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Autore: Natalja_Aljona    17/06/2015    2 recensioni
Novosibirsk, 2013.
Aljona Sergeevna Dostoevskaja e Lev Fëdorovič Puškin, l’aspirante pattinatrice e l’ex terrorista.
Lei quindici anni di sogni, lui ventidue anni di illusioni.
Lei scandalosamente bionda, coraggiosa e incosciente come poche.
Lui troppo impulsivo e troppo innamorato.
Lei frequenta il penultimo anno del Ginnasio, lui ha passato sei anni in carcere per un attentato a Putin.
Perché lui davvero non ci riusciva, a non idealizzare quel Paese, quella Siberia feroce e opprimente, il cuore bianco e grigio della sua Russia sanguinaria e corrotta, a non cullare l'illusione di una Patria gloriosa sotto le macerie della violenza fine a se stessa e le sue stesse cicatrici di ragazzino che credeva ciecamente nel suo mondo immaginario, nei suoi miti bellissimi e impossibili, perché non c'era davvero quella gloria, non c'era davvero quella Patria.
Non c'era davvero quella luce, c'erano solo loro.
Lev con la pelle mangiata dalla prigione e il cuore rubato da Aljona e Aljona fatta di ghiaccio, musica, libri e capelli.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Romantico | Stato: in corso
Tipo di coppia: Het
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Contesto generale/vago, Scolastico
Capitoli:
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Centodiciotto
One Wild Summer

Un'estate selvaggia

That's what you get for falling in love
Questo è quello che serve per innamorarsi


So who am I now?
Who do you want me to be?

I found a picture
Our so-called family tree, yeah
I broke all the branches, looking for answers
Don't you know that ain't how it's supposed to be?

Quindi chi sono adesso?
Tu chi vuoi che io sia?

Ho trovato un'immagine
Il nostro cosiddetto albero genealogico, sì
Ho rotto tutti i rami, cercando risposte
Non sai che non è come dovrebbe essere?
(I Want To Be Loved, Bon Jovi)


Novosibirsk, 5 luglio 2011


-Stai attenta, non disturbare, non passare troppo tempo in bagno, asciugati sempre bene i capelli e non ascoltare la musica a volume troppo alto-
-Neanche se suona Anatol'?-
-Convincilo a non suonare a volume troppo alto, che fa male anche a lui. Quel ragazzo non ha proprio mezze misure-
Ad Aljona veniva da ridere a sentire sua madre chiamare Anatol' "quel ragazzo", dato che Lyudmila aveva solo un anno in più di lui, ma le aveva già dato il permesso di passare tre settimane a Stoccolma con "quel ragazzo", Freyja, Khadija e Svetlana, dove lei e Svet sarebbero state ospiti dei genitori di Freyja, i nonni svedesi di Khadija, e non era il caso di farla innervosire propro il giorno della partenza.
-Però è adorabile-
-Certo- sorrise Lyuda, sistemando la lunga treccia bionda della figlia, che le era rimasta impigliata sotto la tracolla della borsa.
-In ogni caso tu non disturbare, non passare troppo tempo in bagno, asciugati sempre bene i capelli e non ascoltare né la musica né Anatol' a volume troppo alto-
Aljonka alzò gli occhi al soffitto e Lyudmila le tirò la treccia.
-E non lasciare mai i pattini tra i piedi a nessuno! Lo so che i parenti svedesi di Khadija sono tanti, ma non puoi permetterti di ucciderne nessuno!-
-Ma mamma, secondo te...-
-Sì, secondo me sì. Sei pericolosa, tu. Oh, ma mi mancherai!-
-Anche tu...-
Lyuda la strinse a sé per l'ennesima volta negli ultimi dieci minuti, le baciò i capelli profumati di camomilla e la lasciò andare a salutare il padre e la sorella.
Tre settimane.
Ventun giorni.
La sua Aljonka.

Sarebbe riuscita a non distruggere Stoccolma?


-Avete preso tutto? Salutato tutti? Svet, di te mi fido... Aljonka, almeno un neurone sei riuscita a portarlo? Perché non so se ne vendono, in aeroporto-
Aljona rivolse lo sguardo più truce di cui era capace ad Anatol', che quel giorno indossava un paio dei suoi soliti jeans strappati -nel suo armadio era difficile trovare vestiti senza buchi o rattoppi fatti ad arte-, le sue solite scarpe da ginnastica consumatissime e una maglietta a mezze maniche nera con una scritta bianca fatta stampare apposta per lui,
"That's what you get for falling in love", citazione di Bad Medicine, la sua canzone preferita in assoluto.
Aggiungendoci gli incolti capelli neri con la solita fascia, quel giorno blu a fantasie bianche, i braccialetti ai polsi e gli occhiali da sole, sembrava tutto meno che un ragazzo che stava per andare a casa dei suoi suoceri.
Lui e Freyja avevano trovato il compromesso che all'Aeroporto di Stoccolma-Arlanda si sarebbe cambiato con dei jeans non strappati e una maglietta normale, possibilmente a tinta unita e senza scritte, e si sarebbe dato una pettinata, e sua moglie gli aveva dato il permesso di fare almeno il viaggio di andata vestito a modo suo.
Sarebbe dovuto andare avanti così per tutta la durata della vacanza, perché senza i suoi vestiti da rockstar sbandata Tolik non si sentiva per niente a suo agio, ma dai suoi suoceri doveva almeno mantenere una parvenza di rispettabilità.
E poi Aljona si stupiva se sua madre lo chiamava "quel ragazzo".
Freyja lo adorava così com'era, anche perché sapeva benissimo a cosa andava incontro quando l'aveva sposato, Anatol' non aveva mai nemmeno provato a comportarsi come una persona normale e non aveva la minima idea di come fosse in natura una persona normale.
D'altra parte, o faceva il chitarrista, o faceva la persona normale.
E il chitarrista uzbeko naturalizzato russo di una band hard rock siberiana era quanto di più lontano da una persona normale esistesse al mondo, soprattutto quando parlava in svedese.
Quando Freyja si chiedeva perché avesse sposato un simile fuori di testa, Anatol' si indicava e diceva:
"That's what you get for falling in love... 'Cause if there's something better, baby, well, they hav'n't found it yet", e lei rideva e lo abbracciava e non se lo chiedeva più.
Tolik la chiamava
"Born to be my Swedish" e Freyja non avrebbe mai potuto immaginare una vita anche solo vagamente accettabile con un marito che non fosse lui.
-Allora, come vi sentite? Pronte a conquistare Stoccolma?-
-La mamma ha detto che non posso uccidere nessuno...- sussurrò a malincuore Aljonka, e Khadija si voltò a guardarla con un lampo di inquietudine nei begli occhi scuri.
-Perché, avresti voluto uccidere qualcuno?-
-Beh, non si sa mai!-
-Papà, siamo ancora in tempo per lasciarla a Novosibirsk...-
-Oh, non preoccuparti, tesoro. Al ci serve, anche perché grazie a lei stavolta non sarò l'unico a scandalizzare i tuoi nonni!-
-Ma ha l'aria angelica, lei-
-Certo, ma non potrà mica stare zitta per tre settimane!-
-Già...
Purtroppo-
-Non è così impossibile, sapete? Basta farle una treccia bella stretta, arrotolargliela intorno al collo, tirare un po' e...- propose Svetlana, serissima.
-Sì, ma non sarebbe legale- rifletté Khadija, scuotendo la testa.
-Siamo ragazze di Nostal'hiya, Khad. Non deve per forza essere legale-
-Ma povera stellina!- intervenne Anatol', fingendosi sconvolto, come se non conoscesse quelle due viperucce.
-Se me la uccidete Lyuda non la lascerà più venire in vacanza con noi...-
-No, papà.
Questo è sicuro-
Khadija lanciò al padre uno sguardo di sufficienza e Tolik sgranò gli occhi, realizzando solo in quel momento quello che aveva detto.
-Ah... Già. Comunque stai tranquilla, Aljonka, ti difenderò io.
Prima che ti uccidano-
-Anche perché, se lo fanno, non troveranno mai più un'amica che faccia loro delle trecce meravigliose come le mie.
E in ogni caso morirò comunque con dei capelli più belli dei loro- aggiunse Aljona, guardando le sue due pseudo-migliori amiche con aria altezzosa.
-Grazie, Tolik. Ma stai tranquillo,
un giorno la vita le costringerà a riconoscere la mia superiorità-
Freyja scoppiò a ridere, e suo malgrado anche Khadija, mentre Anatol' si voltò verso la moglie con due occhioni scintillanti.
-Oh, che carina! Fee,
possiamo adottarla?-
-Sicuro che Lyuda sarebbe d'accordo?-
-Ma sarebbe così tenero avere una Aljonka domestica...-
-Khadija, tuo padre è completamente fulminato-
Questa era Svetlana, naturalmente.
Aljona e i Bezuchov avrebbero sentito la mancanza di qualcuno che li smontasse impietosamente, se non ci fosse stata lei.


Lo steward del check-in si soffermò con particolare attenzione su Anatol' e il suo abbigliamento improbabile, e quando, controllando le loro carte di identità, scoprì che Khadija era sua figlia e non sua sorella, un brivido gli corse lungo la schiena.
Lesse la scritta sulla sua maglietta con la malcelata speranza che fosse tutto frutto della sua fantasia, Anatol' compreso, ma fu l'incontenibile orgoglio con cui lo contemplava Aljona, neanche fosse stato la creatura più meravigliosa dell'universo, a turbarlo più di ogni altra cosa.
-Piccole amanti crescono...- borbottò, facendo oscillare lo sguardo da Aljona ad Anatol' con aria contrariata.
-Scusi?- intervenne Freyja, che aveva sentito solo l'ultima parola, ma non riusciva ad associarla a niente che potesse essere relativo al loro volo.
-Niente, signora, niente...
Contenta lei...-
-C'è qualche problema con il volo?-
-Con il volo no...-
-La prego, si spieghi meglio!-
-Non c'è nessun problema, signora. Stia tranquilla e faccia buon viaggio-
-Ah... Grazie-


-Everything you want is what I need, your satisfaction is guaranteed, but the ride don't never ever come for free, no, no, no, no... If you want me to lay my hands on you, lay your hands on me, lay your hands on me, lay your hands on me...-

Anatol' stava letteralmente cantando a squarciagola, quando un povero steward dall'aria costernata cominciò a fargli dei cenni disperati, dato che lui non sembrava affatto intenzionato a sfilarsi gli auricolari.

