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Autore: Shadow_chan    13/06/2015    2 recensioni
Estratto dal capitolo 7
"Avete presente la ragazzina allegra e solare che ha sempre seguito le regole, ligia al dovere, coraggiosa e generosa? Quella che vi detestava perché eravate il suo bulletto personale?
Immaginatevi il luogo più assurdo dove potreste incontrarla.
Ecco io l'ho trovata in un bordello di Amsterdam."
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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3.


 
 
Anno Scolastico 2006/2007 giorno 22 Dicembre
 
Non era possibile! Nella stessa classe no! Dopo tutto quello che avevo fatto per allontanarla, sfottendola per i suoi capelli, per la divisa e per quel sorriso! La odiavo con tutto me stesso, per colpa sua mio padre e mia madre si lamentavano in continuazione perché lei era più brava di me e secondo i miei genitori ciò era inammissibile che una plebea, l’avevo scoperto l’estate scorsa, potesse essere più brava del loro bambino! Mi avevano fatto seguire da un’insegnante per tutta l’estate! Scommetto che lei quell’estate l’avesse passata divertendosi invece che a sudare sui libri!
Ed eccola che entrava in refettorio con la solita divisa più grande di una taglia, quando la sfottevo lei ripeteva che era per comodità, ma sono più che convito che sotto quel maglione largo vi sia un manico di scopa! Guardatela come sorride alla sue amiche! Dio la detesto!
-ehi amico stai digrignando i denti!- commento La Rosa –Non è vero Alfio, non lo sto facendo-
Intanto Ferro si era avvicinato dove stava pranzando la strega, li vidi scambiarsi poche parole e lei lo salutò sorridendo. Certo che quando sorrideva era davvero carina. Ma che vado a pensare!
-Da quando Flavio si interessa a Luciani?- chiese Romano gli risposi con un grugnito.
Che avranno da scambiarsi quei due? Perché lei gli aveva sorriso? Lei non sorrideva mai ai ragazzi!
-Marco sembri piuttosto concentrato sulla nuova capo gruppo, vuoi dirci che cosa è cambiato?- sbuffai innervosito, Flavia Serena Luciani, un incubo di donna, con la lingua biforcuta e velenosa come un serpente a sonagli. Non gli si poteva rivolgere la parola che subito ti mangiava, o almeno a me, gli altri invece li riempiva di sorrisi, la sentivo ridere spesso con le sue amiche e chi le chiedeva un aiuto di qualsiasi genere era sempre disponibile. Avevo anche sentito dire che era coraggiosa e leale ma non sapevo cosa avesse fatto per conquistarsi il titolo di regina della scuola, neanche fossimo ad un ballo!
-Non è successo nulla, semplicemente non la sopporto!- risposi –Dovresti saperlo Livio, non la sopporto proprio- tornai a guardarla e la trovai al portone d’ingresso così mi alzo per raggiungerla  –Allora Luciani stai uscendo con Ferro per caso?- le sue amiche cominciarono a confabulare, le solite oche la cui unica preoccupazione era sapere sempre qualche nuovo pettegolezzo.
Flavia si girò contrita verso di me e mi lanciò uno sguardo di sfida –E se anche fosse, tu che centri?- Colpito e affondato, infatti io che centro? Perché l’ho chiesto? E senza pensare dissi la cosa più stupida che potessi dire –Sai, non vorrei che il mio amico si insudiciasse con una plebea!- gli occhi di lei si sgranarono e prima di poter trovare un modo per scusarmi o ritrattare la frase appena pronunciata lei mi tirò un ceffone che lascio il segno, non solo sulla mia guancia. Luciani si volse ed usci dal refettorio, ormai vuoto, a passo di carica. Mi accasciai su una sedia e mi diedi del coglione sperando di non averla fatta piangere.
Nei giorni seguenti vidi quelle che dovevano essere le sue amiche scansarsi al suo passaggio, alzarsi dal tavolo lasciandola sola. Nessuno voleva fare più nulla con lei, la evitavano come se avesse avuto una malattia contagiosa. Le rivolgevano la parola solo se ne erano costretti. Lei fiera e dritta camminava per la scuola a testa alta a dimostrare che lei aveva lo stesso loro diritto di studiare in quella scuola.
 
