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Autore: Blacksouls_ink    15/06/2015    1 recensioni
Sirius e James sono sempre stati inseparabili, uniti più che due fratelli da un legame più forte dell'odio e della morte; ed è proprio per questo che nella fredda notte del 31 ottobre, quando sente qualcosa dentro di lui spezzarsi, Sirius capisce che è accaduto l'inevitabile, il suo peggior incubo. Sirius è sopraffatto dal dolore, dalla disperazione, dal desiderio di seguire James nell'oblio: lui era suo amico, suo fratello, la sua famiglia, era tutta la sua vita. Ma qualcosa lo riscuoterà dai suoi pensieri, uno spiraglio di speranza che restituirà al giovane un motivo per cui lottare.
Genere: Drammatico | Stato: completa
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Sirius Black
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Malandrini/I guerra magica
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Quella notte non c'era un alito di vento. Sirius camminava per le strade di Godric's Hollow, il viso nascosto nella sciarpa. Camminava svelto, quasi correndo: era appena passato a casa di Peter e non lo aveva trovato.

Peter non usciva mai: pensò subito al peggio.
Si era precipitato a Godric's Hollow ed ora percorreva la strada nella quale era nascosta la villa dei Potter. Sentiva un'agitazione e un'inquietudine addosso che non gli appartenevano, quasi come due spiriti avessero deciso di seguirlo nella sua corsa contro il tempo.

Correva a testa bassa, la bacchetta in pugno: non gli importava che i Babbani lo vedessero, non gli importava più di niente ormai.

Nei giorni che precedettero la notte di Halloween, Sirius non aveva chiuso occhio, perennemente perseguitato dal senso di ansia, terrore, paura di ciò che sarebbe accaduto.

Ormai era chiaro, la guerra era iniziata, non c'erano stati casus belli di nessun tipo: era stata una realizzazione spontanea avvenuta pian piano nella mente di ognuno di loro.

Alcune persone potevano fingere di non vedere, far finta di non sapere.
Altre persone semplicemente erano troppo testarde per accettarlo.

O forse troppo codarde.
Sirius aveva fiutato l'aria di guerra fin dal principio, ma non credeva di aver accettato e compreso a fondo le conseguenze di questa rivelazione. Quella sera le stava lentamente riscoprendo.
Spesso, Sirius tornava dalle missioni dell'Ordine stanco e provato ma fiero di se stesso. Gli piaceva l'idea di aiutare, 
di contribuire alla lotta, di essere parte di quell'esercito.

Quando dovevano fronteggiare i Mangiamorte, lo esaltava l'idea di vestire i panni dell'eroe, per una volta. Gli piaceva battersi dalla parte dei buoni, si sentiva potente mentre sferzava la bacchetta nell'aria della notte, infliggendo ogni tipo di incantesimo offensivo ai suoi avversari. Quando era necessario, gli piaceva anche uccidere.

Gli piaceva la sensazione di potere che lo assaliva quando vedeva un nemico cadere a terra, ferito, svenuto, morto. Quando ciò accadeva, l'euforia si impossessava di lui, non c'era nient'altro oltre che la battaglia, il suo nemico che costituiva un ostacolo nel raggiungimento della vittoria.

A Sirius piaceva combattere. Ma allo stesso tempo aveva paura di se stesso e di ciò che sentiva durante uno scontro con un Mangiamorte, quell'ardore che lo accendeva e che risiedeva nelle profondità del suo cuore.

Un giorno, al rientro da una battaglia, Malocchio volle parargli:

Malocchio lo aveva convocato in cucina e la cosa non prometteva niente di buono.
Sirius ripensò a tutto ciò che aveva fatto, se aveva sbagliato, scordato o omesso qualcosa, se aveva trasgredito qualche regola. Non gli venne in mente nulla;

La recente battaglia contro i Mangiamorte era stata una vittoria schiacciante, la prima dopo tanto tempo: doveva essere una ragione per festeggiare ma evidentemente Malocchio non era in vena.

Fece sedere Sirius su una sedia mentre lui si accasciava su quella vicina, mantenendo un'aria severa che ormai era diventata parte onnipresente del suo viso.

Quando furono seduti Malocchio lo scrutò attentamente con entrambi gli occhi e iniziò a parlare:
-Non mi sei piaciuto oggi, signor Black. -Perché mi sento come se fossi stato chiamato nell'ufficio del preside? E si fidi che ho una certa esperienza nel campo!-scherzò Sirius.

Malocchio non rise, anzi, lo guardò ancora più duramente, mentre il suo secondo occhio diventava sempre più inquietante.

