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Autore: emanuele0933    15/06/2015    2 recensioni
Ho deciso di unire tutte le varie "sidestories", cioè le storie estranee al personaggio principale della mia opera, in un'unico ciclo narrativo che ho intitolato Cronache di Hogwarts Sidestories. Queste le troverete successivamente anche nel romanzo finale, ma per il momento, dato che alcune di esse sono abbastanza scollegate dalla storia e ben comprensibili fin dal principio, le inserisco qui, magari data la mia estrema lentezza nel produrre nuovi capitoli, i lettori non si stancheranno di aspettare e leggeranno qualcosina. La lunghezza dei capitoli sarà ovviamente ridotta rispetto ai miei standard, ma manterranno la stessa qualità. Detto questo buona lettura!
Genere: Avventura, Introspettivo, Malinconico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Lily Evans, Severus Piton, Un po' tutti | Coppie: Lily/Severus
Note: What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Più contesti
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La busta giaceva lì, immobile ed impietosa su ciò che era rimasto di un sudicio scrittoio in legno scarso. La luce notturna che proveniva dalla finestra faceva luccicare i brillanti di cui era cosparsa, come per dimostrare che la famiglia che di lì a poche ore si sarebbe creata sarebbe stata perfetta come un diamante.

Cosa le è passato per la mente: invitarmi? E peggio ancora, chiede che sia io a farle da... E’ fin troppo crudele per essere vero...

Il mio animo era turbato nel profondo, non potevo continuare ad aspettare seduto. Mettendomi in piedi, volsi lo sguardo al di fuori dell’unica apertura della stanza.

Il posto era ancora come ricordavo fosse una dozzina di anni fa: soltanto la casa di fronte aveva subito un crollo durante tutto questo tempo. Anche l’orario era più o meno quello del nostro arrivo, nell’estate dell’81.

 

Spinner’s End era un viale fetido, indolente e infame: non passava giorno senza che qualcuno veniva aggredito per strada e la mancanza di lavoro sembrava rendere le famiglie ancora più propense alla violenza. Non avrei mai augurato a nessuno di nascere e crescere in quella via, specie a qualcuno simile a me. Lì le differenze non venivano tollerate e se attiravi troppo l’attenzione finivi pesto un giorno sì e l’altro pure. Io poi ero una specie di richiamo per i pugni dei miei coetanei e, nonostante possedessi la capacità di farli a pezzi, dovevo subire per via del divieto dell’uso di magia al di fuori della scuola. C’era però un elemento positivo oltre tutti gli svantaggi: la casa degli Evans.

Non era sfarzosa, era fuori mano e la gente che ci abitava non si distingueva poi molto dal resto degli abitanti del posto, ma il vero motivo che la rendeva un posto meritevole di una visita era la secondogenita della famiglia: la più brillante neo-strega che avessi mai incontrato. Distava pochi isolati da casa mia ma, essendo posta in campo aperto, i motivi per passarci davanti per caso erano fin troppo pochi, per cui mi ritrovavo a dover allungare di più del doppio la strada per la bottega più vicina, pur di ritrovarmi lì.

C’era un alto e solitario larice nei pressi della casa che si affacciava direttamente nella stanza di Lily, l’unica persona al di fuori della mia famiglia a possedere dei poteri magici, ed era lì che mi posizionavo per poterla osservare durante la sua routine domestica. Solitamente verso quest’ora la trovavo in ginocchio sul letto a leggere uno dei tanti libri sulla magia che mi chiedeva ed io le prestavo, o rivolta sulla scrivania intenta a scrivere chissà cosa. Certe volte però capitava che non la trovassi in camera o perché era in cucina ad aiutare la madre o perché era fuori casa. Purtroppo quel giorno apparteneva alla seconda categoria.

Erano già sei giorni che non ci vedevamo, cioè da quando erano finite le lezioni e rimandare anche di un solo altro giorno il nostro incontro mi addolorava parecchio. Fortunatamente però una delicata vocina mi chiamò dall’altra sponda del fiume Hiz.

-Severus!

I suoi grandi occhi verdi erano la prima cosa che ogni volta riuscivano a catturare il mio sguardo; poi toccava, sempre in questo preciso ordine, ai fluenti capelli color stipa e alle tenere fossette sulle guance, ricoperte da minuscole lentiggini. Sembrava ammirassi un’opera d’arte in movimento: ogni linea, ogni cambiamento che notavo in lei nel tempo passato assieme era come una meravigliosa scoperta, tanto naturale per lei, quanto misteriosa e affascinante per me. In quella settimana di distacco notai che aveva riacquistato colorito sulla pelle, soprattutto nelle gambe che, a causa dell’inverno, le si erano candidamente impallidite.

Mentre attendevo che attraversasse il ponte per venirmi incontro notai che era ritornata al vestiario che indossava nel periodo in cui l’ebbi conosciuta. Indossava infatti un semplice completo di seta che le cingeva il busto e una minima parte delle spalle e dei fianchi, lasciando nude più parti del corpo possibili. Anche le scarpette a singolo listino aiutavano l’assorbimento di più raggi solari possibili, tant’è che non appena arrivò ad una distanza in cui mi fosse possibile notarlo, vidi che il collo che solitamente teneva chiuso avvolto dalla cravatta, le si era leggermente scottato, così come le spalle e le ginocchia. Anche se eravamo in piena estate ed il sole batteva duramente, il forte vento comunque spingeva a coprirsi di più, tanto che io indossavo ancora la camicia a collo alto primaverile.

-Finalmente sei venuto!

Mi saltò improvvisamente tra le braccia, cogliendomi così di sorpresa che quasi stavo per finire schiena a terra, nonostante lei fosse leggerissima.

-C-Ciao...

-Credevo saresti passato un po’ prima a dire il vero... Hai avuto da fare?

-Non proprio, è che... Volevo lasciarti del tempo  per poterti riambientare alla vita babbana.

-Ah, di nuovo quel termine! Sai che non mi piace sentirlo... Comunque avevi ragione, sembra strano ritornare a casa dopo aver passato quasi un anno fuori dalle mura domestiche. Al mio rientro mi sembrava tutto quanto familiare ma allo stesso tempo diverso. Anche nelle piccole cose... Ad esempio, i miei vestiti: questo drappo dovrebbe arrivarmi a metà del femore, invece si ferma molto più in su, ho praticamente tutta la coscia scoperta! Lo uso soltanto per il raccolto ormai, se sapevo che venivi a farmi visita avrei indossato qualcosa di più decente.

Per evitare di rivelare il mio imbarazzo le risposi prontamente:

-Ma questo avviene dopo ogni partenza che si protrae per lunghi periodi. Ciò che intendevo era che ci si impiega del tempo a ritornare tra gente che non ha la più pallida idea di cosa sia la magia, ma che comunque sa che esiste e che tu sei capace di maneggiarla.

-Anche qui hai ragione, ma è un discorso lungo... Entra, poso questo cesto e ti offro qualcosa.

In casa Evans ero ormai quasi come un membro di famiglia: non approfittavo mai della loro ospitalità e in quegli anni sarò entrato in casa loro al massimo una decina di volte, ma non volevo staccarmi da Lily nemmeno per un attimo, per cui accettai l’invito. Mi sedetti al tavolo grande in cucina mentre lei divideva e puliva i cereali che aveva appena raccolto. Solitamente stavamo seduti uno accanto all’altra nel tavolo più piccolo del salotto accanto, ma io volevo guardarla negli occhi mentre mi parlava e quindi optai per il posto a capotavola. In quel momento scese dalla sua camera sua sorella, Petunia, che vedendomi dalla tromba delle scale, indispettita, tornò sui suoi passi. Era l’unica Evans che non avevo piacere di incontrare: antipatica e fin troppo estroversa, non mancava mai di umiliare me o la sua anormale sorella, come diceva lei. In quest’anno poi era pure peggiorata fisicamente, crescendo fin troppo d’altezza ed acuendo tutti i suoi lineamenti.

-Fatto, ho finito. Scusami, ma dovevo proprio farlo, altrimenti mia madre si sarebbe arrabbiata... Vuoi del te freddo?

-Se ce l’avete sì, altrimenti anche dell’acqua va più che bene.

-Certo che ce l’abbiamo, altrimenti non te l’avrei offerto, no?