-Sì?- gracchiò, infastidito, quando Freyja lo costrinse a prendere atto della sua presenza con una gomitata che avrebbe potuto perforargli il fianco da parte a parte.

-Stiamo per decollare, potrebbe gentilmente disattivare il suo dispositivo elettronico?-

Tolik si guardò intorno perplesso, ma non vide nessun dispositivo elettronico, quindi rivolse un bel sorriso allo steward e annuì.

-Come vuole, buona giornata-

E riaccese l'iPod.

-Signore... Il suo dispositivo elettronico...- insistette l'uomo, sempre più preoccupato.

-Fee, tu hai capito cosa diavolo vuole questo?- sbottò Anatol', voltandosi verso la moglie.

-Devi spegnere il tuo iPod, demente. Il tuo iPod è un dispositivo elettronico-

-E non poteva semplicemente dirmi di spegnere l'iPod?-

-Tolik, ti prego, spegnilo e basta...-

Anatol' lo fece di malavoglia, perché detestava interrompere una canzone a metà, dopodiché alzò sullo steward un lucente sguardo di sfida.

-Contento?-

-La ringrazio...-

-I've made mistakes, I'm just a man- si giustificò Tolik, citando Always, e lo steward preferì allontanarsi in fretta.

Aljona aveva cominciato a ridere sull'ultimo "Lay your hands on me" di Anatol' e non era ancora riuscita a smettere, anzi, aveva le lacrime agli occhi e sembrava sul punto di soffocare.

Svetlana aveva assunto l'aria di superiorità di una passeggera che si era trovata per caso seduta accanto a dei tali degenerati mentali, mentre Khadija e Freyja stavano semplicemente aspettando, forse fin troppo ingenuamente, che Anatol' e Aljona cominciassero almeno ad assomigliare a due persone normali.

La disperazione.
Ecco cosa sarebbe stata quella vacanza.


L'Aeroporto di Stoccolma-Arlanda era l'aeroporto più adorabile che Aljona avesse mai visto, anche se non aveva ancora capito cosa avesse di così diverso da quello di Novosibirsk.
Era svedese, ecco il punto.
Svedese come Joey Tempest, Mic Michaeli e John Levén, il meglio di Stoccolma.
Lì aveva lavorato anche Ian Haugland a diciannove anni, prima di essere contattato dagli Europe per un provino e diventare il loro batterista, anche se ormai non c'erano più tracce concrete del suo passaggio.
A lei bastava respirarne l'aria.
Khadija era altrettanto elettrizzata, anche se ci era già stata moltissime volte, mentre Svetlana si limitava a guardarsi intorno con un sorriso appena accennato, ma le sue amiche sapevano bene quanto fosse felice di essere lì.
Anatol', invece, per quanto amasse Stoccolma, non riusciva nemmeno a sorridere perché quello era esattamente il momento in cui avrebbe dovuto cambiarsi.
-Vado in bagno- bofonchiò infatti, portando per la maniglia lo zaino con i suoi "vestiti plebei" che gli aveva appena passato Freyja come se stesse tenendo per la coda una pantegana morta.
In una tasca di quello zaino finirono tutti i suoi braccialetti, in un tintinnio unico, e la sua fascia per capelli, e uscì dal bagno pettinato, tanto che non sembrava più un profugo egiziano, con un paio di semplici jeans neri e una maglietta a mezze maniche bianca con una stella nera al centro, la più sobria che era riuscito a trovare.
Una volta in strada, per consolarsi, si accese una sigaretta, ma Freyja lo guardò male.
-Spegnila, Tolik-
Anatol' sgranò gli occhi, ma Freyja non volle sentire ragioni e lui si ritrovò a buttare la sigaretta sprecata nel primo cestino della spazzatura a cui passarono accanto, con lo sguardo più demoralizzato e perso che la natura del chitarrista più radioso di Russia potesse sopportare.
-Siamo a Stoccolma,
älskling- gli ricordò sua moglie, accarezzandogli una guancia. -La città che più ami al mondo dopo Novosibirsk-
-E devo camminare per le strade di Stoccolma vestito come un deficiente.
E pettinato, Khristos! Ti rendi conto, Fee?! Lo so che le persone normali si pettinano e si vestono così, ma se lo faccio io sembro un deficiente. Sono innaturale-
-Se vuoi, però,
puoi riattivare il tuo dispositivo elettronico. E cantare Lay Your Hands On Me, almeno finché non arriviamo dai miei-
-E hai la Telecaster- gli ricordò Khadija, indicando la custodia della Fender che Anatol' stringeva tanto gelosamente in una mano, e a lui venne spontaneo sorridere, perché avrebbero potuto strappargli l'anima, ma la Telecaster no.
-E sei sempre uguale a Keith Richards- aggiunse Aljona -Al Keith Richards degli anni '60. Nemmeno il vero Keith ci riesce più, ormai-
-Io l'ho sempre detto, a tuo padre, che un giorno sarei diventato Keith- replicò Tolik, orgoglioso.
-Capisco che dovremmo tirarti su di morale, Tolik, ma il mio parere non cambia.
Sei sempre completamente fulminato. Anche la tua somiglianza con Keith Richards dovrebbe farti riflettere-
-All that I want is to be a Rolling Stone, they don't understand, we all know. Hey, my teachers didn't like me, they tried to put me down, 'cause I wore my hair too long, played my music way too loud. They said it won't last, but they misunderstood, if people think it's bad I'll be bad for good. I'll never grow up and I'll never grow old, blame it on the love of rock 'n roll*-
Svetlana lo guardò con una certa inquietudine, perché lui era una delle poche persone con cui i suoi commenti taglienti non funzionavano, e non sapeva mai come ribattere a citazioni del genere, se non con indispettiti e sentiti
"Bah!".
-Bah!-
Per l'appunto.

-Aljonka, vieni un attimo qui- esclamò ad un tratto Anatol', con l'entusiasmo di un Keith Richards bambino che, appollaiato su un muretto in una strada di Dartford, mostrava tutto orgoglioso a Mick Jagger la lucertola che aveva catturato.
Aljona lo raggiunse immediatamente, guardandolo adorante ancor prima che lui dicesse alcunché, e lui le fece vedere quello che si era scritto nell'incavo del polso sinistro prima di uscire dal bagno dell'aeroporto.

That's what you get for falling in love.

-Io in casa dei Sjöberg senza
Bad Medicine non ci entro- spiegò, e ad Al scintillarono gli occhi.
-I never wanted the stars, never shot for the moon, I like them right where they are...* All I want are my damn clothes, my cigarettes, my Telecaster and my rock 'n roll! My bad medicine, insomma. Ma non dirlo a quella streghetta di Svetlanka!-
-Mai- promise Aljonka, e lui le diede un buffetto su una guancia, con uno dei suoi sorrisi spettacolari.
-Che stella che sei. Vuoi un auricolare?-


Anatol' ormai parlava uno svedese perfetto, altro che i suoi disperati tentativi degli anni '90, quando anche il suo inglese lasciava piuttosto a desiderare.
A trentadue anni aveva una conoscenza impeccabile di entrambe le lingue, ma l'accento russo, e per la precisione siberiano, non lo abbandonava mai, né tantomeno lui voleva che lo abbandonasse.
Ne era troppo orgoglioso.
Era nato a Tashkent, ma lui era di Novosibirsk.
L'Uzbekistan gli aveva lasciato scritta sulla pelle l'innegabilità dei suoi natali, ma la sua Patria era la Siberia.
La Svezia era il Paese che più amava al mondo dopo il suo, il Paese della sua prima libertà, il suo primo amore, il suo primo negozio di dischi senza le censure dell'Unione Sovietica, la prima volta che aveva suonato
She's A Rainbow* per la sua prima ed unica fidanzata e il suo primo bacio, il loro primo bacio.
La sua promessa di tornare a prenderla, che sembrava tanto una cosa da canzoni, da
Danger On The Track*, 'cause I told you when I left when I come back you'll be my wife...
Eppure l'aveva fatto davvero, perché lui alle canzoni ci credeva.
Ai suoi suoceri, Frida e Niklas Sjöberg, Tolik voleva bene, davvero, e loro ne volevano a lui.
Questo però non gli impediva di sentirsi maledettamente a disagio, in mezzo a tutta quella gente bionda e ordinata piena di lauree e specializzazioni a cui non aveva mai visto sfoggiare un paio di
"torn blue jeans" come si deve, e probabilmente non avrebbe mai smesso di chiedersi come facevano ad essere tanto tranquilli senza strappi nei pantaloni.
E neanche nelle magliette e nelle canottiere.
Bah.
Lui probabilmente aveva qualche strappo anche a livello della corteccia cerebrale, ma non gli sembrava una cosa di cui doversi preoccupare, in quel nugolo di neurologi e psichiatri.
Anche se al primo che gli si fosse avvicinato con l'intenzione di verificare l'effettiva presenza della suddetta lesione cerebrale avrebbe prontamente risposto:
"I ain't got a fever, got a permanent disease and it'll take more than a doctor to prescribe a remedy. There ain't no doctor that can cure my disease".*
Si chiedeva, piuttosto, se Iðunn, la rigidissima, inflessibile e impietosa primogenita delle sorelle Sjöberg, avrebbe mai smesso di guardarlo come se fosse stato un gatto investito, ma non credeva ci fossero molte possibilità.
Sjöfn e Malin, invece, l'avevano sempre trovato simpatico, più o meno come si poteva trovare simpatico un piccolo marziano a strisce gialle e blu che ti si era installato in giardino.
Freyja lo teneva addirittura in casa, quindi non poteva essere poi tanto terribile.

