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Autore: Mikirise    15/06/2015    2 recensioni
Un miracolo è qualcosa di semplice. Così semplice che nemmeno ce ne rendiamo conto. Può essere un tuo amico che si riprende dopo essere stato mollato. Può essere una tua amica che ti porta alla Fiera delle Arti Moderne, quando sei giù perché sei stato mollato. Può essere il sedersi davanti a un quadro che pensavi non ti piacesse.
I pianeti si allineano col sole e hai il tuo miracolo, per cui devi lottare lottare e continuare a lottare, per poterlo mantenere nel tempo e nello spazio.
Genere: Commedia, Romantico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het, Slash | Personaggi: Calipso, Jason Grace, Leo Valdez, Leo/Calipso, Percy Jackson
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'Le peripezie'
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III






Jason non la smetteva di parlare da quando Percy li aveva salutati all'aereoporto e loro avevano varcato la soglia dell'imbarco.

Parlava tantissimo. Non la smetteva più.

A Leo, normalmente, la cosa non avrebbe dato poi così tanto fastidio, se solo non fosse stato così nervoso. Era il suo secondo viaggio in Europa. Questa volta in Francia, Parigi, perché non sapeva dove Calypso avesse deciso di studiare. Perché a Londra non l'aveva trovata e pensava veramente che sarebbe stata lì, nella biblioteca universitaria, leggendo William Blake e prendendolo in giro, perché pensava che l'avrebbe trovata il terzo giorno, poco prima di partire e lei lo avrebbe seguito, e l'avrebbe portata a vedere dove era stato girato Harry Potter, la cabina telefonica rossa, le guardie... e si sarebbero divertiti.

Leo era sicuro che Calypso sarebbe stata a Londra, ad ascoltare i Beatles sotto la pioggia e con un block notes, bagnato, maltrattato, ma chiaro e leggibile, tra le mani, scrivendo meraviglie, osservando meraviglie.

E l'aveva cercata. Cercata ovunque, cercata disperatamente. Si chiedeva di cosa parlava con più frequenza, dove sarebbe potuta essere, e correva da una parte all'altra, con Percy dietro che gli chiedeva continuamente dove voleva andare, dove voleva correre e perché.

Quando non l'aveva trovata, quando lui e Percy erano dovuti tornare a casa, su quel maledetto aereo, Leo fu invaso, di nuovo, sempre, da paure e dubbi, che Hazel con tanta fatica aveva fatto scomparire in lui.

E se...?

"E se stessimo rincorrendo entrambi qualcuno che non vuole essere ritrovato?" Si stava allacciando le cinture di sicurezza, ed era riuscito, finalmente a zittire il biondo, che lo guardò, aggrottando le sopracciglia. "Se non vuole essere salvata?"

"Salvata? Tipo da un drago?"

"Tipo da... tipo da lei. Se quando la trovassimo lei fosse contenta, felice, con un francese, o chissà con un ragazzo così, a bere caffè e parlare di letteratura, come piace a lei? Se io non fossi mai stato abbastanza, e lei fosse scappata per questo e non perché teme il dover tornare imprigionata, io cosa dovrei fare? Se non la dovessi cercare? Se fosse più felice? O, sarebbe più felice se non cercassi di riportarla indietro?"

Jason sbatté le palpebre, sorrise e poggiò una mano sulle spalle di Leo, per tranquillizzarlo. Capì che il suo gesto era stato inutile e stupido, quando vide le mani immobili del messicano, poggiate sulle coscie, completamente ferme, completamente senza vita. Si morse le labbra, dandosi dello stupido per non essersi reso conto di quel particolare con lui. Eppure, lo sapeva, lo conosceva bene. Leo era una persona che si doveva leggere tra le righe. E lui, ultimamente, non lo aveva fatto.

"Percy non ti ha perdonato." Leo cambiò argomento di colpo, mentre guardava davanti a sé. "È rimasto solo per me. Non per fare l'egocentrico, va bene? Solo che... ho pensato che in questo è simile a Calypso. Scappa. E noi stiamo inseguendo delle persone che devono fare delle scelte che potrebbero farci molto male. Nel senso, io ho scelto Calypso, vero? Ma se lei non scegliesse me? Non mi scegliesse di nuovo? Se anche la trovassi a mangiare una baguette in una piazza francese, chi mi dice che lei deciderà di tornare a New York?"

Jason poggiò la schiena contro il sedile, abbandonando il capo all'indietro e sforzando un sorriso. "Ti ricordi quando sei scappato dalla scuola di teppistelli? Eravamo già compagni di stanza e tu, che adesso ti vanti tanto di avere una casa e degli amici, volevi scappare via. Perché avevi paura di fallire in una cosa che dovrebbe venire naturale a tutti noi. E ti ricordi che ti sono corso dietro in pigiama? Perché, cavolo, un migliore amico è difficile da trovare, sai? Soprattutto uno non completamente idiota nella scuola per teppistelli. Scuola nella quale stavo solo perché mi avevano incastrato. Ma va bene, andiamo avanti. Ti ricordi quale era la scusa per la quale volevi scappare?"

"Era il compleanno di mia madre e volevo andarla a trovare. Che non era una scusa." Il ragazzo affondò nel sedile, incrociando le braccia e mettendo un leggerissimo broncio, che, prima di quel bruttissimo periodo in cui Jason lo aveva visto tristissimo, non era mai esistito.

"Una motivazione più che valida, direi. Quindi, mentre ti rincorrevo, mi sono chiesto: ma dovrei veramente riportarlo indietro? In fondo, non è una cosa che avrei fatto anch'io, se solo mia madre non mi avesse dato in quasi-adozione? Allora ho pensato che, se tu mi avessi detto che dovevi scappare, che dovevi andartene perché era un qualcosa più in alto di te e di me, allora io sarei scappato con te. Avrei lasciato Piper indietro, anche la possibilità di ritrovare Thalia, perché tu avevi bisogno di me."

"Penso che a te Piper non sia mai piaciuta sul serio."

Il biondo alzò le spalle. "Quel che ti voglio dire è che se anche tu mi avessi respinto, mi avessi detto di tornare indietro, io ti avrei seguito lo stesso, perché tu avevi bisogno di me. Penso che Calypso abbia bisogno di te. Forse Rachel ha cercato di fermarla ma non ci è riuscita, allora devi provare tu. Provare a insegnarle quello che hai imparato tu. E se ti respinge... è il rischio di scegliere. A volte le persone non scelgono te."

Leo deglutì, per poi abbassare la testa. "Qui ci vuole il mio impermeabile da stalker, direi. Mi hai appena istigato allo stalking. E volevo proprio fartelo provare." Alzò gli occhi, per poi sorridere e ritrattare: "L'impermeabile. Che, comunque, penso stia meglio a me piuttosto che a te. Io sono fantastico. L'impermeabile aumenta il mio fascino."

"Come il camminare con la testa inclinata a quarantacinque gradi e ondeggiare come un idiota?" lo prese in giro il ragazzo. Poi fu attanagliato da un dubbio immenso e terrificante: "Non lo hai portato, vero?"

Leo sorrise, ma quella malinconia che lo accompagnava da ormai un mese non sembrava voler abbandonare le sue labbra. Si girò verso il finestrino, mentre l'aereo iniziava a muoversi, per decollare. "Solo..." iniziò a dire a voce bassa. "Solo non voglio finire come Eco."

Jason gli scompigliò i capelli, tenendolo fermo, facendo passare un suo braccio sotto il mento del riccio. "Siamo troppo belli per farci ridurre così da una ragazza, o no?"





 
  
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