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Autore: Eneri08    16/06/2015    5 recensioni
Cosa succederebbe se Hera, dea del matrimonio, dopo l'ennesimo tradimento di Zeus, decidesse a sua volta di tradirlo con un comune mortale, e se dalla loro unione nascesse una figlia semidea? L'appassionante storia di tre ragazze semidee che andranno incontro al loro cupo destino tra guerre, primi amori e satiri che mangiano lattine.
Genere: Avventura, Fantasy, Romantico | Stato: completa
Tipo di coppia: Het | Personaggi: Era, Grover Underwood, Nuovo personaggio, Percy Jackson, Quasi tutti
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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 PROLOGO      
Era tarda notte, i fulmini squarciavano il cielo stellato sopra l'Olimpo; la mia ira cresceva ogni minuto che passava, Zeus non era ancora tornato dal party notturno fra dei, che Dioniso aveva indetto quella stessa sera. Non era la prima volta che capitava, ormai avrei dovuto essermi abituata al comportamento deplorevole che il padre degli dei assumeva. Ma non era così. Ad un tratto, un fulmine più forte degli altri proruppe nella volta celeste: Zeus era, finalmente, tornato a casa. Era brillo, come dopo ogni festa indetta da Dioniso. La sua camicia era sbottonata, la giacca del completo gessato pendeva da una spalla e la cravatta era annodata alla testa come uno stupido ragazzino liceale. Ma poi, notai con rabbia un altro dettaglio. Un marchio color rosso cremisi sul collo di mio marito, e di una forma a cuore: un bacio sul collo. Un bacio sul collo, ripeto. Non ci vidi più dalla rabbia: ciò voleva dire un altro tradimento. Sarà stato il centotrentacinquesimo tradimento in un solo anno! Gli urlai addosso con tutto il fiato che avevo in gola, la sua massima risposta fu:
-non è stato niente di che, piccola. Come al solito.
Gli tirai un sonoro ceffone e scappai in lacrime dall'Olimpo. 

Non avevo idea del perché fossi scesa nel mondo dei mortali, né dove rifugiarmi per via della pioggia battente: era tarda notte ed i locali erano quasi tutti chiusi, tranne che per un piccolo pub all'angolo in fondo alla strada. Decisi così di entrare per ripararmi. 
Il locale era in condizioni pessime: il bancone era pieno di persone ubriache, ancora con i boccali enormi pieni di birra in mano. Ciò mi ricordava molto quello sporco traditore di Zeus; la carta da parati di un colore verde muffa si strava pian piano scrostando dalle pareti ingiallite, e nell'aria aleggiava un fetido odore di vomito, che mi fece salire i conati. Mi sedetti su uno sgabello del bancone ed ordinai un Margarita frozen alla fragola. Sinceramente non avevo idea di cosa fosse questa bibita mortale, ma il nome mi piaceva; il barista mi guardò stranito quando chiesi cosa fosse, ma non disse parola e cominciò a prepararmelo. Durante l'attesa, un ubriacone si avvicinò a me in modo molto sgarbato, adocchiando la mia scollatura del completo bianco. O forse la mia collana. Spero la mia collana. Cominciò a flirtare pesantemente con me, fino a quando un ragazzo, che avrà avuto sì e no una ventina di anni, mi poggiò il braccio sulla spalla e disse in modo gaio: -Eccoti qui, finalmente ti ho trovata!
L'ubriacone, vedendo la scena, se ne andò borbottando fra sé e sé. 
-Ma... ci conosciamo?- domandai esitante. -Beh, ho notato che eri in difficoltà, perciò ho provato ad aiutarti, ed a quanto pare ha funzionato. Non lascerei mai una bella fanciulla in balia di un rozzo ubriacone- ammiccò. Mi resi conto che mi fece arrossire, e ciò fu una cosa strana, perché non mi accadeva da ormai milioni di anni. -Ti posso offrire da bere?- rifiutai garbatamente, dal momento che avevo già ordinato. Mi porse la mano con fare gentile e dichiarò: -Mi presento: il mio nome è Vincent Foster e sono un pittore.- subito dopo, esclamai quasi senza pensarci: -Oh! Come Van Gogh?
-Ehm, n... non proprio, io non ho tutto il successo che ebbe lui- mi sentii quasi una stupida ad aver fatto quella domanda, ma mi fece tanta tenerezza. -Io invece mi chiamo Hera... hera... uhm... Heracleta!- non ho mai avuto tanta fantasia per i nomi. Lui sorrise indulgente. -Hai degli splendidi occhi, sai? Ti piacerebbe venire a casa mia?- Lo disse tutto d'un fiato, come un adolescente alla sua prima cotta. Non riuscii a togliergli gli occhi di dosso, e con un sorriso in volto, accettai sconsideratamente. Così, uscimmo dal locale, correndo sotto la pioggia; fortunatamente, casa sua non era molto lontana, ed arrivammo quasi subito. Il cuore mi batteva forte. Una cosa che non mi successe mai con Zeus. Ma il cuore mi battè ancor più forte quando, sulla soglia della sua abitazione, le sue labbra si posarono sulle mie. Esitai. Ma per una volta, non diedi ragione alla mia coscienza, ed andai d'istinto. Ero perdutamente ed incondizionatamente innamorata di lui, nonostante l'avessi conosciuto da solo mezz'ora.

