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Autore: Piperilla    15/06/2015    2 recensioni
Mai fermarsi alla superficie delle cose.
Questa è una verità più importante di quanto si possa credere: sotto l'aspetto ordinario, infatti, molte persone nascondono capacità fuori dal comune: quella che permette loro di governare i quattro Elementi fondamentali.
In un luogo sperduto vengono riunite queste persone speciali: separati contro la loro volontà da parenti e amici, segregati in quella che è più una prigione che una scuola, viene insegnato loro tutto sul loro potere e su come padroneggiarlo: gli anni si susseguono in una serie infinita di lezioni e addestramenti fino a quando, nelle mente dei prigionieri, non rimane più nulla delle loro vite precedenti. Fino a quando non diventano strumenti nella scalata al potere bramata dai quattro Maestri che dirigono quel luogo.
Ma proprio come la lava ardente, la ribellione si agita appena sotto la superficie.
Genere: Azione, Sentimentale, Sovrannaturale | Stato: completa
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: Violenza
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- Questa storia fa parte della serie 'Saga degli Elementi'
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Tutti la fissavano. Senza muovere un muscolo, Sofia continuò a esaminare il manoscritto che aveva davanti. Sapeva cosa volevano da lei: risposte.
   Era trascorsa un’altra settimana alla Valle; un’altra settimana di dubbi, ostilità e incertezze. Sapeva che il comportamento ambiguo di Gregory stava minando alla base lo stile di vita che avevano adottato da quando erano scappati dal Centro, un modello di comportamento basato su fiducia e sostegno reciproci, nonché sull’onestà. I pensieri nella sua testa ronzavano come api intrappolate in un barattolo. Continuava a cercare il dettaglio che le avrebbe chiarito ogni cosa: a volte le sembrava di essere a un passo dal cogliere la chiave di lettura di quell’assurda situazione, ma puntualmente la risposta le sfuggiva come acqua tra le mani.
   Scosse la testa, soprappensiero, e alzò lo sguardo: la stavano ancora fissando.
   Rendendosi conto che sarebbero andati avanti così fino a quando non avesse chiarito la situazione con Gregory, si alzò, decisa a trovarlo: l’uomo aveva infatti preso l’abitudine di isolarsi dal resto del gruppo.
   «Vai da Gregory?» chiese immediatamente Gloria. Sofia annuì. «Vengo con te» disse Blaze alzandosi. Aveva sviluppato nei confronti dell’uomo un’ostilità che rasentava l’odio, e cercava in ogni modo di non lasciare Sofia da sola con lui. Di solito la ragazza lo lasciava fare, ma stavolta lo bloccò.
   «Non ce n’è bisogno Blaze. Resta pure qui».
   Il giovane tentennò per un attimo, ma di fronte allo sguardo fermo di lei cedette.
   «Va be’... se hai bisogno di me, espandi l’Aura al massimo» disse, tornando a sedersi.
   Affondando le mani nelle tasche e abbandonando il suo abituale passo veloce, Sofia si diresse lentamente verso l’Ala Ovest, ascoltando i rumori che provenivano da dietro le porte. Invece di studiare, come al solito i ragazzi stavano parlando di sciocchezze. Passando, la ragazza batté un pugno sulle porte e all’interno calò subito il silenzio.
   Sempre adagio uscì all’esterno e scese lungo il declivio, pensierosa. Gregory cambiava continuamente punto della Valle in cui nascondersi, e trovarlo si rivelava spesso piuttosto difficile.
   Per non mettere in allarme Blaze espanse l’Aura solo in parte, tentando di percepire Gregory ugualmente. Dopo aver camminato per un po’ ne sentì l’Aura, piuttosto flebile. Si avviò nella direzione da cui le sembrava venisse emanata e, a mano a mano che procedeva, percepiva l’Aura dell’uomo sempre più intensa.
   Lo trovò al laghetto in cui si erano immersi la notte del Solstizio, seduto sulla sporgenza rocciosa da cui si erano tuffati, con i piedi che pendevano nel vuoto alcuni metri sopra lo specchio d’acqua cristallina.