Khadija con lo svedese non aveva problemi, mentre Aljona e Svetlana si sarebbero arrangiate con l'inglese, anche se Al ci teneva a provare a parlare in svedese, almeno quello che aveva imparato da Khad e Tolik.
-Ferme tutte!-
Anatol' si fermò così bruscamente che Aljona andò a sbattere contro di lui, e Khadija e Svetlana alzarono gli occhi al cielo, consapevoli che su quel momento di estrema quanto involontaria -almeno da parte di Tolik- vicinanza con il chitarrista dei suoi sogni Al avrebbe fantasticato fino alla prossima estate.
-Oh, scusami, Al, ti sei fatta male?-
-No...-
Khadija si chiese quante probabilità ci fossero che Aljona svenisse per il sorriso che le aveva appena rivolto suo padre e che problemi avrebbero avuto con i Dostoevskij al loro ritorno se l'avessero lasciata a terra.
Aljonka era sostanzialmente inutile, quindi forse non ne avrebbero fatto una tragedia...
Era una bravissima pattinatrice, sì, ma campionessa in più campionessa in meno...
E aveva dei capelli meravigliosi, ma dopo la sua morte avrebbero potuto farne una parrucca da vendere all'asta, quindi non sarebbero andati sprecati...
Niente, si era ripresa.
Peccato.
Sarebbe stato per un'altra volta.
Del resto avevano ben tre settimane per organizzare tutto alla perfezione.
-Aljonka, Svetlanka, fatemi un'espressione svedese-
-Prego?-
Anatol' non aveva mai creduto di essere veramente stupido, ma il modo in cui lo guardò Svetlana in quel momento, completamente diverso da quello in cui lo guardava Aljona, qualche dubbio glielo fece venire.
-Non lo so, provateci!-
-Ragazze, non preoccupatevi, entriamo- intervenne Freyja, e con quelle parole suonò il campanello, sotto gli occhi terrorizzati di Tolik.

Fulmineamente, prima che Frida Sjöberg potesse raggiungere la porta, Anatol' infilò una mano nella prima tasca del suo zaino e ne estrasse uno dei suoi sottili braccialetti argentati da quattro soldi, ma tanto luccicanti e tanto tintinnanti, prese la mano di Aljona e glielo mise al polso.
-Piccolo portafortuna per la mia piccola bonjoviana preferita- le sussurrò, facendole l'occhiolino e una veloce carezza su una guancia.
-There ain't no paramedic gonna save this heart attack, when you need...-
mormorò lei, quasi incapace di guardarlo da tanto che era arrossita.
-...that's what you get for falling in love- completò la frase lui, e Aljonka saltò avanti di qualche verso.
-I need a respirator, 'cause I'm running out of breath...-
-When your find your medicine you take what you can get-
sorrise Tolik, sfiorando il polso della ragazzina, e se la porta di Casa Sjöberg non si fosse aperta proprio in quel momento la tredicenne pattinatrice siberiana sarebbe crollata a terra, letteralmente fulminata.
Quello era Anatol' Vasil'evič Bezuchov, ed era esattamente
bad medicine.

-Freyja! Ingrid! Äntligen!-
Finalmente!

Anatol' avrebbe voluto poter dire lo stesso, ma lui non era stato interpellato.
Frida Lindstrom Sjöberg era una bella signora dai capelli biondi raccolti in una coda alta, che quel giorno sfoggiava un paio di pantaloni bianchi, una camicia verde acqua dale maniche a tre quarti e sandali con la zeppa dello stesso colore.
Mentre abbracciava Khadija continuava a ripetere "Ingrid" e "Älskling" e Svetlana continuava a chiedersi a chi diavolo si riferisse.
Aljonka lasciamola perdere, per il momento.
-Ma Ingrid...- fece per chiedere Svet, guardando Anatol', ma lui le rispose ancora prima che potesse finire la domanda.
-È Khadija-
-No, eh!
Non mi avevate detto che anche gli svedesi erano fulminati!-
-No, Svet, non preoccuparti...- intervenne Freyja. -Ingrid è il secondo nome di Khadija. Mia madre lo preferisce, le viene più facile da pronunciare, e per lei, come per tutti gli altri, qui, Khad è sempre stata Ingrid-
-Ingrid? Khadija? La nostra Khadija? Ma per favore!
È ridicolo-
-Già...- mormorò Tolik, attento a non farsi sentire da Freyja.
Svetlana insultava tutti perché era la sua natura, lui non se lo poteva permettere.
Soprattutto quando si trattava di Frida Lindstrom Sjöberg.
Era un'altra delle cose a cui non sarebbe mai riuscito ad abituarsi.
Non appena metteva piede nella casa dei nonni, e quel giorno già sulla soglia, automaticamente sua figlia cambiava nome.
E lui si sentiva un perfetto idiota, a guardare la sua Khadija e chiedersi chi fosse Ingrid, dove fosse Ingrid, perché Khadija non era Ingrid, non sarebbe mai stata Ingrid, ma i Sjöberg non l'avrebbero mai capito.
A casa dei Sjöberg Anatol' non poteva essere Anatol' e Khadija non era più Khadija.
Ma era la famiglia di Freyja.
I Sjöberg adoravano Khadija, e a modo loro volevano bene anche a lui.
Doveva solo avere pazienza.
Avere pazienza per tre settimane.
Tolik era sicuro che Frida l'avesse scrutato da capo a piedi, prima di salutarlo, ma alla fine doveva averlo ritenuto accettabile, tanto da concedergli un fugace abbraccio un po' impacciato.
-Hallå, Anatol'...
And these two lovely young ladies? What are your names?-
-Svetlana,
bylo priyatno... Sì, vabbé, pleased to meet you-
-Anatol'...-
-Anatol'?-
Frida aveva immediatamente trovato Aljona la più "lovely" delle "two young ladies", quella con il visino più limpido, gli occhi più dolci e l'aria più angelica, proprio un'amore di ragazzina, ma lo sguardo sognante e completamente perso con cui aveva pronunciato il nome del suo genero l'aveva lievemente messa in allarme.
-Aljona, hennes namn är Aljona- Aljona, si chiama Aljona, si affrettò a soccorrerla Tolik, in svedese.
-È un po' stanca per il viaggio, è solo un po' stanca, vero, Aljonka? Ты просто немного надоела-

Ty prosto nemnogo nadoyela, Sei solo un po' stanca.
-Да...-
-Oh, poverina!-
Se Anatol' non avesse capito così bene lo svedese Frida avrebbe chiesto a Freyja se per caso suo marito non le avesse dato da fumare niente di strano, ma Tolik era spaventosamente poliglotta per essere così, insomma,
così...
Così poco svedese, forse.
E così tanto Keith Richards.
Probabilmente Aljona era davvero solo stanca per il viaggio.
Anatol' non dava niente da fumare alle ragazzine, no.

Ma questo non voleva dire che non le facesse innamorare perdutamente di lui.

-Kom igen, kom igen, vi do subito qualcosa da bere! Tra poco arrivano Iðunn e Måns con i ragazzi-
-Oh, Khristos...-
Fortunatamente nessuno sentì il disperato commento di Tolik, e l'attenzione di Frida fu catalizzata dal braccialetto al polso destro di Aljonka, che la ragazzina continuava a rimirarsi, e a lei ricordava qualcosa...
-Che bel braccialetto! Dove l'hai preso?-
A questo punto sarebbe azzardato dire che Aljona avvampò.
Come se Frida avesse scoperto tutti i suoi pensieri a luci rosse su Anatol', la pattinatrice siberiana aveva assunto un preoccupante color granata, e aveva una pelle troppo chiara perché qualcuno nel giro di tre chilometri potesse non farci caso.
-Tolik, sei sicuro che si senta bene?-
-No! Soffre di pressione bassa-
-E diventa rossa?
Per la pressione bassa?-
Dio, Frida era un medico.
-A volte-
-A volte?-
E lui era un cretino.
Sempre.
-Sì, è una questione di
bad medicine-
-Scusa?-
-Niente, è una cosa fra me e lei-
-Perché,
c'è qualcosa fra te e lei?-
-No! No, assolutamente!-

-Anatol', tu non hai una tresca con un'adolescente, vero?-

-Ma ti pare?!-

-Ne hai più di una?-

-Stai scherzando, vero?-
-Certo, Tolik. Stai tranquillo. Siete così irascibili, voi siberiani! Anche se tu sei tagiko, giusto?-
-Uzbeko-
-Sono sinonimi, no?-
-No-
-Oh, scusa...-

-Ma io sono siberiano-

-Eh, deciditi, però...-
-Ad Aljonka ci penso io, va bene? Sono amico dei suoi genitori da diciannove anni, è cresciuta per metà in casa mia,
quindi so come farle cambiare colore-
-Davvero?-
-Oddio... Intendevo dire...
Solo che ci penso io a lei-
-Come vuoi.
Povera ragazza...-
-Scusa?-
-Non ho detto niente, Tolik-
-Mah. Che camera posso darle?-
-Quella di Sjöfn. La accompagni tu? La sua amica invece starà in quella di Iðunn-
-Perfetto. Svetlana nella camera di Iðunn. Quelle due si piaceranno da morire.
Sono una più cattiva dell'altra- sussurrò Tolik ad Aljonka, in russo, e lei sorrise, sotto lo sguardo sospettoso di Frida.
-Sjöfn invece è un tesoro di ragazza. È una ginnasta, vedrai, ti piacerà. Ti senti meglio, vero? Ora ti accompagno in camera. Sarà
one wild summer, Al-
La accompagnava in camera.
E perché Aljonka invece di
one wild summer aveva capito one wild night?
Bad, bad medicine...


Facendo un brainstorming su Iðunn Sjöberg e Måns Lindegaard si sarebbero potute dire tante belle cose, ma di certo non "rock 'n roll".

Lei era una neurologa e scriveva per una rivista di medicina, mentre Måns faceva l'architetto, ed erano le persone più scandinave e compassate che Anatol' avesse mai conosciuto, eppure i loro tre figli adoravano "lo zio Tolik" molto più di quanto alla loro madre potesse fare piacere.
Anche perché il primogenito, Gunnar, di otto anni e nove mesi, aveva cominciato a rifiutarsi di andare a dormire quando Iðunn lo metteva a letto, rispondendole con aria di sfida
"I'll sleep when I'm dead", prontamente imitato da Joakim e Kjell, i fratellini minori, e la primogenita delle sorelle Sjöberg aveva giurato a se stessa che l'unico "dead" della situazione, quando avesse osato rimettere piede a Stoccolma, sarebbe stato un certo Anatol' Vasil'evič Bezuchov.
-Det finns farbror?-
C'è lo zio?

