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Autore: Horse_    16/06/2015    7 recensioni
(Ambientata nel 1800, tutti umani)
Elena ha diciotto anni e desidera una vita da favola. E' una ragazza giovane ed indipendente, ma costretta a sottostare alle regole ferree impostele dai genitori.
Lei è una principessa e futura regina dell'Olanda.
Damon giovane uomo francese, con origini italiane, viene costretto dal padre a scegliere una moglie per dare al suo regno un nuovo erede e la continuità della famiglia Salvatore.
Cos'hanno in comune Damon ed Elena?
Semplice, matrimonio combinato.
I due impareranno a conoscere e ad amarsi, pronti a tutto per salvarsi a vicenda.
Ma si sa, una storia d'amore è bella perchè deve affrontare problemi e loro due ne hanno tanti, forse troppi.
Regni in lotta tra di loro, guerre, rivolte, deposizione dal potere, cugini e amanti porteranno guai nella vita dei due giovani che faranno di tutto per far vincere il loro amore.
Genere: Romantico, Storico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Altri, Damon Salvatore, Elena Gilbert, Stefan Salvatore | Coppie: Damon/Elena
Note: AU | Avvertimenti: nessuno
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                                                                                                            39.


Pov Damon.

L’esecuzione era oggi pomeriggio e io, stranamente, non avevo paura e non vedevo l’ora che tutto finisse così io sarei finalmente morto.
Che senso aveva sopravvivere quando in questa Terra non c’era niente che mi teneva legato ad essa? Prima avrei cercato di lottare, ma ora non aveva più senso. Elena mi aveva cambiato, sotto ogni punto di vista, ed era per lei –e con lei– che andavo avanti, ma lei non c’era più. L’unica cosa che riusciva in qualche modo a farmi dispiacere era la situazione in cui versava la Francia e che, con la mia morte, sarebbe andata peggiorando, ma ormai non potevo fare più nulla per nessuno.
Mio padre negli ultimi giorni aveva cercato di rivolgermi in qualche modo la parola, ma quando aveva visto che non gli rispondevo in nessun modo –o in modo apatico– ci aveva rinunciato, ma potevo vedere nei suoi occhi che non voleva rinunciare alla sua vita senza combattere, ma purtroppo doveva andare così. Venni distolto dalle mie riflessioni da tre guardie che stavano scendendo per venire a controllare e subito, dietro di loro, comparire anche quel bastardo.
Si avvicinò alla mia prigione e vi si appoggiò con una spalla e mi squadrava dall’alto verso il basso. Io non avevo nemmeno la forza di alzarmi per il troppo dolore, sia fisico che psicologico, e anche perché non avevo le forze visto che quel bastardo di mio fratello aveva deciso di non portarci né cibo e né acqua. Non vedevo acqua da più di tre giorni e di questo passo sarei morto qui e non con la testa tagliata. Quello che mi colpì, però, era la figura esile che si trovava alla sue spalle e che mi sembrava così familiare –no, non era Elena, era qualcun altro, o meglio qualcun’altra.
Non poteva essere lei, era il mio cervello che mi stava facendo un orrido scherzo prima di farmi morire del tutto. Era illogico, eppure sembrava lei.
Ma che diavolo ci faceva qui?

 
“Ti sono mancata?”- domando quella voce avvicinandosi più a me e togliendosi dall’oscurità che faceva da padrone nei sotterranei.

 
A meno che quella donna non avesse una gemella era proprio lei, ma perché?

 
“Erik caro”- si avvicinò a lui e gli stampò un bacio sulle labbra facendomi strabuzzare di più gli occhi e quasi vomitare per quell’orribile spettacolino. –“l’hai conciato proprio male, non riesce più a parlare.”
“Ha avuto quello che si meritava, tesoro.”- gli rispose lui socchiudendo gli occhi.
“E’ così ridotto male che non mi riconosce nemmeno.”- sghignazzò la donna appoggiando una mano sulle sbarre.
 

Intanto mio padre, dietro di me, non spiccava parola, era fermo, immobile.
Non c’erano dubbi, era lei.
 

“Come potrei non riconoscere una come te?”- sputai quasi cercando di tirarmi in piedi aiutato dal muro dietro di me.
“Non ti hanno tagliato la lingua, vedo.”- rise. –“Peccato.
 

Erik le accarezzò le ciocche brune e mi guardò intensamente, poi scosse la testa.
 