   Sofia rimase in piedi dietro di lui.
   «Gregory, mi dispiace ma non si può più aspettare. Devi prendere una decisione, adesso».
   «Cosa potrei mai scegliere? Qui nessuno ha più fiducia in me» notò lui con amarezza.
   «Come ti aspettavi reagissero, Gregory? Tutti loro hanno subito, in un modo o nell’altro, la tirannia di Giovanni. Sanno perfettamente cosa li aspetta, se mai dovessero essere catturati e portati di nuovo al Centro. Ti avevano accolto senza la minima esitazione e tu hai provato pietà per il nemico, hai pensato di aiutarlo. È ovvio che non abbiano più fiducia in te» disse lei, cupa.
   Gregory si alzò e si avvicinò a Sofia.
   «E tu, Sofi? Anche tu non hai più fiducia in me?» le chiese, cercando il suo sguardo.
   La ragazza distolse il proprio e si concentrò sui dolci pendii che aveva di fronte.
   «Tu mi hai salvato la vita, anni fa. Non lo dimentico» rispose laconicamente.
   «Non è di questo che parlo, e lo sai». Le afferrò il mento e la costrinse a guardarlo negli occhi. «Tu vuoi che io rimanga?».
   «Voglio che tu faccia quello che ritieni più giusto» replicò Sofia, gli occhi ambrati scintillanti di orgoglio. Non gli avrebbe dato la soddisfazione di sentirle dire che aveva bisogno che restasse lì con lei.
   I due continuarono a fissarsi. Entrambi aspettavano che fosse l’altro a cedere.
   «Basta una tua parola, Sofia» insisté lui dolcemente. «Una sola parola, e io accantonerò tutti i sentimenti di pietà e comprensione che abbia provato nei confronti di Giovanni. Una parola e io resterò qui al tuo fianco, anche in una guerra, se necessario».
   Rimase in silenzio per qualche istante, dandole modo di riflettere su quanto le aveva appena detto. Poi glielo chiese di nuovo.
   «Allora Sofi... devo restare?» esclamò, poggiandole una mano sulla guancia e carezzandola con il pollice. Lei si scostò arrabbiata.
   «Va’ al diavolo Gregory. Non deciderò al posto tuo!» disse furiosa.
   «Pensaci bene, Sofia. Se ora me ne vado, non tornerò. Per nessun motivo» l’ammonì.
   «Non c’è bisogno di girarci tanto intorno. Hai deciso di schierarti con Giovanni? Va bene. Hai sempre saputo di essere libero di scegliere. Ora va’ via» esclamò, sempre più arrabbiata.
   «Non è per questo che me ne vado. Non ho ancora deciso se aiutare o no Giovanni; non riesco a decidere se e con chi schierarmi. Se tu mi avessi dato un motivo per restare, l’avrei fatto. Ma stando così le cose, preferisco andarmene» precisò Gregory.
   «E allora vattene. Subito» ringhiò la ragazza.
   «E come? Le Fenici si rifiutano di trasportarmi»
   «Te ne andrai a piedi. Ti accompagno personalmente a un varco» disse gelida Sofia.
   «Così potrai immediatamente sigillarlo ed evitare che lo utilizzi per portare qui Giovanni» notò lui, ironico
   Senza rispondere la ragazza gli voltò le spalle, incamminandosi velocemente verso Sud; i loro passi erano l’unico suono che spezzava il silenzio. Procedettero così per più di mezz’ora, fino a una microscopica grotta.
   «Quello è il passaggio» disse Sofia, rivolgendo una mano verso la roccia; al suo posto rimase un arco di pietra da cui pendeva una fittissima cortina d’edera.
   Gregory mosse alcuni passi in avanti, fino a toccare la tenda vegetale; poi tornò indietro e in un istante fu addosso alla ragazza. Si fermò col volto a un soffio da quello di lei.
   «Addio, Sofia» bisbigliò, posandole un bacio sulla fronte come aveva fatto tanti anni prima, quando l’aveva riportata al Centro.
   Un attimo dopo si diresse con decisione verso il passaggio che l’avrebbe condotto all’esterno e lo attraversò senza voltarsi indietro. Con un fruscio e uno scricchiolio, l’edera si trasformò di nuovo in pietra.
   «Addio Gregory» mormorò la ragazza fissando la roccia e iniziando a manipolare l’ambiente esterno per cancellare il passaggio, mentre un’unica lacrima cadeva dai suoi occhi.