Dopo avermi versato il te in un bicchiere pulito mi fissò intensamente coi suoi grandi occhioni pieni di curiosità, tant’è che non sapevo se iniziare a bere o meno. Notando il mio disagio, si sedette e cominciò a parlare:

-Come ti dicevo, è complicato descrivere cosa sto provando in questo momento, forse perché non lo so con certezza neppure io... E’ una fase di transizione, credo...

Il te era più freddo del previsto, volevo berlo in fretta, ma mi avrebbe congelato lo stomaco oltre che i denti, perciò decisi di lasciarlo stemperare un po’.

-Allora proverò a dirti io cosa stai provando, poi tu mi dirai se ci ho azzeccato o meno.

-Vediamo.

-Innanzitutto sei contenta di essere tornata a casa dai tuoi dopo tutto questo tempo, ma contemporaneamente sei combattuta perché vorresti essere ancora a scuola coi tuoi compagni ed amici.

-Vero, ma questo era facile.

-Lo so, certo, lo so... Ma per completezza dovevo dirlo.

Si stava divertendo. Bene, perché ciò che le avrei detto, non sarebbe stato poi così leggero.

-Ciò che inoltre provi è qualcosa che invece non prevedevi affatto. Infatti, a differenza del sentimento di appartenenza a due mondi diversi che già ti aspettavi, è sorta in te anche la consapevolezza di una doppia esistenza: una babbana, o non magica come vuoi tu, e l’altra fuori dal comune, da quei canoni con i quali sei sempre cresciuta. Torni a casa e da un giorno all’altro ti rendi conto che non è solo il tuo corpo ad essersi sviluppato ma anche tu non sei più la stessa persona e non sai ancora se la cosa ti piace o meno.

Visto il silenzio di Lily credetti di non aver sbagliato la mia previsione e perciò, dopo un piccolo ma dolorosamente ghiacciato sorso di te, continuai:

-I tuoi genitori d’altra parte non aiutano a farti capire. Da un lato ti sostengono e fanno di tutto per mostrarti il loro appoggio, dall’altro non possono fare a meno di avere timore di queste tue abilità, poteri che nemmeno sanno quantificare e né sono in grado di immaginare e che quindi vedono e vedranno sempre con un tocco di malcelata indifferenza che tu ovviamente non hai mancato di notare. Vorresti potergli mostrare cosa hai imparato a scuola, ma tra l’embargo scolastico ed il timore che una piccola recita si possa trasformare nella causa scatenante la fine di un pacifico rapporto genitori - figlia, continui a tenere tutto questo per te, senza comprendere che così facendo hai già smosso una pietra dal sottile confine della fiducia reciproca che difficilmente potrà essere ricomposto.

In quel momento dal piano di sopra si udii un sordo tonfo di una porta che sbatte violentemente.

-Senza parlare di quell’invidiosa di tua sorella, che ad ogni sua ennesima provocazione vorresti risponderle trasformandola in un’oca da cortile.

-Beh sì, più o meno è quasi tutto quello che sto passando in questi momenti... Tranne la parte dell’oca ovviamente, anche perché non saprei come farlo sinceramente. E tu queste cose come fai a conoscerle?

-Perché vedi, a differenza tua, io questa esistenza a metà la vivo da sempre.

Cercai di fare lo spaccone, stiracchiando le braccia sopra la testa, fingendo di aver detto una cosa da nulla.

-Ma è terribile! Come mai non ne parli coi tuoi? Io intendo farlo uno di questi giorni, mostrargli un po’ di incantesimi, come funzionano, giusto per renderli partecipi e rassicurarli sulla cosa...

-Stiamo parlando della mia famiglia, ricordi? La conversazione tipica che intraprendo con mio padre è sul cosa devo preparare per cena, e solo quando mamma è via. E comunque, con tutto il rispetto, credo che i tuoi ad una dimostrazione di magia reagirebbero più con una chiamata al vescovo che con un applauso accorato, riconosco i tipi.

-Ma come ti permetti? Il tuo anno in Serpeverde ti ha reso ancora più perfido, Severus...

-Dico solo la verità... Tu fai come credi, poi però domani non venire a piangere da me.

-Anche se fosse non verrei a dirtelo, stanne certo. Ora scusami ma devo preparare il pranzo e mio padre sarà qui a momenti... Non dovevi mica far compere? Hai con te la borsa della spesa...

-Sì, hai ragione, devo sbrigarmi o la vecchia Ronya chiuderà la sua bottega. Ci vediamo.

-Salutami i tuoi quando torni a casa... Tua madre è qui?

-Sì, resterà ancora un po’ prima di riprendere gli allenamenti a Carlisle.

-Allora verrò a farti visita uno di questi giorni.

-Credimi, non è un buon momento, non lo è mai.

Così la lasciai, con un velo di amarezza in corpo.

Perché non riesco mai a tener a freno la lingua?

 

Il giorno successivo mi recai di buon mattino al terreno degli Evans, l’essermi congedato in così malo modo non mi aveva dato pace per tutta la notte. All’ombra del larice però scorsi una piccola figura rannicchiata su se stessa: era Lily che soffriva silenziosamente. Al mio arrivo non riuscì a trattenersi e scoppiò in un fiume di lacrime.

-Severus... Severus, avevi ragione su tutto!

Tra un singhiozzo e un altro mi strinse forte in una morsa bisognosa d’affetto. Volevo consolarla, ma con la sua stretta mi aveva chiuso le braccia tanto che, dato che non volevo farle credere che cercavo di liberarmi, ciò che avrei voluto fosse sembrato un abbraccio consolatorio si realizzò in una serie di timide pacche sui fianchi.

-Cosa è successo?

-Ho cercato... Io ho provato, ho provato a mostrargli qualcosa... Mamma era... Papà ha detto...

Era un fascio di nervi, ad ogni parola seguiva un singhiozzo, ad ogni singhiozzo sgorgavano nuove lacrime. Non avevo mai visto i suoi occhi talmente opachi.

-Calmati adesso, altrimenti non posso capirti...

-Sì, dammi un attimo, pensavo sarei riuscita a trattenere le lacrime, ma evidentemente in questi giorni non riesco a mantenere i miei propositi. Non eri tu a dire menzogne ieri, ma io: ero io che mentivo a me stessa...

Dopo aver pronunciato quella frase mi parse che le stesse ricominciando a tremare il labbro, perciò le tolsi il cappello, le alzai il viso verso di me e le asciugai le lacrime sul volto con la mia mano. Sembrò funzionare.

-Scusa per quello che ti ho detto ieri, sei sempre dolce con me, Severus.

-Ma io nemmeno ci pensavo più, non crucciati per questo...

-Invece no, non è stato il tuo anno in Serpeverde a cambiarti, ma il mio in Grifondoro. Le mie compagne di stanza, ecco loro... Non riversano nella nostra stessa condizione, loro sono...

-Purosangue.

-Non usare quel termine, non voglio sentire parlare di queste cose ora... Volevo solo dire che da loro ascoltavo sempre storie di scherzi ed incantesimi fatti in casa, di come sia normale per loro vivere queste cose, tanto da essermi stupidamente convinta di poter replicare quei momenti nella mia vita, ma non avevo tenuto conto della realtà. Ieri sera ho chiesto ai miei se avevano voglia di assistere ad un mio spettacolino di magia, così, tanto per mostrare loro qualche cosina imparata in questi mesi di scuola. Inizialmente mi sembrarono entusiasti, mia madre mi aveva perfino rivelato che me l’avrebbe chiesto lei stessa prima o poi di mostrarle qualche incantesimo che avevo appreso. Così, dopo cena, quando procedetti con l’esibizione, successe il finimondo.

-Eh, addirittura. Che incantesimo gli hai mostrato, scusa?

-Ma niente, nulla di pericoloso, giusto le magie base dei primi corsi di lezione. Avevo iniziato con la levitazione del mio pesciolino di peluche, dicendogli che questo era stato il primo incantesimo che avevamo, o meglio, che io avevo appreso a scuola.

-E non dirmi che è stato questo ad allarmarli.

