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Autore: Thingsthinker    13/06/2015    0 recensioni
Sta ritta, Arriane, ritta nel buio e nell’odio.
C’è stato un tempo in cui Dion ha avuto pietà di lei, c’è stato un tempo in cui erano innamorati. Ma entrambi i tempi sono lontani, e il tempo di ora è più duro, più reale.
[...]
Si erano amati. Dion aveva amato Sim come non avrebbe mai amato nessun altro, con ogni fibra del suo corpo, con ogni frammento della sua mente delirante. Con la follia e con la ragione, Dion aveva amato Sim e Sim aveva amato Dion, e avevano reso forza i loro errori, e costanza l’incostanza.
[...]
Dionysus guarda le stelle, la gola gli brucia di vodka e di amarezza.
Che essere inutile ed effimero, incapace di amare qualcosa all’infuori del vino. Incapace di provare sentimenti.
Genere: Angst, Drammatico, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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  D   I   O   N   Y   S   U   S
di Lee


Degli ultimi bagliori dei lampioni rifulge il giovane Dionysus, durante ultime ore della notte in cui il mondo dorme ancora e i peccati sono liberi di essere compiuti. Al mondo piace dimenticarsi dei suoi figli, o forse finge; forse ha perso anche lui la speranza, come Dion, come tutti.
Sorride, Dionysus, sorride di vino rosso e di vodka liscia: sorride senza un motivo, o forse un motivo ce l’ha e non vuole dirlo a nessuno. Cammina sbilenco, gli occhi sgranati nell’ebbrezza della penombra. I riccioli scuri incorniciano il volto candido, quello di un bambino viziato che scioglie nell’alcool i resti della sua infanzia.
Gli brillano gli occhi mentre barcolla con determinazione, le membra intorpidite e i pensieri senza freni.
Canta. L’aria dell’estate culla la sua disillusione, le parole si perdono nella calura nebbiosa, nelle stelle fredde.
Dietro di lui qualcuno arranca, gli gridano di fermarsi.
Un ticchettio di passi irregolari sull’asfalto della strada di periferia. Dion si gira, sul volto paffuto si scava un sorriso beffardo. Nella chiazza di luce del lampione entra una figurina così sottile che potrebbe essere spazzata via da un soffio di vento.
E Dion prova l’impulso irrefrenabile di ucciderla, ucciderla per davvero. Oddio, ucciderla forse no: basterebbe che scomparisse.
La guarda con tutto l’odio di cui è capace, quella piccola figura, eppure non la piega, non la spaventa.
 
Sta ritta, Arriane, ritta nel buio e nell’odio.
C’è stato un tempo in cui Dion ha avuto pietà di lei, c’è stato un tempo in cui erano innamorati. Ma entrambi i tempi sono lontani, e il tempo di ora è più duro, più reale.
 
Dion vede la ragazza chinarsi e sfilarsi entrambe le scarpe. Ha i piedi piccoli e bianchi, arrossati da piccole piaghe e ferite per colpa di quelle scarpe maledette. Brilla come una statuina di madreperla, fasciata in un vestito di raso costato dieci volte il suo peso corporeo. Ha gli occhi grandi, più grandi del solito, Dion distoglie lo sguardo perché ha paura di esserne risucchiato – risucchiato, divorato, annebbiato, compreso; fa lo stesso.
 
- Dove diavolo stai andando. –
Non glielo sta chiedendo. Ad Arriane non interessa. Dove mai potrebbe andare Dion, ubriaco fradicio, in giro tra i campi e fabbriche di periferia dopo una serata in discoteca.
 
Dion sente il rimprovero nella sua voce e la odia, la odia ancor di più. Sbatte a terra quel che rimane della bottiglia di vodka liscia e si strappa dal collo la cravatta costosa e stropicciata, come se fosse quella a soffocarlo.
 
- Me ne vado. – dice lei – Anche senza di te. –
Lui non risponde, e rimane ritto in piedi – per quanto può – fissandola nei suoi grandi chiari insopportabili occhi. L’uomo-bambino ubriaco marcio, con le guance da preadolescente e la pancia da alcolista, sfida la piccola altera principessa, nei suoi orecchini di perle e le sue scarpe Loubotin.
- Vaffanculo, Dion. –
Arriane si volta e ritorna sui suoi passi, verso gli amici che hanno lasciato indietro.
Piange lacrime amare, la principessina di raso e perle, per l’amore più contorto che sia mai nato su questa terra. Vede l’odio negli occhi di Dionysus e si chiede se quel giorno, fra due settimane, riuscirà ad ignorarlo in chiesa, davanti a tutti, davanti ad un Dio in cui non crede. Si chiede se il giorno del suo matrimonio riuscirà a sopportare l’odio che le brucia la pelle.
Tempo prima c’era amore, al suo posto. Arriane ne è sicura. Passionale irruento incostante sincero amore. E’ passato un anno, e qualcosa è cambiato.
Dion era stato la sua luce in fondo al tunnel. Era uscita da un brutto giro di droga di adolescenti dell’alta società; ricominciava a vivere dopo la delusione di un uomo che l’aveva abbandonata in fin di vita.
Dion l’aveva salvata, avevano ricominciato a vivere. Non aveva mai voluto parlare del suo passato e Arriane non aveva mai insistito per parlargli del suo: gli aveva risparmiato storie scritte con l’alcool e la cocaina.
Poi erano partiti per un viaggio, e una volta tornati l’amico di Dion, Prosimnyus, era morto.
Così Dion era caduto, irreparabilmente e per sempre, ed era tornato dall’altro suo migliore amico; il suo fedele, immortale, scatenato amico. L’alcool.
Arriane è tornata nel tunnel; questa volta, però, sembra più un pozzo.
 
