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Autore: Ranyadel    12/06/2015    2 recensioni
Quando incrociò il mio sguardo, sembrò incassare leggermente la testa nelle spalle e sollevò un angolo della bocca in un minuscolo sorriso. Quanto poteva essere… cucciolo?!
Ecco, era un cucciolo. Avevo deciso.
***
“Oh, Coralie ha una capacità particolare. Sa leggere gli occhi come nessuno” disse Carol.
***
“So… so capire come sono fatte le persone solo guardandole negli occhi e osservando come si muovono” dissi a bassa voce. “Ti psicanalizza con uno sguardo” Fece Manuela ridacchiando. Luke mi guardò sorpreso. “Sarei curioso di provare.”
***
"Di solito le persone hanno paura."
"Di cosa?"
"Di sé stesse."
***
"Vieni con me."
"Eh?"
"Coco, vieni con me. Venite con me, tutte quante."
"Ma io non..."
"Ti ho promesso che ti sarei stato vicino, e ormai dovresti aver capito che mantengo sempre le mie promesse."
***
"È che ho troppi fantasmi alle mie spalle e mostri nella mia testa per poter essere davvero felice."
"Oh, ma li vedo."
***
Una ragazza particolare, che sa leggere gli occhi.
Coralie.
Un ragazzo speciale, con occhi che la catturano e la intrigano, così semplici da leggere e allo stesso tempo così complessi da capire.
Luke.
Un amore nato da sguardi e gesti.
***
trailer: https://www.youtube.com/watch?v=nPR1CdGLUV8
Genere: Fluff, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Luke Hemmings, Nuovo personaggio, Sorpresa, Un po' tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Thinking out loud

 

“Spero di non aver detto cose compromettenti” feci imbarazzata. Lucian rise ancora di più. “Tranquilla. Non me la prendo. Luke è uno dei miei migliori amici e sa che può dire ogni cosa di me, anche se devo ammettere che è stato piuttosto giusto nei miei confronti con questa descrizione” disse. Proprio in quel momento, arrivò Luke. “Si parla del diavolo” fece Lucian ridacchiando. “Ehi, non importunare la mia ragazza, maniaco” scherzò Luke, cingendomi la vita con fare protettivo. Ridemmo tutti e Luke adocchiò la pizza nel mio piatto. “Mhm, amore, la mangi tutta?” mi chiese, con un tono che in un cartone animato avrebbe accompagnato una leccata di baffi. “Sì” dissi subito, schermando il mio pranzo – e sottolineo, il mio – con il corpo. Lui mise su un broncio adorabile che mi rese difficile rimanere sulla mia decisione. “Luke, se vuoi una fetta di pizza, basta che la prendi da lì” fece Lucian perplesso. “No, voglio la sua. Se mi ama me ne darà una fetta.”

“Che cosa?!” chiesi io sconvolta. “Certo.”

“Le prove d’amore sono la cosa più insulsa che esista!” esclamai. Luke rise e mi diede un bacio sulla fronte. “Lo so, piccola, non te ne chiederei mai una. Stavo scherzando. So cosa ne pensi.”

“Oh, siete stomachevoli, ragazzi” ci punzecchiò divertito Lucian. Luke lo guardò male, prima di avvicinarsi al tavolo e servirsi. “Andiamo dai ragazzi, piccola?” mi chiese poi. Io annuii e Lucian ci salutò, lasciandoci raggiungere il tavolo dove si erano sistemati gli altri. Manuela, quando mi vide arrivare, si sbracciò, quasi avesse paura che non l’avessi vista. Mi sedetti accanto a lei. “Manu, guarda che sono talpa, ma non fino a questo punto.”

“Non si sa mai, con una persona che non saluta nessuno a meno che non sia a due metri di distanza, date le continue gaffe.”

“Ma me lo devi ricordare ogni volta?”

“Non è colpa tua se non porti mai gli occhiali!!”

Michael ci interruppe. “Allora, Coco, a quanto pare hai conosciuto Lucian” disse con un sorrisetto. Io annuii. “E ho fatto pure una bellissima figura da cretina, se è per questo” aggiunsi. Loro si misero a ridere. “Non è la prima volta, comunque” sussurrò Manuela. Io le diedi un calcio sul piede e lei soffocò una risata, rispondendo al fuoco con uno schiaffo sul braccio. “State buone” ci rimbeccò, da brava mamma, Carol, con un ghigno divertito, che fu subito coperto dal bicchiere che lei si avvicinò alle labbra.

Mangiammo in poco tempo, facendo i turni per i rifornimenti, che puntualmente finivano nel giro di cinque minuti. Ad un certo punto, si avvicinò a noi Lucian, che si appoggiò coi gomiti sugli schienali delle sedie di Luke e Diana. “Ragazzi, ho bisogno di un favore” disse. Noi ci voltammo verso di lui. “Non sta andando al massimo. Avevo programmato uno spettacolo di qualche minuto come pezzo forte ma i ballerini sono bloccati nel traffico, così credo che dovrò anticipare il karaoke. E dato che un uccellino qui mi ha detto che qualcuno sta per diventare parte di una band famosa, mi chiedevo – casualmente – se vi andrebbe di dare una mano ad una povera anima in pena” fece, sottolineando la parola ‘ qualcuno’. Ashton fece una smorfia. “Amico, ti aiuterei pure, ma vestiti così significa buttarsi via. Già uno smoking è pesante per conto suo, pensa se dobbiamo pure suonare. Mi ci vedi, dietro una batteria in giacca e cravatta?” fece. Luke e Calum annuirono dispiaciuti, d’accordo con Ashton. Michael e Manuela, invece, si alzarono subito in piedi. “Io vado” fece Manuela, decisa. “Io pure” aggiunse Michael. Lucian esultò piano. “Grazie, ragazzi, davvero. Mi avete salvato” disse, indicando loro prima la sala gremita di persone, poi un palchetto a cui prima non avevo fatto caso, che era stato messo all’inizio della scalinata. “Quali strumenti vi servono? Vedo cosa posso procurare” disse. Michael e Manuela si misero di spalle a noi e iniziarono a discutere animatamente, probabilmente riguardo alla canzone da fare. Riuscii a sentire poco.

“Dai, cupcake, ti prego!”

“No! Mi rifiuto di fare ‘pizza’ qui dentro!”

“Ma è  la mia canzone preferita!”

“Parla di te!”

“Lo so! Non sono ancora del tutto scemo, quando sento ‘Michael wants another slice’ capisco che si riferisce a me!”

“Nemmeno per sogno.”

“Dai!”

“No!”

“E tu quale proponi allora, mhm?”

Manuela non rispose e si voltò verso Lucian. “Hai una tastiera?”