-No, ma già da lì notai che la loro espressione divertita si era tramutata in malcelata preoccupazione. Quindi continuai con qualcosa di meno appariscente e che loro potevano collegare con dei fenomeni che fanno parte della nostra quotidianità; ho chiuso le serrande e spento le luci, poi ho usato l’incanto Lux... Non mi sono mai spaventata tanto: sarà stato il gioco di ombre che fece apparire la mia figura più sinistra e distorta, sarà stata la luce leggermente verdognola fuoriuscita dalla mia bacchetta che ben si discostava dalla luce prodotta dalle lampadine elettriche, fatto sta che mio padre è uscito come un pazzo fuori da casa per prendere aria ed inveire al cielo, mia madre iniziò a pregare fra sé e sé e mia sorella, Petunia... Mi ha detto che ero posseduta!

Ma cosa si aspettavano facesse la loro figlia in una scuola di magia? Stupidi, insignificanti babbani...

Dovevo consolarla ad ogni costo, così andai contro ogni mio istinto e per la prima volta le dissi ciò che non pensavo affatto.

-Sarà stata l’agitazione del momento, vedrai che oggi si risolverà tutto.

-Credo che la cosa sia più grave di quanto non sembri.

-Che intendi dire?

-Mio padre non vuole più che pratichi la magia, secondo lui è malvagia.

-Che sciocchezze... Come farai a superare gli esami se non potrai più usare... Aspetta, non vorrà mica...

-Sì, Severus, vuole che smetta di frequentare le lezioni ad Hogwarts, quest’anno non tornerò a scuola.

-Ma non puoi, lui non può...

-E la cosa peggiore di tutte è che non vuole più che mi veda con te, secondo lui sei un cattivo esempio per me, devo starti alla larga. Anzi, per questo ti chiedo di continuare la discussione da un’altra parte, altrimenti qui Petunia ci potrebbe vedere e poi riferirebbe tutto a mio padre.

Non potevo credere a ciò che avevo appena sentito ed ero sicuro che lei fosse ancor più incredula di me.

Eppure gli Evans non mi sembravano così bigotti... E’ proprio vero che di fronte all’ignoto, anche il più ragionevole dei babbani mostra la sua vera natura.

Nel rimuginare non mi ero accorto che inconsciamente avevo condotto Lily a Spinner’s End e prima che me ne rendessi conto era troppo tardi: Dull, uno dei tipacci  del quartiere ci aveva già adocchiati.

-Ma guarda un po’ cosa abbiamo qui: Severus Piton con fidanzata! Cos’è, Romero Jr., ti è cresciuta la barba per caso?

Solitamente non davo peso ai vari nomignoli che gli altri ragazzi mi affibbiavano di tanto in tanto, specie quelli passeggeri per via della moda del momento come i film sui morti viventi, ma davanti a Lily non volevo che lo spettacolo continuasse oltre.

-Che belle scarpette... Sai alla mia sorellina servirebbero una paio di quel tipo lì, forse le starebbero un po’ troppo grandi, ma tentar non nuoce. Severus, puoi chiedere alla tua ragazza di rendermele gentilmente? Non vorrei farti fare la figura di colui che lascia che gli altri picchino la sua ragazza...

A scuola avrei subito passivamente perché sapevo quanto Lily odiasse la violenza, ma Dull ci aveva minacciati entrambi e non potevo permettergli di passarla liscia, non questa volta. Istintivamente estrassi la bacchetta dalla tasca dei miei pantaloni e gliela conficcai nel collo.

-Severus, cosa stai...?

-Ehi, che vorresti fare con quel legnetto?

-Tanto per cominciare potrei ficcartelo su per il naso...

-Severus, non... E’ proibito, lo sai...

-Non se per autodifesa e comunque sta’ tranquilla, volevo solo far notare al povero Dull che se cercava delle scarpe da femminuccia poteva guardare i suoi scarponi... Con quel taglio sbarazzino sembrano proprio dei mocassini alla moda! Diffindo!

-Ehi, cosa hai  fatto alle mie scarpe!

-Io? Ma se non ti ho nemmeno toccato...

-Hai fatto qualcosa invece, con quel bastoncino!

-E allora faresti meglio ad andartene, prima che faccia anche altro!

-Me ne vado, me ne vado, ma non finisce qui! Dovevano durarmi un altro anno almeno, ora mia madre mi ucciderà!

-Allora dovevi trattarle con più cura...

Una volta che Dull si era allontanato, Lily mi domandò:

-Ma non hai paura?

-No, nessuno crederà mai alla sua storia, non è molto considerato nemmeno fra gli altri mocciosi babbani e se mai volesse a tutti i costi dimostrare la verità, mi basterà prenderle di santa ragione per fugare qualsiasi dubbio che possa avere un qualche potere pericoloso...

-E’ doloroso solo pensarci, ma non mi riferivo a questo.

-Ci sono abituato alle zuffe, purtroppo... E non sono io a darle. E a cosa ti riferivi?

-Al divieto dell’uso della magia per i minorenni!

-Ah beh, allora ti svelo un segreto: al Ministero non gli importa di qualche sporadico incantesimo in presenza di babbani... Giusto non esagerare, ecco.

-Sarà, ma io non rischierei...

-Se fosse come pensi tu avrebbero dovuto sequestrarmi la bacchetta sei anni fa!

Mi sembrò più allegra di prima o quantomeno sollevata, perciò le proposi l’idea che mi frullava in testa da quando era iniziata tutta questa storia.

-Perché non scappiamo?

-Cosa, scusa?

-Andiamocene via, io e te da soli. Così nessuno potrà dirci quello che dobbiamo fare o essere!

-Stai scherzando?

-Sai che non ti prenderei mai in giro.

-No, lo so, è che speravo lo stessi dicendo per farmi ridere...

-E come fa una cosa del genere a farti ridere?

-Non ne ho idea, ma pensarlo mi sembrava comunque meno assurdo di una partenza di punto in bianco! Abbiamo solo dodici anni!

-E con questo? Ne dimostriamo molti di più di quanti ne abbiamo in realtà ed è una vita che badiamo a noi stessi, non ci serve l’aiuto di nessuno... Con le nostre capacità ci potremmo mantenere da soli e poi, a settembre, ritorneremmo ad Hogwarts, la nostra vera casa.

-Non so, mi sembra tutto troppo semplice!

-Perché lo è: siamo maghi, Lily! Se non potessimo fare noi quello che vorremmo, nessuno potrebbe!

-Ma non sappiamo neanche dove andare, chi cercare! Io...

-Ho un modesto gruzzolo messo da parte, non ho mai speso molto per me stesso, potremmo utilizzarlo per mantenerci nei primi giorni in attesa di trovare un lavoro ed una sistemazione abbordabile.

-No, Severus, io non posso lasciarli, io...

-Preferisci lasciare la scuola? La magia? Me? Perché di questo si sta parlando... E’ una scelta: o loro o la tua vita. Credi che ritornare in casa farà tornare tutto come era un tempo? Ormai in loro s’è insinuato il seme della paura, chissà quante cose si saranno detti fra loro durante la tua assenza. Petunia è l’unica che te lo rinfaccia perché è la più infantile, ma sono sicuro che anche i tuoi la pensano alla sua stessa maniera. I babbani temono ciò che non conoscono e preferiscono distruggere ciò che non capiscono o bramano e che non possono e né potranno mai avere.

-Sono parole dure le tue, Severus, ma questa volta non dirò che hai torto, perché ho paura che sia la pura verità. Se ti dicessi di sì, dove andremmo? Lasceremo dei saluti?

-La destinazione la deciderà il destino, per quanto riguarda i saluti... Decidi tu, io non lascio nulla.

-No, non lo farò neanche io, temo che ritornando a casa potrei ripensarci, voglio partire con te, subito!

Non potevo sperare di meglio: come un fulmine mi diressi verso casa mia, spalancai lo sportello segreto del camino dello studio di mio padre, dove tenevo i miei risparmi e corsi di corsa da Lily, che mi avrebbe aspettato alla stazione dei bus.

-Allora, quale prendiamo?

-Il primo in partenza che porti molto lontano... Guarda questo, fa un bel tragitto e parte fra ventidue minuti, che ne dici?

Il cartello indicava a grandi linee l’itinerario che avrebbe compiuto durante la corsa: il capolinea era a Kinloss, nel Moray, dove saremmo arrivati l’indomani mattina.