Anatol' si era passato una mano fra i capelli e se li era spettinati con cura per una buona manciata di secondi, era stato più forte di lui.
E quando aveva sentito la voce di Gunnar, il suo piccolo Gunnar Lindegaard, il suo nipotino preferito, per quanto figlio della cognata più odiata, non si era sentito minimamente in colpa.
-Gunnar! Liten Rolling Stone!-
Piccolo Rolling Stone!
-Farbror Keith!-
Zio Keith!
-Kom hit nu!-
Vieni qui subito!

Gunnar saltò al collo di Tolik, che lo fece roteare per tutto il soggiorno, e stando ben attento a non farsi sentire dalla madre, già preoccupatissima, gli sussurrò all'orecchio che i suoi capelli erano sempre più lunghi e sempre più straordinari.
Anatol' rise e lo ringraziò con un
"Tack så mycket!", per poi rimetterlo a terra e ritrovarsi davanti proprio lei, la terribile Iðunn Sjöberg Lindegaard.
-Anatol'...- mormorò, affranta, ben lungi dall'avere il minimo contatto fisico con lui.
Su questo Tolik non avrebbe potuto trovarsi più d'accordo: Iðunn lo guardava con un tale disgusto che lui temeva di trasformarsi in un rospo, se lei l'avesse toccato.
Quell' "Anatol'..." suonava molto come un
"How come you're not dead yet?", ma ci era abituato, perché "This is the story of my life and I write it everyday. I know that no, I'm not alright, but I feel ok. I'm gonna write the melody that's gonna make history".
-Iðunn...-
-I tuoi capelli sono sempre in crisi adolescenziale, vedo. Come te, del resto-
Anatol' sospirò e fece finta di niente.
-Farbror Keith!-
-Jocke!-
Joakim Lindegaard, un biondino di sette anni solo un po' più timido di Gunnar, corse incontro allo zio con lo stesso entusiasmo del fratello, e Kjell, che di anni ne aveva quattro e seguiva Jocke ovunque, gli trotterellò dietro ripetendo:
-Farbror Keith!-
Proprio allora Aljona, che dopo aver bevuto un bicchiere d'acqua ghiacciata aveva sistemato le sue cose nella camera che le aveva indicato Anatol' e, senza Anatol', si era fatta una doccia e cambiata, fece la sua comparsa con un leggerissimo abitino bianco corto con le spalline e un paio di infradito di vernice bianca.
Si era rifatta la treccia e l'aveva adagiata sulla spalla destra, e quando tutti si voltarono a guardarla iniziò a tormentarne l'estremità per il nervosismo.
-Hallå...-
-Ecco la mia Aljonka
klare som dagen!- esclamò Anatol', davvero felice di vederla, perché in quei momenti, in cui la timidezza prevaleva su tutto il resto, la sua Aljonka chiara come il giorno era troppo dolce perché Iðunn potesse trovarle qualcosa di sbagliato.
Poco dopo arrivò anche Svetlana, in pantaloncini di jeans, canottiera lilla e infradito dorate, con i lunghi capelli castano chiaro raccolti in una coda alta e il solito atteggiamento imperturbabile.
-Privet-
-Ossignore, si è portato le groupies-
fu il primo commento di Iðunn, e il sorriso di Anatol' svanì, impietosamente eraso da quel pessimo sarcasmo.
-Sono le migliori amiche di Khadija-
-Di Khadija?-
-Sì, di Khadija.
Di mia figlia-
-Tua figlia?!-
-Faster!- Zia!, intervenne Khadija, anche lei arrivata provvidenzialmente in quel momento.
Lei indossava un vestitino rosso e un paio di sandali dello stesso colore, aveva i lucenti capelli neri raccolti in una treccia laterale ed era la più graziosa ragazzina uzbeka-siberiana-svedese del mondo.
Alla sua vista Iðunn si illuminò, e Tolik tirò un sospiro di sollievo.
Khadija non era chiara come il giorno, no, lei assomigliava di più al sole, all'estate, come lui, che la sua città di sole se l'era lasciata alle spalle, perché non era a Tashkent la sua vera casa.
Khadija era la cosa più bella che gli rimaneva di Tashkent, con quel viso e la pelle che tradivano le sue origini, le loro origini che tante volte Tolik avrebbe preferito dimenticare, perché in Uzbekistan lui era "il mezzo russo", il "traditore", e Nostal'hiya era l'unico posto in cui lo chiamavano "uno dei nostri", perché Anatol' Vasil'evič Bezuchov era davvero siberiano, era davvero un Nostal'hičnyy, era davvero "uno dei loro".
Ma questa parte della storia a Iðunn non interessava.
-Ingrid! Vieni subito ad abbracciarmi, piccola! Quanto sei diventata bella!-
Iðunn stravedeva per Khadija anche se assomigliava a
lui.
Khadija, o meglio Ingrid, era una Sjöberg, nonostante la pelle scura e gli occhi e i capelli nerissimi.
Anatol', per quanto parlasse uno svedese perfetto, per Iðunn sarebbe rimasto sempre un analfabeta con i capelli troppo lunghi che respirava più canzoni che aria e stava, lentamente ma con estremo successo, traviando i suoi poveri figli.
Keith Richards era nato a Dartford il 18 dicembre 1943 e Iðunn Sjöberg a Stoccolma il 30 aprile 1976, e se il tempo e la geografia non erano opinioni non avrebbero mai dovuto incontrarsi.
Ciononostante, l'11 luglio 1996, in occasione del trentasettesimo compleanno di Richie Sambora, a cui però nessuno di loro era stato invitato, si era trovata davanti un Keith neodiciassettenne che diceva di voler sposare sua sorella.

E chi vorrebbe che la propria sorella sposasse un Rolling Stone?

Fortunatamente, però, la figlia della sua povera sorellina e del Rolling Stone, che pure era nato in Uzbekistan il 29 giugno 1979, quindi anche lui decisamente fuori tempo e fuoriluogo per essere arruolato nella band del Kent, pur assomigliando in modo impressionante al padre aveva ereditato la grazia, la buona educazione e l'intelligenza della madre.
Freyja e Anatol', perfino i loro nomi accostati facevano storcere il naso.
Una Sjöberg e un Bezuchov.
E una figlia di nome Khadija, tanto per peggiorare ulteriormente la situazione.
Un nome arabo che non aveva alcun legame con nessuno di loro, se non il fatto di piacere da morire a Tolik, che così l'aveva imposto alla sua povera bambina, la sua sfortunata e innocente nipotina.
Come poteva Anatol' pretendere che lei, Iðunn Sjöberg, svedese in ogni singola cellula, chiamasse sua nipote Khadija?
Delle amiche di Ingrid non sapeva ancora bene cosa pensare.
La biondina le sembrava molto fine e composta, timida e rispettosa quanto le bastava per distinguersi da Keith.
L'altra aveva un'aria un po' troppo altera per essere ospite a casa di sconosciuti che non parlavano nemmeno la sua stessa lingua, ma per il momento non aveva ancora nessun passo falso, oltre a salutare in russo come se fosse stata la cosa più naturale da fare, davanti a sette svedesi di cui solo una, Freyja, lo capiva.
Erano amiche di Ingrid, le migliori amiche di Ingrid, quindi dovevano essere due brave ragazze.
Ingrid aveva già un padre disadattato e imbarazzante, ma non aveva certo potuto sceglierlo, poverina.
Le amiche invece sì, e Iðunn si fidava della sua nipotina preferita.
Ad un certo punto aveva notato un braccialetto argentato dalla familiarità sospetta brillare al polso destro di Aljona, ma preferì non trarre conclusioni affrettate.
Con Anatol' Bezuchov tra i piedi, aveva già abbastanza cose di cui preoccuparsi.
Le due piccole siberiane avrebbero fatto meglio a rigare dritto, almeno loro.
Aljona era bionda, ma non somigliava abbastanza né ad Anita Pallemberg né a Marianne Faithfull per metterla in allarme.
Per il momento, nessun intrigo alla Rolling Stones in vista.
Keith bastava e avanzava.
Gunnar, invece, era di tutt'altro avviso: non gli importava granché dell'atteggiamento di Svetlana, dato che non vedeva il motivo per cui la giovane russa avrebbe dovuto riverire i sua nonna e i suoi genitori e salutarli in svedese, e "molto fine e composta" non erano state le prime impressioni che aveva avuto di Aljona.
Aveva otto anni, e in teoria non avrebbe dovuto ancora pensare alle ragazze, soprattutto a quelle di cinque anni più grandi di lui, ma Aljonka era la creatura più incantevole che avesse mai visto.
-Farbror Keith, lei come si chiama?- chiese allo zio senza staccare gli occhi dalla biondissima siberiana, totalmente rapito.
-Aljona- sorrise Anatol', che sapeva quanto la piccola pattinatrice dai capelli d'oro e il vestito più chiaro del giorno sarebbe piaciuta al suo Gunnar.
-Ma puoi chiamarla Aljonka o Al-
-Aljonka... Suona così russo!-
-Eppure è ucraino-
-E lei?-
-Metà russa metà ucraina, ma è nata in Russia-
-A Novosibirsk dove vivi tu?-
-Già. La capitale della Siberia-
-Aljonka è così bella...-
-Eh, lo so-
-Piace anche a te, vero?-
La voce di Gunnar si spezzò, e il ragazzino abbassò gli occhioni blu colmi di preoccupazione, perché con suo zio non poteva né voleva competere.
Se anche lui era innamorato di Aljonka era finita.
Nessuno era straordinario quanto il suo farbror Keith.
-Certo che mi piace, ma non nel modo che pensi tu... Mi piace perché è simpatica e dolcissima e vede le cose proprio come le vedo io, e perché vuole davvero bene a Khad e quelle due insieme sono fantastiche... Al assomiglia tanto a me quando avevo la sua età, sai? Solo con i pattini al posto della chitarra. Mentre Khad ha tutto il carattere di Fee, per fortuna, e niente, Al la conosco da quando era uno scricciolino minuscolo, è figlia di due miei carissimi amici, ed è l'amica migliore del mondo per la mia Khaden'ka, anche se la fa tanto disperare. Non è colpa sua, è che assomiglia a me! Ed è anche colpa mia se mi assomiglia così tanto. Ha passato troppo tempo con me fin da piccola, solo che Khad aveva gli anticorpi, mentre lei ha assorbito tutto il peggio. Ma è così adorabile! Aljonka e Khad sono due stelline, non c'è niente da fare-
-È così bella, Aljonka...-
-Ehi, Liten Rolling Stone-
-Ja, farbror Keith?-
-È troppo grande per te. Ti spezzerà il cuore-
-E io me lo lascerò spezzare- ribatté orgogliosamente Gunnar. -Solo da lei, però-
-Sai che anche tu stai cominciando ad assomigliarmi un po' troppo? Devi smetterla, altrimenti tua madre mi ucciderà-
-Se anche Aljonka ti assomiglia non può essere sbagliato. Aljonka non può sbagliare. E io voglio assomigliare ad Aljonka. E anche a te, certo. Ma Aljonka è più bella di te, e io non credevo che esistesse qualcuno più bello di te, farbror Keith-
-Bello, io? Bah! Non direi proprio. Ma tusen takk, liten Rolling Stone-
-Tusen takk è norvegese, farbror Keith-
-E io sono siberiano, quindi ringrazia che abbia usato una lingua scandinava, liten precisino-
-Ma come fai a sapere il norvegese,
om faster Freyja är svenska och du är ryska*?-
-Mah, io so un po' tutto,
liten zvezda. Non tutto bene, ma un po' sì. E poi mi confondo, naturlich. Aspetta, questo è tedesco. Bog, anche nel '95 facevo così. Ma la tua faster Freyja era sempre takaya krasivaya!-
-Lo sai che non capisco il russo, farbror Keith-
-Beh, questo significa solo che lo devi imparare al più presto, liten svensk ignorante. Altrimenti come pensi di poter conquistare la mia zvezda?-
-La tua...
Cosa?-
-Aljonka-
-Ooh...
Aljonka-
-Non rincretinirti troppo in fretta, Gunnar. Io almeno ho aspettato la settimana prima di compiere sedici anni-
-E li hai compiuti, poi?-
-Altroché! La settimana scorsa sono arrivato perfino a trentadue, pensa un po'-
-Ci arriverò anch'io?-
-Mah, se non morirai per amore di Aljonka credo di sì-
-Si può morire per amore, farbror Keith?-
- I cried and I cried, there were nights that I died for you, baby... I tried and I tried to deny that your love drove me crazy, baby*... Yesli skazal Jon, absolyutno da*. Io però rischio di più di essere ucciso da tvoya mat', e non certo dlya lyubov'-
-A volte sei troppo straordinario perché io possa capire tutto quello che dici, farbror Keith-
-Eh, purtroppo lo so. Dobbiamo cercare di farcene una ragione-
-Aljonka sta guardando dalla nostra parte!-
-Ah, sì? Eh, già...
Zhal' chto ona smotrit' tol'ko menya-
Peccato che guardi solo me.

