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Autore: alida    10/01/2009    6 recensioni
A te, che ho ferito, che ho piegato al mio volere offrendoti una redenzione che non poteva darti, e poi costringendoti a far ciò che mai avresti fatto: uccidermi. I personaggi sono di J.K.ROWLING, la storia non è scritta a scopo di lucro. Recensiteeeee....
Genere: Malinconico | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Albus Silente, Severus Piton
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Piton entrò nel suo nuovo ufficio, alle pareti gli ex-presidi dormivano nei loro quadri e tutto era in ordine come lui stesso aveva richiesto.

Sapeva che ci sarebbe stato anche un nuovo quadro in cui avrebbe potuto vedere Silente ma non lo cercò.

Con gli occhi fissi nel vuoto si sedette nella sua nuova poltrona e contemporaneamente comparve sulla scrivania una lettera piegata in due sulla quale c’era scritto: “Per il nuovo Preside di Hogwarts Severus Piton”. 

Per un attimo Piton rimase bloccato, il suo sguardo che non lasciava intuire mai nulla divenne all’improvviso stanco, quasi debole. La grafia era quella di Silente. Prese la lettera fra le mani e restò un po’ a pensare.

Silente non si dimenticava mai di nulla, probabilmente gli aveva lasciato un nuovo compito che non si era sentito di chiedergli a voce oppure era un promemoria, certamente inutile perché anche lui si ricordava sempre tutto, con il quale il vecchio preside voleva sottolineare l’importanza di un gesto che lui avrebbe dovuto compiere.

Già s’immaginava le parole:-Ricordati che Harry e solo un ragazzo che somiglia James Potter ma non è James Potter-, e Piton rispondeva mentalmente:- Non sarà lui ma gli somiglia parecchio-,

-Ricordati che il preside è sempre obiettivo ed equo nell’assegnazione di punti extra alle case-, 

-Ricordati che Hagrid è un fedele amico-

e sarebbe andato avanti a lungo se la lettera non gli fosse scivolata dalle mani riportandolo alla realtà.

Piton la riprese, era leggera. La osservò, era beige con la scritta nera. La apri e la sentì colma di emozioni.

 

“Caro Severus,

ti scrivo questa lettera per dirti le parole che in vita non ebbi il coraggio di pronunciare.

Ci ritrovammo spesso a discorrere del presente e del futuro ma davanti alle mie domande sul tuo passato ti sei sempre mantenuto su un distaccato riserbo. Hai fatto bene perché non so se sarei stato capace di sostenere il tuo sguardo fiero, sicuro ma ancora una volta stanco e provato di fronte al peso dei ricordi. 

Oh i ricordi! Ricordi il giorno in cui le nostre vite si unirono per sempre? Come potresti non ricordarlo.

Venisti da me in cerca di aiuto, di un aiuto sincero che io non seppi darti, perché Lily morì ugualmente, ma in cambio del quale pretesi la tua assoluta fedeltà, t’imposi un pericoloso doppiogioco e infine, con un subdolo gioco di potere psicologico, ti legai per sempre a Harry. 

Tu eri vulnerabile ed io ne approfittai. Ogni giorno legandoti al figlio del tuo nemico e della tua amata spargevo, senza rendermene conto, piccoli granelli di sale sulle tue ferite aperte e di questo me ne accorsi solo quando vidi dopo tanto tempo il tuo Patronus. Lo stesso di allora. 

Credimi quando ti dico che pur sapendo quanto soffristi per Lily non credevo che soffrissi ancora, non in modo così profondo e intenso dopo tanti anni. 

Sei sempre stato sotto i miei occhi ragazzo ma io non sono mai stato capace di entrare appieno nella tua anima, o forse tu non me lo hai mai permesso. 

Non lo so, non so come sono andate le cose, perché mi sono ritrovato a scriverti, perché non mi hai mai offerto le chiavi del tuo cuore, perché non ti ho mai detto che se avessi avuto un figlio avrei voluto che somigliasse a te. 

Che somigliasse a te non a Harry. 

A te, che ho ferito, che ho piegato al mio volere offrendoti una redenzione che non poteva darti, e poi costringendoti a far ciò che mai avresti fatto: uccidermi. 

A te perché mi hai curato fin quando hai potuto, che mi hai assecondato sempre e mi hai regalato la morte che volevo, e mi hai voluto bene sempre e comunque come solo un figlio avrebbe potuto. 

A cosa devo tanto non saprei, ma so chi devo ringraziare ragazzo mio. Perdonami se non ho saputo amarti come avresti meritato e ti prego continua ad amarmi. 

Con tutto l’affetto che posso, Albus Silente”.

 

Piton lesse la lettera, avrebbe voluto rileggerla ma credeva di non riuscirci. La vista si era fatta confusa e la testa pesava parecchio.

Prese la bacchetta e colpì tre volte sulla scrivania.

Comparirono una foto sua con Silente, dove il vecchio preside lo guardava sorridente e lui ricambiava con un mezzo sorriso sincero, un fiore e una targhetta, dove c’era, inciso “Padre è colui che pur amando sempre è convinto di non amare abbastanza”. 

Si alzò e, senza voltarsi verso i quadri, uscì. 

La porta si chiuse e Piton rimanse bloccato ma sentì ugualmente quando Fanny pianse per curare le lacrime di sangue che bagnavano la tela del quadro di Silente.

  
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