-Non è il momento di scherzare Black. Se non risolvi questo problema sarò costretto a cacciarti dall'Ordine.
Sirius si mise in ascolto, chiedendosi cosa avesse mai fatto di tanto grave.

-Black ti sei mai fermato a chiederti perché combattiamo?
Sirius rispose all'istante:
- Perché è la cosa giusta: combattiamo per la pace e per un mondo migliore. Malocchio rise amaramente, poi il suo sguardo tornò serio:

-Non provare a ripetermi queste baggianate da manuale, solo gli stupidi combattono per la pace. Non ti sei mai fermato a pensare al motivo che ti spinge a fare tutto questo?

Sirius non rispose. Effettivamente Malocchio aveva ragione: insomma, lui combatteva perché riteneva fosse giusto. Ma dopotutto gli sembrò una motivazione stupida e insensata.
Provò ad articolare una risposta ma non riuscì a pensare a nulla, perciò si limitò a tacere.
Malocchio riprese:

-Visto? Non lo sai. Ti suggerisco di trovare la tua ragione perché al momento sembra che il tuo obbiettivo sia far fuori più Mangiamorte possibile!
- Non è quello l'obbiettivo? Uccidere Voldemort e i suoi? Non è per questo che tutti voi lottate?

-Sì, ma la differenza tra me e te è che a me NON PIACE uccidere le persone! Pensi che non veda la tua faccia mentre lottiamo contro i Mangiamorte? Pensi che non veda i tuoi occhi accendersi quando ne vedi uno che si accascia al suolo morto stecchito dopo la tua fattura?

-Mi piace combattere e con ciò? L'importante è il risultato, non cosa ci spinge a lottare.
- È qui che ti sbagli! A TE PIACE UCCIDERE! Ti piace vedere il nemico cadere e sapere di essere tu l'artefice 
della sua caduta! Tu non sei un guerriero... Sei un assassino.
-SEI USCITO DI TESTA? Io combatto, io uccido perché devo perché siamo in guerra. QUESTA È LA GUERRA. O forse non l'hai capito?
-NO, sei tu che non hai capito. Noi combattiamo perché siamo obbligati a farlo. A te piace, a te piace ucciderli! Sei accecato dalla volontà di fare la cosa giusta che non ti trattieni, ti lasci andare, non pensi a ciò che stai facendo, ad ogni vita umana sprecata. Pensaci: qual è la differenza tra te e un Mangiamorte? -Stai scherzando? Mi stai paragonando ad uno di quei mostri? Quegli assassini?
-RISPONDI!
-Ciò che ci differenzia è che noi lottiamo per ciò che è giusto!
-Anche loro nella loro testa ritengono di stare facendo la cosa giusta!
-...-
-Ciò che ci differenzia da loro è un motivo, una ragione che ci spinge a fare tutto questo. E il motivo è ciò che ci spinge ad uccidere anche se non vorremmo; siamo obbligati a diventare non assassini ma guerrieri per raggiungere questo obbiettivo. Tu per cosa combatti, Black? Perché non penso tu l'abbia ancora trovata la motivazione; e c'è da dire che ne dovresti avere parecchie.

Sirius, dopo quella conversazione si era spesso chiesto se Malocchio fosse uscito di testa, o più che altro se
avesse ragione.
Aveva riflettuto, cercando di trovare IL motivo, il suo perché.
Era ancora in alto mare finché un giorno, James lo chiamò a casa sua. Erano ormai mesi che stavano nascosti e la cosa iniziava a pesare sulla salute 
mentale di James, come Sirius notò non appena lo vide: profonde occhiaie sotto gli occhi, vestiti semplici e stropicciati, capelli più in disordine del solito. Il solitamente vivace marrone dei suoi occhi era particolarmente scuro e cupo, quasi avessero perso la giovinezza e l'allegria di un tempo.

Sirius rimase pietrificato quando vide l'amico in quello stato e si affrettò a chiedere spiegazioni, mentre si lasciava cadere sul divano del soggiorno di Villa Potter.

James lo fissò a lungo, con aria stanca, e parlò lentamente:
-È la guerra, Sirius. La costante sensazione di essere seguiti, essere osservati, di stare sull'orlo di un baratro, di cui non vedi il fondo, senza poterti voltare per impedire a qualcuno di spingerti giù. E non sei solo su quel baratro. Perché io non sono solo: ho 
Lily ed Harry con me e...-la voce di James si incrinò e il giovane represse le lacrime: improvvisamente aveva un nodo alla gola.