Anatol' si appoggiò allo stipite della porta del soggiorno, si scostò una ciocca di capelli dal viso e sorrise ad Aljona, un po' imbarazzato ma sempre dolcissimo, e Gunnar lo imitò, sorridendo però alle sue stesse scarpe, incapace di sostenere lo sguardo di Aljona almeno quanto lei faticava a sostenere quello di Anatol'.
-Farbror Keith, sei sicuro che non sia innamorata di te?-
-Argh... Ecco...
Sicurissimo!-
Gunnar tirò un sospiro di sollievo, ma Tolik non poteva proprio imitarlo.
Non aveva alcun motivo per essere sollevato.
-Stanno per arrivare tutti gli altri. Sei contento di rivederli?-
Anatol' sgranò gli occhi, al pensiero degli altri dodici parenti svedesi che da lì a poco avrebbero invaso la casa.
Contento...
Da morire.
-Pochemu net? Ochen' rad. Bog, ya umryu...-
Perché no? Molto contento. Dio, morirò...

-Cosa?-
-Nichego, Gunnar. Ingenting. Solo che sono molto contento di rivederli-
Talmente contento che avrebbe sfondato lo stipite della porta con la testa.
Ma considerando la consistenza dello stipite e quella della sua testa, non sarebbe riuscito a sfondarlo.
Quindi doveva rimanere e affrontare i Sjöberg.
I dodici Sjöberg rimanenti.
Keep the faith, Tolik.
You gotta keep the faith.

I Sjöberg non erano tutti insopportabili, anzi, solo Iðunn lo era.
Sjöfn era la cognata più dolce e meravigliosa che avesse mai potuto desiderare, e suo marito Zlatan era una delle persone più gentili, amichevoli e sorridenti del mondo, oltre ad essere un fantastico suonatore di ocarina.
Il loro primogenito, Erik-Johan, aveva quattordici anni e suonava il violino già così bene che a Tolik veniva da abbracciarlo ogni volta che lo sentiva, perché sarebbe diventato ancora più straordinario e non si sarebbe laureato in medicina.
Era proprio un bel ragazzino, tra l'altro, molto simile alla madre, la stupenda Sjöfn Sjöberg Larsson, campionessa svedese di ginnastica artistica, e sapeva indicare con estrema precisione l'Uzbekistan sulla cartina geografica, mentre Gunnar, probabilmente confuso dai pregiudizi di Iðunn, era ancora convinto che fosse una frazione del Congo.
Una volta gli aveva detto:
"Farbror Keith, noi ti vogliamo bene anche sei africano", e Anatol' aveva capito di avere ancora molte cose da spiegargli, sia sulla vita che sulla geografia.
Malin Sjöberg Lyngstad, la piccola di casa,
malen'kaya, come la chiamava Tolik, era diventata psicologa, mentre Aleksander era il rappresentante di una casa farmaceutica, e Anatol', con tutto il dovuto rispetto, non riusciva ad immaginare un lavoro più esaltante di quello.
Dio quanto doveva essere interessante.
Nonostante questo, però, era un ragazzo affabile, allegro e divertente, e anche molto carino, proprio come la malen'kaya dei Sjöberg, e Tolik trovava relativamente fantastici anche loro.
Niklas Sjöberg, l'unico della famiglia ad essere sia psichiatra che neurologo, cosa che inquietava oltremodo il povero chitarrista uzbeko, sarebbe tornato solo quella sera dal lavoro.
Aveva un gran senso dell'umorismo, e in genere a Tolik piaceva parlare con lui, quando l'argomento non era una conferenza dal titolo
"La depressione oggi".
Non era un tema su cui fosse preparato, non quanto lo era su
"Il rock ieri", ma doveva ammettere che Niklas era abbastanza adorabile, quando non parlava di disturbi psichiatrici gravi o distribuiva ai parenti, compreso lui, i suoi libri autografati su disturbi psichiatrici gravi.
Questo lo faceva pensare a Fedja, il suo povero amico Fëdor Puškin, e lo faceva incupire di colpo, perché il lavoro di Niklas era la vita di Fedja, e quella non si poteva cambiare, non si poteva chiudere in un libro.
No, in fondo i Sjöberg non erano poi tanto male.
Solo che erano troppi, troppi tutti in una volta, quasi tutti medici e tutti troppo svedesi.
Fare il medico, per carità, doveva essere un bellissimo lavoro, Tolik non ne dubitava, anche perché i Sjöberg amavano sinceramente le loro professioni ed erano dei veri professionisti, anche Iðunn, che da giovane voleva fare la giornalista, ma grazie alla sua passione sempre più forte per la neurologia aveva deciso di laurearsi in medicina con specializzazione in neurologia anziché in giornalismo e, quando non lavorava in ospedale o nel suo studio e non seguiva corsi di aggiornamento, scriveva per "
Neurologia Oggi".
Anatol' ne aveva trovate un paio di copie in bagno, e dalla lettura di un articolo della cognata aveva capito quattro cose importanti: che Iðunn Sjöberg Lindegaard era davvero brava a scrivere e padroneggiava perfettamente gli argomenti che trattava, e che la neurologia non faceva proprio per lui e non avrebbe mai più aperto un giornale del genere di sua spontanea volontà.
Il vero problema di passare tre settimane all'anno circondato da psichiatri e neurologi erano essenzialmente le loro conversazioni di lavoro.
I corsi di aggiornamento, le conferenze, i colleghi, il nuovo medico di base, la nuova ristrutturazione dei bagni dell'ospedale, lo squinternato che aveva cambiato marca di cialde di caffé per la macchinetta del suo studio...

Tutti argomenti sui quali Tolik preferiva non intervenire, dato che lui era un thè-dipendente e con il caffè aveva lo stesso rapporto che Iðunn aveva con la storia dell'heavy metal.
Così, non appena poteva portava Uzbekistan, il simpaticissimo e magrissimo bassotto di Sjöfn, a fare una passeggiata.
L'avevano preso quando Erik-Johan aveva quattro anni e il nome del Paese in cui era nato suo zio gli sembrava il più strano e buffo del mondo, perfetto per un cucciolo di bassotto nero dalle zampette marroni e luminosissimi occhietti neri.
Anatol' e Uzbekistan facevano sempre lunghe discussioni in russo e quando il chitarrista riportava il bassotto a casa, o talvolta viceversa, era sempre lievemente più di buonumore di quando era uscito.
Con Uzbekistan i Sjöberg mancanti erano tredici, ma il bassotto non era laureato in medicina.
Non che Tolik sapesse, perlomeno.