***

Ed eccoli lì, dopo una decina di minuti in cui i due si erano preparati e avevano collegato la tastiera in posti a me sconosciuti. Lucian salì sul palchetto – che già aveva attirato qualche sguardo curioso – e iniziò: “Ciao a tutti, scusatemi il disturbo, ma come sapevate dovevamo avere dei ballerini qui, che però sono in madornale ritardo. Quindi, per ingannare un po’ l’attesa, avevo pensato ad un karaoke. Lo so, è un’idea vista, e rivista, e rivista ancora, ma – si voltò verso Michael e Manuela – ragazzi, voi non li avete ancora sentiti cantare, questi due” fece con un sorriso. I due sul palco sorrisero a loro volta e Lucian si dileguò dal palco in fretta. Da qualche parte – non dal nostro tavolo, figuriamoci – qualcuno iniziò ad applaudire – non fu Ashton, no! – e tutti gli altri lo seguirono. Nel rumore, cercai di farmi sentire urlando: “In bocca al lupo, Manu!” La mia migliore amica mi guardò riconoscente. Nonostante sembrasse tranquilla, ero certa che stesse morendo dalla paura, dato che quella era una delle prime volte in cui cantava in pubblico, e anche se aveva una voce bellissima, a mio parere, lei era sempre terrorizzata dal fattore ‘brutte figure’, in cui si riteneva esperta.

Manuela fece un profondo respiro da dietro la tastiera, mentre Michael si voltava verso di lei e le sorrideva, facendole l’occhiolino. Era seduto su uno sgabello alto e la chitarra era in equilibrio sulle sue gambe. Sembrava tranquillissimo, ma la mano che impugnava il manico – non avrei saputo come meglio definirlo – era bianca, dato che tutto il sangue se n’era andato quando lui aveva deciso di stringere troppo per il nervosismo. Luke si avvicinò al mio orecchio e sussurrò: “Sai, Michael è uno di quelli che si fanno prendere molto dall’emozione prima del concerto. La prima volta che abbiamo fatto una cosa del genere, è scappato via e Calum è andato a riprenderlo nel bagno delle ragazze, dove si era chiuso sperando di non essere ritrovato mai più, citando le sue esatte parole.” Io scoppiai a ridere e lui mi fece segno di fare silenzio, aggiungendo poi: “Mi ha pregato di non dirvelo mai, ma era troppo comico per tenertelo nascosto.” Io annuii, perfettamente d’accordo. “Anche Manuela, per me, adesso si sotterrerebbe volentieri” dissi poi. “Poi non facciamoci domande se sono la coppia perfetta” commentò Luke. Io ridacchiai e Luke mi prese il mento fra due dita, delicato, per dirigermi verso le sue labbra. Mi baciò piano, dolcemente, facendomi sorridere. Poi, mi fece alzare e sedere sulle sue gambe. “Ho bisogno di contatto fisico, lo sai” fece poi con un tono da cucciolo a mo’ di giustificazione. Io sorrisi e mi accoccolai contro di lui, mentre Luke mi accarezzava le braccia conserte. Mi diede un piccolo bacio sul succhiotto che mi aveva lasciato qualche giorno prima, per poi appoggiare il mento alla mia spalla e accoccolarsi lì. “Sai che non sparirà mai se continui così?” chiesi ridacchiando. “Lo so benissimo, ma non permetterò mai che se ne vada” disse lui con una risatina malefica. Io risi a mia volta, mentre lui tornava a torturare per qualche secondo la pelle martoriata. “Ahi, fa male” mugolai. Lui smise subito e mi lasciò un bacio leggero. “Scusa” sussurrò, tornando ad appoggiarsi su di me.

Stavo per dire ancora qualcosa, quando Michael e Manuela richiamarono l’attenzione. Poi si scambiarono qualche parola, di cui riuscii a leggere il labiale: “Parla tu.”

“No, tu!”

“Tu sei matto, sono troppe persone!”

Andarono avanti così per qualche secondo, poi Michael si arrese e posò la sua chitarra a terra. Si avvicinò di più al microfono che aveva davanti a sé e, schiarendosi la voce, disse: “Ehm, ciao a tutti. Mi chiamo Michael e lei è Manuela. Volevamo iniziare questa piccola esibizione di karaoke con una canzone che per noi è molto importante. Si chiama Sad song e, beh, ha un significato bellissimo. Spero vi piaccia.”

Ci fu un brevissimo applauso – di nuovo, l’input fu dal nostro tavolo – e poi un lungo silenzio. Riuscii addirittura a sentire Manuela che prendeva un lungo respiro, prima di iniziare a suonare le note di quella che sembrava una ninnananna. Poi, Michael iniziò.

You and I, we’re like fireworks and symphonies exploding in the sky.

With you, I’m alive, like all the missing pieces of my heart, they finally collide.

So stop time right here in the moonlight, ‘cause I don’t ever wanna close my eyes…

Without you, I feel broken, like I’m half of a whole.

Without you, I’ve got no hand to hold.

Without you, I feel torn, like a sail in the storm…

Without you, I’m just a sad song.

Fu il turno di Manuela.

With you, I fall. It’s like I’m leaving all my past and silhouettes up on the wall.

With you, I’m a beautiful mess. It’s like we’re standing hand in hand with all our fears upon the edge.

So stop time right here in the moonlight, ‘cause I don’t ever wanna close my eyes.

Continuarono a cantare, nonostante il nervosismo. Manuela era concentrata sulle sue dita che si muovevano sulla tastiera, ma Michael, non avendo nessuno strumento in mano, aveva scelto qualcos’altro su cui concentrarsi. I suoi occhi erano fissi su Manuela, la guardava con la coda dell’occhio come se non volesse farsi notare. Quando lei cantava, lui sorrideva leggermente. La guardava come ogni ragazza sogna di essere guardata, e anche se lei non poteva vederlo, pensai che fosse una delle cose più dolci del mondo.

Mentre suonava e cantavano, la sala era in un silenzio di tomba, tanto che anche io stavo iniziando a innervosirmi. Luke notò che continuavo a sistemarmi sulle sue gambe, così mi diede un piccolo bacio sulla curva del collo. “Scricciola, tranquilla. Stanno andando benissimo.”

“Lo so, lo so, è che sono tutti in silenzio, e magari non piace la canzone…”

Luke mi mise le mani sui fianchi e mi fece voltare verso di lui. “Amore, calmati. Non è umanamente possibile che a cento persone non piaccia una canzone, anche perché molte delle persone qui dentro sono miei vecchi compagni di scuola, e so che è un genere che piace. Tranquilla” sussurrò con un sorriso rassicurante. Io gli credei e tornai ad appoggiarmi su di lui, giusto in tempo per sentire la canzone che finiva. Ci fu un attimo interminabile di silenzio, insopportabilmente dilatato. Poi, qualcuno iniziò ad applaudire, e stavolta non fu uno al nostro tavolo. In poco, tutti lo seguirono e io mi aprii in un sorriso entusiasta. Manuela e Michael sembravano al settimo cielo, con dei sorrisi enormi e sinceri a illuminare i loro visi.