 
 
 
14 Maggio 2006
 
 Quel sabato ricevetti la visita di mia madre, nonostante gli anni passassero lei rimaneva sempre uguale, rimirandomi in uno specchio dell’aula incontri potei notare le somiglianze, i capelli ricci e neri, gli occhi leggermente a mandorla di un nero intenso, le labbra sottili e la curva morbida della mascella. Da mio padre avevo ereditato l’altezza, le orecchie -come mi ripeteva sempre mia madre- e il naso aquilino.
-Madre- la salutai abbracciandola e donandole un bacio leggero su una guancia –Come stai?-
-Molto bene Marco, ma non sono qui per questi convenevoli, sono qui per chiederti di Luciani-
Che cosa?
-Vedi suo padre ha fatto fortuna come architetto e vorremmo entrare in rapporti lavorativi favorevoli ma fino ad ora ha sempre rifiutato senza darci una motivazione. So che conosci sua figlia Flavia Serena, dimmi, in che rapporti siete?-
-Pessimi madre, ci odiamo-
-Oh. Questo è un problema, se avesse raccontato ciò a suo padre sarebbe il motivo del suo rifiuto-
-cosa vuoi da me mamma? Non posso farci nulla! È un insopportabile secchiona, arrogante, testarda come un mulo, saccente, dispettosa con una lingua velenosa!- non riuscii a trattenermi
-l’hai almeno assaggiata questa lingua?-
-Mamma!- strillai sdegnato, ma come le veniva in mente di parlare di queste cose con un figlio che era nel pieno della pubertà, va bene che avevo compiuto sedici anni ma non esageriamo!
Mia madre rise di gusto –Non ti sto chiedendo molto, voglio solo che tu abbia un buon rapporto con lei. Non dico che devi esserle amico ma almeno non esserle di peso- così concordi la salutai.
 
La mattina seguente di Flavia non c’era traccia, le ragazze in refettorio stavano parlando male di lei in un modo che mai mi sarei aspettato
-Hai sentito l’ultima?-
-No cosa?-
-Si dice che Flavia si andata a letto con Flavio Ferro!- segui uno scoppio di risatine e poi commenti acidi che mi lasciarono basito. In confronto la Luciani era una signora!
Vagando la trovai in biblioteca seduta su un tavolo a gambe incrociate, leggeva un libro concentrata.
Al suo fianco teneva un quaderno dove, di tanto in tanto, appuntava qualcosa. Indossava una camicetta rosa pallido, un paio di jeans stretti e delle ballerine nere. I capelli erano stretti in un severo chignon di cui una ciocca antipatica gli cadeva puntualmente sugli occhi. Rimasi a fissarla, forse per un minuto o più, poi lei alzò la testa e vedendomi nei suoi occhi vidi sorpresa e delusione. Aspettava qualcuno forse? Chi? Flavio?
-Che vuoi Aquila? Sto studiando-
-Vedo, ma stai violando la regola 27 del regolamento scolastico- sbuffò e scese dal tavolo
-Altro?- mi chiese indifferente mentre si sedeva composta su una sedia –Si. Ho saputo che tuo padre è ricco congratulazioni!- forse non avrei dovuto dirlo.
Si era alzata di scatto, la sedia era caduta in terra con un tonfo assordante paragonato al silenzio della biblioteca, mi guardava con occhi fiammeggianti di rabbia e delusione. Delusione per chi?
-Voi stupidi ricchi!- strillò offesa –non fate altro che pensare al denaro, finché non sapevate della mia situazione monetaria eravate tutti amici, poi mi hanno allontanato perché ero povera! Io almeno posso vantare di avere ottenuto la borsa di studio con le mie sole forze mentre la maggior parte di voi si è comprato l’ammissione! Io… Io.. IO ODIO TUTTI, ANCHE QUEL COGLIONE DI FLAVIO CHE MI HA LIQUIDATO CON “LA MIA FAMIGLIA NON ACCETTEREBBE UNA NOSTRA EVENTUALE RELAZIONE” MA CHI TI HA CHIESTO NULLA!-strillò con quanto fiato aveva in gola, strillò la rabbia, la frustrazione, la delusione e pianse e io feci l’unica  cosa che mi sembrava sensata in quel momento. La raggiunsi in dieci passi e l’abbracciai, lei rimase rigida per i primi venti secondi, poi si rilassò, contraccambiò l’abbraccio e nascondendo il viso sul mio petto sfogò quei sentimenti dolorosi.
Non sopportavo vederla distrutta e fragile quando avevo visto l’orgoglio, la fierezza, il coraggio e il sorriso come la testardaggine, la saccenza e la violenza di quel pugno del terzo anno.
Restammo abbracciati per diversi minuti quando cercai di allontanarmi da quel corpo, lei si strinse di più al mio nascondendo il viso sul mio petto. Sospirando la tenni stretta a me ancora un po’ prima di rendermi conto dell’effetto che lei mi faceva. Insomma sono un ragazzo con tutti gli ormoni al posto giusto e il fatto che fossi più alto di lei di diedi centimetri non aiutava. Riuscivo a seguire la linea del collo, della schiena fino giù ai glutei e che glutei! Diamine! L’afferrai per le spalle e l’allontanai, era sorpresa e un po’ spaesata. Passandomi una mano tra i capelli un po’ imbarazzato cercai di guadagnare la porta ma qualcosa mi trattenne, la sua mano sulla mia. Era calda e un po’ sudata, lei la tolse subito –Marco ti prego, non dire nulla di quello che è accaduto-
Digrignai i denti, in un primo momento credetti di sognare non mi aveva mai chiamato per nome, ma l’ultima parte mi aveva riportato alla realtà. Non saremo mai stai amici, mamma rinunciaci è impossibile, pensai mesto. –Tranquilla non dirò di quanto tu abbia pianto- lei mi guardò sorpresa, alzò un sopracciglio –non intendevo questo- mi disse un po’ imbarazzata per l’equivoco –intendevo di papà, non dire a nessuno che ha fatto fortuna-
-perché?-
-se gli altri ti sono amici solo per il denaro, beh possono tenersi la loro amicizia e simpatia. Non si meritano nulla quelle stupide oche giulive!-
Sorridendo le accarezzai la testa –A una condizione-
-Quale?-
-Mangerai con me-
 