Quando Aljona si accorse che Anatol' era accanto a lei per poco non perse l'equilibrio, e Tolik la sostenne per un braccio con un sorriso da vertigini che, effettivamente, avrebbe fatto meglio a evitare.
-Всё хорошо?-
-Всё хорошо...-
-Ancora pressione bassa?-
-Diciamo di sì...-
-Accidenti, mi dispiace, звезда. Speriamo che passi presto. Come ti è sembrata la strega?-
-Chi? Ah, la zia di Khadija... Beh, in effetti mette un po' di soggezione-
-Soggezione? A me mette proprio i brividi!
Jesus Lord, stesse zitta, ogni tanto! Tell her she'll win if she just shut up*... Se solo riuscisse, per una volta, a non lanciarmi frecciatine sui miei capelli... Perché, checché ne dica lei, sono più belli dei suoi. E poi i suoi figli li adorano-
-Ti adorano.
Tutto. Non solo i capelli. E come sarebbe possibile il contrario?-
-Tu sei troppo buona, stellina. Davvero troppo. Ma sai perché sei così buona? Per lo stesso motivo per cui ti ho regalato quel braccialetto.
You and I were the renegades, some things never change*-
-Oh...-
Anatol' le sorrise ancora, e Aljona annuì con aria piuttosto allucinata, incapace di fare qualsiasi cosa che avesse il minimo senso.
-Grazie...-
-Ma figurati! Se non ci fossi tu... Sarei letteralmente perso fra gli svedesi. Khristos, hanno pure cambiato il nome di mia figlia!-
-A Khadija non dà fastidio?-
-Certo, ma lei è diversa da me... Lei è gentile, di buonsenso, responsabile... In altre parole è fantastica, proprio come Fee. Non chiederebbe mai a sua nonna di chiamarla Khadija anziché Ingrid, perché sa che le darebbe un dispiacere. A loro, voglio dire, ai Sjöberg, eccetto Freyja e Sjöfn, non è mai piaciuto il nome Khadija. Non perché l'avessi scelto io, no, questo al massimo può valere per Iðunn, ma perché è troppo particolare, troppo lontano dalla loro cultura, e per quanto siano di mentalità aperta, insomma, hanno pur sempre dato la loro splendida terzogenita in sposa a un chitarrista uzbeko che se l'è portata in Siberia, e non è cosa da poco... Loro ci tengono, alla loro cultura, e va bene così, li capisco, anche noi teniamo alla nostra, no? Ma ti giuro che non sopporto quando la chiamano Ingrid. Mi svanisce il sorriso-
-Già...-
-Però in fondo sono simpatici, esclusa la strega. Dai, ora ti lascio andare da Khad e Svet. A proposito, sai che stai bene vestita così? Assomigli sempre di più a tuo padre, e hai di che andarne fiera. Hai fatto colpo anche su Gunnar!-
-Davvero? Grazie...-
Tolik le diede un buffetto su una guancia, sorrise di nuovo e infine la lasciò andare.
Aljona, incredibile ma vero, riuscì a raggiungere Khadija e Svetlana senza svenire dall'emozione durante il tragitto.
-Finalmente, eh. Hai finito di confessare il fulminato?-
-Ma dai, Svet, poverino...-
-Come ti è sembrato?- le chiese invece Khadija. -Lo so che a volte papà si sente terribilmente a disagio, qui, ma a me e alla mamma non lo vuole dire... E poi la zia Iðunn è sempre così cattiva con lui!-
-Come mi è sembrato?
Bellissimo, come sempre...-
-Parlavo del suo stato d'animo, Al-
-Oh, in effetti è un po' triste... Per la storia del tuo nome, sai, e per Iðunn e le sue frecciatine sui suoi capelli... E poi ha citato Bruce-
A Khadija, innamorata del Boss fin dalla più tenera età, si illuminarono gli occhi.
-Cosa?-

-Sherry darling-

-Oh! Fantastico...-
-Di cosa diavolo state parlando?- intervenne Svetlana, guardando le due aspiranti fulminate con aria scettica.
-Chi è Bruce?-
-Springsteen, Svetlana, Santo Cielo...
Jesus Lord, fatti un minimo di cultura musicale!-
Aljona sorrise alle parole di Khadija, perché a volte si esprimeva proprio come Anatol' e, al contrario di quello che credeva Iðunn, lei ci teneva ad assomigliare a suo padre anche caratterialmente.
Era una ragazza gentile, di buon senso e responsabile, ma era pur sempre l'orgogliosa figlia di un chitarrista uzbeko-siberiano.
-Farmi una cultura musicale?- replicò Svetlana, sprezzante.
-Per poi ridurmi come voi? No, grazie-


Quando il campanello suonò per la seconda volta, Anatol' non ebbe dubbi.
Era Sjöfn, la sua Sjöberg preferita, ovviamente dopo Freyja, con Zlatan, i loro quattro scriccioli ormai un po' cresciuti e il loro fantastico bassotto.

-She wasn't young, but still a child, there was still innocence in faded smiles... She called to me as I passed her by*...-

-She wasn't young dillo a qualcun altro, Anatol' Bezuchov! Ho solo due anni in più di te, disgraziato!-
Aljona, che fino a quel momento si era tenuta un po' in disparte, mentre Khadija, Freyja, Iðunn e Frida si erano affrettate alla porta, fece un passo avanti, incuriosita e incoraggiata dalla voce squillante e allegra della nuova arrivata, e si trovò davanti una giovane minuta dalla lunga e ondulata chioma di uno splendido biondo dorato e un delizioso abitino color carta da zucchero con le spalline sottili che le arrivava poco sopra il ginocchio.
Ai piedi aveva un paio di sandali con la zeppa abbinati al vestito, ai polsi diversi braccialetti di varie tonalità di azzurro, e al collo le brillava una collana a doppio giro poco più scura dell'abito e dei sandali.
Sjöfn Sjöberg Larsson era la vera principessa di Stoccolma.
-Bene, brava, così adesso tutti sanno la tua età... Per la cronaca, trentaquattro anni!-
-Trentatré! Li devo ancora compiere, trentaquattro anni!-
-Eh, ma è solo questione di mesi...-
-Ma impiccati, cognato degenere!-
-Stai tranquilla, prima o poi ci penserà Iðunn-
Quando i ridenti occhi azzurrissimi della principessa svedese si posarono su Aljona e Sjöfn le sorrise, la bionda pattinatrice siberiana arrossì un po', ma ricambiò subito il sorriso.
-Allora,
gde moya Khadija? Khaden'ka? Oh, eccola qui, moya malen'kaya zvezda sibirskaja!-
Sjöfn Sjöberg Larsson parlava in russo?
Aljona sgranò gli occhi, Svetlana inarcò un sopracciglio, Freyja sorrise, felice dell'arrivo della sorella e dell'allegria che non mancava mai di portare, e Khadija si gettò fra le braccia della sua zia preferita.

-Ya zdes', faster!-

-Quando la
not so young quasi trentaquattrenne ha finito di strapazzare la mia Khaden'ka, qui ci sono altre due piccole siberiane da abbagliare con il tuo fascino!- le annunciò Tolik, che si avvicinò ad Aljona e Svetlana ed indicò loro l'altissimo e biondissimo scandinavo che, sorridendo, abituato a scene del genere, non aveva ancora detto una parola.
-Al, Svet, lui è Zlatan Larsson, il principe azzurro in carica. Zlatan, lei è Aljona, reginetta assoluta del pattinaggio artistico su ghiaccio singolo, e lei è Svetlana, reginetta assoluta e basta, ed è meglio non contraddirla.
Per nessun motivo al mondo-
-Piacere...- mormorò Aljonka, mentre Svetlana si limitò ad annuire, altera.
-E lui è Uzbekistan, il bassotto dei sogni! Vieni dallo zio, tesoro!-
Il bassotto era in braccio a un ragazzino biondo alto quasi quanto il padre, il cui sguardo turchino si era posato già da tempo sulle due siberiane, per poi soffermarsi con una certa insistenza su Svetlana.
-Erik-Johan, mollalo, sai che capisce il russo e mi obbedisce alla lettera!-
-Khoroshò, farbror...- sorrise il ragazzino, lasciando a terra il bassotto, che come toccò terra con le zampine saltò in braccio a Tolik, entusiasta.
-Ragazzi, presentatevi, dai, non fate gli scandinavi- fu l'ultima frase di Anatol' prima di essere assalito da Uzbekistan, e da dietro la schiena di Erik-Johan si affacciarono i visetti intimiditi di due ragazzine e un bambino, biondi e dall'aria gentile quanto i genitori, che sorrisero quasi contemporaneamente, ma tutti con gli occhi azzurri rivolti al parquet color crema dell'ingresso di Casa Sjöberg.
-Io sono Kathrine- mormorò piano la più grande, incoraggiando la sorella minore a dire di chiamarsi Anita e il piccolo a sussurrare un flebile "Håkan".
A Svetlana, del resto, dei loro nomi non avrebbe potuto fregare di meno, impegnata com'era a rivolgere all'aitante Erik-Johan un sorriso sempre più radioso.
Aljona, invece, tese la mano a tutti e tre i piccoli Larsson, saltando Erik-Johan che si degnò appena di rivolgerle un cenno del capo.
Bah.

Tanto era troppo svedese e troppo poco Nostal'hičnyy per lei.

Kathrine, Anita e Håkan invece sembravano proprio dolcissimi e molto sollevati di vedere che Aljona era timida quanto loro, ma gentile e sorridente come lo zio Tolik.
Svetlana non aveva un atteggiamento molto incoraggiante, se non nei confronti di Erik-Johan, ma era Svetlana, bisognava sopravviverle prima di poterla anche solo minimamente trovare simpatica.
E in tutta sincerità era difficile trovarla
veramente simpatica.
L'amicizia fra lei, Aljona e Khadija dipendeva da motivi superiori all'umana comprensione.
Gunnar sospirò di sollievo, ma al tempo stesso fu un po' indispettito dal comportamento di Erik-Johan, che aveva ignorato Aljonka, la sua Aljonka, con una maleducazione che non aveva mai avuto.
L'avevano sempre creduto tanto intelligente, Erik-Johan Larsson, un ragazzo eccezionale e un violinista eccezionale, ma non sapeva riconoscere le ragazze eccezionali.
Meglio così, si disse infine Gunnar.

Ad Aljonka ci avrebbe pensato lui.