Quando, dopo un po’, scesero dal palco, ci fu un attimo di esitazione da parte di tutti. Michael si guardò intorno ed esclamò: "Ehi, ragazzi, niente scherzi! Ora tocca a qualcun altro!" Ci furono delle risatine, poi una ragazza dai capelli tinti di rosso ciliegia si alzò. Aveva un bellissimo vestito a sirena verde petrolio chiaro. "Canto io" disse Diana con un mezzo sorrisetto di sfida. Michael le passò di fianco e batté il pugno chiuso contro il suo. "Brava, sorella di tinta" fece soddisfatto. Io ridacchiai mentre Manuela si sedeva di fianco a me e Diana saliva sul palco. Prese in mano il microfono, prima di allontanarlo dalla bocca. "Lucian?" chiamò. Io mi sorpresi del fatto che lo conoscesse, prima di ricordarmi che, essendo la migliore amica di Luke e essendo stata la sua ragazza, sarebbe stato strano se non l'avesse conosciuto. Lui si avvicinò a lei e si appoggiò al bordo del palco. "Sì, Ariel?" Questo confermò le mie ipotesi. Diana sorrise e si chinò. "Karaoke senza computer? Molto furbo."

"Oh, ma io ho un computer, e anche le casse."

"Posso chiedertele? La mia canzone non è esattamente acustica."

"Certamente" fece Lucian ammiccando e andando dietro al palco, mentre Diana lo seguiva con lo sguardo. Io inclinai la testa da un lato, non riuscendo a interpretare lo sguardo di Diana mentre lei si sistemava i capelli prima di portare entrambe le mani sulla pancia. Mentre stava in quella posizione rilassata, mi sembrò quasi che fosse gonfia, ma poi guardai verso il basso per rendermi conto che anche io lo ero. Probabilmente, la pizza ci aveva riempite troppo.

Lucian tornò da lei porgendole un computer. "Tutto già collegato. Scrivi solamente il nome della canzone, e partirà la base."

"Hai il programma apposta?"

"Ehi, sono schifosamente ricco. In qualche modo devo godermi questa situazione assolutamente fuori posto per il mio spirito vagabondo."

Si sorrisero e Diana scrisse velocemente il nome della canzone, che io non riuscii a cogliere. Anche quando partirono le prime note, non la riconobbi. Madison, però, si drizzò subito sull'attenti. "Ehi, ma io la conosco!" fece, voltandosi verso il palco. Intanto, Diana portò il microfono alle labbra. Sembrava così sicura di sé che mi chiesi se non avesse già cantato. Il fatto che avesse una bella voce e dimostrò di saperla usare non fece altro che farmi rimanere sulla mia idea.

Era una canzone carina, ritmata e simpatica. Mi ritrovai a canticchiare le note e a battere il pollice a tempo sul palmo di Luke. Manuela e Calum, invece, sembravano proprio presi, dato che stavano imitando un ballo solamente con braccia e spalle. "Ragazzi, vi sentite bene?" chiese Ashton ridendo. "Sì, sì, è che è una canzone di Just dance che balliamo sempre quando siamo a casa mia!" rispose Madison, senza fermarsi. "Ecco dove l'avevo sentita!" esclamò Michael. "Piccolina, dopo vado io, ho deciso" disse Calum, guardando Madison, che ancora ballava da ferma. "Va bene, cosa canti?"

"Sorpresa" fece lui con un sorriso.

"Maddy, non ci hai detto una cosa: come si chiama la canzone?" chiesi, curiosa. "Satellite, di Lena Meyer" rispose lei mentre la canzone finiva e Diana scendeva dal palco fra gli applausi. Tornò a sedersi e fu sommersa dai complimenti di tutto il tavolo. "Non sapevo che cantassi" fece Lucian appoggiandosi allo schienale della sua schiena. "Non sai molte cose di me" rispose Diana ammiccando. "Già. Ci siamo persi di vista, eh?"

"Forse per un po' troppo tempo."

Si parlavano con una confidenza che mi fece capire quanto in passato fossero stati amici.

Calum si guardò intorno per vedere se qualcuno si sarebbe offerto, ma tutti quanti avevano lo sguardo puntato sul nostro tavolo. “Siamo il tavolo cantanti?” chiese Ashton. “Sì” rispose Lucian ridacchiando. così, Calum salì sul palco. “Ragazzi, dopo avete intenzione di cantare ancora?” chiese, rivolgendosi a noi. Io scossi la testa subito. “Non mi sentirete mai cantare” esclamai risoluta. “Mi aggrego” disse Carol. “Idem” fece Madison. “Io rimango sulla mia decisione” fece invece Ashton, mentre anche Luke annuiva. “Noi abbiamo già dato, grazie e arrivederci” dissero infine Diana, Manuela e Michael. “Sentito? Dopo di me, il tavolo cantanti ha finito la sua offerta! Quindi iniziate a scaldare la voce, voi altri!” fece Calum rivolgendosi alla sala, prima di sedersi sullo sgabello prima occupato da Michael. prese la chitarra e: “Maddy, vieni un attimo, per favore?” Lei, perplessa, obbedì e salì a passi veloci sul palco. “Ti ricordi quella volta al parco? Quando finalmente ti ho detto quanto fossi pazzo di te?” chiese. Madison fece un sorriso enorme. “Come potrei dimenticarlo?”

“E quel bacio a testa in giù?”

“Ricordo anche quello, amore - fece Madison - ma perché me lo stai chiedendo?”

“Perché la terza domanda è: ti ricordi anche quella canzone?”

Madison si illuminò e annuì, così Calum si rivolse alla folla. “Questa canzone l’ho scritta due anni fa per lei. Spero vi piaccia” disse. Madison si chinò, gli lasciò un bacio sulla guancia e fece per andarsene, ma lui la riacchiappò tenendola per un polso. “Dove credi di andare, tu?” chiese. “A sedermi?”

“Siediti qui” fece Calum, indicandogli speranzoso lo sgabello dietro alla tastiera. Lei annuì felice e avvicinò lo sgabello a Calum, che sorrise entusiasta. “Arrivo subito” fece, rivolto alla sala. Diede un bacio sulle labbra a Madison e le sussurrò qualcosa che io non capii, ma che la fece ridacchiare. Poi, si voltò di nuovo verso di noi. “Scusatemi, ora comincio, giuro” disse ridacchiando. Si schiarì la voce e iniziò a suonare la chitarra che non aveva mai lasciato.

You look so beautiful, no one but me knows you’re insane,

I feel so damn pathetic, my friends just don’t get it…

‘Cause you’ve got me under oath, before you I was in a fucking rut.

One day you’re in the past, that night I ask you back.

It started out just harmless fun, now you’ve got me thinking you’re the one…

‘Cause if you wanna take me home, you know I’m ready to leave,

You’ve got me under your spell, please don’t set me free!

‘Cause I’ve been having all these nightmares, seeing you is my only way

Of feeling so defenseless, but I’m telling you I wouldn’t change a thing!

