogni brutto pensiero che avessi mai fatto non poteva essere così brutto, avendo qualcuno come te nella mia vita. E prima che potessi cominciare a rimuginarvi su, mi sono riaddormentato, con te tra le mie braccia. Sei la mia assoluzione, Felicity Smoak ma…non sono sicuro che qualcuno meriti questa responsabilità” poté vederlo nei suoi occhi, lui credeva a tutte le parole che le aveva appena detto e stava aspettando una sua reazione.
 
Senza aggiungere nulla le passò la camicia da notte che le aveva tolto e girò la testa di lato volutamente per permetterle di vestirsi. Con le guance imporporate, lei la indossò, ripensando a quello che le aveva appena detto.
 
“Non posso dire che mi dispiace di quello che è accaduto, perché non è così” le disse con una leggera alzata di spalle. “Ma mi dispiace se ti ho fatto dubitare delle mie intenzioni” Oliver spostò le coperte e si alzò in un fluido movimento. “Credo che una parte di me abbia sempre saputo che tu saresti stata importante per me, ma ero troppo spaventato a chiederlo, perché non credo di meritarti”.
 
Cominciò a girarsi, ma lei non glielo permise.
 
“Fermati!” disse improvvisamente, mentre raggiunse l’altro lato del letto e si inginocchiò davanti  a lui. “Ho bisogno di saperlo…ci sei dentro del tutto?”
 
Oliver alzò la mano insicuro prima di farla cadere sui suoi morbidi capelli. “Ci sono dentro del tutto”.
 
Lei gli diede un sorriso luminoso e lo guardò da sotto le sue lunghe ciglia. “Potevi semplicemente dire così, sai? Invece di girarci intorno, può essere una caratteristica piuttosto antipatica, sai?”
 
Gli angoli delle sue labbra si alzarono in risposta. “Antipatica?” le disse. “Pensavo avessimo stabilito che fosse tenero.”

“Davvero?” gli chiese con finta confusione, continuando a sorridergli apertamente. Le sue mani si posarono leggere sul suo petto, mentre Oliver portò le sue ad accarezzarle i gomiti.
 
“Sono sicuro di sì” disse delicatamente, sporgendosi in avanti per far sfiorare le loro labbra.
 
“Molto bene, allora, fin quando lo terremo bene a mente” approfondì il bacio mentre le sue braccia si allacciarono intorno al suo collo.
 
“Dovremmo andarci piano” gli disse senza fiato quando si separarono.
 
“Forse non è una cattiva idea” concordò lui, allontanandosi di qualche passo da lei. “Vado a farmi una doccia, e dopo, forse, dovremmo rivedere la registrazione di ieri sera, giusto per essere sicuri.”
 
Felicity annuì e lo guardò entrare nel bagno senza guardarsi indietro.
 
Si sedette sul letto mezza intontita, cercando di elaborare tutto quello che era appena successo.
 
Appena sentì l’acqua della doccia scorrere prese una decisione. Prima che potesse cambiare idea si stava già dirigendo verso il bagno. Il vapore volava sopra la doccia, le tende le oscuravano la vista. Senza pensarci un minuto di più si tolse la camicia da notte dalla testa e si liberò dell’intimo.
 
Se Oliver fosse sorpreso quando la vide aprire le tende non lo mostrò.
 
“Che stai facendo?” le chiese.
 
“Sono venuta a dirti che abbiamo perso già troppo tempo a prenderla con calma” gli disse con quanto più controllo della voce avesse ed entrò nella doccia con lui.
 
  
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