Dopo qualche secondo riprese:
-Mi sento inutile Pad. Davvero. Tu e Remus rischiate la vita ogni giorno e io non posso far altro che essere protetto e restarmene rinchiuso in questa tana, come un codardo. E in effetti lo sono. Ho paura, Sir. Ho paura di non riuscire a proteggerli. Ho paura che quando il momento arriverà, mi coglierà di sorpresa e non farò in tempo a dire loro di fuggire. Ho paura che per colpa della mia lotta, Harry non potrà avere un'infanzia felice. Ho paura di morire lasciandoli da soli. Peggio ancora, ho paura che loro muoiano. Sir, i-io non posso farcela. Là fuori c'è la guerra e io non posso aiutarvi. Vorrei lottare al tuo fianco, al fianco di Remus e vorrei 
potervi difendere. Ho sempre avuto la mania di fare l'eroe, perché non sopporto l'idea di non sapere, non fare, non agire. Ogni volta che ve ne andate, non so se tornerete. Ho paura per la mia famiglia, Sir. Ho paura per voi, per Lily e per Harry.

Sirius era allibito davanti alle parole dell'amico. Nonostante fossero più che fratelli, non si erano mai confidati a tal punto. James era sempre stato un ragazzo espansivo certo, ma le parole che gli uscivano dalla bocca non erano più quelle di un ragazzo. Erano le parole di un uomo, cresciuto troppo in fretta, spezzato dal dolore e dalla paura. Sirius al confronto si sentiva solo un ipocrita che non sapeva per cosa stesse combattendo, per chi lo stesse facendo. Fu allora che decise.

Lui avrebbe lottato per James.

Avrebbe lottato per Lily perché James l'amava più di se stesso.
Avrebbe lottato per Harry, perché avesse un'infanzia e una vita serena, ciò che si meritava.

Avrebbe lottato per Remus che lottava ogni giorno al suo fianco.
Avrebbe lottato per la sua famiglia.



Quella sera, Sirius dovette ricordarsi uno ad uno questi pensieri, perché ciò che lo attendeva davanti a Villa Potter li avrebbe mandato tutti in fumo.
Man mano che si avvicinava, il senso di ansia cresceva e un peso terribile gli affliggeva il cuore. Si sentiva mancare, quasi avesse percepito un filo dentro di lui rompersi con uno schiocco.
Corse a perdifiato sul cemento della strada, preparandosi mentalmente a dover affrontare una battaglia; ma 
niente avrebbe potuto prepararlo a ciò che vide quella sera.

Svoltò finalmente l'angolo, arrivando nella via che aveva percorso così tante volte negli ultimi mesi.

Osservò, durante la sua corsa, gli alberi che facevano da contorno alle piccole villette del centro di Godric's Hollow: non c'era un alito di vento a muovere le foglie. Si fermò, a circa 50 metri dalla Villa: c'era una calma innaturale, quasi come se l'intero paese si fosse addormentato.

La calma prima della tempesta, oppure.... Dopo.
Riprese a correre verso casa di James, un orribili presentimento in testa.

Si fermò, il cancello davanti a lui, le mani tremanti che si posarono sul metallo freddo della recinzione.
Fu un attimo.

Ma quell'attimo bastò.

Si sentì mancare e si accasciò contro il muretto che dava accesso al giardino. Spalancò gli occhi, imprimendo per sempre nella sua memoria quella scena, quell'immagine che lo avrebbe perseguitato fino al giorno della sua morte: Villa Potter era distrutta, ridotta ad un cumulo di macerie.

Scattò in avanti, scavalcando il muretto, spinto da un istinto proveniente dal profondo della sua anima. Il terrore si impossessò di lui, ma ebbe solo l'effetto di spronarlo a correre più velocemente. Superò il giardino in poche falcate, sbatté contro il muro la porta già scardinata e si fermò nell'ingresso, il fiato corto per la preoccupazione.

Si guardò intorno: tutto in ordine. Se alla villa non fosse crollato il tetto, riempendo la sala di macerie e polvere, quasi non si noterebbe nulla di strano.

Avanzò lentamente, sentendo l'aria farsi pesante, più densa.
Si sentì soffocare.
Un grosso cumulo di macerie gli copriva la visuale su metà della stanza.

Iniziò lentamente a girare intorno al salotto, cercando di vedere se ci fosse qualcosa dietro ai blocchi di mattoni sgretolati. Scorse un lembo di tessuto che non distinse.

Poi una scarpa, nera e semplice.
Poi un paio di gambe, coperte da dei jeans logori.
Il torace, poi le braccia, il petto, le spalle.
Il viso.
A Sirius cedettero le ginocchia: cadde sul marmo impolverato, incurante dei vetri rotti cosparsi sul pavimento.
Gli parve di morire, lì, in quel momento. Tutto per lui iniziava e finiva con quel 
macabro spettacolo che gli si presentava davanti agli occhi.