*

Lo scatto della serratura li fece voltare.
   «Se n’è andato» comunicò Sofia con voce piatta.
   Alle sue parole si scatenò il tumulto.
   «Quel bastardo... ha deciso di schierarsi con Giovanni! Dopo tutto quello che ti ha fatto!» esplose Blaze; il suo Elemento si riversò all’esterno del suo corpo con tanta furia da aprire una grossa fenditura nel pavimento. Friedrich la richiuse immediatamente, cercando di calmare il giovane americano.
   «Non posso credere che l’abbia fatto... e ora lo porterà qui! Dobbiamo prepararci!» disse Gloria, arrabbiata e preoccupata.
   Sofia alzò le mani, tentando di ristabilire l’ordine; non aveva abbastanza forza per sovrastare le loro grida.
   «Ragazzi per favore... fate silenzio un momento e ascoltatemi» disse a voce bassa.
   Il caos si placò immediatamente: tutti rimasero immobili, in attesa.
   «Gregory non se n’è andato per aiutare Giovanni; se n’è andato proprio perché non sa con chi schierarsi. Ha preferito chiamarsi fuori» spiegò stancamente.
   «E ti sembra giusto?» gridò Viola; considerava quello di Gregory un tradimento tanto grande da perdere la sua abituale pacatezza.
   «Non sta a noi giudicare. Come chiunque, qui, anche lui aveva diritto a scegliere liberamente, ed è quello che ha fatto. Non possiamo farci influenzare dal fatto che la sua scelta non corrisponde alle nostre aspettative» disse Sofia con lo stesso tono.
   Nessuno aggiunse nulla; sedettero attorno al tavolo e iniziarono una discussione sottovoce, parlando fitto fitto.
   Sofia si abbandonò su di una poltrona, la testa reclinata indietro e una mano sugli occhi. Claudio le si avvicinò.
   «Non ho potuto farci nulla, Claudio. Mi dispiace» mormorò.
   «Qualcosa avresti potuto fare. Ma come hai detto poco fa, qui tutti hanno il diritto a prendere liberamente le proprie decisioni ed è quello che anche tu hai fatto» replicò senza ombra di biasimo.
   La ragazza aprì gli occhi.
   «Voleva che decidessi per lui. Non potevo prendermi una simile responsabilità: e se ci avesse traditi?» chiese, con una voce in cui amarezza e tormento si mescolavano. Prese un respiro profondo, cercando di tranquillizzarsi, mentre il suo padrino le stringeva una spalla con fare comprensivo. Poi sì alzò.
   «Un momento d’attenzione, per favore» disse Sofia con voce sonora, riprendendo il controllo della situazione e della propria mente. «La partenza di Gregory ci impone di prendere ulteriori precauzioni contro eventuali intrusioni alla Valle. Dobbiamo rinforzare le protezioni ai confini. L’ho mandato via a piedi; questo ci dà un po’ di tempo, ma se non vogliamo correre rischi dobbiamo muoverci subito».
   Gli altri Maestri scattarono in piedi.
   «Da dove cominciamo?» chiese Costa.
   «Credo sia molto più pratico dividerci in due gruppi: così risparmieremo tempo» replicò la ragazza.
   «D’accordo, i soliti due gruppi: io, Blaze, Laurence e Sofi nel primo e Costa, Viola, Gloria e Friedrich nel secondo» disse André.
   «Io e Claudio cosa dobbiamo fare? Veniamo ad aiutarvi o restiamo qui a controllare i ragazzi?» chiese immediatamente Cornelia.
   André e Sofia si guardarono per un istante.
    «Credo sia meglio che veniate con noi» decise la ragazza. «Più siamo e meglio rinforzeremo i confini».
   «Allora dobbiamo nominare dei sorveglianti per ogni gruppo di Portatori» disse Blaze.
   «Va bene, allora pensaci tu ad avvertirli: nominiamo Serj per i Portatori del Fuoco...» stabilì Sofia.
   «... Pietro per quelli dell’Acqua» decretò André con il consenso di Gloria.
   «Fernando per il gruppo dell’Aria, senza il minimo dubbio» disse immediatamente Laurence.
   «E Ailie per quello della Terra. Vado e torno» concluse Blaze uscendo di corsa dalla stanza.
   «Allora, dobbiamo equilibrare i due gruppi: Cornelia, tu vieni con noi, mentre Claudio va col gruppo di Costa e gli altri» disse Sofia. I due annuirono e si divisero.
   «Come ci dividiamo le zone?» chiesero Viola e Gloria in coro.
   «Voi vi occupate dei confini a Sud e a Est, noi di quelli a Nord e a Ovest» decise rapidamente la Portatrice del Fuoco. Friedrich annuì.
   «Be’, noi possiamo muoversi subito» disse, ottenendo il consenso dei suoi compagni. Si diressero verso la porta e i loro passi si spensero rapidamente lungo il corridoio.
   Un minuto dopo, Blaze tornò.
   «Fatto» disse ansante. «Ora sarà meglio andare» aggiunse, notando l’assenza del secondo gruppo.
   Gli altri quattro annuirono, e insieme si diressero verso l’Ala Nord dell’edificio.

*

Gregory espanse la propria Aura più che poteva, cercando la direzione giusta. Vagò per circa due ore, senza riuscire a percepire nulla, prima di trovare quello che cercava. Cambiò direzione ed iniziò a correre.