-Non lo so, decidi tu, voglio spegnere il cervello e non pensare troppo, almeno fino al nostro arrivo.

E Kinloss sia...

 

Il viaggio fu lungo come previsto, ma non poté essere più entusiasmante: di giorno rovine gaeliche, foreste sempreverdi ed enormi praterie in cui scorazzavano liberi puledri selvaggi fecero da sfondo ai nostri racconti e ricordi divertenti dell’anno scolastico appena passato, mentre di notte viali illuminati, stazioni di rifornimento e fiaccole nel Parco Nazionale delle Cairngorm ci accompagnarono verso uno spensierato sonno. Ci risvegliammo spalla contro spalla al capolinea, destati dai richiami del conducente.

-Ehi, bambini! Siamo arrivati, scendere! Devo andare a dormire anch’io sapete?

-Si, ci scusi... Sa per caso dove trovare una locanda dove passare la notte?

-E per chi mi avete preso, una guida turistica? Chiedete in stazione, dovrebbero saperlo...

Grazie tante...

Ancora un po’ intontita per il sonno interrotto Lily aprì finalmente bocca:

-Severus, dove siamo, non riconosco il posto... E che ore sono?

-Siamo a Kinloss, che si trova... Non lo so esattamente, comunque molto lontano da casa, per quanto riguarda l’ora è evidentemente notte.

-Questo potevo capirlo anch’io...

-Allora non pormi domande la cui risposta sarebbe scontata.

La stazione era chiusa per la notte e le luci della città erano già tutte spente, non avevo idea di dove recarmi. Da una delle baracche limitrofe però uscirono una manciata di uomini in pullover fin troppo pesanti per la temperatura del luogo:  erano pescatori che si stavano per avviare verso la propria barca.

-Ragazzi! Cosa ci fate qui fuori a quest’ora della notte? Siamo vicino ai boschi qui, è pericoloso!

-Siamo appena arrivati con un mezzo pubblico e cercavamo un posto dove passare la notte...

-Per tutti i santi, ma è pazzesco! E se non passavamo noi di qui come avreste fatto? Vi accompagno io al motel in riva al fiume Findhorn, è qui vicino, non temete!

-No, Randolph! Abbiamo solo tre ore prima dell’alba!

-Lo so Will, ma vorresti davvero lasciare questi due ragazzi da soli nella notte?

-D’accordo, hai ragione, accompagnali tu, noi mettiamo in moto la barca e sistemiamo i verricelli nel frattempo.

-Ecco, bravi.

Il paese sembrava piccolo per via delle poche case che incontravamo in ogni strada: ciò che più erano frequenti erano le baracche in legno e lamiera che contornavano il paesaggio, ma era troppo buio per poter dire se venissero utilizzate solo come depositi o anche come abitazioni. Il motel era anch’esso chiuso, ma bastò un urlo del nostro accompagnatore a risvegliare il padrone del locale che ci aprì e ci indicò il nostro cottage.

-Ti rendi conto? Avremo un bilocale tutto per noi...

Non riuscivo a vederla chiaramente per via dell’oscurità ma avrei scommesso qualsiasi cosa che le si fosse arrossato il volto.

 

Al mio risveglio le mie paure che si fosse trattato di un avvincente sogno svanirono non appena notai il solaio che non mi era familiare. Bussai alla porta di Lily e scoprii che era già sveglia e mi stava aspettando in veranda. Erano forse le sei del mattino perché il debole sole che spuntava timido dall’orizzonte non aveva ancora riscaldato l’aria ed il fresco si faceva sentire.

-Che ci fai qui fuori? Si gela...

-E’ bellissimo, guarda.

Non aveva torto: il fiume che aveva citato il pescatore non era altro che un enorme lago, di cui non si vedeva neppure la fine. Numerose barche a vela erano ormeggiate sulla riva sabbiosa, mentre quelle a motore erano già al largo, intente a pescare. Forse tra loro c’era anche quella di Randolph e Will.

-Credi che abbiamo fatto la cosa giusta? Ad abbandonare tutti, intendo.

I primi raggi di luce riflettevano sulle tranquille onde del lago, creando una specie di mosaico a toni chiaroscuri: in una foto appesa sul muro del corridoio di casa mia avevo visto la foto di mia madre con in mano il boccino che aveva assicurato a lei e alla sua squadra l’accesso alla Coppa del Mondo di qualche anno fa e sullo sfondo appariva un lago illuminato dal sole molto simile a questo. Nonostante lei girasse il mondo, nessuno si era mai degnato di portarmi ad una sua partita, ma adesso ero libero di farlo, senza più impicci da parte degli adulti.

-Sì, abbiamo fatto senz’altro bene.

 

Camminando lungo la riva accertai il mio parere sul paese di Kinloss: era davvero piccolo e la maggior parte della popolazione viveva di pesca, caccia e di piccole realtà commerciali i cui confini iniziavano e finivano in quei pochi quartieri abitati della zona. Lily si era tolta le scarpe e camminava scalza sulla sabbia, bagnandosi di tanto in tanto i piedi con l’acqua del lago; io odiavo la sensazione della sabbia nelle calze, perciò non seguii il suo esempio, anche se qualche granello fastidioso riuscii lo stesso ad entrare.

-Inizia a fare caldo, andiamo a fare colazione?

-Come vuoi, io ti seguo...

-Il proprietario del motel mi ha consigliato un locale che fa anche da trattoria nei paraggi, sia io che tu ce la caviamo bene in cucina, magari ci prendono.

-D’accordo, però cerca di non fargli capire che siamo scappati di casa...

Era strano per una volta seguire Lily tra le sconosciute vie di una città, solitamente era lei che seguiva me ovunque andassimo: anche nelle zone più intricate e inaccessibili del Castello riuscivamo sempre a trovare la via d’uscita mano nella mano, fin dal primo giorno di lezioni.

-Due coni: uno con fragola e pesca e l’altra al pistacchio e zuppa inglese.

-Bleah, lo sai che mi fa vomitare!

-Lo so, adesso però mangialo! Ahahah!

Vederla finalmente ridere mi aveva sollevato, ero pure disposto a mandare giù quell’orrendo gelato alla zuppa inglese.

No, come non detto, fa troppo schifo.

Dopo aver buttato interamente un gelato da ben settantacinque penny tornai a rivolgermi a Lily con serietà:

-Fai parlare me se vogliamo avere una chance di ottenere quel lavoro.

-Fa’ pure, io mi gusto questo gelato per entrambi.

-Ehm, signore, posso dirle una cosa in privato?

-In privato? Non lo vedi che ci siamo solo noi in questo locale?

Effettivamente...

-No, è che volevo parlarle di lavoro...

-Lavoro? Qui?!? Basto e avanzo io per quei quattro gatti che vengono qui la sera... No, ragazzo, non mi interessa e se anche cercassi aiutanti non farei mai lavorare dei ragazzini della vostra età, quanto avete, tredici anni?

-Più o meno...

-Allora anche meno, no, niente da fare.

-Ci dia una possibilità, ogni estate per poterci mantenere gli studi lavoriamo in un locale differente del Paese, ci serve solo un lavoretto part-time da qui fino alla fine di agosto.

-E dov’è che studiate, a Cambridge? Se non potete permettervi la scuola privata andate in quella pubblica, no? Non fate leva sui miei sensi di colpa che ne ho già fin troppi!

-Le sembriamo forse studenti di Harvard?

-Oh.

Centro! Sta cedendo...

-Non vogliamo comunque questo lavoro per carità, siamo velocissimi ed abilissimi in cucina, gliel’assicuriamo! Vero Lily?

Lily, seduta sul minibar della Pepsi, era ancora alle prese con il gelato, non faceva trapelare alcuna emozione, ma io che la conoscevo capivo dalla leggera chiusura delle sue palpebre che si stava divertendo.

-Umh, verissimo! E’ già il terzo anno di fila che diamo una mano nelle cucine e dietro i banconi!

Questa non me l’aspettavo! Da quand’è che sa mentire così bene?

-Suvvia, vuole una prova? Sulla lavagnetta c’è scritto che a pranzo preparerà stufato di foca grigia, piatto tipico del posto. Ecco, noi non abbiamo mai avuto a che fare con animali del genere, ma siamo versatili, se ci da la ricetta saremmo in grado di riprodurla immediatamente!