Fu una notte meravigliosa. Non appena entrammo in casa, lui mi chiese se volessi posare per un suo dipinto. Ed io accettai con gioia. 
La mattina seguente, lo lasciai addormentato tra le candide coperte del suo letto, ed osservai ancora una volta quel suo angelico viso dormiente. Con un nodo allo stomaco, decisi che fu meglio tornare all'Olimpo. 

Zeus mi riabbracciò promettendomi che non mi avrebbe più tradita, ma sapevamo entrambi che una cosa del genere non sarebbe mai successa; tutto sembrava essere tornato alla normalità, fino a quando...

Sentivo un forte dolore allo stomaco, mi contorcevo sul letto a baldacchino, aggrappandomi alle lenzuola di lino; il dolore sembrava incessante, quando, finalmente, cessò com'era iniziato. Da sotto la tunica da notte, vidi ciò che non avrei voluto vedere: una macchia di sangue imbrattava le bianche lenzuola, e sopra di essa, un minuscolo corpicino iniziò a strillare a pieni polmoni. Non sapevo proprio cosa fare. A peggiorare le cose, fu la vista di Apollo, che era entrato nella mia stanza, dopo aver udito le grida del neonato; disperata, chiesi il suo aiuto, e mestamente, accettò di aiutarmi, a patto che gli svelassi chi fosse il padre del neonato. Decretammo che sarebbe stato più saggio tenere tutto ciò nascosto e far crescere il bambino nel mondo mortale. Apollo prese il bambino fra le braccia e constatò: -E' una femminuccia. 
La tenni stretta al mio petto per la prima e ultima volta, per poi consegnarla ad Apollo, che abbandonò immediatamente la stanza per andare nel mondo mortale e consegnarla al padre.
Quel che non sapevo fu che Vincent morì qualche mese dopo dal nostro incontro, e che la bambina sarebbe stata abbandonata davanti al portico della casa della zia, che se ne prese cura come se fosse sua madre. 
La notizia di Vincent mi fece piangere, e col cuore spezzato, sorrisi tristemente pensando che Vincent sarebbe sempre vissuto nel sorriso di Walle... mia dolce Walle.
 
Nota delle autrici
Questa storia è stata "partorita" dalle tre menti disagiate di tre adorabili fanciulle teoricamente sotto esame. Speriamo che vi sia piaciuto questo prologo! E se non vi piace, chissene, a noi è piaciuto. (?) 
Ci vediamo al prossimo capitolo!
-Eneri, Gum & Debby.
   
 
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