*

«Giovanni!».
   L’uomo si voltò con aria torva.
   «Cos’hai da gridare, ragazzino? Per rivolgerti a me, oltretutto!» esclamò pieno di rabbia evocando una sfera di Fuoco, pronto a colpire il ragazzo, che iniziò a tremare.
   «Scusami... io... mi scusi, mi scusi, mi dispiace ma...» balbettò.
   «Allora, cosa c’è? Non farfugliare in questo modo Hilario, è irritante!» lo rimbrottò Giovanni.
   Il ragazzo sembrò ancora più terrorizzato.
   «C’è... c’è una persona che chiede di lei, ha detto che è urgente, per questo io...»
   «E chi sarebbe questa persona che deve parlarmi tanto urgentemente?» lo interruppe.
   «Io... non lo so, non mi ha detto come si chiama...» bisbigliò Hilario.
   «E mi disturbi perché qualcuno, di cui non conosci neanche il nome, mi vuole parlare?» esplose l’uomo.
   «Ecco ha detto... ha d-detto di dirle che vi s-siete v-visti due settimane fa a Cork... ha detto... ha detto che lei avrebbe c-capito e che per questo n-non c’era bisogno di dire il suo nome!» concluse precipitosamente il ragazzo.
   Giovanni si alzò di scatto, rovesciando la sedia a terra, e uscì dalla stanza in un istante. Al suo passaggio Hilario si rattrappì contro la porta, temendo ancora che l’uomo l’avrebbe colpito, ma quello gli passò accanto come se non esistesse.
   Il ragazzo tirò un sospiro di sollievo, lasciandosi scivolare a terra. Quando racconterò che Giovanni non mi ha colpito, pensò, nessuno mi crederà.

*

Mentre usciva dall’edificio, Giovanni espanse la propria Aura più che poteva. Sondò per alcuni momenti il mare di Aure che lo circondava; poi trovò quella che cercava. Scese veloce lungo il prato, puntando verso il bosco dell’Ala Sud; non lo stupì trovare Gregory comodamente seduto su una panchina vicino ai primi alberi, mentre si guardava intorno con indifferenza.
   «Allora» esordì l’italiano, sedendosi accanto al suo ex insegnante. «Hai qualcosa di utile per me?».
   «Sì e no» fu l’ambigua risposta.
   «L’hai vista» disse Giovanni. Era più un’affermazione che una domanda. L’altro annuì.
   «Ma non mi dirai dov’è» proseguì Giovanni.
   Gregory lo guardò con un sorriso.
   «Hai ragione, non lo farò. Però c’è qualcos’altro che posso dirti, qualcosa che ti sarà altrettanto utile, anche se dovrai pazientare ancora un po’ per poterne trarre dei risultati».
   «Ti ascolto» disse Giovanni, curioso di sentire cosa l’uomo aveva da dirgli.
   Gregory si avvicinò a Giovanni e iniziò a bisbigliargli qualcosa all’orecchio. Dopo alcuni istanti, un sorriso soddisfatto si aprì sul volto di quest’ultimo.
   «Ottimo. Allora terrò gli occhi aperti» disse infine.
   Gregory si alzò.
   «Ti ho detto tutto, credo. Per me è ora di andare» si congedò.
   «Andare... dove?» domandò Giovanni.
   «Lontano» rispose l’uomo, allontanandosi tra gli alberi. L’altro lo seguì.
   «C’è un’ultima cosa che vorrei sapere» disse l’italiano.
   «Chiedi pure».
   «Sai dov’è ma non vuoi dirmelo, anche se mi hai dato un altro modo per arrivare a lei. Perché ti stai chiamando fuori?» chiese a Gregory, che sorrise con aria colpevole.
   «Per lo stesso motivo per cui tu, invece, ti affanni tanto a cercarla» rispose, sparendo in pochi istanti.
   Giovanni rimase dov’era, un’espressione indecifrabile dipinta sul volto. Poi anche lui si immerse nel folto della vegetazione.