-Sì, ed io dovrei sprecare una bistecca e tutti gli ingredienti per acconsentirvi questa sciocchezza?

-Gliela pago! Quant’è che costa il piatto, sei sterline? Bene, ecco a lei. Se riusciremo a produrre alla perfezione il suo piatto avrà guadagnato due validi aiutanti, in caso contrario, beh, ha già venduto il suo primo piatto alle nove del mattino!

-Sarò matto io o sarete troppo scaltri voi due, ma mi avete convinto, la ricetta è nel mio libro che troverete in una credenza della cucina, non rovinatelo, che ci sono affezionato. Vi do tempo fino alle nove e mezza, due ore dovrebbero bastarvi, è quasi un’ora in più del tempo previsto. Non mi aspetto certo grandi miracoli, ma spero non mi deludiate, mi avete incuriosito... Se siete talmente bravi tra i fornelli quanto lo siete con le parole allora il posto è vostro!

-Un’ultima cosa...

-Dimmi.

-Vorremmo che lei non sbirciasse di tanto in tanto da dietro l’oblò della porta...

-E perché mai? E’ il mio ristorante e faccio quello che voglio!

-Sì, ma vede, noi utilizziamo tecniche che abbiamo imparato durante gli anni nei vari ristoranti d’alta cucina e, con tutto il rispetto, fino a quando lei non ci assicurerà l’assunzione, non siamo disposti a rivelarvele.

Il sordo crocchio prodotto dai denti di Lily che mordevano la cialda del cono mi fece intuire che lei aveva capito che in realtà stavo parlando di magia.

Cosa pensavi di fare, giocare pulito? A noi questo lavoro serve!

-Brutti impertinenti, e come mai non siete rimasti a lavorare in quei locali d’alta cucina?

-Perché lavorare in nero in ristoranti così famosi per tanto tempo è tutt’altro che semplice.

-Va bene, fate come volete. Se dovrò entrare, mi assicurerò di bussare.

-Ottimo, andiamo Lily!

La ricetta si dimostrò, come prevedibile, piuttosto laboriosa nel suo complesso, ma in confronto alle pozioni a cui ero abituato tener testa, sembrava un gioco da ragazzi.

-Io non so dove mettere le mani, ti avverto.

-Ti sottovaluti sempre troppo, tu farai le voci dispari della ricetta, dalla prima fino alla settima, quinta esclusa, lì ci penso pure io. Dobbiamo essere veloci e attenti a non sprecare e rompere nulla, o addio lavoro, intesi?

-No che non lo siamo. Come faccio a sfilettare il grasso come recita il terzo punto?

-Dai, l’avremmo fatto un sacco di volte a Pozioni, quando toglievamo la corteccia ai funghi varicosi...

-Sì, ma non erano i resti di una povera foca morta.

-E tu fai finta che si tratti ancora di quei funghi puzzolenti, no? Tanto ormai l’otaria è bella che andata.

-La faccenda non mi piace neanche un po’.

-Ti divertirai.

Ed ovviamente avevo ragione perché, nel giro di pochi minuti, tra la lessatura a fuoco basso degli spezzatini di carne, lo svolazzo di pentole e padelle sfrigolanti sopra le nostre teste e il condimento decorativo ad opera d’arte, sembrava che si stesse divertendo più lei che me, che dovevo invece occuparmi della bollitura delle varie salse e all’aggiunta sapiente di spezie ed aromi, correggendo di tanto in tanto qualche voce della ricetta un po’ troppo superficiale, che notavo potevo perfezionare mantecando e dosando meglio i tempi di cottura.

-Ecco fatto, finito.

-Fa’ un odore davvero invitante, se non fossi sazia e contraria alla caccia di questi poveri animali, gli darei volentieri un morso.

-Se ci assume ti prometto che lo convinceremo a comprare meno foche possibili. Come tocco finale metti qui a lato un ricciolo di cannella.

-Ma non c’è nella ricetta!

-Su, dammi retta, ci sta!

Erano le nove meno venti, ci avevamo messo l’esatto tempo che aveva consigliato il libro di ricette e, se anche il gusto avrebbe soddisfatto il proprietario del locale, avremmo fatto centro.

-Ecco a lei.

Lily aveva apparecchiato il tavolo singolo più vicino e aveva fatto accomodare il titolare versandogli pure del vino rosso.

Non quel vino... Lo sanno tutti che in presenza di salsa e bollito va abbinato un rosato.

-Vi dirò, ragazzi, anche quando questo posto pullulava di gente ed io avevo necessità di cambiare cuochi e camerieri praticamente ogni settimana, non avevo mai visto un piatto talmente invitante. Se gli occhi ed il naso non ingannano il palato, sarò io ad aver fatto un affare ammettendovi nel mio locale.

Masticando lentamente e gustando fino in fondo tutte le varie parti dello spezzatino, il proprietario dimostrava di tanto in tanto il proprio apprezzamento con vari complimenti e grasse risate quando riusciva a riconoscere qualche spezia che nella ricetta originale non compariva.

-Basta così, davvero, se non fossero le nove del mattino mi sarei spazzato tutto il piatto e avrei anche chiesto il bis, ma al momento mi vedo costretto a fermarmi. Siete assunti, cucinate anche meglio di me. Ma adesso sono io che vi chiedo di scusarmi perché non è un buon momento per gli affari e non posso quindi offrirvi più di duecento sterline a settimana... ci state?

-Quanto viene a costare il bungalow a noi?

-Mi pare quaranta sterline a settimana, Severus.

-Perfetto, allora è fatta, ci resterebbero un centinaio di sterline da parte togliendo le altre spese.

-Sono comunque sicuro che vedendovi così giovani i clienti decideranno senz’altro di lasciarvi generose mance, potreste riuscire anche a raddoppiarvi la paga se ve la sapete giocare bene, date una pulita in cucina e ci vediamo questa sera a partire dalle sei, il piatto non buttatelo, lo continuerò più tardi. A proposito, il vostro nome?

-Lily!

La mia intenzione primaria era quella di dare in giro dei falsi nomi, ma forse era meglio così, avremmo evitato involontarie rivelazioni d’identità.

-Severus.

-Piacere ragazzi, il mio nome è Randolph!

Un altro?

 

-Visto? E’ andata meglio di quello che avevamo pianificato, abbiamo ottenuto un lavoro già al primo tentativo! Siamo in gamba insieme.

-Già, ma in sua presenza non potremo più usare incantesimi.

-Vero, ma con lui a dirigerci in cucina non ne avremo la necessità e non appena si allontanerà per servire i clienti, ci daremmo sotto con la magia. Tanto lo so che sei diventata veloce con la bacchetta: ho visto in che modo vi scambiavate messaggi tu e Betty Lou alle spalle di Lumacorno.

-Ah già, il povero professor Lumacorno, non si accorgeva mai di nulla. Ma Randolph non mi sembra distratto come il nostro insegnante di Pozioni.

-Ma se è un babbano... Cioè, non è un mago, sarà anche meno sveglio, vedrai!

-Comunque pensavo di cavarmela in cucina, ma tu sei su tutt’altro livello... Come ci sei arrivato?

-Il mio primo libro è stato il volume di Pozioni di mia madre, è stato amore a prima vista... Tant’è  che ho imparato a leggere da lì. Era perfetto: ad ogni ingrediente corrispondeva un’immagine, così potevo dare una tonalità alle lettere che vedevo scritte. Praticamente miscelo pozioni da quando ho memoria, poi col tempo inizi a sentire d’istinto quando una pietanza ha raggiunto l’equilibrio ottimale, anche perché, a differenza dei miei soliti intrugli, nella cucina bruciare i cibi non è una condizione ammissibile, quindi è già una variabile in meno da considerare... Per te che sei alle prime armi capirai cosa intendo a partire dal quinto anno.

-Sei davvero così avanti col programma?

-A dire il vero non seguo pedissequamente ciò che dicono gli autori dei libri... Loro sono bravi, non lo metto in dubbio, ma spesso si dimostrano poco pragmatici e si perdono in metodi che loro definiscono ortodossi, quando invece l’arte delle pozioni necessiterebbe di una bella rivoluzione concettuale. Sai quante nuove miscele nascono ogni anno? E quante di queste credi che finiscano sui nostri testi scolastici? Te lo dico io: nessuna. Immaginati che la ricetta più recente risale al ’64...