“Per tua fortuna, o sfortuna, l’esecuzione è rimandata tra tre giorni.”- mi disse e strabuzzai gli occhi prima di ricadere in ginocchio a terra. –“Abbiamo qualche problemino.
“Che cercheremo di risolvere al più presto.”- rise l’altra. –“Morirai, Damon, com’è giusto che sia.”
“Che cosa ho fatto a te?”- ringhiai.
“Non a me, Damon.”- mi rispose scuotendo la testa. Poi indicò se stessa a il bastardo. –“A noi. Se tu non fossi qui e avessi abbandonato tutto a quest’ora sarei io la regina della Francia e non tu e quella sgualdrina. Oh, condoglianze, mi hanno avvisato di quello che è successo.”
 

Mi alzai di scatto, sebbene fossi ancora tutto dolorante, e quasi mi lancia contro le sbarre facendo sussultare tutti e Katherine, quella bastarda, si scansò via leggermente intimorita.
 

“Tu non sai niente!”- urlai.
“Va bene, hai ragione, forse sono fintamente dispiaciuta.”- mi sorrise furbamente. –“Doveva morire e così è stato.”
“E tu farai la sua stessa fine.”- le ringhiai contro. –“Ovunque andrò ti porterò con me, Katherine. Se non in questa vita in un’altra.”
“E vuoi rendere orfana tua figlia?”- mi domandò Erik.
 

Mio padre si agitò dietro di me e rammentai che lui non sapeva niente di tutta questa storia –solo Stefan ed Elena sapevano.
 

“Erik, amore, non pensi che sia ora di dirgli la verità?”- gli domandò dolcemente Katherine.
“Effettivamente hai ragione.”- Erik si avvicinò di più alle sbarre. –“Ti dico un segreto, fratello. Charlotte è mia figlia, non tua.”
 

CHE COSA?
Spalancai la bocca e tremai leggermente a quella rivelazione, non perché fossi scontento, ma perché tutto quello che avevo passato era solo un’infida bugia.
La bambina che credevo mia non era mia… Era di Eric, che era pure mio fratello –anche se non l’avrei mai considerato tale– e il periodo d’inferno che avevo vissuto non era servito a niente perché nulla non era vero.
E avrei scommesso sulla mia stessa vita che quella volta non ero nemmeno andato a letto con quel verme di donna che avevo davanti.
 

“Quindi, deduco, che non sono venuto nemmeno a letto con te.”- risposi tetro e distaccato.
“Eri così ubriaco quella notte che mi è bastato solo spogliarti per fartelo credere.”- sorrise trionfante. –“E sei così stupido che hai creduto a tutto. Anche da ubriaco continuavi a ripetere il nome di Elena.”
 

Mi portai le mani tra i capelli e in quel momento, se non fossi stato in prigione, avrei ucciso Katherine e Eric in un solo colpo. Lei… Lei era morta senza che potessi spiegarle o almeno chiarire con lei. Era morta senza di me e lontano da me e non avrebbe mai saputo la verità.
Sarei morto così mi sarei ricongiunto ad Elena, ma qualcuno avrebbe fatto pagare quei due, doveva farlo.
 

 
















                                                           * * *
 

















Quando andarono via mio padre pretese delle spiegazioni. Gli raccontai tutto, non tralasciando nulla, e lui non mi interruppe mai fino alla fine.
Quando terminai il mio racconto rimase per qualche istante in silenzio, poi mi guardò furente.
 

“Avreste dovuto dirmelo.”- urlò. –“Avremo fatto qualcosa per sapere la verità.”
“Non ne ero sicuro nemmeno io, padre.”- gli risposi appoggiando stancamente la testa sul muro. –“Sentivo dentro di me che non ero in torto, eppure… Eppure mi sono fidato.”
“Si sarebbero risolte molte cose, figlio mio.”- mi rispose.
Lo so.”
 
 
 

Tre giorni dopo.
Era tutto pronto per l’esecuzione, avevano organizzato tutto nei minimi dettagli. Ci vennero a prendere delle guardie rigorosamente coperte da non far vedere il volto e ci trascinarono fuori dalle prigioni e sempre poco gentilmente ci portarono fuori da un’entrata secondaria del palazzo in modo da non dare spettacolo –perché, da quello che avevo capito, praticamente nessuno sapeva niente di tutto ciò. Ci misero su una carrozza che aveva l’entrata nel retro con delle grate, poi partirono verso una destinazione sconosciuta. Era tutto buio all’interno della carrozza e non potevo vedere nemmeno il paesaggio che c’era fuori per capire dove ci stavano portando. Mio padre era silenzioso qui, accanto a me, e non parlava nemmeno.
Era triste e abbattuto, non l’avevo mai visto così. Si stava comportando come ogni persona si comporta quando va praticamente incontro alla morte.
Speravo solo che non facesse così tanto male e che sarei morto lì, sul colpo. Praticamente la ghigliottina era il miglior strumento che si potesse desiderare: veloce, preciso e indolore. Mi ricordo ancora quando mio padre parlava di abolirla e forse quella volta avrei dovuto ascoltarlo perché in qualche modo, con altri strumenti, avrei potuto ribellarmi –ma ora proprio non ce la facevo a far valere i miei diritti di uomo e un po’ mi vergognavo di ciò.
 