*

Tornati nella biblioteca, tutti si lasciarono cadere su divani e poltrone.
   «Credi che basterà?» chiese André a Laurence.
   «Spero di sì. Aumentare ancora le barriere le renderebbe riconoscibili; sarebbe come segnalare la nostra presenza con dei cartelloni al neon» replicò l’altro con una smorfia.
   Sofia sedette a un tavolo, abbandonando la testa sulla superficie ruvida con un tonfo sonoro. Viola le si avvicinò e le scompigliò i capelli.
   «Dai Sofia, non fare così. Le protezioni basteranno, ne sono sicura».
   «Lo spero proprio» rispose lei con voce sepolcrale, il volto schiacciato contro il legno.
   La Portatrice dell’Aria si allontanò mentre Cornelia si avvicinava.
   «Sofi tesoro, non prendertela per la partenza di Gregory. Almeno adesso sappiamo che dobbiamo stare in guardia da lui» la rincuorò.
   «Oh zia, non è questo che mi abbatte. O meglio, solo in parte... so che è stato meglio che abbia preso una decisione, anche se è stata questa decisione, perché ora non siamo più nell’incertezza» replicò Sofia, alzando la testa.
   «E allora cosa c’è che non va?».
   «Non saprei... ho una brutta sensazione».
   Cornelia sembrava perplessa.
   «Quanto brutta, tesoro? ».
   «Parecchio» rispose la ragazza, a disagio. «Non so, è che quando guardo gli altri... mi si stringe lo stomaco. Ogni volta che li guardo negli occhi, è come se fosse l’ultima volta».
   «Oh cara» disse Cornelia, abbracciandola e accarezzandole i capelli in un gesto materno. «Probabilmente sei solo in ansia per quello che è successo oggi, ma non hai motivo di preoccuparti. Nessuno dei Portatori all’esterno ci può trovare, specialmente adesso che abbiamo rinforzato le protezioni ai confini».
   «Speriamo sia così...» mormorò la ragazza, osservando Elizabeth entrare nella stanza e saltare in braccio ad André. «Almeno qualcuno non ha pensieri cupi» disse con un accenno di sorriso.
   «Ma dov’eri sparito?» stava chiedendo Elizabeth ad André, dopo averlo baciato.
   «Oh, sono successe alcune cose... Gregory ha deciso di andarsene e abbiamo dovuto potenziare le barriere intorno alla Valle» le spiegò.
   Lei fece una faccia strana.
   «Davvero? E credi che ora siano assolutamente impenetrabili?».
   «Lo spero... anzi, lo speriamo tutti perché più di questo non possiamo fare. Se le fortificassimo ancora, la concentrazione di Elementi diverrebbe tale da essere riconoscibile ai Portatori all’esterno» rispose André mesto.
   «Dai, non ti avvilire. Andiamo a fare una passeggiata... così ti rilasserai un po’» gli propose Elizabeth con voce suadente. Lui non resistette un secondo; la prese per mano e insieme uscirono dalla biblioteca. Blaze scosse la testa.
   «Ce lo siamo proprio giocato».
   «Cosa ci siamo giocati?» chiese Ailie, che era appena arrivata con Emma e Fernando.
   «André» rispose Blaze, puntando un dito verso la porta ormai chiusa.
   «Abbiamo sentito quello che dicevano. E così Gregory alla fine ha deciso, eh?» disse Fernando.
   «Sì. Da ora in poi dovremo stare molto più attenti: se notate qualcosa di strano, dovete dircelo subito. È meglio perdere mezz’ora per un falso allarme che ignorare dei segnali e ritrovarci i nemici addosso» si raccomandò l’americano.
   «A proposito» intervenne Sofia. «Emma, tu che sei così brava a percepire le Aure... ti andrebbe di aiutarci a tenere sotto controllo i confini?».
   «Certo che mi va! Però dovrete spiegarmi come si fa, perché non ne ho la minima idea» ribatté subito la ragazzina.
   «Vedrai, è più facile di quanto si possa credere. Devi solo imparare a riconoscere il tipo di vibrazioni che ci sono intorno ai confini; sono diverse dalle Aure, ma quando ti ci sarai abituata ti accorgerai subito se c’è qualche variazione» le spiegò Sofia.
   «Fammi provare subito!» chiese Emma, impaziente.
   «Se tutti avessero la sua stessa voglia di imparare» disse Costa, puntando i gomiti sul tavolo e poggiando il mento sui propri pugni chiusi «il nostro lavoro sarebbe molto più semplice».
   Sofia si mise a ridere.
   «Andiamo» disse a Emma, che subito la seguì.