Non avrebbe permesso a suo cugino di farla sentire esclusa e poco considerata.
-Tutto bene, Al?-
Dopo aver salutato e abbracciato tutti i suoi cugini, o meglio, tutti quelli a disposizione per il momento, Khadija aveva affiancato Aljona, e la biondina si era girata a sorriderle, più o meno convinta.
Anatol' e Freyja parlavano con Sjöfn e Zlatan poco più avanti, Svetlana miracolosamente si stava degnando di parlare in inglese con Erik-Johan -non l'avrebbe fatto per nessun altro- e Khadija voleva sapere come stava la sua amica, la reginetta dell'Ob' e di Nostal'hiya, fiera discendente di Cosacchi ucraini tanto luminosa e coraggiosa quanto a disagio senza i suoi pattini, la sua musica, il suo thè, ma soprattutto la sua famiglia.
-Credo di sì... I tuoi cugini sembrano simpatici. E tua zia Sjöfn sembra una modella di Obskoe Angel!-
-Anche tu sembri una modella di Obskoe Angel-
-Ma dai...-
-Lo sai che è vero. Lo pensa anche la proprietaria del negozio, infatti quando ci andiamo ho sempre paura che ti rapisca per costringerti a sfilare per lei. Faster Sjöfn è fantastica perché ha perfino imparato un po' di russo per far sentire papà un po' più a casa, ed è la migliore amica che lui abbia a Stoccolma. E poi hai visto che tesoro di bassotto che ha Erik-Johan? Erik-Johan è più simpatico di quello che sembra oggi, davvero. E mi dà retta, di solito. Ne avrebbe data anche a te, se non avesse visto Svet... Ma cosa fa Svet ai ragazzi?
Non è certo più bella di noi-
Aljonka sorrise, mentre Khadija, guardando Svetlana e suo cugino con aria estremamente scettica, scuoteva la testa.
-È che lei è una
femme fatale, noi no-
-Già... E io in teoria sono fidanzata-
-In teoria?-
-No, completamente, temo... Vedrai che finirò pure per sposarmelo, Vasja-
-E cosa ci sarebbe di male?-
-Vasja! Ecco cosa ci sarebbe di male!-
-In effetti...-
-Che ne dici se andiamo a fare un giro?-
-Un giro?
Adesso?-
-Beh, sì, devono ancora arrivare faster Malin e farbror Aleksander con le cugine, ma c'è tempo per fartele conoscere, no?-
-E gli altri? Pensi che ci lascerebbero andare?-
-Papà di sicuro, anzi, probabilmente cercherebbe di venire con noi... Ma stavolta glielo impediremo, e tu non dire niente! Ci sono la mamma, Sjöfn e Gunnar a difenderlo, qui. Per un po' se la può cavare-
-Va bene...- cedette Aljona, e Khadija la abbracciò di slancio.
-Perfetto! Anche perché, diciamocelo, non ti ho portata qui perché passassi tutto il tempo a sospirare guardando mio padre-
-E Svet perché l'hai portata?-
-Per garantirci la nostra dose di insulti quotidiani, no?-


-Papà, io e Al andiamo a fare un giro in centro!-
Khadija raggiunse Anatol' saltellando, seguita da un'Aljona meno svolazzante ma sempre oltremodo angelica, e il chitarrista si voltò verso la figlia con occhi atterriti, incapace di credere che le sue
dve zvyozdy intendessero davvero andare per Stoccolma senza di lui.
-Tu e Al andate... In centro?
Senza di me? Ma dai, aspettatemi...-
-Tolik, dove pensi di andare? Stanno per arrivare Malin, Alek e le ragazze, e che Al e Khad, due adolescenti, siano impazienti di fare un giro in centro è comprensibile, ma tu in teoria saresti un uomo adulto, potresti anche rimanere qui
con i tuoi coetanei... Lasciale andare un po' per conto loro!- intervenne Freyja, senza farsi minimamente influenzare dagli occhioni sgranati e imploranti di Anatol'.
-Va bene, hai ragione... Tornate presto, però!-
-Grazie!-
Khadija schioccò un bacio sulla guancia del padre e Aljona si limitò a sorridergli timidamente, dopodiché Tolik rimase a guardarle allontanarsi con un po' di invidia.
Freyja gli diede una gomitata e gli pizzicò una guancia, con uno sguardo però così dolce che Anatol' si sciolse in un sorriso e non desiderò essere in nessun altro posto al mondo, in quel momento.
-You sit and wonder just who's gonna stop the rain, who'll ease the sadness, who's gonna quiet the pain. It's a long dark highway and a thin white line connecting, baby, your heart to mine. We're runnin' now, but darlin', we will stand in time to face the ties that bind*-
Freyja Solveig Sjöberg Bezuchova, la sua Fee, aveva citato Bruce Springsteen?
The ties that bind, la canzone preferita di Khadija.
Gli occhi di Tolik brillavano così tanto che Freyja dovette distogliere lo sguardo, anche se ormai erano sposati da quattordici anni.
Non ci si poteva abituare a lui, non si poteva e basta.
-Non preoccuparti per le ragazze, davvero. In fondo non possono mica andare in Norvegia, no? Se finiscono ad Oslo le recuperiamo in fretta-
Già.
Perché Oslo non era solo la capitale della Norvegia.


Khadija trascinò bruscamente Aljona via dalla vetrina di un negozio che aveva tutta l'aria di essere l'equivalente svedese di Obskoe Angel e dove la pattinatrice aveva già adocchiato dei bei vestiti di pizzo, e si infilò con decisione in un locale di cui Al non fece nemmeno in tempo a leggere il nome, da tanto che Khad la strattonava.
-Khaden'ka, ti seguo anche se non mi scarnifichi...- provò a protestare, ma assolutamente invano.

-Tranquilla, ti scarnifico anche se mi segui-

-Però quel negozio mi sembrava carino...-
-Certo che è carino, ti piacerebbe da morire, ti proveresti tutto e non ne usciresti più. E ne hai già abbastanza, di vestiti di pizzo e non, credimi. Ora taci e guarda!-
-Cosa...
Oh!-
Come alzò lo sguardo, Aljonka rimase senza parole e Khadija sorrise, compiaciuta.
Oslo faceva quell'effetto a tutti, la prima volta.
In tutte le tonalità di blu, azzurro, bianco, viola e verde che Aljona aveva pazientemente collezionato in tanti anni sottoforma di canottiere di Tezenis, e anche di più, sulle pareti e sul soffitto del locale era rappresentato l'Oslofjord, circondato dal bacino dello Skagerrak, le colline, le vie e le case di Oslo.
Era il posto più suggestivo in cui Aljona avesse mai messo piede, forse solo dopo il carcere di Nostal'hiya.
Ma nel carcere di Nostal'hiya,
proprio dentro, in effetti, non aveva mai messo piede.
Non ancora, almeno.
-E guarda qui, ci sono le foto di tutte le persone che hanno contribuito a fare la storia del locale. Guarda chi ha fatto la storia dell'Oslo di Stoccolma nel luglio 1996-
Aljona posò lo sguardo sul punto della bacheca indicatole da Khadija, vicino all'ingresso del locale, e lanciò un urlo.
-On byl'... Oh, Bozhe moy!-
Lui era... Oh, mio Dio!

Nel luglio 1996 sul palco dei concerti dell'Oslo di Stoccolma c'era un ragazzino dai lunghi capelli neri con una maglietta a mezze maniche nera, jeans strappati, scarpe da ginnastica e una Telecaster bianca al collo.

Sulla tracolla della chitarra si poteva leggere ben distintamente una scritta.

That's what you get for falling in love.

E forse a questo punto è perfino superfluo aggiungerlo, ma assomigliava incredibilmente a Keith Richards.

-Era così bello...-

-Aveva diciassette anni-

-Era troppo bello...-

-Al, pensi di riuscire ad esprimere un altro concetto?-
-No...-

-Come temevo-

-Guarda come si è firmato! Anatol' Keith "Bad Medicine" Vasil'evič Bezuchov from Novosibirsk, also known as Danger On The Track, who'll sleep when he's dead-

-Terribilmente da lui-

-Già...-

-Che ne dici, ci fermiamo a prendere un thè qui? Così innanzitutto ci sediamo, dato che se guardi ancora un po' la foto di mio padre ti sciogli... E forse non è il caso-
-Certo...-
-Anche se al momento mi riesce più facile immaginare te e mio padre insieme che Svet ed Erik-Johan. Tu e mio padre vi assomigliate veramente tantissimo, in modo quasi inquietante, per non essere parenti... E anche se preferirei che non succedesse mai niente del genere, perlomeno capirei le ragioni di base, credo... Oddio, cosa sto dicendo? Non pensare che sia favorevole a una tua eventuale relazione con mio padre! Non ti azzardare. Volevo solo dire che il pensiero di una relazione, di qualsiasi tipo, fra Svet ed Erik-Johan mi spaventa perfino di più. A parte questo, ordiniamo il thè, dai-
Le due amiche si erano sedute ad un tavolino un po' appartato sotto l'Oslofjord, in un angolo perché Aljonka amava gli angoli, e soprattutto la sedia nell'angolo del tavolino nell'angolo.
Se non era libero il tavolino nell'angolo, Al doveva comunque avere la sedia nell'angolo.
Capricci di una prima pattinatrice, sospirava puntualmente Svet.
Khadija e Tolik invece la trovavano un'abitudine adorabile, perfettamente consona alla loro Aljonka.
-Due thè con il latte e due piattini di pepparkakor, ne metta pure in abbondanza. Quanti... Beh, dieci a testa mi sembra un numero ragionevole. Grazie-
Khadija finì di fare l'ordinazione in perfetto svedese e rivolse un bel sorriso al cameriere, che si allontanò forse riflettendo su come far stare venti pepparkakor su due piattini che ne potevano ospitare al massimo cinque ciascuno.
Ce l'avrebbe fatta, Khad ne era sicura.
I camerieri dell'Oslo non si fermavano davanti a niente.
Poco dopo, infatti, il ragazzo tornò con una grande teiera di porcellana bianca da cui già uscivano gli effluvi del miglior thè alla cannella che si potesse trovare a Stoccolma, due tazze, un piccolo bricco di latte fresco e un vassoio con
ventidue pepparkakor, i tipici e favolosi biscotti svedesi alla cannella e allo zenzero.
Aljona non avrebbe più potuto dire che Anatol' era l'unico grande amore della sua vita, dopo averli assaggiati.
Anche perché a Novosibirsk, e più precisamente nel carcere di Nostal'hiya, c'era un certo Lev Puškin innamorato dei biscotti al burro e del thè al gelsomino che si sarebbe dimostrato in grado di farle dimenticare qualsiasi Anatol'...