Quando la canzone finì, io saltai in piedi, facendo trasalire Luke per lo spavento, ma m'importò poco: ero entusiasta, quella canzone era una cosa bellissima e sapere che Calum l'aveva dedicata a Madison come dichiarazione mi faceva quasi commuovere. Non fui l'unica ad avere quella reazione: un po' tutta la sala era nelle mie condizioni. Mi voltai verso il mio tavolo, incontrando gli sguardi felici di tutti... Tranne di Carol e Ashton. Carol era torva, con le braccia incrociate, mentre Ashton si era fatto piccolo piccolo sul bordo della sedia, il più lontano possibile da Carol, e aveva una faccia a metà fra il divertito e il 'ora sono fottuto'. "Carol? Ash? Che succede?" chiesi. "Succede che questo bandanaro non solo è un bugiardo, è anche una bella faccia di tolla."

"Ma che è successo?"

"Succede che quando mi ha conosciuta mi ha detto di aver scritto una canzone per me. Guarda caso, era proprio questa."

"Beh, amore - intervenne Ashton - tecnicamente non ho mentito... Ho scritto questa canzone per te su un bel foglio con i bordi dorati e te l'ho consegnato... Ho solo omesso il fatto che l'autore è Calum, ma tecnicamente non hai motivo di essere così arrabbiata."

"Bandanaro, stai zitto, stai solamente facendo risvegliare il mio istinto omicida."

"Tu lo sai che ti amo, vero?"

"Ti amo anche io, ma ti ucciderò lo stesso."

***

Cantarono ancora più o meno cinque persone, poi nessuno ebbe più il coraggio di andare sul palco, oppure nessuno trovò la canzone adatta; così, Lucian interruppe il karaoke: “I ballerini sono a pochissimo da qui. Vi consiglio di non andarvene, se non volete perderli!” Mentre diceva questo, qualcuno lo aiutò a spostare i tavoli dal centro. Io feci per mettermi in un angolino della stanza per non intralciare il lavoro, ma Luke mi prese per una mano e mi trascinò delicatamente via. “Vieni” disse, “Vieni.” Io lo seguii, non sapendo dove mi stesse portando. Quando vidi che stavamo salendo su per le scale, però, mi allarmai. “     Luke?! Non possiamo!”

“Tranquilla, non ci vedrà nessuno.”

Io sperai che fosse vero. Lanciai un’occhiata alla fine delle scale, chiuse dal nastro rosso, e notai che non c’era traccia dell’uomo che Lucian aveva messo come sentinella. Sentii l’ansia smorzarsi lievemente mentre superavamo il nastro e ci nascondevamo dietro al primo angolo. “Togliti le scarpe, o ci sentiranno subito” mi sussurrò lui. Io obbedii. “Dove stiamo andando?” chiesi curiosa. “Lo vedrai, ma sono sicuro che ti piacerà” rispose lui, prendendomi di nuovo la mano e portandomi verso la fine del corridoio buio. Ci fermammo davanti ad una porta bianca, lucida. Sul muro accanto c’era una targa dorata. La lessi e mi venne da sorridere:

My advice is: don’t spend your money on therapy. Spend it in a record store. – Wim Wenders.

“È la stessa cosa che Carol ha scritto in camera sua, sai?” chiesi. Lui annuì, poi si posizionò dietro di me e mi mise una mano sugli occhi. “Apri la porta” mi sussurrò piano nell’orecchio. Io lo feci e lui mi guidò nella stanza. Sentii il cigolio della porta che si richiudeva, poi lui mi lasciò. “Non guardare ancora” mi disse. Si sentì uno scatto e vidi attraverso le palpebre che aveva acceso la luce. Ero così curiosa che non sapevo come avevo fatto a non sbirciare ancora. Lo sentii rovistare alla mia destra e mi chiesi cosa stesse combinando, poi sentii delle note di chitarra inconfondibili. Dei passi si avvicinarono a me e Luke mi prese le mani da dietro. “Ora puoi guardare” mi disse, lasciandomi un piccolo bacio sul collo, mentre nella stanza si sentivano le prime parole di Wherever you will go.

So lately, I’ve been wondering, who will be there to take my place?

When I’m gone, you’ll need love to light the shadows on your face

Rimasi a bocca aperta. La stanza non era enorme, illuminata da una luce calda e soffusa, con le pareti colorate di un pallido color pesca. Il pavimento era di marmo bianco, immacolato, lucido come uno specchio.

If a great wave shall fall, and fall upon us all,

Then between the sand and stone, could you make it on your own?

La parete destra era completamente coperta da una libreria imponente; gli scaffali superiori contenevano cd, quelli inferiori vinili. Una scala mobile permetteva di arrivare ai cd più in alto. Il mezzo alla libreria stessa, un ripiano era lasciato allo stereo, che in quel momento era acceso.

If I could, then I would, I’ll go wherever you will go

Way up high, or down low, I’ll go wherever you will go

Ai quattro angoli della stanza, in alto, c’erano delle casse, che diffondevano quella dolce canzone.

And maybe, I’ll find out a way to make it back someday

To watch you, to guide you, through the darkest of your days

All’angolo fra la parete sinistra e la parete frontale c’era un pianoforte a coda nero. Sul muro sinistro, poi, c’erano diverse mensole, tutte occupate da uno strumento diverso: una chitarra, un flauto traverso, un violino, un tamburello, un’arpa in miniatura; di fianco al pianoforte, un’arpa a dimensioni reali.

If a great wave shall fall, and fall upon us all,

Well, then I hope there’s someone out there who can bring me back to you

La parete alle mie spalle era decorate come se fosse un grande foglio pentagrammato, ma non c’erano note, nemmeno le chiavi all’inizio di ogni riga. Su un tavolino nell’angolo con la libreria erano appoggiati diversi contenitori, ognuno contenente un tipo di nota diverso: c’erano quarti, ottavi, interi, e poi pause, corone, chiavi… Di fianco, una piccola targa, che recitava così: “Non avrai mai una sola canzone in testa. La musica è bella perché è libera e volubile. Quindi, anche queste note saranno libere. Libere di essere tutto quello che vorrai.”

If I could, then I would, I’ll go wherever you will go

Way up high, or down low, I’ll go wherever you will go

La parete di fronte a noi era occupata da una serie di finestre a ogiva, con vetri colorati che proiettavano disegni immaginari sul marmo bianco, che grazie a loro diventava di ogni colore possibile.

Runaway with my heart,

Runaway with my hope,

Runaway with my love…

Dal soffitto scendevano fili invisibili, a cui erano appesi foglietti di ogni sfumatura dell’arancione, del giallo, del rosa e del rosso. Mi avvicinai ad uno di essi e lessi: “La musica esprime ciò che è impossibile dire e su cui è impossibile tacere.”

I know now, just quite how, my life and love may still go on

In your heart, in your mind

I’ll stay with you for all the time

Mi voltai verso Luke, che mi guardava con un sorriso. “Ti piace?” mi chiese. Io annuii, incapace di dire altro.

If I could, then I would, I’ll go wherever you will go

Way up high, or down low, I’ll go wherever you will go

Il suo sorriso si aprì ancora di più. “Ci speravo, sai? Anche se, conoscendoti, sapevo che una cosa del genere avrebbe avuto solo un effetto del genere su di te, così come lo ha avuto su di me.”