James.
No, si era sbagliato, quello non poteva essere James.

Quello non era James. Non DOVEVA esserlo.
Si era sicuramente sbagliato, James era vivo, sarebbe saltato fuori da dietro qualche mobile lamentandosi della casa distrutta e scherzando sulla sua espressione.
Sirius si trascinò carponi più vicino al corpo, incapace di alzarsi in piedi.
Pian piano, riuscì a vedere il volto più da vicino.
Il suo cuore si fermò.
Era davvero James, anche se tutto gli diceva che non poteva essere lui, James non poteva essere morto.

Sirius gemette, mordendosi le labbra fino a farle sanguinare, mentre le lacrime gli rigavano il volto impolverato. Posò una mano sul viso dell'amico e gli uscì un singhiozzo.

James aveva la pelle fredda come il ghiaccio, pallida come non era mai stata; la bocca socchiusa aveva le labbra secche e screpolate; gli occhiali erano storti ed erano finiti sulla fronte.
I capelli erano sparsi sul pavimento e gli ricadevano sul viso, coprendogli parzialmente gli occhi.

Sirius, con mano tremante glieli scostò e dovette trattenersi dall'urlare quando vide gli occhi spalancati, ancora pieni di terrore, rimorso ed impotenza.

Sirius non si trattenne e lasciò libero sfogo alle lacrime. Era come se tutto d'un tratto la sua vita si fosse interrotta: esistevano solo James e il suo corpo abbandonato tra le macerie di quelle che una volta era Villa Potter. <> mormorò Sirius, mentre le mille voci nella sua testa gli ripetevano che no, non poteva essere, James non poteva essere morto, tutto quello non aveva un senso.

Eppure il corpo dell'amico giaceva immobile tra le sue braccia, il petto non si muoveva e il suo cuore non batté nemmeno un singolo battito.
<> Sirius urlò tutta la sua rabbia e il suo dolore, afferrando con tutte le sue forze la maglia dell'amico, deciso a non lasciarla andare, come se la vita di James gli stesse scivolando via dalle mani come sabbia.

Si lasciò andare in urla terribili e agonizzanti, mai nella vita aveva provato tanto dolore, mai aveva sentito un tale peso sopra al cuore, mai aveva desiderato più ardentemente di morire. <> Sirius represse un altro singhiozzo mentre le lacrime cadevano lentamente sulle vesti impolverate dell'amico.

<>
Si abbandonò al dolore, tutto scomparve, cancellato dall'obbligo che lo aveva avvolto nell'istante in cui aveva visto il corpo esanime dell'amico.

Non seppe dire quanto tempo restò lì, a piangere, immerso nel suo dolore, al capezzale del compagno, ma gli parvero giorni. Lunghi ed interminabili giorni.

Poi un pensiero lo illuminò.
"Harry"
Harry! Sirius si alzò lentamente, con ancora il viso umido ed il sapore salato delle lacrime sulle labbra. Si voltò e mosse qualche passo sulle gambe malferme, cercando di raggiungere la cameretta che era stata di Harry.
Evitò blocchi enormi di macerie e si chinò per entrare dalla porta che era parzialmente bloccata da un muro crollato.
Si accorse subito che ciò che aveva fatto crollare la casa (un incantesimo molto potente a giudicare dal risultato) doveva essere partito da lì.
Quel pensiero non aiutava.

Stava giusto per cambiare idea, deciso a non voler vedere altri corpi, quando sentì un suono.
Un pianto.

Affrettò il passo e scavalcò un armadio rovesciato; l'anta del suddetto armadio si era staccata ed era caduta poco più in là. Sirius la spostò ma quando vide ciò che vi era sotto la lasciò cadere a terra con un tonfo.

Lily. La dolce e allegra Lily Potter che aveva fatto penare così tanto James ma che poi aveva imparato ad amare. Il suo corpo era inanimato, anche lei morta ad occhi spalancati, con lo sguardo di chi ha visto la morte arrivarle di fronte. Sirius sentì le lacrime riaffiorargli, un altro peso si andò ad aggiungere a quello già presente.

Lily era stata la sua sorellina, anche se per poco, ma l'aveva amata come tale.

Le chiuse gli occhi, come aveva fatto poco prima con James.
Si allontanò dal corpo, incapace di dire alcunché e osservò la figura dell'amica, che gli apparve sfuocata per via dello strato di lacrime che gli velavano gli occhi.

