Serie TV > Hélène e i suoi amici
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Autore: Magica Emy    12/06/2015    2 recensioni
Ricordate le vicende dei ragazzi di Hèléne e i suoi amici, simpatico telefilm andato in onda nell'ormai lontano 1995 per essere poi brutalmente interrotto solo poco tempo dopo? Bene, perchè in Francia invece non ha subìto alcuna interruzione bensì numerosi cambiamenti che lo hanno portato ad assomigliare a una specie di soap opera, con tanto di nuovi personaggi che mescolandosi agli storici si impegnano a vivere le proprie vite affrontando argomenti ben più seri di quelli a cui ci avevano abituati, poichè la storia continua 20 anni dopo. Attualmente in Francia sta andando in onda la settima stagione, ma gli attori son già pronti per l'ottava. Molte cose sono cambiate negli anni e questa fan fiction comincia proprio da qui... solo con qualcosa in più.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno
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Johanna si era risvegliata da appena un paio d’ore e le sue condizioni sembravano migliorare di minuto in minuto, con grande stupore degli stessi medici e degli amici, che dopo la chiamata di Christian erano tornati immediatamente in ospedale per vederla. Ora però erano stati nuovamente allontanati dalla stanza perché aveva bisogno di riposare. Non doveva infatti stancarsi troppo, anche se lei avrebbe voluto raccontare ciò che aveva sognato per tutto il tempo in cui era rimasta in coma. Solo che la voce pareva a tratti abbandonarla, e in quei momenti anche pronunciare una sola parola avrebbe richiesto uno sforzo enorme, ragion per cui i dottori che la seguivano erano stati inflessibili: niente più visite per lei, almeno fino all’ora di cena. Questo però non era certo servito a scoraggiare Christian che di tornare a casa proprio non ne voleva sapere, così dopo aver girovagato a lungo per i corridoi aveva raggiunto la piccola cappella interna all’ospedale, dove, per la prima volta in vita sua, si era messo a pregare. Non era mai stato molto credente, ma dopo tutto quello che era successo si era convinto che qualcuno lassù avesse voluto dare a lui e Johanna un’altra possibilità per poter stare finalmente insieme, e ora si ritrovava a ringraziare con tutto il cuore chiunque avesse regalato loro quel meraviglioso miracolo dal sapore magico che ormai non si sarebbe più aspettato di vedere. Tornò infine in corridoio, guardandosi attorno circospetto prima di sgattaiolare furtivo verso la camera di Johanna. Non gli importava niente di quello che avevano detto medici e infermieri, nessuno lo avrebbe tenuto lontano da lei. Se era stanca l’avrebbe lasciata riposare per tutto il tempo necessario, senza disturbarla inutilmente. L’unica cosa che desiderava era poterle restare vicino, e accarezzarla mentre la guardava dormire. Quando entrò rimase però sorpreso di scoprire che invece era sveglia e che, una volta accortasi della sua presenza gli aveva subito teso la mano, invitandolo a stringerla con calore.

- Dove sei stato, Cri Cri?

Gli chiese con voce flebile e lui sorrise, accarezzandole il viso con gesti gentili. Era così pallida e ossuta da non sembrare quasi più lei, ma era convinto che il tempo l’avrebbe aiutata a riprendersi tutto ciò che aveva perso.

- A bere qualcosa al piano di sotto – mentì, preferendo, forse per uno strano e ridicolo senso di vergogna, non rivelarle la verità – come ti senti, tesoro?

- Confusa – rispose a fatica – le luci mi danno ancora fastidio, e…

- Va bene – la interruppe, posandole dolcemente un dito sulle labbra – scusami, è colpa mia. Non devi sforzarti di parlare se non riesci a farlo. Anche se, considerando come sei fatta, capisco che per te debba essere parecchio difficile tenere la bocca chiusa per un po’.

Aggiunse con un sorrisetto sornione che la fece ridere, e il suono di quella risata gli scatenò dentro una ridda di emozioni tali che, d’un tratto, non riuscì a trattenersi dal singhiozzare. Johanna scosse lentamente la testa e la sua espressione mutò di colpo, facendosi triste mentre si sporgeva verso di lui per asciugargli le lacrime.

- Stai tranquilla – la rassicurò – sto bene. È solo che…credevo che non ti avrei mai più sentita ridere, e adesso tu sei qui, sei sveglia, e io sono tanto felice amore mio.

L’abbracciò, tenendola stretta a sé per un lungo momento prima di aiutarla ad adagiarsi di nuovo sui cuscini, posandole un bacio sulle labbra.

- Sei rimasta in coma per cinque mesi – continuò poi, intrecciando le dita a quelle di lei, che intanto lo ascoltava annuendo di tanto in tanto – abbastanza tempo perché i medici non dessero più alcuna speranza di vederti tornare a vivere, così mi sono trovato costretto a prendere una decisione. La decisione più difficile di tutta la mia intera esistenza.

A quel punto si interruppe, facendo una breve pausa durante la quale non ebbe il coraggio di incrociare il suo sguardo. Non sapeva nemmeno per quale motivo glielo stesse dicendo, non c’era alcun bisogno che sapesse di cosa era stato capace. Aveva paura, una paura tremenda e irrazionale che dopo quella confessione lei avrebbe sicuramente finito per odiarlo, che non sarebbe mai stata capace di perdonarlo, ma la sua reazione lo sorprese, dando così un ulteriore scossone alle sue emozioni già fin troppo difficili da contenere.

- Lo so – disse infatti lei, fermandosi un po’ per riprendere fiato – e ho già capito, ma qualunque cosa tu abbia fatto sappi che l’avrei fatta anch’io per te, se fosse servita a farti stare meglio. Sei stato molto coraggioso, e ti amo ancora di più per questo.

- Ti amo anch’io, e mi dispiace di essere arrivato a una cosa del genere – mormorò sulle sue labbra quando gli prese il volto fra le mani – non riuscivo a vedere nessun’altra soluzione.

- Non pensiamoci più, ti prego. Io sono qui adesso, guardami. Sono qui e non ho alcuna intenzione di andarmene di nuovo.

Poi catturò le sue labbra in un bacio dolcissimo che fugò ben presto ogni dubbio poco prima di abbandonarsi pesantemente contro i cuscini, l’aria improvvisamente esausta.

- Riposa un po’.

Le intimò Christian e le sue mani scivolarono lente ad avvolgerle le braccia, ora fin troppo esili per continuare a compiere lunghi movimenti.

- Dovresti farlo anche tu, sembri così stanco.

Si sentì rispondere e fu in quell’attimo che la porta si riaprì, rivelando una donna in camice bianco che doveva essere l’infermiera di turno e che, non appena lo notò nella stanza fece una buffa espressione inorridita che li fece ridere entrambi, prima di esclamare con malo garbo: - Che cosa ci fa lei qui? Le avevano detto di andarsene, se non sbaglio. Non è ancora l’ora delle visite, e la paziente deve essere lasciata tranquilla il più possibile. Cos’è, è sordo per caso?

- Ho capito, me ne vado subito. Non c’è bisogno di essere così acida!

Protestò lui, salutando Johanna con un bacio veloce mentre guadagnava l’uscita in tutta fretta, ignorando le occhiate nervose dell’infermiera per esibirsi intanto in una serie di buffi gesti da dietro le sue spalle, solo per sentir ridere di nuovo la sua donna. Le era mancata così tanto in quei lunghi mesi che giurò a se stesso che non avrebbe mai più sprecato un solo secondo senza renderla felice come meritava di essere…

   
 
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