If I could turn back time, I’ll go wherever you will go

If I could make you mine, I’ll go wherever you will go

Mi prese il viso fra le mani e mi posò piano un bacio sulle labbra, lentamente, dolce, senza alcuna fretta.

I’ll go wherever you will go.

Quando si staccò da me, fece un mezzo sorriso. “Coco, a costo di fare la figura peggiore della mia vita…” Mentre diceva questo, partirono le note di Iris. “Posso chiederti un ballo?” Io sorrisi. “Non so ballare, Luke.”

“Nemmeno io.”

“E allora perché me lo chiedi?”

“Perché so che ogni ragazza vorrebbe essere una principessa almeno per un giorno. Tu sei la mia principessa ogni giorno, e voglio dimostrartelo.”

Queste parole fecero sorgere sul mio viso un sorriso intenerito, mentre lui mi prendeva la mano e la portava sul proprio braccio. “Tanto per chiedere, cosa si balla?”

“Ehm, sulla musica di Iris, forse?”

“Sì, ma cosa?”

Lui mi guardò perso. “Devo anche dirti il nome? Perché non lo so.” Io scoppiai a ridere. “Vogliamo davvero sottoporci a tale umiliazione?” chiesi. “Sinceramente, non sapendo ballare, sarebbe solo meglio se smettessimo. Tu non hai visto che casino è successo stamattina mentre Calum provava a insegnarmi le cose basilari, e spero che nessuno di quei tre maledetti ti faccia vedere il video che hanno fatto. Solo, mi dispiace aver fatto un discorso semi-bello e poi non aver saputo mantenere la parola.”

“Luke?”

“Sì?”

“Non ho bisogno di un ballo per sentirmi fortunata di fianco a te.”

Lui fece prima un mezzo sorriso, che poi si aprì in uno di quelli enormi e contagiosi, facendomi sorridere a mia volta. “Ti amo, Coco, non hai idea quanto” sussurrò prima di baciarmi piano. Io ricambiai dolcemente, mentre lui giocherellava con un ciuffo di capelli al lato del mio viso.

“Voi due – ci interruppe una voce scocciata – siete dei piccoli maledetti, sapete?” Ci voltammo verso la porta e incontrammo lo sguardo irritato di Lucian. “Se volete, la prossima volta ci metto un cartello alla fine delle scale: vietato passare. Ma credevo che un nastro rosso e un omone potessero essere sufficienti. A quanto pare, non basta a fermarvi.”

“Lucian…”

“Non dire nulla, Luke. Cosa significa: non andate via, o vi perderete i ballerini?”

“Sappi solo che è stata una mia idea, non prendertela con Coralie.”

Lucian ridacchiò. “Non sono arrabbiato, stupido. O meglio, forse un po’ lo sono, però avrei fatto la stessa cosa se fossi stato in te, quindi non posso rimproverarti. Mi dispiace solo che vi siate persi due esibizioni. Ora, mi fate il favore di scendere a guardare almeno l’ultima?”

Io e Luke, veloci, sgattaiolammo via dalla stanza, che Lucian chiuse a chiave dietro di noi. “Questa la prendo io” disse poi, mettendosi la chiave in tasca. Scendemmo tutti e tre in fretta, per trovare la stanza immersa nella penombra. “Andate a sedervi sugli ultimi gradini, bestiacce” fece Lucian sospingendoci piano mentre si lasciava scappare una risatina. Noi obbedimmo, non ci tenevamo a fare arrabbiare il padrone di casa. Appena in tempo: un occhio di bue si posò sui due angoli della “pista”, illuminando due figure; il ragazzo era vestito elegantemente, con camicia bianca, pantaloni e gilet neri; La ragazza aveva un vestito bianco e i capelli mori raccolti in una treccia, ed era scalza. Rimasi a bocca aperta. “Ehi, ma loro non sono amici tuoi?” mi chiese Luke sussurrando. Io annuii, guardando basita Giorgia e Francesco che iniziavano a ballare sulle note di Thinking out loud. “Lui è il batterista di quel concorso, vero? Quello di End up here? E lei la tua amica di scuola? Non mi sto confondendo, vero?” mi chiese lui di nuovo. “No, no, sono loro” risposi scioccata. “Non sapevo che ballassero.”

“Non sapevo che lui ballasse” dissi io. “Magari ha imparato per lei. Cosa che io, ehm, non sono stato in grado di fare” fece lui con un tono imbarazzato. Quando vide che io non rispondevo, troppo stupita e presa, non disse più niente e intrecciò le dita delle sue mani alle mie. Poi, mi attirò verso di lui.

Intanto, sulla pista, Giorgia e Francesco continuavano a ballare. Spesso sussultavo mentre vedevo Giorgia esibirsi in salti, piroette e acrobazie che, se avessi provato a imitarle, mi avrebbero ucciso seduta stante. Mi immaginai la testata di un giornale: ‘Foca ritardata cerca di imitare l’amica e cade di collo, prognosi riservata’. Per poco non scoppiai a ridere nel silenzio affascinato in cui risuonava la voce di Ed Sheeran. Così, per evitare altre figure orribili, mi concentrai sui due.

Non avrei saputo come descrivere i loro passi, ma una cosa la sapevo: il gioco di sguardi fra loro era incredibile. Ogni volta che potevano si scambiavano sguardi carichi di messaggi. Mi veniva da sorridere mentre vedevo quanto i loro occhi si cercavano in ogni momento. Sembravano comunicare solo così. Quasi potevo sentire ciò che si dicevano:

“Sto andando bene?”

“Non preoccuparti, stai andando benissimo.”

Erano così belli insieme, che quasi mi dimenticai di respirare, tanto ero impegnata a guardarli. “Su una scala da uno a dieci, quanto si amano quei due?” mi chiese Luke in un orecchio. “Fortuna che i numeri sono infiniti, a questo punto” risposi a bassissima voce. Luke sorrise e mi strinse a sé.

Ero così presa, che quasi ci rimase male quando loro si sdraiarono, sulle ultime parole di Ed. Ci fu un attimo di silenzio attonito, poi la sala risuonò di applausi, fischi, ovazioni. Io stessa mi unii al coro: “Siete stati fenomenali!” urlai. Giorgia, mentre si guardava intorno con un sorriso enorme, incontrò il mio sguardo e i suoi occhi sembrarono illuminarsi ancora di più. Prese la mano di Francesco e insieme fecero un inchino, poi le luci si spensero e Giorgia, come al suo solito, volò via dal palco, lasciando l’altro quasi basito dalla rapidità con cui lei si era dileguata. Scoppiai a ridere e mi alzai per seguire la mia amica, mentre le luci si riaccendevano. “Luke, vieni anche tu?”

“No, ti raggiungo dopo, fammi parlare con lui, che, poverino, ci è rimasto malissimo, guarda che faccia che ha” fece lui ridendo. Io mi voltai verso Francesco e lo vidi quasi sconvolto. Scoppiai a ridere e lo chiamai. “Ehi, tu, batterista!”

Lui si voltò verso di me e mi riconobbe con un sorriso. “Ma buonasera, lei!”