-Caspita, sai davvero un sacco di cose sull’argomento, starei ore ad ascoltarti senza mai annoiarmi... Perché a scuola invece non me ne hai mai parlato?

-A scuola è diverso, non ci siamo solo tu ed io, c’è Betty, le altre ragazze...

-E c’è James.

-Sì, e non solo lui, anche quel delinquente di un Black!

-Ma non puoi farti condizionare dagli altri, come mi hai detto tu ieri, devi liberarti da queste tue costrizioni.

-E come credi possiamo fare per liberarci di Potter? Scappiamo in un’altra scuola come abbiamo fatto adesso?

-La fuga non è l’unica soluzione: affrontalo, non è tuo padre, non può dirti cosa fare e chi frequentare. Solo... Non fate a botte la prossima volta, non ti converrebbe.

-E’ che quei codardi se ne vanno sempre a spasso in branco, non li puoi affrontare singolarmente che ti accerchiano.

-Ti direi di contare su di me semmai volessi affrontarlo, ma so come ragionate voi maschi: le ragazze non possono intromettersi.

-Eh, certo. Varrebbe come sconfitta disonorevole il farsi difendere da una ragazza, peggio ancora del venir pestato a sangue da quattro cafoni.

-Non è vero, Remus non ci ha mai neanche infastidito.

-Ma sta sempre lì ad osservare quando succede, potrà anche non muovere un dito, ma semmai i suoi amici chiedessero il suo aiuto non si tirerebbe mica indietro.

-Non credo, anzi lui cerca di convincerli a lasciarci in pace... Purtroppo senza ottenere risultati.

-Ma perché se la prendono sempre con noi due?

-Credo perché la studentessa più brillante di Grifondoro anziché passare del tempo nella propria Sala Comune ad aiutare i propri compagni di Casa, preferisce passare del tempo con un Serpeverde che di certo non è un asso nel farsi nuovi amici.

-Quanta modestia... Comunque credo tu abbia ragione.

-Credi? E’ certamente così... Non vedi che cerca di attirare l’attenzione? Quella faccenda del Quidditch come te la spieghi? S’è voluto mettere in mostra, così s’è presentato ai provini come nuovo Cercatore... E l’hanno pure preso!

-Però non ha partecipato ad una singola partita, è rimasto una riserva per tutto l’anno...

-Non importa, perché quando Gillian cederà il suo posto da titolare James potrebbe prendere il suo posto.

-E rientrare tra i membri del Lumaclub.

-Forse...

-Sappiamo tutti che gli rode il non essere nemmeno stato preso in considerazione. Così come non si da pace per il fatto che noi due invece ne facciamo parte fin dalla prima serata.

-Si, ma cerca di non ricordarglielo o peggioreresti solo la situazione.

-O magari capirebbe chi comanda tra i due!

-Ma sentiti, perché voi maschi prendete tutto come una gara?

-Ma non ho iniziato io!

-E anche se fosse? Non siete voi a decidere con chi deve passare del tempo una ragazza, non siamo dei trofei!

-Ma chi lo ha mai messo in dubbio? Vorrei solo che cominciasse a lasciarci in pace, non ha dei veri motivi per comportarsi così.

-E se fosse il contrario, cioè fossi io a passare i miei pomeriggi con lui, che faresti?

-Non lo faresti mai...

-E perché no?

-E’ troppo diverso da noi, è oltremodo infantile... E presuntuoso.

-Ok, ma ammettiamo che riesca a superare questa fase e si rivelasse più maturo dopo questi mesi estivi... Non potremmo metterci una pietra sopra?

-Ma stiamo parlando di eventualità remotissime...

-Rispondi alla domanda.

-Sì, certo, basta che la chiudiamo qua.

-Non eri sincero, me ne accorgo quando non lo sei...

-­E che avrei dovuto dirti? Ti ricordo che è il tipo che mi ha mandato ben quattro volte in infermeria in una settimana... Quattro volte! E se non fosse che in Incantesimi è una schiappa completa e quel macigno non mi avesse mancato sarebbero state cinque!

-E’ stato comunque messo in castigo più e più volte...

-E a cosa è servito?

-Intanto a farci perdere la Coppa delle Case, poi è stato messo sotto torchio da tutti i Prefetti e dal Caposcuola, per tutto maggio non gli hanno permesso di uscire dalla Sala Comune!

-Sì, tanto c’era Black a fargli da sicario... Fin quando a menare pugni è Potter riesco a cavarmela con qualche livido, ma quel Sirius è un vero animale. Colpisce con la ferocia di un mastino!

-Sì, mette i brividi pure a me. Credo si sarebbe trovato bene in Serpeverde, non so per quale motivo sia finito tra i Grifondoro.

-Per il mio bene suppongo, o quello mi avrebbe appeso su una picca a testa in giù durante la notte.

-Comunque sia, credo che da quest’anno metteranno la testa a posto. James mi ha promesso di farla finita con gli scherzi...

-Ah, ora i tentativi di omicidio vengono chiamati scherzi? Comunque temo invece che d’ora in poi i suoi metodi si faranno più subdoli, vedrai... Un bell’incanto Oppugno nel bagno del secondo piano proprio quando entro io, così mi ritroverò con un occhio nero e lui con la coscienza bianca.

-Pensi sempre troppo negativamente.

-No, sei tu che fai l’opposto.

-Guarda, finalmente un negozio d’abbigliamento!

-Abbigliamento?

-Certo, o vorrai rimanere con quei vestiti per tutta l’estate?

-No, no... Certo che no, è che non ci avevo ancora pensato.

-Tipico, stareste mesi con gli stessi stracci addosso.

Il negozietto per nostra fortuna si rivelò ben fornito e allo stesso tempo economico: un paio di completi, stavolta della misura giusta, per lei ed un cambio per me ci sarebbero venuti a costare meno di trenta sterline. Mi sarebbero rimasti quindi ancora parecchi soldi.

-Prova questa camicia, sempre il solito bianco-nero è noioso, specie in estate!

-Non se ne parla nemmeno, non è nel mio stile vestirmi da pagliaccio!

-Ma siamo in pieno anni ’80 ormai! Gli scacchi vanno su tutto!

-Ha ragione la tua amica, sai?

Ecco, anche la commessa ci si mette adesso...

-Saremo anche nell’età dei quadretti, ma preferisco rimanere sobrio, guarda, al massimo posso prendere queste bretelle!

-Ma staranno sotto la giacca, non si vedranno!

-Appunto, andiamoci piano con certe cose...

-Sarà, ma almeno con il costume non fare il guastafeste!

-Cosa? Costume?!? Quale costume?

-Prendiamo questi, signora.

La commessa passò i nostri acquisti al registratore.

-Sono in totale ventotto sterline, ragazzi.

-Che costume? Rispondi!

-Il costume da bagno! Signora, saprebbe dirci dove trovare un negozio che vende biancheria e articoli per la spiaggia?

-Per l’intimo c’è un negozio di corredo proprio alla fine di questa strada, per quanto riguarda i costumi... L’unico negozio che mi viene in mente è quello dei souvenir alla stazione: vende anche cuffiette per la doccia, macchine fotografiche usa e getta e ovviamente quel che cercate voi!

-Grazie mille, ci andremo subito!

-Scusa, ma cosa dovremmo farci con dei costumi da bagno?

-Ora sei tu che poni domande le cui risposte sono scontate!

-No, non c’è nulla di scontato, questo è un lago, non l’oceano e il porto non è certo adibito per la balneazione. Ti sei accorta che è piena di barche ormeggiate?

-La parte più esterna del lago è dove l’acqua è più pulita: lì le famiglie vanno a farsi il bagno, me lo ha detto il proprietario del motel questa mattina.

-Ma io non so nuotare...

-Me l’immaginavo guarda, ma neanche io sono una campionessa e comunque l’acqua resta bassa per più di trenta piedi, ci servirà giusto per rinfrescarci un po’.

-Se vuoi rinfrescarti ti metti all’ombra, non certo a mollo e sotto il sole.