 
7 Giugno 2007

I giorni passarono più o meno sempre uguali: colazione, pranzo e cena con Luciani, Romano e La Rosa, compiti, interrogazioni, litigi con Luciani per poi ritrovarsi allo stesso tavolo a consumare il pasto. Eravamo quasi alla fine della scuola e sul quotidiano spunta una notizia che sperai invano che Luciani non leggesse mai. Quanto mi sbagliavo, la sua ex-amica, Ambrosoli le lanciò il giornale ghignando malefica –Luciani il tuo paparino è stato beccato con una modella francese- un’altra prese voce –ho sentito che è molto ricca- Ambrosoli approfittò del silenzio per la scoccata finale –Sicuramente se la sbatte per quello, ma lei è così bella, perché sta con uno così..-
SBAM
Luciani aveva servito sulla faccia di Ambrosoli il suo potente schiaffo, che il ricordo di quello riservato a me mi fa ancora male la guancia, l’eco risuonò nel silenzio del refettorio –non osare mai più parlare di mio padre lurida stronza! Tu non sai nulla di noi ma io so tutto di voi!- con un solo sguardo li guardò dalla testa ai piedi schifata –pensate prima alle vostre famiglie che alla mia!-
-Cosa stai insinuando plebea?- mi alzai e la raggiunsi mettendomi al suo fianco e prima che potessi dire o fare qualcosa arrivò la risposta della mora – Dovresti chiedere a tua madre dove va ogni fine settimana invece di venire a trovarti- Ambrosoli era esterrefatta e come tutti gli altri un po’ spaventati. Le afferrai un braccio e la trascinai in biblioteca, deserta a quell’ora di pranzo, mi voltai e lessi sul suo viso la preoccupazione, e di cosa poi?
-che c’è? Le hai rimesse tutte al loro posto, ora non ti daranno più noie-
-Sbagli Marco, non avrei dovuto dirlo, melo aveva confidato e l’ho usato per ferirla! Sono un mostro!- si mise le mani tra i capelli preoccupatissima. Dolcemente, almeno ci provai, liberai i capelli dalla sua presa ferrea
-Luciani. Va tutto bene. Eri all’esasperazione. L’avrei fatto anche io se avesse offeso mia madre o mio padre. Quindi calmati.- la riccia riprese a respirare correttamente poi mi guardò infastidita quindi le lasciai le mani di scatto come se scottassero –Che c’è ora?-
-Mi chiami sempre Luciani, ho un nome lo sai vero?-
-So come ti chiami ho un pugno a ricordarmelo!- cercai di sdrammatizzare ma lei rimase seria –ok ti chiami Flavia Serena però..- mi sorrise e non capii il motivo, era un sorriso dolce che non le avevo mai visto e il fatto che lo rivolgesse proprio a me mi confondeva, arrossi dall’imbarazzo e cercai di nasconderlo guardando da un’altra parte.
-Serena, per te solo Serena- aspetta un attimo! Riportai lo sguardo su di lei aveva ancora quel sorriso. Che mi sono perso? Mi guarda in modo strano, troppo strano. Nessuno mi ha mai guardato così. Meglio allontanarsi, sento che è sbagliato.
-Andiamo a preparare le valigie, domani si torna a casa!- mi alzai e senza aspettarla tornai in camera mia.
 
   
 
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