“Sei stato bravissimo!”

“Grazie, ma ha fatto tutto lei! Ero solo un accompagnatore!”

“E che accompagnatore, se permetti!”

Lui scoppiò a ridere e io lo salutai, mentre Luke si avvicinava a lui per parlarci. Mi voltai e cercai nella folla quella pazza di Giorgia. La trovai grazie ad un urlo, che identificai come quello di Manuela: “Siete stati eccezionali!” In poco, trovai le due. Insieme a loro, c’era anche Carol. Mi buttai di peso in mezzo a loro, urlando felice. Per poco non le ammazzai, ma nessuna delle tre ci fece caso. “Ti faceva schifo dirci che avresti ballato qui?!” chiese Carol. “Non sapevo che sareste venute!”

“Saremmo venute comunque per te!”

“Ma non potevate imbucarvi!”

Manuela inarcò un sopracciglio. “Tesoro, sai con chi stai parlando, vero? Sono riuscita a infiltrarmi alla festa di pensionamento della vicepreside due anni fa. Se posso fare questo, posso imbucarmi a qualsiasi festa possibile.”

“Poi ti ha beccato con la torta e tu le hai detto che eri stata assunta come assaggiatrice, per evitare che qualcuno la avvelenasse. Non so come chiamare questo tuo aspetto, se pazzia o prontezza di spirito.”

“Si chiama genialità!”

Tutte scoppiammo a ridere al ricordo del selfie che Manuela ci aveva mandato con la vicepreside, in cui entrambe avevano le guance sporche della crema della torta. Quella donna era adorabile.

Ricordavo il suo racconto come se fosse stato riferito quello stesso giorno:

“Sapete, è stata una cosa epica. Alla faccia di voi fifone che avevate paura di mettervi nei guai! Allora, sono entrata dalla finestra sul retro. Era un po’ in alto, avreste dovuto vedere la scena… ‘ce la faccio, ce la faccio!’ sono caduta di faccia sul parquet, era una scena da registrare per le generazioni future. Non volevo farmi beccare dagli altri prof, dato che ce n’erano anche alcuni, come quello d’informatica, che non avevo voglia di vedere. Così, mi sono nascosta nell’armadio all’ingresso, e sbirciavo per trovare la vicepreside. Stava andando tutto bene, ve lo giuro… Poi hanno tirato fuori quella torta enorme, e non ho saputo resistere. Sono andata a prendere una fetta e stavo per tornare a nascondermi, quando sono andata a sbattere contro la vicepreside. È stato bellissimo. Mi guardava a metà fra il sorpreso e il rassegnato. ‘Manuela – ha detto – dovevo immaginare che fossi tu.’ Al che, io: ‘Lei mi conosce, prof. Non me ne sarei andata senza salutarla.’ Lei ha alzato gli occhi al cielo perché voleva fare la scocciata, ma non le è venuta bene. ‘ E che ci fai qui?’ mi ha chiesto. ‘Prof, sono la sua assaggiatrice personale. La torta è buona.’ A quel punto ha smesso di essere scocciata e mi ha detto: ‘Sai che ci sono quasi rimasta male quando non ti sei presentata all’ingresso? Pensavo che te ne fossi dimenticata’ ha detto. E a quel punto le ho risposto: ‘Doveva aspettarsi una mia entrata in scena spettacolare. Ah e, tanto per avvisarla, la serratura della finestra sul retro è molto debole. Vuole un pezzo di torta?’ È così che ho guadagnato un selfie con la vicepreside, e un’altra fetta di torta.”

***

Passammo una buona mezz’ora a parlare con Giorgia. Ad un certo punto, Lucian si intromise. “Scusate, ragazze. Coralie, posso parlarti un momento?”

“Solo perché hai ricordato il mio nome.”

“Molto divertente” fece lui ridendo. Io salutai Giorgia con un abbraccio spacca-costole e seguii Lucian. “Posso chiamarti Coco, vero?”

“Certo.”

“Perfetto. Coco, Luke ti ha parlato del fatto che vivo una storia a distanza. Mi chiedevo, ti andrebbe di conoscere la mia ragazza?”

“Certamente! Ma perché me lo chiedi?”

“Perché sei la ragazza dei uno dei miei migliori amici, e perché penso che possiate andare d’accordo.”

Mentre diceva questo, si era fermato davanti a un gruppetto di persone che reggevano fra le dita dei flute di champagne. Lucian picchiettò il dito sulla spalla di una ragazza completamente vestita di bianco e quella si voltò. “Lucian, ecco dov’eri! Ti avevo perso di vista!”

“Scusami, stavo cercando una persona. Marceline, ti ricordi Luke?”

“Il tuo amico del liceo?”

“Sì, il biondino discretamente figo.”

“Sì, sì, me lo ricordo.”

“Bene. Lei è la sua ragazza, Coralie. Ci tenevo a presentartela, sai, dato che Luke è come uno di famiglia.”

L’altra mi guardò con un sorriso cordiale. “Mi chiamo Marceline. È un piacere conoscerti, Coralie.”

“Il piacere è tutto mio” feci ricambiando il sorriso. Marceline era una bellissima ragazza: bionda, con occhi azzurri dolcissimi e il viso ovale, il naso a punta e le labbra carnose. I capelli a boccoli erano sciolti, tranne due ciocche che dai lati del viso arrivavano fin dietro la testa. Prima che Lucian me la presentasse, avevo visto che all’incontro fra i due ciuffi era infilato un fiore di velo da sposa, quei fiorellini bianchi minuscoli usati come riempitivo nei bouquet. Il vestito era bianco, con una scollatura a cuore e il corpetto stretto. Marceline indossava una collana di perle abbinata al bracciale.

Era una bellissima ragazza, sì, ma mi sembrava quasi troppo raffinata per un tipo come Lucian. Che so, lui l’avrei visto, in quell’occasione, con una come Diana. Anzi, i due sembravano proprio aver scelto il tema ‘Sirenetta’ insieme. 

“Ti piace lo champagne, Coralie?” mi chiese Marceline, porgendomi un flute identico al suo in cui ribollivano le bollicine del liquido, dorato come le sue unghie. “Mi dispiace, alla mia Coco non piacciono queste cose, e nemmeno a me” disse la voce di Luke dietro di me. Luke si affiancò a me e sorrise in direzione di Marceline. “Ehi, ne è passato di tempo, vero?” fece. Lei annuì, sempre con quel suo sorriso cordiale. “Ci siamo visti quando, l’ultima volta? Uno, due anni fa?”

“Sì, più o meno, l’ultima volta che sei venuta a fare visita a Lucian è stato prima che compissi i diciassette anni.”

“Purtroppo sono sempre impegnata, sapete come sono fatta, e come è fatta la mia famiglia.”

“Sì, sì, capisco, e non ti invidio per niente, se devo essere sincero.”

“Ragazzi – fece Lucian – io mi sento tanto un pesce fuor d’acqua qui, siete tutti biondi con occhi azzurri e poi ci sono io, quindi credo che me ne andrò a parlare con un’altra persona non bionda.”