Per ritornare alla stazione, prendemmo la stessa strada della sera precedente, anche se di giorno lo scenario appariva completamente diverso. Le poche parti in pietra della città vecchia creavano un netto contrasto con le numerose costruzioni prefabbricate e alle strutture piuttosto decadenti che si trovavano in periferia, il vento faceva cigolare tutte le imposte dei villini limitrofi e stormi di gabbiani continuavano ad andare e venire su quella che sembrava essere la loro casa da millenni. Lily, appoggiandosi sul corrimano che cingeva la strada, mi chiese:

-Perché mi hai portato fin qui? Intendo, la mia motivazione la so, sarei dovuta essere io ad averti proposto la partenza, invece lo hai fatto tu, come mai?

-Credevo di essere stato chiaro: la mia non è mai stata una famiglia nel vero senso della parola.

-In che senso, scusa... Cos’è che intendi tu per famiglia?

-Non so, forse sono io che la ideologizzo troppo, ma sai, ci si aspetta che in un nucleo famigliare dove nessuno dei due genitori è venuto a mancare ci sia unione, o quantomeno non ci si odi a vicenda. Mia madre era troppo giovane quando si è sposata e mio padre praticamente non sapeva nulla di lei. Non me l’hanno mai detto, ma credo di sapere che il motivo per cui si siano sposati ai tempi fu la mia imminente nascita. Appena nacqui, mio padre scoprii che sua moglie era una strega e che suo figlio probabilmente ne avrebbe ereditato le capacità. Iniziarono i primi dissapori, poi mia madre partì per la prima tournée mondiale con la nazionale e con la scusa non si fece vedere per oltre due anni. Una volta tornata mio padre chiuse tutti i rapporti con lei, io non ho nemmeno mai conosciuto i miei nonni materni, ho sempre vissuto coi parenti di mio padre fin quando erano in vita, ma sapendo la mia vera natura tutti mi evitavano... Ecco, non mi picchiavano o facevano del male in alcun modo, giusto... Mi ignoravano. Come se non meritassi di vivere, che la mia nascita era un errore e che ero la punizione per la sprovvedutezza di mio padre. Io comunque continuavo a vedere in loro il mio punto di riferimento: mia madre era una Battitrice della nazionale di Quidditch ed era in gamba in qualsiasi cosa si mettesse d’impegno; mio padre invece era un sindacalista alla fabbrica tessile di Cokeworth, il cui stipendio ci permise una casa tutta nostra in Spinner’s End. Ma alla morte dei miei nonni paterni e dopo il fallimento della fabbrica dove mio padre lavorava, fummo costretti a domandare l’aiuto a mia mamma, che si presentò solo a campionato concluso, tre mesi dopo la nostra richiesta di sostegno. In quei tre mesi vendemmo quasi tutto il mobilio per metterci qualcosa sotto i denti e dei miei libri e giocattoli d’infanzia non mi restò più nulla. Credevo comunque che con l’arrivo di mamma si sarebbe tutto sistemato e che la famiglia sarebbe tornata più unita di prima, ma invece la situazione peggiorò, in quanto dall’indifferenza passammo alla violenza verbale: i due non facevano altro che inveire l’uno con l’altra, tirarsi sedie, piatti e, dal lato di mia madre, incantesimi. Una volta finii anch’io coinvolto in una loro baruffa, dove mi ferii al braccio. Nessuno si accorse del mio taglio, così dovetti curarmi da solo... Per fortuna avevo già nove anni e sapevo come fare. Ora sono riusciti a trovare un equilibrio: non si parlano più. Nei mesi in cui mia madre è fuori con la squadra, io vivo con papà a primo piano. Quando mia madre torna a casa durante le pause di campionato due volte l’anno, lei prende il suo posto e papà va ad abitare al secondo piano, dove stavano i nonni. Anche per questo me la cavo discretamente in cucina: preparo due piatti alla volta, due volte al giorno. Detta così però ti possono sembrare persone orribili ma sono soltanto dei pessimi genitori. Mio padre, grazie alla sua diplomazia, ha evitato che l’azienda chiudesse troppo repentinamente, gettando sulla strada centinaia di famiglie. Ha temporeggiato per più di un anno, con il quale qualche fortunato è riuscito a trovare diverso impiego. Mia madre, invece, ogni volta tornava con poster e foto ritraenti lei e la sua squadra dopo le partite in cui sembrano un gruppo ben affiatato, nessuno si è mai lamentato della sua resa sul campo. Certo, dare al proprio figlio il nome di Severus, già questo è tutto un programma. Ma l’episodio che più di tutti mi amareggiò fu l’arrivo della mia lettera di Hogwarts: come al solito non venni considerato da entrambe le parti e fui costretto ad acquistare il materiale in solitudine. Se non ci fossi andato con te e la tua famiglia anche a King’s Cross sarei rimasto solo.

-Caspita Severus, è agghiacciante... Non me l’avevi mai raccontato! Come hai fatto per tutto questo tempo a tenerti dentro una cosa del genere?

-Sai, una volta che accetti il passato, ne prendi coscienza, diventa tuo e vai avanti, non puoi fare altro.

-In confronto alla tua storia il mio problema sembra quasi una sciocchezza.

-Ma non lo è, fidati. Se non avessi reagito in tempo sarebbe solo potuto peggiorare.

Lily poggiò il mento sopra le braccia incrociate sulla ringhiera e sospirò:

-Non dovrebbe essere così difficile, vero?

Non capivo cosa stese tentando di dirmi.

-Intendo... Ci è stata data un’opportunità fantastica, in una qualche maniera siamo stati fortunati a nascere come siamo e la gente attorno a noi dovrebbe essere contenta di questo, no? Dopotutto io sarei felice se a chi voglio bene succedessero cose belle.

-Il fatto è che loro non credono affatto che sia una cosa bella.

-Appunto, dovrebbero dir loro come stanno le cose, aprirgli gli occhi sulla verità, istruirli all’accettazione della diversità, fargli smettere di essere babbani.

Era la prima volta che sentivo provenire quella parola dalle sue labbra. Mi rendeva allo stesso tempo sia orgoglioso che triste.

-Dovrebbe occuparsene il Ministero, invece si limita a spedire quella letterina al compimento degli undici anni. Chissà quanti nati babbani hanno dovuto rinunciare agli studi per il nostro stesso problema...

-Potremmo farlo noi!

-Cosa?!?

Incontrollatamente mi scappò una risata, pensavo scherzasse.

-Non adesso... Più in là, quando saremo più grandi. Un’associazione che aiuti le famiglie che si stanno approcciando per la prima volta al mondo della magia. Ci faremmo dare i nominativi dei neo-maghi dal Ministero e li contatteremmo personalmente, costruendo assieme un percorso che aiuti a superare le diversità e a capire i propri figli. Potremmo chiamarla CALLS: Centro d’Aiuto Legami famigliari Lily & Severus. Saremmo gli ambasciatori della chiamata del destino!

-Non sembra il tipo di lavoro in cui andrei bene. Se mi vedessero, la gente comune avrebbe ancora più timore verso i maghi.

-Cureresti di più il tuo look, puoi farcela. Già con le bretelle a scacchi sei partito bene.

-Spiritosona...

-Ihihih! Guarda, potremmo costruire la sede centrale lì, in quella casetta!

Lily stava puntando il suo indice verso un rudere in legno che aveva vissuto giorni migliori. Possedeva il suo fascino per via della posizione in riva al fiume e all’ampiezza della sua veranda, ma necessitava di seri ritocchi.

-Qui, a Kinloss? Non ti sembra un po’ troppo decentrato rispetto Londra?

-Questo luogo rappresenterà il simbolo della nostra missione: ci terremmo soltanto qualche dipendente e le scartoffie, poi noi saremmo sempre in giro per il Paese, ad aiutare le famiglie inglesi.

-E se, nonostante tutti i nostri sforzi, i genitori dei bambini continuassero a perseverare nella loro bieca ottusità?

-In quel caso dovremmo lasciare che sia il ragazzino a decidere cosa vuole veramente per sé. Sarà un’eventualità da evitare il più possibile, ma ad un certo punto non potremmo più fare nulla se non affidarci al giudizio del bambino.