*

Sprofondato in una poltrona, Giovanni si copriva il volto con le mani, cercando di riflettere. La sua tranquillità non durò a lungo; un minuto più tardi Jackson, Prudencia e Tsukiko irruppero nella stanza.
   «Ecco dov’eri finito!» disse Prudencia, spazientita. Lui la ignorò.
   «Hilario mi ha detto che c’era un uomo che ti cercava. Chi era?» chiese Jackson.
   Masticando un’imprecazione, Giovanni si vide costretto a rispondere.
   «Era Gregory» bofonchiò di malavoglia.
   I tre si infervorarono.
   «Allora? Ha scoperto dove si trova Sofia?» chiese Prudencia, eccitatissima.
   «Sì» rispose cupo l’uomo.
   «E allora cosa stiamo aspettando? Prepariamoci, andiamo a prenderla!» esclamò la donna, quasi fuori di sé dalla gioia.
   Giovanni chiuse gli occhi per un attimo, preparandosi al finimondo che si sarebbe scatenato. Poi parlò.
   «Ha scoperto dove si trova... ma non me l’ha voluto dire» ammise faticosamente.
   Un lungo silenzio accolse le sue parole. Tutti e tre lo fissarono esterrefatti.
   «Non te l’ha voluto dire?» ripeté Prudencia, frastornata.
   «No. Però mi ha dato un’altra informazione che potrà esserci molto utile per trovarla» aggiunse. Gli altri Maestri parvero riprendersi.
   «Be’, qual è quest’informazione?» lo interrogò Jackson. Giovanni scosse la testa.
   «Per ora non ci è utile. Dobbiamo aspettare» disse sibillino.
   «Aspettare cosa?» chiese Tsukiko con la sua calma abituale.
   Lui non rispose; sembrava assente.
   «Giovanni ma... cos’hai?» domandò Jackson, tentando di penetrare nella mente confusa dell’altro uomo, che scosse di nuovo la testa.
   «Non so... stavo pensando. Credete... voi credete che sia giusto, continuare a dar loro la caccia?» chiese, sinceramente combattuto. Gli altri lo guardarono, se possibile ancora più sbalorditi.
   «Giovanni tu... tu non parli sul serio, vero? Vero?» lo esortò l’americano. L’italiano si mise le mani nei capelli, tirandoli.
   «Non so più cosa è giusto!» sbottò, alzandosi in piedi. «Pensateci... li abbiamo presi, li abbiamo sottratti alle loro vite e alle loro famiglie. Li abbiamo privati dell’adolescenza, tutti quanti, li abbiamo costretti a vivere in una bolla... noi avremmo sopportato tutto questo, al posto loro?» chiese con furia. Nessuno rispose: erano così abituati al male che avevano compiuto da non considerarlo più tale.
   «È ovvio che siano scappati; chiunque avrebbe fatto lo stesso» proseguì Giovanni, parlando più a se stesso che agli altri. «Abbiamo deciso di trovarli e riportarli qui; con il passare delle settimane questo proposito si è trasformato in un’ossessione, un’ossessione che abbiamo alimentato senza chiederci se i presupposti che ci muovono sono giusti o sbagliati. E sono sbagliati» concluse, camminando avanti e indietro e puntando lo sguardo a terra.
   «Senti, Giovanni» iniziò Prudencia, inviperita. «Io non so cosa abbia scatenato in te questa specie di crisi mistica, e non m’interessa. Fino a un’ora fa eri d’accordo con noi sul cercare i Portatori che sono scappati e sul riportarli qui. Ora non puoi tirarti indietro!».
   «Comunque li avremmo mandati via, una volta terminato l’addestramento!» gridò lui. «Se ne andranno in ogni caso, quindi che senso ha riportarli indietro?».
   «Che senso ha? Servirà a dimostrare che siamo ancora noi, ad avere l’autorità!» strillò in risposta l’argentina. «Altrimenti come potremmo continuare a prendere e addestrare i Portatori?».
   «Magari dovremmo cambiare metodo! Dovremmo spiegare loro cosa succede e permettergli di continuare a vedere e vivere con le loro famiglie!» urlò Giovanni.
   «Tu sei pazzo» disse Prudencia, guardandolo con disprezzo. «Se non vuoi aiutarci, bene, non farlo. Ma noi troveremo lo stesso un modo per rintracciare i fuggiaschi e riportarli qui».
   Giovanni la guardò, fuori di sé; teneva gli occhi fissi nei suoi, mentre le mani gli prudevano dal desiderio di attaccarla. Sapeva di essersi messo in trappola da solo, rivelando quello che pensava; sapeva anche che se non avesse fatto credere loro di aver cambiato idea ancora una volta, di desiderare nuovamente catturare i Portatori scappati e punirli, gli si sarebbero rivoltati contro. Lo sapeva, ma non riusciva ad accantonare quei pensieri che, dopo anni, avevano squarciato il velo di ossessione e crudeltà che aveva ottenebrato la sua mente, facendolo arrivare a colpire mortalmente Sofia. Non riusciva a fare la sua scelta: fingere o ribellarsi contro quel sistema malvagio che lui stesso aveva creato?
   Guardò i tre Maestri con cui aveva fondato il Centro, che osservavano attenti ogni suo movimento, aspettando una risposta; vide in fondo ai loro occhi quello che lui stesso era diventato, e ne fu disgustato. Si chiese come fosse potuto arrivare tanto oltre nella sua follia: non riuscì a trovare una risposta.
   Di nuovo, ripensò a tutto quello che aveva fatto in quegli ultimi sei lunghi anni; analizzò i sentimenti e le convinzioni che lo avevano portato a credere che quello che stavano facendo fosse giusto. Ricordando a mente fredda, non gli sembrò tutto sbagliato; vi scorgeva una mancanza di umanità, ma non vedeva errori essenziali. Tuttavia, continuava a provarne orrore.
   Respirò profondamente, soppesando i risultati delle sue valutazioni, sforzandosi di capire quale fosse la scelta migliore. Infine, si apprestò a parlare.
   «Ho preso la mia decisione» esordì, dopo aver preso un altro respiro profondo. «Continueremo sulla strada che abbiamo percorso sino ad ora. Ritroveremo Sofia e gli altri e li riporteremo al Centro».
   La sua affermazione scatenò un’ondata di gioia; Prudencia sorrise trionfante, Tsukiko sembrava soddisfatta e rassicurata. Jackson gli diede una pacca sulla spalla.
   «Bravo, Giovanni. Sapevo che saresti tornato in te» disse compiaciuto.
   L’altro annuì; tutti quei dubbi l’avevano sfiancato.
   «Credo che andrò a riposare» disse agli altri tre Maestri che lo lasciarono andare, ormai soddisfatti.