Un braccio era appoggiato di fianco al torace, l'altro era sopra la testa, la mano aperta, l'avambraccio graffiato e sporco di intonaco sbriciolato.

Sembrava quasi che Lily, nel suo ultimo gesto disperato, si fosse gettata verso un lato della stanza. Harry.
Sirius intravide il lettino del bambino e il cuore riprese improvvisamente a battere. Si avvicinò e vide un cumulo di coperte. Si avvicinò lentamente, sentendo il cuore battere all'impazzata, ma si bloccò improvvisamente quando sentì nuovamente quel suono, che 
stavolta riconobbe per un pianto infantile.

Con la mano tremante scostò la copertina è quello che inizialmente sembrava essere un bozzolo di coperte, si rivelò essere niente di meno che... Harry.

Sirius prese il bambino tra le braccia, ostentando a credere che una tale fortuna fosse stata possibile.
Il bambino lo fissò con i suoi occhi verde smeraldo.

Sirius non poté trattenere un sorriso amaro quando realizzò che un tale miracolo era realmente accaduto, che non si trattava di un sogno: Harry era veramente sopravvissuto.

Non sapeva spiegarsi come, ma in quel momento non gli importava di niente, se non di Harry.
Osservandolo, non poté fare a meno di notare un'orrenda cicatrice sulla fronte 
che sanguinava copiosamente: aveva la forma di una saetta.

Non provò nemmeno a spiegarsi come ciò fosse possibile: Harry era vivo e questo bastava.

Sirius sentì nuovamente una fitta al cuore quando notò che Harry, nonostante l'età, già assomigliava al padre. Gemette, quando il dolore della perdita del fratello lo riavvolse tra le sue braccia.

Fu tentato di abbandonarsi al quell'oblio, avrebbe potuto raggiungere James, avrebbe potuto..
Il bambino riprese a piangere. Sirius si riscosse e pensò che no, non poteva, perché lo doveva a James. Gli aveva promesso che li avrebbe protetti, tutti e tre; ora doveva mantenere fede a quella promessa.
James, la persona che gli aveva dato una ragione per lottare, era... Morto.

Sirius strinse gli occhi scacciando il pensiero.
Ora che James non c'era più, Harry, l'unica cosa che ancora lo legava all'amico perduto, sarebbe stato il motivo per cui lui avrebbe combattuto. Avrebbe onorato la memoria di James, come nelle migliori fiabe, proteggendo Harry, dando la sua vita se necessario, e continuando a lottare contro Voldemort.

La rabbia lo invase al pensiero di quel nome, ma fu solo un attimo: Harry gli posò una manina sul volto e gli tirò una ciocca di capelli.

Sirius sorrise, gli occhi lucidi: la ferita provocata dalla morte di James era ancora aperta e avrebbe sanguinato per molto tempo, l'avrebbe accompagnato fino alla morte.

Sirius rimpianse il tempo perduto, le eventuali litigate o incomprensioni.

Un pensiero lo attraversò: Peter. Quel viscido bastardo. Li aveva traditi, quel ratto di un traditore!
Un'altra luce lo accese: rabbia. Rabbia sconfinata che lo invase dal profondo del cuore.

Avrebbe trovato Peter e l'avrebbe ucciso: Peter aveva tradito James e meritava di morire.
Si riscosse dal suo rancore solo quando sentì il respiro di Harry regolarizzarsi: si era assopito tra le sue braccia.

Sorrise tristemente, stringendo il piccolo al petto.
Non riusciva a smettere di piangere e le lacrime bagnarono il viso del bambino che arricciò il nasino infastidito.

Sirius fu colpito da una stretta al cuore e decise che quel bambino d'ora in poi Harry sarebbe stata la sua ragione di vita.

Quella sera, mentre un uomo disperato e afflitto dal dolore piangeva stringendo una speranza tra le braccia, la sua promessa fu affidata alle mura di una casa distrutta.

Quella sera non c'era un alito di vento ad accompagnare il suo lamento. 





NOTA DELL'AUTRICE:
'Sera a tutti!
Che cosa strana, un'altra fanfiction su Sirius... Sto diventando ripetitiva :)
Non so da dove è saltata fuori una cosa così depressa, ma ultimamente scrivere è quasi uno sfogo e questo comporta spesso il genere "drammatico" o "triste".
Vi chiedo di lasciarmi una recensione, anche corta, nella quale mi esprimete le vostre opinioni: se mi conoscete sapete che apprezzo molto le critiche costruttive. Grazie anche a chi legge silenziosamente, ovviamente. 
Alla prossima!
Black (Gio)

 

   
 
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