Con questo piccolo ma fondamentale particolare, l’idea astratta di Lily aveva appena raggiunto una possibile base di concretizzazione. Non saremmo mai riusciti a risolvere la totalità dei problemi delle famiglie, ma sarebbe stato nostro impegno cercare di aiutarne il più possibile. E stavo iniziando a vedermici, lì sulla balconata ristrutturata, a scribacchiare qualche appunto sul nostro prossimo caso, magari con indosso una camicia hawaiana, visto che dovevo rivedere i miei gusti in fatto di abbigliamento.

-Sai che ti dico? Potrebbe funzionare!

-Lo sapevo! Fai tanto il duro ma piacerebbe anche a te poter dare una mano.

-Per lo meno sono del parere che tentar non nuoce... Adesso andiamo a prenderci questi benedetti costumi.

-Non sentirti obbligato però, se non vuoi fare il bagno oggi pomeriggio non fa niente.

-No, voglio farlo. Voglio affrontare esperienze che non avevo mai provato, facciamolo!

 

All’entrata della galleria commerciale della stazione, però, il portiere ci fece fermare:

-Ehi, voi due! Sì voi... Venite qua!

E ora che vuole questo da noi?

Aprì l’inferriata che ci divideva, prese in mano un foglietto e gli occhiali da vista e, leggendo, ci chiese:

-Non è che siete per caso Lily Evans e Servus Piton?

Come fa a conoscere i nostri nomi?

-Sarebbe Severus, ma sì siamo noi, perché?

Era ormai inutile tenere nascosta la nostra identità: il paese era piccolo e se già il padrone della trattoria conosceva i nostri veri nomi ben presto li sarebbero venuti a sapere chiunque in città.

-Come perché, ragazzo! C’è il padre della bambina che come un disperato ha chiamato tutte le stazioni delle città che ha incontrato il vostro autobus!

Oh no...

-Mio padre?

-Sì, mi ha chiesto di dirvi di richiamare casa se mai vi avessi incontrato. Avevo pensato che le sue fossero false speranze e invece eccovi qui! Come si fa a scappare da casa, a quest’età poi! Le avete finite le elementari almeno?

Lily stava iniziando a sentirsi a disagio.

-Beh, grazie, dica al padre della bambina che noi stiamo bene qui senza di loro e che sappiamo cavarcela da soli.

-Che fai, mi prendi per scemo? Adesso chiamate entrambi alle vostre famiglie o non ve ne andrete da qui! Tenete, prendete il telefono e fate questo numero... Non cercate di fare i furbetti chiamando numeri inesistenti, vi tengo d’occhio!

Il foglio di carta che ci aveva consegnato il portiere riportava il numero del telefono di casa degli Evans e due brevi ma efficaci nostre descrizioni fisiche: “Lily Evans, corporatura esile + capelli rossi” e “Servus Piton, rachitico + capelli neri unti”.

Rachitico?!? Era così che mi vedeva il padre di Lily?

-Pronto? Sì mamma, sono io... No, sto bene, sì sono con Severus... No, lui non c’entra, è stata un’idea mia. No, non vi odio, volevo solo... Papà? Come, la polizia?

Le cose si stavano mettendo male.

-Dici sul serio... Papà ha detto questo? Sì, si, torneremo a casa con il primo mezzo a disposizione, si... Ciao mamma, scusami mamma.

-Cosa?!? Torniamo a casa?

-Sì, mio padre ha detto che ha capito di aver sbagliato, non vuole più proibirmi di praticare... Cioè di andare a scuola!

-Ma non gli crederai, vero? Se tornassi a casa in questo preciso momento ti terrebbero sottochiave fino all’estate prossima!

-Esagerato d’un ragazzino! Quale genitore vorrebbe precludere l’istruzione al proprio figlio?

Vista così effettivamente secondo gli occhi del portiere eravamo noi quelli nel torto.

-Severus, stavolta sii tu a credere in me. Mia madre stava piangendo al telefono e mio padre ha passato tutto il giorno e tutta la notte fuori a cercarmi con la polizia, nella speranza che fossimo ancora a Cokeworth e che il controllore degli autobus si fosse sbagliato. Sono sinceramente pentiti per ciò che hanno detto e fatto.

Era chiaro che Lily avesse già preso la decisione per entrambi e non avrei avuto modo di farle cambiare idea.

-Va bene. Giusto... Prometti che il progetto CALLS non morirà con questa partenza.

-Certo che no, sciocco. E la fonderemo sempre qui, dove avevamo deciso insieme!

-Allora andiamo, non voltiamoci indietro...

-Aspetta, e Randolph? La stanza del motel?

-Che te ne importa, fuggiamo subito da qui!

Così quella sera stessa tornammo a Cokeworth, dalle nostre famiglie. Mentre le case e le foreste della contea del Moray si allontanavano alle nostre spalle, dentro di me sentivo che il destino mi ci avrebbe ricondotto, a fianco di Lily, per poter seguire i nostri sogni.

 

Ormai si stava facendo tardi, forse era inutile continuare ad aspettare: non sarebbe venuta. Decisi di lasciare comunque lì la busta, nel caso sarebbe arrivata avrebbe capito le mie reali intenzioni.

Uscendo dalla porta notai dei fari che venivano in mia direzione. Era Lily, a bordo dell’auto che le aveva regalato James nell’anniversario del loro fidanzamento: brutto segno.

Decisi di attenderla dentro casa a questo punto, non facendole notare che ero sul punto di andarmene. Appena bussò aprii lentamente, per cercare di capire anche solo da uno sguardo l’esito che avrebbe avuto quella serata.

I suoi occhi verdi erano offuscati dall’ombretto, i suoi capelli rossi, raccolti in un toupet avvolto da ghirlande, sembravano spenti e le sue guance un tempo paffute e colorate erano stirate e coperte dal trucco: non era più la mia Lily.

-Prego, entra.

Ma Lily non entrò.

-Prima d’ogni cosa: cosa ci fai in questa casa?

-Ti stavo aspettando...

-Lo sai che non intendevo questo; dove sono i proprietari?

Guardò preoccupata i resti lasciati dai precedenti residenti dell’appartamento: lattine e bottiglie vuote dappertutto, un materasso bucato e mozziconi di sigarette concentrate in un angolo.

-Dove credi che siano adesso?

-Per la miseria, Severus: li hai uccisi?

Questa sua illazione non mi ferii più di tanto, ormai ero abituato anche a peggio.

-Ti sembra che sia il tipo che va in giro per il Regno Unito a far fuori babbani e impossessarsi delle proprie case? No, ho comprato questo appartamento, anche ad un prezzo ben più alto del dovuto e gli ho chiesto di liberare la casa per questo pomeriggio... Come vedi sono stati di parola e hanno lasciato tutto in ordine.

-Comprare casa qui... Perché?

Fu invece questa sua domanda a ferirmi profondamente.

-Certo non per presenziare al tuo matrimonio.

Finalmente entrò in casa: era in abito da sera, probabilmente aveva appena festeggiato il suo addio al nubilato. Alla luce del lampadario il suo volto sembrò ancora più freddo e distaccato.

-Quindi rifiuti? Mi hai fatto venire fin qui solo per rovinare il giorno più importante della mia vita?

-Io starei rovinando...Sei tu che hai rovinato tutto mettendoti con quel Potter!

-No, Severus, sei tu che hai distrutto il nostro rapporto, con le tue scelte e le tue colpe!

-L’unica mia colpa è non averlo ucciso prima che ti portasse via da me!

Dopo questa mia frase, tra noi piombò il gelo. Come al solito non ero riuscito a mordermi la lingua.

-D’accordo, ho capito. Non mi farai da testimone, non c’è altro da aggiungere. E dire che era stato proprio James a proporlo, nonostante io fossi contraria...

-Certo, per vedermi soffrire.

-Sei proprio uno stupido.

Con queste ultime parole uscì di casa e si allontanò, al buio, verso il suo mezzo babbano.

-Un’ultima cosa... E rispondimi sinceramente stavolta: perché mi hai voluto incontrare qui?

-CALLS.

-Come... Dopo tutto questo tempo?

-Sempre.

Poco prima di entrare in auto ed andarsene per sempre, diede una rapida occhiata alla casa dove da piccoli avevamo sognato fosse scritto il nostro futuro. Futuro che, come lei in quel momento, era così vicino, ma ormai troppo lontano.

  
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