*

Sofia prese la parola.
   «Come molti di voi avranno sicuramente notato, Gregory non c’è. Avremmo potuto inventare delle scuse per giustificare la sua assenza, ma sarebbe scorretto nei vostri confronti, oltre a costituire un grave pericolo».
   I Portatori che aveva di fronte la guardavano con espressione confusa; non capivano dove volesse andare a parare.
   «I Maestri del Centro hanno svolto, in tutte queste settimane, indagini e ricerche nel tentativo di trovarci. Abbiamo messo in atto degli accorgimenti per ingannarli, ma Gregory ha iniziato a nutrire dei dubbi sull’opportunità di proseguire lungo questa strada; per questo motivo oggi, dopo aver riflettuto a lungo, ha deciso di andarsene».
   Tutti iniziarono a gridare, in preda al panico. Sofia scosse la testa; era esattamente quello che aveva temuto.
   «ORA BASTA!».
   Il sonoro grido della donna riportò tutti alla calma, o quasi. Limitandosi a borbottare ognuno tornò al proprio posto, aspettando che la giovane donna che avevano di fronte continuasse a parlare.
   Escludere del tutto la possibilità che Gregory passi loro delle informazioni su di noi sarebbe altamente imprudente; per questo vi esortiamo a tenere gli occhi aperti più di quanto non facciate già. Se notate qualcosa di strano, parlatene immediatamente con uno dei Maestri. Non abbiate paura di sembrare eccessivamente ansiosi o di segnalare qualcosa che potrebbe poi rivelarsi un falso allarme: in questo momento, la prudenza non potrà mai essere troppa» disse seria, osservando a una a una le facce rivolte verso di lei.
   «E adesso, andate a dormire. Buonanotte».
   Con un rumoroso grattare del legno contro il pavimento, tutti si alzarono.
   In silenzio, i Maestri guardarono gli allievi sfilare oltre la porta, parlando di ciò che avevano appena sentito e facendo congetture. Poi Claudio controllò l’ora.
   «Sono quasi le undici... è più tardi del previsto» disse.
   «Dobbiamo controllare i confini?» chiese Friedrich. Claudio annuì.
   «Sarebbe meglio... così almeno ci risparmiamo le ronde notturne».
   Blaze si guardò intorno.
   «Se André non fosse sparito...».
   Mentre diceva così, tutti sentirono un risolino provenire da dietro la porta. Viola scosse la testa.
   «Ma si staccano mai quei due? Avanti André, muoviti! Abbiamo ancora parecchio da fare!» aggiunse la donna ad alta voce.
   Qualche istante dopo André rientrò nella mensa, il volto scarlatto. Prima di chiudere la porta, si sporse verso l’esterno e mormorò qualcosa.
   Blaze e Sofia lo presero per le braccia e lo tirarono dentro.
   «Scusa Liz ma adesso ci serve... avrete tutto il tempo di stare insieme domani, dopodomani e i giorni che seguiranno» disse Sofia alla ragazza a mo’ di scusa. Quella sorrise e chiuse la porta.
   «Wow Sofi, Elizabeth ti ha sorriso? Niente niente, tra poco inizierà a comportarsi da normale diciottenne» ghignò Blaze. André gli tirò un pugno sul braccio.
   «Lascia stare la mia ragazza» gli intimò, esibendo un’aria feroce pochissimo convincente prima di scoppiare a ridere.
   «Siamo di buonumore eh? Ottimo, così lavorerai meglio» tagliò corto Sofia, spingendolo nel mezzo del gruppo. Lui le fece la linguaccia.
   Cornelia prese la parola.
   «Organizziamoci ragazzi. Dobbiamo controllare i confini; potremmo dividerci in coppie, così il lavoro sarà più rapido ma nessuno sarà solo... in caso di necessità».
   «Va bene. Dobbiamo ricontrollare in modo particolare i passaggi verso l’esterno... accidenti!» disse Sofia, battendosi una mano sulla fronte.
   «Cosa c’è Sofi?» le domandò Claudio. Lei fece una smorfia.
   «C’è un varco... la cascata da cui sono entrata alla Valle quando sono andata a prendere Gregory».
   «E allora?» la esortò Blaze.
   «Quel varco non si può rinforzare; gli Elementi ci girano attorno... credo dipenda dagli Spiriti dell’Acqua che si trovano lì. Bisogna prendere accorgimenti particolari per riuscire a mascherarlo, ma chiuderlo in modo definitivo è praticamente impossibile. In sostanza, quello è il solo punto debole nei confini» spiegò la giovane, preoccupata.
   «D’accordo, quella zona la controlliamo io e Sofia e ci occupiamo di fornire la maggior copertura possibile a quel passaggio» decise André. «Sono un Maestro dell’Acqua, magari riesco a fare qualcosa in più» disse rivolto a Sofia, che annuì.
   «Visto che una zona è già assegnata, vediamo di spartirci le altre» esclamò Claudio, richiamo l’attenzione generale. In una decina di minuti divisero le aree da controllare; e quando uscirono dall’edificio, le cinque coppie si separarono nell’oscurità; Blaze e Laurence, Claudio e Cornelia, Viola e Gloria, Costa e Friedrich e André e Sofia si allontanarono gli uni dagli altri in perfetto silenzio, camminando veloci e preparandosi alla possibilità – seppur minima – di subire un attacco. Fu solo molto tempo dopo che riuscirono a sdraiarsi nei loro letti.