Piange, Arriane, mentre risale sulla decappottabile fiammante. Tre ragazze sono sedute dietro, quasi sul bagagliaio. E’ sicura che Dion sia andato a letto con tutte e tre. Sul sedile del passeggero è seduto Ampel: è abbastanza convinta che il suo futuro marito sia andato a letto anche con lui.
- Dionysus? –
- Se siamo fortunati non lo vedremo mai più. – dice, per tutta risposta.
Ad uno sguardo sorpreso di Ampel, Arriane alza le spalle e si accovaccia sulle gambe del guidatore.
- Parti. – ordina
Nessuno fa niente, il ragazzo si muove a disagio sotto di lei.
- Ho detto parti! –
La decappottabile parte sgommando, berlina sgargiante nella desolazione industriale.
 
Dionysus sente la macchina allontanarsi e finalmente rilassa i muscoli.
Si lascia cadere nell’erba umida, respira l’aria notturna che da laggiù sa di terra. Sente il ronzare sommesso di un’industria tessile a qualche chilometro da lui. Le macchine rombano il lontananza, e Dion si augura che la berlina con Arriane si schianti, e muoiano tutti.
Magari Ampel no.
 
Prosimnyus però è morto.
L’hanno trovato due giorni dopo, nel suo appartamento; come corredo funebre una pipa da crack e una siringa con una dose di eroina non ancora estinta. Com’era bello, Sim, anche da morto; con quei capelli fulvi e gli occhi scuri, buoni.
L’aveva pensato, Dionysus, che era colpa sua. Sim non aveva mai toccato droghe o alcool, prima di conoscerlo.
Si erano amati. Dion aveva amato Sim come non avrebbe mai amato nessun altro, con ogni fibra del suo corpo, con ogni frammento della sua mente delirante. Con la follia e con la ragione, Dion aveva amato Sim e Sim aveva amato Dion, e avevano reso forza i loro errori, e costanza l’incostanza.
Dionysus era ricco e Prosimnyus non lo era. E nella grande villa o nel piccolo appartamento, si erano amati da impazzire, senza droghe senza alcool, con un amore così forte da tenerli in vita anche senza null’altro.
Poi però, era successa la tragedia. Li aveva visti, la matrigna  di Dion, e avevano dovuto smettere di vedersi alla luce del sole.
Era diventato furtivo, il loro amore, nascosto obsoleto oscuro sbagliato; soprattutto sbagliato.
Poi Sim aveva detto che non era fatto per vivere nell’ombra, e tutto era finito. Nel dolore, nel buio, avevano sciolto i resti di quel loro amore – o avevano creduto di farlo.
Dionysus aveva incontrato Arriane, e Prosimnyus non aveva incontrato nessuno.
E si erano entrambi spenti secondo loro consuetudine.
Sim onestamente, senza equivoci: il suo cuore aveva smesso di battere sul serio, i suoi occhi si erano chiusi per sempre.
Dion non ci è riuscito. Ci ha provato, si, ci sta ancora provando, sotto sotto. Ogni sera ingurgita litri di alcool e la mattina vomita l’anima, ma non il cuore. Non prende droghe perché, mentre muore, vuole essere in grado di capirlo.
Muore piano, Dionysus, ma facendo rumore.
 
Dionysus guarda le stelle, la gola gli brucia di vodka e di amarezza.
Che essere inutile ed effimero, incapace di amare qualcosa all’infuori del vino. Incapace di provare sentimenti.
Ma questo non è vero.
Infatti piange, Dion, guardatelo. Il bambino troppo cresciuto, bello come un quadro, guarda il cielo e piange, e le grosse calde lacrime scivolano ai lati degli occhi, e gli bagnano i capelli scuri.
Brilla di vita ed è la cosa più viva del mondo. Viva perché soffre, piange, vuole morire. Viva perché ha amato, ha riso, è stato felice.
E’ la cosa più viva del mondo, eppure vuole morire.
Dionysus vuole morire.
  
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