“Damon?”- mi chiamò Giuseppe.
 

Alzai lo sguardo su mio padre e lo guardai in attesa che dicesse qualcosa.
 

Mi dispiace, per tutto.”- mi disse.
 

 E sapevo a che cosa quel Mi dispiace si riferiva a tutto: si riferiva al suo comportamento estremamente severo che aveva avuto con me e Stefan, con me in particolare, per come si era comportato certe volte con la mamma, per come non mi aveva mai appoggiato nei miei progetti perché aveva le proprie idee e per avermi tenuto nascosto di avere un fratello –che io in nessuna vita avrei considerato come tale.
Si, quel mi dispiace valeva per tante cose, troppe.
Se questo era il momento delle scuse e delle confessioni tanto valeva farle subito.
 

“Anche a me.”- gli risposi. –“Per non essere stato un figlio modello come Stefan.”
“Ho preferito così, figliolo. Due figli troppo uguali non mi sarebbero mai piaciuti.”- mi rispose tentando di sorridere. –“Sono orgoglioso anche di voi, Damon. Siete maturato tanto ed è quello che volevo vedere.”
“Grazie.”- biascicai ed era la prima volta che ringraziavo davvero mio padre.
 

Passarono altri minuti di silenzio e il viaggio sembrava non finire mai.
 

“Vorrei che Stefan fosse qui.”- dissi con rammarico.
 

Non perché avrei voluto che gli fosse capitata la nostra stessa sorte, ma per il fatto che volevo vedere mio fratello per l’ultima volta.
E speravo, pregavo, che almeno lui fosse ancora vivo.
 

“Stefan non è mai stato forte come voi, è meglio così.”- mi rispose invece Giuseppe.
 

Sentii la carrozza arrestarsi di colpo e questo voleva dire solo una cosa: eravamo arrivati. Giuseppe tremò leggermente mentre io deglutii un paio di volte per cercare di ritrovare il controllo che era magicamente sparito.
Dovevo rimanere calmo –ma era difficile!
Poco dopo una delle tante guardie aprì la porta della carrozza e strattonarono malamente me e Giuseppe fuori. Il posto era isolato, non c’era nessuno. C’era solo una collina con due ghigliottine che erano colpite dai raggi brillanti del Sole che rendeva tutto ciò ancora più tetro.
Per la prima volta, realizzando veramente cosa sarebbe accaduto da lì a poco, ebbi paura ed Eric sembrò accorgersene perché mi sorrise trionfante. Avrei voluto ribattere, ma non feci nulla. Percorremmo lentamente la collina e ad ogni passo che facevo il mio corpo diventava sempre più pesante e facevo fatica a camminare, forse consapevole della mia imminente morte.
Io e Giuseppe fummo portati vicino alle ghigliottine e rimanemmo in piedi per qualche secondo.
 

“Vi concedo il diritto di esprimere il tuo ultimo desiderio.”- disse Eric quasi solennemente.
 

Ci stava bellamente prendendo in giro.
 

“Il mio unico desiderio è quello di vederti marcire all’inferno.”- ringhiai. –“Tu e lei.”
“Credo che questo non lo saprai mai, Damon.”- mi rispose Erik tranquillamente. –“Tra poco morirai e finalmente non ti vedrò più. Non puoi neanche immaginare che strazio è stato per me vederti ogni giorno.”
“Purtroppo la bellezza ha colpito me e Stefan.”- gli risposi. –“Anche se con Stefan avrei qualche dubbio.”
“E la simpatia sicuramente non ha colpito te.”- mi rispose acidamente.
 

Almeno prima di morire potevo divertirmi ancora un po’ con lui.
 

“Visto che non hai nulla di sensato da dire possiamo pure cominciare così la facciamo finita.”- terminò infine sorridendo sadico a me e a Giuseppe.
 