*

Giovanni si svegliò di soprassalto. Qualcuno stava bussando alla porta della sua stanza.
   Imprecando, controllò l’orologio. Che diavolo volevano alle due del mattino?
   «Un momento!» borbottò quando una nuova scarica di colpi si abbatté sulla porta, vestendosi alla meno peggio. Infilati una maglietta e un paio di pantaloni, aprì la porta.
   «Jackson, che cosa vuoi?» chiese, un po’ irritato.
   Gli occhi scintillanti d’eccitazione, l’americano lo prese per un braccio e lo spinse in corridoio.
   «Non immagini neanche cos’abbiamo appena trovato davanti alla porta principale» disse esaltato. Giunti di fronte a un piccolo salotto in cui erano soliti riunirsi per discutere in privato, si fermarono. Anche Tsukiko e Prudencia erano lì, frementi.
   Jackson diede di nuovo una spintarella a Giovanni, che stava sbirciando dalla porta socchiusa. Intravide la figura seduta sul divano. Per un istante aggrottò la fronte; poi sul suo volto si aprì un’espressione sconcertata.
   «Devi parlarci tu» lo esortò l’americano. Giovanni si voltò.
   «Io? E perché?».
   «Abbiamo provato a far sì che parlasse, ma non ha ceduto. Dice che risponderà solo a te, in privato» spiegò Jackson.
   Giovanni prese un respiro profondo; non sapeva cosa aspettarsi.
   Dopo aver rivolto un cenno rassicurante agli altri tre Maestri entrò deciso nella saletta,
Chiudendosi la porta alle spalle. L’altro occupante della stanza lo fissò con indifferenza, aspettando che parlasse.
   L’italiano sedette su una poltrona di fronte al divano. Poi afferrò una brocca.
   «Acqua? Devi aver fatto molta strada per arrivare fin qui».
   «No, grazie».
   Giovanni posò la brocca e si rivolse alla persona che aveva di fronte.
   «Dicono che hai qualcosa per me. Informazioni?».
   «Più di quante tu possa immaginare. E molto precise» fu la risposta.
   Giovanni studiò guardingo la persona comodamente seduta sul divanetto. Non sapeva se poteva fidarsi, ma di una cosa era assolutamente certo: quelle informazioni gli sarebbero costate parecchio.
   «Cosa vuoi in cambio?» domandò a bruciapelo.
   Sul volto del suo interlocutore si aprì un sorriso scaltro.
   «Potere».
   «Possiamo parlarne» replicò l’italiano. Poi i due intavolarono una fitta discussione, contrattando. A tratti le voci si riducevano a un bisbiglio appena udibile; in altri momenti, arrivavano quasi a gridare. Circa mezz’ora dopo, calò il silenzio.
   Giovanni uscì dalla stanza con un gran sorriso stampato in volto.
   «Chiamate quattro sorveglianti. Che restino qui: non devono allontanarsi per nessun motivo».
   «Temi che possa andarsene?» gli chiese Jackson. Lui scosse la testa.
   «Non se ne andrà, ma è meglio prendere alcune precauzioni».
   Nel frattempo Tsukiko aveva recuperato quattro sorveglianti tra quelli che avevano già allertato in precedenza. Dopo aver dato loro precise istruzioni, Giovanni sentì la voce di Jackson chiamarlo di nuovo.
   «Cosa ti ha detto? Sei riuscito ad avere qualche informazione utile? ».
   Sempre col sorriso stampato in viso, Giovanni annuì.
   «Ne ho avute molte, e tutte ottime. Ora andiamo» disse, facendo strada agli altri tre verso una stanza diversa. «Abbiamo pochissimo tempo e molte cose da decidere».
   I quattro fondatori del Centro si chiusero in una stanza e iniziarono a parlare.
   
 
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