“Lì c’è Diana, se vuoi” disse Luke, indicando con un cenno della testa il tavolo vicino a noi. “Ecco, andrò da Diana, lei sì che mi capisce” fece lui con un broncio offeso. Noi ci mettemmo a ridere, mentre Lucian raggiungeva la nostra amica.

Rimanemmo a parlare ancora un po’, poi un ragazzo del gruppo dove prima era Marceline la chiamò. “Scusatemi tanto, devo tornare da loro. È stato un piacere conoscerti, Coralie, ed è stato altrettanto un piacere rivederti, Luke. Spero che la prossima volta non passi ancora un anno. Devo andare, grazie per la chiacchierata e buona serata!” disse lei, voltandosi di nuovo. “Serata?” chiesi io voltandomi verso Luke. Lui annuì. “Sono le sette, piccolina” mi disse, facendomi rimanere a bocca aperta. “Davvero il tempo è volato così in fretta?” chiesi. “Già. Senti, ti va di tornare a casa?”

“Perché? Non ti diverti?”

“No, al contrario, mi piace molto… È che vorrei passare del tempo da solo con te. Ci abbiamo provato qui, ma non sembra esistere un posto in cui possiamo starcene tranquilli” spiegò lui con un faccino adorabile da cane bastonato. Non riuscii a resistere. “Va bene, andiamo a casa” dissi. Ci voltammo per avvertire almeno Lucian, ma, non trovandolo, chiedemmo a Marceline di riferirgli il nostro chilometrico messaggio su come quella festa fosse stata magnifica, su quanto ci fossimo divertiti e su quanto ci dispiacesse scappare così, ma inventammo una scusa e dicemmo di dover andare via. Lei annuì e ci salutò con un abbraccio. Poco dopo, uscimmo dalla casa di Lucian, per scoprire che fuori c’era già buio. Non potevamo prendere il furgone, sia perché non avevamo la patente che perché non avevamo il cuore di lasciare gli altri a piedi, così: “Cerchiamo un taxi?” chiesi. Lui annuì. “C’è una fermata a un paio di isolati da qui” mi disse poi.

Ci incamminammo, mano nella mano, lungo il marciapiede illuminato da lampioni gialli. Continuavamo a parlare e ridere, raccontandoci ogni impressione su quella giornata memorabile. Luke, ad un certo punto, prese a camminare giù dal marciapiede, così io lo superavo in altezza, ma solo grazie ai tacchi, diciamocelo. Non vedevo l’ora di togliermeli, mi stavano uccidendo lentamente. Luke sembrò accorgersi del fatto che stavo rallentando, così si fermò. “Metti un braccio attorno alle mie spalle” mi disse. Io lo guardai confusa, ma obbedii. Lui, a quel punto, mi sollevò stile principessa. “Luke, dai, mettimi giù! Peso!”

“Ma non dire stupidate!” fece lui ridacchiando, con la voce tremolante per lo sforzo. Non servirono a nulla le mie lamentele: Luke mi portò in braccio fino alla fermata.

Non dovemmo aspettare molto: un taxi passò di lì nel giro di dieci minuti.

***

Arrivati a casa, ci cambiammo in fretta. Con un sospiro di sollievo, scalciai le scarpe lontano da me, per poi togliermi anche il vestito e sostituirlo con la maglietta di Luke che usavo come pigiama. Appoggiai i piedi a terra e fu come non aver mai camminato senza scarpe prima: una rivelazione. “Fanno malissimo” gemetti. Luke, dopo essersi messo a sua volta una tuta comoda, si avvicinò a me da dietro e mi posò un bacio sul collo. “Andiamo a mangiare qualcosa? Cucino io” mugolò nel mio orecchio. “Non se ne parla, cuciniamo insieme” dissi risoluta. Lui alzò gli occhi al cielo e rise. “Va bene, va bene” accettò. Mi prese per i fianchi e mi voltò. “Vieni, ti porto in braccio io.”

“Luke, ti ho già schiavizzato per strada…”

“Non mi hai schiavizzato, sono stato io a decidere di farti questo favore, e lo decido anche ora. Sali?”

Io scossi la testa e lui mise il broncio. “Bene, allora non mi schiodo da qui” disse, sedendosi sul bordo del mio letto. “Luke!” feci, ridendo. “Non c’è Luke che tenga, tesoro. Stavolta non mollo” disse lui con aria di superiorità. Io gli presi i polsi e provai a farlo alzare, ma senza risultato. A lui, al contrario, bastò un semplice strattone per attirarmi a sé. “Non puoi battermi, cucciola” disse a un soffio dalle mie labbra, prima di baciarmi quasi con prepotenza. Mi fece sedere sulle sue gambe mentre continuavamo a baciarci. Ad un certo punto, si alzò, tenendomi ben stretta. “Luke, mettimi giù!” feci ridendo. “Ti avevo avvertito, con me non puoi vincere in questo caso” fece risoluto. Io non potei fare altro che allacciare le gambe attorno alla sua vita. Lui fece un sorrisino soddisfatto che mi fece ridere. “Hai proprio una bella faccia da schiaffi” sussurrai, prima di appoggiare la testa sulla sua spalla. Iniziai a lasciare baci umidi a caso, giusto per distrarlo mentre scendeva le scale, nonostante sapessi che fosse una pessima idea.

Arrivati in sala, Luke mi lanciò di peso sul divano, facendomi urlare divertita. “Cosa le va di mangiare, signorina?” mi chiese lui. “Mi stupisca” feci, reggendo il suo gioco. “Oggi lo chef propone un raffinato piatto di pasta lunga condita con olio d’oliva e scagliette di parmigiano.”

“Eh?”

“Spaghetti con formaggio grattugiato.”

“Ah, ora ho capito” feci ridendo. “Tu sei pazzo” aggiunsi poi. “La vuoi una bella frase da cliché?” mi chiese. Io annuii curiosa e lui si inginocchiò davanti a me. Mi prese una mano e ci lasciò un bacio leggero, poi sussurrò: “Sì, sono pazzo, ma di te.”

“Avevi ragione, è da cliché.”

“Fin troppo.”

“Andiamo a cucinare?”

“Io faccio gli spaghetti.”

“E io che faccio?”

“Guardi il tuo chef preferito mentre cerca di non far scuocere la pasta, ovvio” rispose lui. Io risi, di nuovo. Quella serata stava andando di bene in meglio.

Luke mi fece alzare e mi attirò a sé. Iniziò a canticchiare, mentre andavamo in cucina:

Oh, is something about,

Just something about the way she move.

I can't figure it out,

Is something about her…

Iniziammo a cantare Miss independent, mentre Luke metteva su l’acqua per la pasta. Cantammo di tutto, da Miss Independent a Why don’t we go there. In poche parole, ricostruimmo quel karaoke che ci eravamo negati da soli quel pomeriggio.

***

Dopo mangiato, eravamo sdraiati sul divano a guardare un film molto mascolino, un thriller di quelli difficili da sopportare: Big Hero 6. Al diavolo le persone che pensano che i cartoni sono da bambini: in quel cartone – ve lo garantisco – c’era molto più di una semplice storiella.