Ma proprio quando disse l’ultima parola accadde quello che non mi sarei mai aspettato. Dalla folta chioma degli alberi partirono tre frecce che andarono a colpire altrettante guardie facendole stramazzare al suolo –erano morte visto che le frecce erano arrivate dritte al cuore.
Che cosa stava succedendo?
Non feci nemmeno in tempo a capire qualcosa che altre due guardie caddero a terra con la gola tagliata. Mi voltai di colpo per trovarmi la faccia soddisfatta di Alaric. Alaric era qui?
Dio, sapevo che non mi avrebbe mai abbandonato!
 

“Ce ne hai messo di tempo!”- dissi solo.
 

Altri uomini sbucarono dal nulla e si gettarono contro le guardie ed iniziò uno scontro corpo a corpo –nel mentre Ric mi aveva lanciato una spada.
Mi era mancato combattere! Con la coda dell’occhio vidi Erik e Katherine che si stavano allontanando, ma il braccio forte di Alaric mi bloccò prima che potessi gettarmi al loro inseguimento.
 

“Avranno la fine che meritano, te lo prometto!”- mi rispose.
 

Uccidemmo praticamente tutte le guardie, tranne due che erano riuscite a scappare, ma prima o poi avremo trovato anche quelle.
 

“Come…”- inizia, ma Alaric mi bloccò prima che finissi la frase.
“Abbiamo fatto a trovarvi?”- mi domandò sorridendo. –“Amico, hai poca fiducia su di me.”
“Oggi l’ho recuperata.”- gli risposi con un mezzo sorriso.
“Vi salviamo la vita e non siete felici?”- ci domanda ancora Alaric inarcando un sopracciglio.
“Come potrei essere felice quando”- mi bloccai perché non credevo ai miei occhi.
 

Le persona che mi stava correndo incontro era Elena.
No, stavo sognando! Ero morto e queste erano solo visioni di un altro mondo. Elena era morta, non poteva essere qui.
Loro… Loro avevano detto che era morta!
 

“Damon, signor Giuseppe, avete visto un fantasma?”- domandò Alaric, ma la sua voce mi arrivò sconnessa.
 

Due braccia esili si gettarono al mio collo facendomi cadere quasi all’indietro e una piccola testa si nascose sul mio collo. Non dissi nulla, ero troppo sconvolto. Come… Come poteva essere viva? Eppure potevo sentirla sotto le mie mani. Era lei, non c’erano dubbi.
 

“Sei viva?”- domando sbalordito.
 

Elena si stacca da me con le lacrime agli occhi e mi guarda sconvolta.
 

“Che cosa ti prende?”- mi domanda sbalordita.
“Loro avevano detto che tu eri morta e io…”- balbetto, ma poi l’abbraccio di nuovo. –“Non importa, sei qui, con me.”
 

Mia moglie annuisce, poi si stringe ancora di più a me e la sento singhiozzare contro il mio petto. E dietro di lei vedo accorrere anche Stefan e capisco che è stata tutta una bugia –una delle tante.
Ma loro sono qui, con me e finalmente ho trovato di nuovo un motivo per lottare.
 

 
 
 
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Sono tornata, non uccidetemi, vi ho appena dato un capitolo in cui succede di tutto e di più :')
Sono stata brava, dai! E sono tornata anche con non troppo ritardo, questo perchè alla fine ho visto che c'è ancora qualcuno che tiene alla storia e non potrei non esserne più felice ragazze!
Damon e Giuseppe non sono morti e neanche Elena lo è, quindi dovete amarmi ahahahaha (ovviamente scherzo u.u)
Come molte di voi avevano intuito Erik si è preso gioco di Damon alla grande, inventando bugie su bugie, tra cui questa! E... Dulcis in fundo... Ecco Katherine e... Charlotte non è figlia di Damon, ma di Erik! Sono stata troppo buona e praticamente nessuno aveva creduto a questa farsa xD Credo che dovrò farmi più "cattiva" e far capitare più drammi :')
Cioè... Non so quante di voi avevano capito che il cugino-non cugino centrava qualcosa con Katherine ahahaha
E niente, non ho nulla da dire, a parte il fatto che sono tutti vivi e che Damon si vendicherà su Erik come non avrà mai fatto! Nel prossimo capitolo scopriremo cosa si diranno Damon ed Elena e come si riuniranno -prevedo tanti unicorni e arcobaleni-, come tenteranno di vendarsi è che fine ha fatto la bambina ^^
Ovviamente ringrazio chi ha recensito la storia, alla prossima <3

 
  
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