Probabilmente, ma solo probabilmente, Anatol' avrebbe dovuto evitare di scendere le scale di Casa Sjöberg in pantaloni neri di pelle, stivaletti da cowboy e una canottiera nera su cui campeggiava, in bianco e in caratteri cubitali, la scritta "God Father".
Avrebbe dovuto evitare, perché Solveig Lyngstad, la primogenita di Malin
"malen'kaya" Sjöberg e Aleksander Lyngstad, sobbalzò come se si fosse imbattuta in un ladro e rimase a fissarlo con gli occhi sbarrati e un violento batticuore che la costrinse ad appoggiarsi al corrimano della scala per cercare di calmarsi.
Tolik, più terrorizzato di lei per quella reazione, si sfilò gli occhiali da sole e si fece riconoscere.
-Solveig, zvezda, sono io, farbror Tolik...
Sono solo io-
-Farbror?!-
-You've gotta hold on, ready or not*...-
cercò di spiegarle lui, ma riuscì solo a spaventarla ancora di più.
-Whoa, there's nowhere to run, no-one can save me, the damage is done*...
Ci vediamo dopo, stellina, ora devo andare. Tu stai tranquilla, e se magari riuscissi a non raccontare niente a tua madre... E ancora meglio a nessuno...-
Anatol' si allontanò in fretta per dare alla nipote il tempo di riprendersi, ma sul retro della sua canottiera c'era scritto:
"Caution: Slippery When Wet" e la povera Solveig, se possibile, sgranò gli occhi ancora più di prima.
Per rendere l'idea, su quella canottiera sarebbe bastato farci stampare:
"Caution: Anatol' Bezuchov".
-Fee, andiamo?-

Tolik afferrò Freyja per un braccio e la trascinò con malagrazia verso la porta, che aprì e chiuse alle loro spalle in non più di un quarto di secondo.
Solo allora lei si rese conto di come si era vestito, ma non trovò nemmeno parole per commentarlo.
-Sì, lo so, avrei dovuto aspettare. Ho portato lo zaino con i vestiti da deficiente, cioè, da persona normale, prima di tornare mi cambio, non preoccuparti. Non resistevo più, e dato che dobbiamo andare a recuperare le principesse e non mi sembrava il caso di uscire
conciato com'ero prima, ho pensato di mettere qualcosa di più nelle mie corde... Pur senza esagerare, come puoi vedere, né orecchini, né collane, né braccialetti né fascia per capelli! La canottiera mi sembrava simpatica, semplice semplice...-
Freyja non replicò, non ci sarebbe riuscita neanche volendo.
Si limitò ad annuire, frastornata, e lui le lanciò uno sguardo mortificato.
-Suvvia, Fee,
you wouldn't want me any other way!*-
-No, Tolja, non ti vorrei in un altro modo...
Vorrei solo l'altro modo, senza di te!-
-Adesso non esagerare, lo sai che sono sensibile...-
-Mi scusi... Lei è...-
-Da?-
La ragazza che l'aveva fermato era una svedese alta e castana, con i lunghi capelli raccolti, un paio di shorts di jeans cortissimi, una canottiera di pizzo scollata e tacchi altissimi.
Freyja le lanciò un'occhiata perplessa, che divenne ancora più perplessa e vagamente infastidita quando si accorse che la scollatura della giovane stoccolmese aveva attirato anche l'atte
nzione di Anatol'.
-Lei suona nei...-
-Brat'ya Kuragin-
-Brat'ya Kuragin?-

-Esattamente. Chitarrista, cantante, tastierista occasionale, compositore, songwriter, frontman, leader,
sex symbol... Beh, forse può bastare. Forse mi hai visto all'Oslo nell'estate 1996...-
-Nel 1996 avevo quattro anni, mi dispiace-
-Quindi sei nata nell'anno di
Keep The Faith?-
-Mi scusi?-
-Nel 1992, l'anno in cui è uscito
Keep The Faith-
-Non credo di averlo mai sentito nominare...-
-Fantastico... Cosa posso fare per te, oltre a consigliarti
di cuore di farti una cultura musicale?-
-Se potesse, se non le è di disturbo... Farmi un autografo...-
-Mio?-
Seguì un comprensibile momento di silenzio, dopodiché la ragazza sussurrò flebilmente:
-Se non le dispiace...-
-Oh, nessun problema. Dove? Su un braccio,
sul reggiseno...-
-Su un foglio, grazie-
-Un foglio, certo. Tu hai un foglio? Meraviglioso. Come ti chiami?-
-Kajsa Hjördis Sandström-
-Kajsa Hjördis Sandström... Piacere, Anatol' Vasil'evič Bezuchov. Per gli amici e i nipoti Keith, per mia moglie
Danger On The Track, per Aljona Bad Medicine. Ecco il tuo autografo. Have a nice day*, Kajsa Hjördis Sandström-
Kajsa lo guardò allontanarsi con aria trasognata, pensando che forse l'idea di farsi autografare il reggiseno non era poi così male, ma sarebbe stato per un'altra volta.
Magari nel frattempo avrebbe cercato di capire chi diavolo fossero i Brat'ya Kuragin, cosa suonassero e cosa fosse
Keep The Faith.
L'unica cosa di cui era certa era di aver conosciuto una rockstar.


-Every little boy wants to learn to play guitar, so he can pick up all the chicks and be a rock 'n roll star*- commentò Anatol' pochi metri dopo, e Freyja gli tirò uno scappellotto.
-Se continui così quando torniamo a casa ti brucio
Keep The Faith-
-You want commitment... Take a look into these eyes. They burn with fire, yeah... Until the end of time*-
-Keep The Faith will burn with fire, yeah, until the end of time-
-Non puoi farlo, Fee. L'ho fatto arrivare da Mosca all'inizio del 1993, quando ha suonato ho quasi travolto il corriere... Che fortuna del cavolo, nascere a Tashkent. Passavo tutto il giorno attaccato alla radio sperando che passassero una canzone e ho cercato subito a imparare l'assolo di
Dry County... A tredici anni, capisci? Quando si dice deliri d'onnipotenza...-
-Ne hai tuttora, Tolik. Ma adesso l'assolo di
Dry County lo sai suonare perfettamente-
-Eh, vorrei vedere! Ho trentadue anni! Richie ne aveva trentatré, nel '92-
-Ma oggi negli ospedali psichiatrici ci sono le uscite libere?-
Anatol' si voltò di scatto e incontrò il sorriso sarcastico di un ragazzo dall'aria bellicosa che lo indicava alla fidanzata, una ragazzina dall'aspetto gentile che, al contrario, guardava rapita il chitarrista uzbeko.
Tolik fece per ignorarlo e passare oltre, ma lo spiritoso gli sbarrò il passaggio.
-Man, se non mi lasci passare I take your girlfriend home, it's alright?*-
Il sorriso dello svedese svanì, mentre alla sua fidanzata si illuminarono gli occhi, e quando lui se ne accorse avvampò furiosamente e lasciò passare Anatol'.
Tolik fece l'occhiolino alla ragazza, prese per mano Freyja e proseguì lungo la strada che portava all'Oslo.
-Diciamo che ho il mio fascino-
-Diciamo che le stoccolmesi, inspiegabilmente, subiscono il tuo fascino. Tu non sei poi tutto questo granché-
-Già, probabile...-
Il chitarrista abbassò lo sguardo sulla scritta
"God Father" sulla sua canottiera, con aria di superiorità, e Freyja scoppiò a ridere.
-Ecco l'Oslo. Nostalgia?-
-Nostalgia, dici? Nah, anche se devo ammettere che ero proprio un gran bel pezzo di ragazzo, nel '96, ma del resto lo sono ancora. No, non ho nostalgia...
Nostal'hiya, piuttosto-
Una volta entrato individuò subito Aljona e Khadija sedute al tavolino nell'angolo e guardò con un sorriso il palco dei concerti e la foto che gli era stata scattata quando aveva diciassette anni, incorniciata nella bacheca.
Beh, in fondo la sua
bad medicine non era poi così male...
Se qualcuno gli avesse chiesto cos'aveva di tanto speciale, già nel 1996, quel ragazzino uzbeko con una Telecaster bianca a tracolla che sorrideva costantemente e si rifiutava di tagliarsi i capelli, e aveva conquistato perfino Stoccolma, Anatol' Vasil'evič Bezuchov non avrebbe avuto dubbi sulla risposta da dare.

That's what you get for falling in love.


Note


*1 Älskling (svedese): Tesoro.
*2 Citazione di Blame It On The Love Of Rock 'n Roll dei Bon Jovi.
*3 Citazione di I Want You dei Bon Jovi.
*4 Citazione di She's A Rainbow dei Rolling Stones.
*5 Citazione di Danger On The Track degli Europe.
*6 Citazione di Bad Medicine dei Bon Jovi.
*7 Citazione di How Come You're Not Dead Yet di Joey Tempest.
*8 Citazione di Story Of My Life dei Bon Jovi.
*9 Se la zia Freyja è svedese e tu sei russo.
*10 Citazione di This Ain't A Love Song dei Bon Jovi.
*11 Se l'ha detto Jon, assolutamente sì.
*12 Citazione di Sherry Darling di Bruce Springsteen.
*13 Citazione di This Ain't A Love Song dei Bon Jovi.
*14 Citazione di Without Love dei Bon Jovi.
*15 Citazione di Livin' On A Prayer dei Bon Jovi.
*16 Citazione di You Give Love A Bad Name dei Bon Jovi.
*17 Citazione di Have A Nice Day dei Bon Jovi.
*18 Citazione di Complicated dei Bon Jovi.
*19 Citazione di Blame It On The Love Of Rock 'n Roll dei Bon Jovi.
*20 Citazione di In These Arms dei Bon Jovi.
*21 Citazione di One Wild Night dei Bon Jovi.


Buongiorno a tutti! :)
Questo è il capitolo meno impegnativo che ho scritto negli ultimi mesi, ma mi sono divertita molto a scriverlo e credo che ci fosse bisogno di un capitolo così, per staccare un po'... Chiaramente io nemmeno i capitoli più leggeri riesco a farli brevi, ma questa è un'altra storia ;)
Ho sempre cercato di immaginare come sarebbe stato se Aljona e Svetlana fossero andate con Khadija, Anatol' e Freyja a Stoccolma per una vacanza, ospiti dai nonni di Khad, con tutti i deliri di Aljona, in quel periodo ancora innamorata persa di Anatol', Svetlana che riesce a prendersi una cotta per l'unico cugino di Khad quasi loro coetaneo (Erik-Johan ha un anno in più di loro), gli improbabili outfit di Tolik e le sorelle Sjöberg, famiglia di psichiatri, neurologi e psicologi liberamente ispirata alla mia... Ed eccola qui ;)
Spero che vi siate divertiti anche voi a leggere questo capitolo!
Le citazioni della copertina sono rispettivamente, a partire da sinistra, di Now And Forever e Summertime dei Bon Jovi.
Ringrazio tantissimo Iris_Blu e effe_95 per le loro fantastiche recensioni, a cui risponderò al più presto, e auguro a tutti una buon giornata ;)
A presto! :)
Marty

  
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