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Autore: doitwithstyles    15/06/2015    1 recensioni
E nonostante il mio cuore fosse spezzato, lacerato, pestato a sangue, scoprii che era meglio di un cuore che non avrebbe più potuto battere, e decisi di darlo a lui.
E da qualche parte, in una cittadina piovosa nel Sud dell'Inghilterra, sotto strati di terra, dentro un contenitore di legno, lui lo sta ancora conservando per me, aspettando pazientemente il mio ritorno.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Harry Styles
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Pazientemente.



Lo incontrai tre anni prima di laurearmi all'università.


I capelli lunghi e ricci, gli occhi verdi che potevano leggermi l'anima, le dita lunghe e affusolate, la postura dritta, il sorriso che avrebbe potuto illuminare New York dopo mezzanotte.

Lo persi tre anni dopo essermi laureata all'università.

I capelli lunghi e ricci, gli occhi verdi chiusi, potevo leggervi dentro la sua anima, le dita lunghe e affusolate, sdraiato su un lettino di ferro, lo stesso sorriso che avrebbe potuto illuminare New York dopo mezzanotte si era spento prima delle luci.

Sono passati trentacinque anni e seduta in poltrona con una tazza di tè caldo in mano, riesco ancora a sentire il suo profumo, a vedere l'impronta del suo corpo nel letto, a sentirlo canticchiare nella doccia al mattino, i suoi passi giù per le scale, il suo rifiuto per la colazione prima del giorno di lavoro.

Riesco a sentire la sua voce che mi sussurra le sue promesse il giorno del nostro matrimonio, progetti di cui solo noi due eravamo a conoscenza, e di cui sono l'unica custode in questo momento.

Riconosco l'acqua di cologna che si spruzzava prima di uscire, il dopobarba di cui si lamentava ma a cui non voleva rinunciare perchè a me piaceva. Posso ancora intravedere i suoi ricci corti, un taglio che si era fatto dopo che avevamo litigato perchè sapeva quanto amavo i suoi capelli lunghi e voleva darci un taglio, letteralmente.

Riconosco il suo sguardo in nostra figlia; una figlia che non ha mai conosciuto il padre, un padre che non ha mai avuto l'occasione di fare il padre.

Sento ancora le sue dita tra i miei capelli, il suo respiro sul mio collo, ricordo con certezza i punti sulla mia pelle dove le sue mani avevano lasciato dei lividi, posso ancora scorgere i graffi che gli lasciavo sulla schiena.

Sono passati trentacinque anni ed è come se lui fosse ancora qui, in ogni parte di me. In ogni respiro che prendo, ogni volta che chiudo gli occhi, ogni passo che faccio, ogni parola che dico, la sua presenza è costante, irremovibile, come se vivesse il resto della sua vita attraverso la mia, e vedesse il mondo con i miei occhi, sentisse i suoni con le mie orecchie, toccasse nostra figlia con le mie mani.

C'erano tutte le premesse per avere una vita insieme: una casa, un lavoro, i soldi, l'istruzione, l'amore.

Lavoro.

Non ero mai andata d'accordo con la sua decisione di fare il poliziotto. Non avevo mai accettato l'idea che lui dovesse seguire le orme del padre, del nonno, del bisnonno.

Non avevo mai minimamente immaginato che tutte le mie paure sarebbero diventate realtà il 24 Dicembre, 2023.

Era andato a fare la spesa, lasciandomi a casa da sola a riposare e preparare il resto della cena. Ero incinta di tre mesi e Harry mi trattava come se stessi per partorire da un secondo all'altro.

Ripensandoci in questo momento, a tutti questi anni di distanza, riesco a capire le sue motivazioni e le sue ossessioni e il suo bisogno costante di tenermi sott'occhio, di sapere che sto bene, che non sono ferita.

Vedeva morti ogni giorno, vedeva criminali ogni giorno, vedeva bambini e madri e padri distrutti, e l'unico momento di tranquillità e pace lo trovava nel sapermi viva e in buone condizioni.

La vita riserva sorprese dietro ogni angolo, ma riserva tragedie a ogni passo che fai.

Fu chiamato in servizio mentre tornava casa.

C'era stata una rapina in banca, quindici ostaggi intrappolati dentro, cinque ladri pronti a tutto pur di rivedere libertà e soldi, e un poliziotto pronto a tutto pur di non permetterlo.

L'intero quartiere era in subbuglio, la gente urlava, girava video, sussultava a ogni minimo rumore, correva per strada e si nascondeva nei vicoli, considerando i barboni meno pericolosi di altre persone.

Non avevo mai pensato che avrei dovuto passare il Natale da sola.

Fermò la macchina a pochi passi dalle altre, raggiungendo i suoi colleghi a piedi. Parlò al telefono con uno dei criminali, gli chiese di lasciar andare gli ostaggi che tenevano e che avrebbe avuto la libertà in cambio.

Non fu ascoltato.

Fu chiamato dentro.

A negoziare un patto.

Senza pistola.

Senza giubbotto antiproiettile.

Lui accettò.

Entrò dentro a piedi.

Uscì fuori su un lettino, coperto con un lenzuolo.

Riuscì a far uscire dieci delle quindici persone che erano in banca, salvandoli da quello da cui non avrebbe potuto salvare se stesso.

Le famiglie si radunarono intorno al suo corpo, lasciarono vari regali, collane, braccialetti, ringraziandolo per l'atto coraggioso, per le famiglie riunite, per una speranza ritrovata di celebrare il Natale tutti insieme.

E il mio telefono vibrò.

Il cucchiaio che tenevo in mano cadde, la pentola piena d'acqua si rovesciò, la mia vita andò in frantumi, così come il resto delle cose che gettai per terra dopo aver riagganciato, piangendo, urlando, cercando di capire, sperando che avessero sbagliato persona.

Ma non fu così.

Lo rividi all'obitorio dell'ospedale.

Non c'era nessuna traccia del suo sorriso, non c'era nessuna traccia dello scintillio nei suoi occhi, non c'era nessuna traccia di lui nel suo corpo.

Continuai ad annuire a ogni domanda, continuai a fissarlo, continuai a toccarlo.

Passai le dita sui cinque fori dei cinque proiettili che gli erano entrati in petto, passai le dita tra i suoi capelli bagnati, passati le dita sul suo viso e mi resi conto che le lacrime non potevano più uscire dai suoi occhi, per questo le rimpiazzai con le mie.

Poi svenni.

Passarono due giorni prima del suo funerale.

Gli ospiti vestiti in nero, i poliziotti con le bandiere del Regno Unito, i nostri amici radunati tutti in un gruppo.

Toccai la bara un centinaio di volte solo per rendermi conto che era reale.

Dopo vari passaggi dalla Bibbia, varie citazioni prese da libri o film, varie condoglianze e vari riconoscimenti, la bara scivolò lentamente sotto terra.

Sarebbe rimasta chiusa per sempre.

Non l'avrebbe più lasciato uscire.

Dicono che sono tante le cose che ci rubano una parte del nostro cuore.

Una telefonata, una notizia, un film, una canzone, il mare, una passeggiata, il primo bacio, trovare il vestito da sposa perfetto, la gravidanza.

E nonostante il mio cuore fosse spezzato, lacerato, pestato a sangue, scoprii che era meglio di un cuore che non avrebbe più potuto battere, e decisi di darlo a lui.

E da qualche parte, in una cittadina piovosa nel Sud dell'Inghilterra, sotto strati di terra, dentro un contenitore di legno, lui lo sta ancora conservando per me, aspettando pazientemente il mio ritorno.


   
 
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