“Amore, mi regali un Baymax?” chiese Luke adorante. Io risi. “Lo voglio anche io” aggiunsi poi. Luke mi offrì il suo pugno chiuso, a cui io feci combaciare il mio. “Balalalalla!” facemmo insieme, per poi scoppiare a ridere. “Oh, quanto amo questo film” sussurrai ridacchiando e stringendomi di più a Luke. “Oh, io amo di più te” sussurrò lui nel mio orecchio, prima di baciarmi piano, con dolcezza. Io ricambiai. Poco a poco, in esso si infilò sempre più foga, tanto che, quando sentimmo il rumore del telecomando che cadeva a terra, non ce ne curammo.

Però, ci curammo di un altro rumore, che avvertimmo una decina di minuti più tardi: il rumore sordo di una chiave che girava nella serratura. Scattammo a sedere e tentammo di ricomporci. Appena in tempo: Michael entrò in casa, ridendo come un matto. “Ecco dove eravate! Non si sparisce senza avvisare!” fece Calum da dietro di lui. “Almeno ci hanno lasciato il furgone” disse Michael, mentre anche tutti gli altri entravano. “Ah, sapete, ragazzi? Il furgone ha ricevuto qualche critica. C’erano queste due tipe con la puzza sotto il naso che guardavano male il cartello, così io… Ragazzi, abbiamo interrotto qualcosa?” chiese poi. Noi scuotemmo la testa veementemente. Così, lui ricominciò: “Bene. Dicevo, io le ho guardate male a mia volta e ho detto loro: ‘sapete, non tutti hanno soldi per permettersi una limousine. Ma presumo che voi li abbiate… Altrimenti come vi sareste pagate il silicone che avete nei reggi-”

“Michael, piantala!” fece Manuela ridendo e tappandogli la bocca. Tutti scoppiarono a ridere, e noi con loro. “Sono tornati i pazzi, baby!” esclamò Michael, alzando al cielo una bottiglia di… champagne?

“Scusateci, ragazzi. Siamo un po’ tocchi” fece Madison ridendo e seguendo Carol e Diana, barcollanti, su per le scale. Poco a poco, tutti si incamminarono sugli scalini. Rimase solo Ashton, che vedendoci così sconvolti si mise a ridere. “Sì, diciamo che Lucian ha avuto la cattiva idea di offrire da bere a Michael… E da quel momento sono degenerati. Sono brilli, di brutto.”

“Tu no?”

“Ho bevuto solo mezzo bicchiere. Dovevo riportarli a casa in qualche modo.”

“Bravo papà Ash” feci soddisfatta. Lui si mise a ridere. “Papà Ash?”

“E come ti dovrei chiamare?”

“Mhm, va bene papà Ash” rispose lui ridacchiando. Io e Luke ridemmo con lui e Luke mi fece appoggiare su di lui, come eravamo all’inizio del film. Ashton ci guardò intenerito. “Ragazzi, godeteveli, questi momenti. Fra quattordici giorni, vi potrete vedere solo via Skype” disse con un mezzo sorriso triste, mentre se ne andava. Me n’ero completamente dimenticata.

Mancavano solo quattordici giorni alla loro partenza per Londra. Quattordici giorni, prima che il loro sogno prendesse il via, finalmente. Quattordici giorni… e poi chissà quando avrei rivisto Luke.

In quel momento, quella consapevolezza mi colpì come uno schiaffo in faccia.

Quattordici giorni. Sembrava il conto alla rovescia di un condannato a morte.

 

 

 

 

 

 

 

 

Angolo autrice:

SONO TORNATA DALLE PROFONDITÀ DELL’INFERNO, BUAHAHAH. DITELO, CHE ORMAI NON CI SPERAVATE PIÙ. No, aspettate, così è strano. Un attimo, ricomincio.

Ehiii, ciao a tutti! Mi scuso per l’immenso ritardo ma – una volta tanto – avevo avvertito. Record, wow! Uhm, allora, scrivo questo spazio autrice per sei motivi:

1-      Fun fact: la storia del “pugno Balalalalla” è venuta fuori da un dietro le quinte di uno degli spettacoli che ho fatto qualche settimana fa. Siamo io e questa mia amica, sedute, ci guardiamo; lei mi dice: “Questa è la prima replica con un pubblico decente”, e mi porge un pugno. Non so che cosa è successo, giuro. So che, una volta fatto combaciare il pugno, ci guardiamo, e insieme: “Balalalalla!” Vi giuro che è stata una cosa epica. E SE NON SAPETE PERCHÉ ABBIAMO DETTO BALALALALLA, SIGNIFICA CHE NON AVETE GUARDATO QUEL CARTONE. QUINDI, USATE INTERNET PER VEDERVELO IN STREAMING, PERCHÉ È UNA COSA SENSAZIONALE.

2-      La prestavolto di Marceline è Rachel McAdams in biondo, e indossava questo.

3-      Volevo dire che ho pubblicato una storia che non è propriamente una storia, ma una raccolta di One shot che riguardano Look into my eyes e i suoi retroscena. Si chiama photographs e per ora ha un solo capitolo, ma ne ho altri due pronti da pubblicare (purtroppo, deve essere finita la storia perché possano essere letti).

4-      Sempre legato a Photographs: volevo scrivere di come Ashton e Carol si sono incontrati, ma sinceramente ho glissato sull’argomento così tanto perché non so nemmeno io come si incontrano. Ho dato solo un indizio. Qualche suggerimento? Sì? Beh, vi prego, ditemelo. Che qui non ho idee. Graazie.

5-      Se a qualcuno interessa (lol, no) potete trovarmi anche su questi altri social: tumblr, instagram, polyvore, youtube, weheartit. Sono anche su Facebook, ma non accetto amicizie di sconosciuti, quindi sarebbe inutile. 

6-      Spazio pubblicità: vi sentite annoiati? La vostra estate è ridotta (come la mia) a un costante dormire, leggere, guardare film e lamentarsi per il caldo? Avete voglia di ridere? Avete voglia di innamorarvi di una storia? Bene, ho la fanfiction che fa per voi. Si chiama “Amore, odio… E un paio di Converse” ed è scritta da quella che è la persona con cui condivido un’amicizia strepitosa ma a distanza, la bellissima Miss One Direction. È anche una delle mia autrici preferite, ma questi sono dettagli, no? NO. È fottutamente (ops, sorry il termine) brava, okay? Quindi, se avete voglia di ridere e innamorarvi, passate da lei, che è la persona adatta. Avrei troppe cose da dire su di lei, ma purtroppo il mio limite di spazio autrice è di una pagina (me lo sono dato da sola, okay? Non voglio rompere troppo) e lo sto pericolosamente raggiungendo. Vi dico solo che ne vale la pena.

Beh, dopo questo avviso/appello disperato riguardante Photographs, vi saluto, sperando di aggiornare prima la prossima volta!! Ciauuu

Ranyadel

  
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